Vorrei risiedere in un’alta ed eburnea torre dalla quale tutto guardare e nulla temere, ma mio malgrado per plurimi versi sono legato a doppio filo al destino di altri umanoidi. Per me la vera e unica indipendenza si traduce in un’autarchia totale e non è la semplice affermazione in un qualsivoglia sistema rispetto a cui il soggetto resta comunque in subordine.
Non sono neanche libero di eludere le radiazioni più o meno ionizzanti che mi attraversano né mi è dato di trovare un’alternativa al ciclo di Krebs, perciò i vincoli, certi evidenti e altri surrettizi, sono innumerevoli e ineludibili. Non posso farci nulla se qualcuno decide di coinvolgermi in una guerra mondiale o se alti papaveri invece della manna fanno cadere dal cielo obblighi e divieti che difettano di pragmatismo. La gerarchia di per sé come concetto non mi disturba né mi repelle, ma sono i criteri con cui sovente è posta in essere e gestita che me ne fanno disprezzare l’applicazione. Con sommo fatalismo accetto che nei ruoli apicali si trovino anche figure mediocri e inadeguate alla gestione di qualunque potere, foss’anche solo quello di tirare lo sciacquone. Forse a volte il problema non verte attorno all’assenza di alternative, bensì al loro grande numero e così in alcuni casi, per puro paradosso, una scelta obbligata può rivelarsi quella più libera. Non ho una parte attiva nelle grandi questioni del presente e quindi sono l’ennesimo spettatore pagante, difatti il dazio delle decisioni altrui ricade anche su di me, ma non ho scelto io di assistere all’ennesima replica della follia umana. Sedersi comodi e crepare.
Tenendo conto di tali premesse mi sembra lecita ogni astensione da sforzi maggiori del dovuto e da ogni slancio che superi troppo un minimo sindacale. Fare il sufficiente è abbastanza e non si tratta solo di un pleonasmo, ma di un vero e proprio manifesto. L’ambizione è una cretina che pensa di saperla lunga, tuttavia ha le gambe corte come le menzogne sulle quali si fonda. Esistere è una tentazione trascurabile.
All’ombra degli assetti piramidali
Pubblicato venerdì 11 Febbraio 2022 alle 23:19 da FrancescoNel cuore della notte pulsano visioni verosimili
Pubblicato mercoledì 11 Agosto 2010 alle 03:53 da FrancescoMi diletto a vivere senza badare troppo alle fortune alterne. Nessuno dietro di me, nessuno davanti a me, né nello spazio né nel tempo. Attraverso tundre desolate e passaggi a livello ormai in disuso. Secondo più d’una cassandra io cadrò sotto il peso della mia esistenza, ma non temo queste profezie infauste e continuo a solcare i miei giorni come se toccasse al futuro l’ingrato compito d’inseguirmi. Non sento alcuna pressione e mastico pezzi di liquirizia per alzare un po’ quella sanguigna. I miei oracoli hanno code lunghe e miagolate rivelatrici. Alle occasioni perse non nego mai una degna sepoltura, però non ne commemoro la dipartita. Croci marce e vermi famelici vegliano al posto mio gli eventi defunti. L’autunno dista più di trenta giorni e spero che non anticipi la sua venuta, ma nei mesi venturi il saluto dell’estate non farà sorgere in me una nostalgia stagionale e probabilmente neanche un’influenza accostabile allo stesso aggettivo troverà posto nel mio organismo.
Vuoti a rendere, questi sono i contenuti che adopero per versare un po’ di lessico. Non buco lo schermo né le mie viene, non trafiggo i cuori e ultimamente neanche la carne di maiale, non sono tagliente e preferisco tagliare corto. Giochi di parole dalla fattura discutibile, ecco le scorie che lascio nottetempo su questo appunto. Come si modella il tempo? Quale forma preferire? Giorni e notti da bibliotecario o mattine e pomeriggi alla stregua di un pugile? Il desiderio fomenta inclinazioni diametralmente opposte. Forse la fame di sapere e quella di potere hanno una radice comune, ma si manifestano in modi diversi. Un libro può essere comprato e consumato come una borsa di Gucci, il lettore ne può indossare il contenuto sopra la propria personalità come un abito di Saint Laurent e può persino schiacciarci l’ignoranza altrui come se calzasse degli stivali di Luis Vuitton: la cultura è fashion; un motivo in più per evitarla. L’uomo selvaggio di Rousseau, poi così selvaggio non era. Non sarebbe sufficiente la fusione di tutte le riserve auree del mondo per tornare all’età dell’oro, ammesso che un periodo del genere abbia accompagnato un po’ la storia dell’uomo.