Mi chiedo se Giuliano Ferrara si interessi alla legge 194 per difendere la sua gravidanza cronica dalle soluzioni abortiste del suo dietologo. A parte qualche voce fuori dal coro mi pare che molti politici siano disposti a modificare la legge in questione e il loro spirito di aggregazione mi ricorda quello di un branco di ragazzi che sia in procinto di compire uno stupro. Se fossi malizioso penserei che buona parte della politica italiana voglia ingraziarsi il Vaticano per fare leva su una certa fetta dell’elettorato, ma dato che preferisco la realtà alla malizia mi limito a dare questo fatto per scontato. Trovo che una discussione sulla legge 194 sia un ottimo modo per innestare la retromarcia culturale in una nazione altamente retrograda come l’Italia, un paese in cui le ingerenze cattoliche sono considerate legittime sulla base di una visione distorta del diritto di partecipazione alla vita politica. Nel corpo umano talvolta insorgono delle patologie gravissime e le conseguenze sono simili a quelle che può generare un teodem in un organismo di governo. La discussione provocatoria, inutile e propagandistica sull’interruzione di gravidanza ricorda ai vivi che l’unica certezza è la morte e credo che non sia una buona idea complicare l’iter a quelle madri che vogliono donarla alle loro gravidanze indesiderate. Forse un giorno l’aborto sarà equiparato all’infanticidio, ma quest’ultimo godrà sempre di maggiore spettacolarità rispetto al primo e probabilmente sarà più tollerato per la sua capacità di saturare i palinsesti televisivi. Non sono un attivista e cerco di intingere le mie parole nel curaro soltanto per appuntare su queste pagine qualche frammento di satira malriuscita.
Interruzione di gravidanza: partiti e partorienti
Pubblicato sabato 12 Gennaio 2008 alle 10:28 da FrancescoLei si ribellò all’imprinting. Non accolse gli uomini paganti tra le sue grazie e non prese i voti: non fu una puttana né una santa. Ebbe due gemelli che accudì con spirito materno: il suo volere e la sua femminilità. Studiò e lavorò per diletto e per dovere, ma ne sentì raramente il peso poiché svolse meccanicamente le sue mansioni e usò la mente per dipingere dei fiori d’arancio. Non seppe mai il nome di suo padre, ma ne cercò i tratti nei volti dei suoi amanti. Frequentò artisti poco quotati e medici abortisti. Fino alla sua menopausa ebbe il terrore di rimanere incinta e non volle farsi ingravidare per evitare alla sua prole potenziale l’esperienza traumatica del mondo umano. Lei protesse idealmente i figli che non ebbe e cullò le sue disgrazie per placare il bisogno della maternità. Quando era triste indossava un foulard e degli occhiali neri, poi si metteva alla guida della sua vecchia Aston Martin decappottabile e sfrecciava lungo le colline indorate di un luogo rinomato. Frequentò più di un club mondano e seminò scie di Chanel che qualche bellimbusto seguì per arrivare al suo cospetto. Amò i vestiti costosi e la letteratura russa, i pettegolezzi della sua parrucchiera di fiducia e le tragedie di Euripide. Le sue mani recitarono divinamente ogniqualvolta si sottoposero alla manicure e le ragazze più giovani la osservarono sempre con riverenza per tentare di replicarne l’aplomb.