Sabato a Sabaudia: fine dell’allitterazione. Domenica nell’Agro Pontino ho preso parte alla prima edizione della Maratona della Maga Circe e l’ho chiusa al secondo posto in 2 ore, 47 minuti e 40 secondi. Quinto podio sulla distanza, ventiduesima maratona sotto le 2 ore e 50 minuti, trentaduesima su trentadue sotto le tre ore.
Il mio obiettivo era quello tornare a correre almeno sotto le 2 ore e 45 minuti, ma il percorso si è rivelato più muscolare di quanto mi aspettassi. Per fortuna Circe non ha invitato Eolo e difatti il vento è stato un assente ampiamente giustificato. Ho cercato di fare una gara in progressione e ho raggiunto il terzo attorno al ventesimo chilometro. Da lontano vedevo l’immenso Giorgio Calcaterra e fino al trentaduesimo chilometro ho provato ad avvicinarlo, ma poi lui ha fatto un cambio di passo magistrale e si è trasformato in una figura sempre più indefinita e lontana: alla fine gli ho detto che anch’io facevo il tifo per lui!
Al trentacinquesimo chilometro ho iniziato a rallentare, il trentottesimo l’ho corso addirittura in 4’31” e a un certo punto mi sono quasi rassegnato all’idea di finire fuori dal podio, ma dietro di me il terzo era ancora lontano e non sapevo dove fosse il quarto, perciò in quel momento avevo ancora un buon vantaggio da gestire. A un certo punto mi sono detto: “Rifiato fino al quarantesimo e cerco di spingere gli ultimi due chilometri”. E così negli ultimi duemila metri ho sofferto come un cane e ho provato a dare tutto quel poco che mi rimaneva.
Una volta giunto al traguardo ho fatto qualche altro passo in avanti per non ingombrare l’arrivo e poi mi sono disteso sull’asfalto per almeno cinque minuti. Avevo i quadricipiti che chiedevano pietà. Poche altre volte sono stato al contempo così esausto e contento.
Non è stata la mia gara migliore, ho gestito malino le energie, in certi punti ho osato troppo e non sono riuscito a spingere nel finale, però ci ho messo davvero tanto cuore e devo confessare che alla fine un moto di commozione l’ho avuto anche se me lo sono tenuto dentro.
Condividere il podio con il mio idolo, il mio punto di riferimento, è già uno dei ricordi più belli che mi accompagnerà fino alla fine dei miei giorni: di ciò sono certo.
Maratona Gran Premio di Vallelunga 2019
Pubblicato domenica 22 Dicembre 2019 alle 19:06 da FrancescoStamani, sotto un cielo plumbeo, mi sono recato all’autodromo di Vallelunga e ho preso parte alla mia trentunesima maratona.
Per quasi quaranta chilometri (circa nove giri e mezzo della pista) sono stato insieme a un ottimo atleta, Alessio, e in questo modo ci siamo aiutati a vicenda.
A duemila metri dalla fine ho allungato il passo e così ho ottenuto la mia prima, molto modesta, ma comunque gratificante vittoria sulla distanza regina in 2 ore e 49 minuti.
Alla lunga il percorso si è rivelato più muscolare di quanto mi aspettassi, inoltre il forte vento (alcune folate sono state davvero intense) ha frenato un po’ tutti, ma ho gradito la pioggia intermittente perché mi ha permesso di non assumere liquidi. Oltre a non bere niente non ho mangiato nulla.
Attorno al venticinquesimo chilometro ho pensato al ritiro poiché ho cominciato ad avvertire qualche noia intestinale, ma una volta superata la soglia psicologica del trentesimo invece di stringere i denti ho stretto le chiappe e alla fine è andata bene.
È stata un’esperienza particolare!
Mancavano solo le "ombrelline" maggiorate come quelle che si vedono in MotoGP.
Questa gara la dedico a tutti coloro con cui ho condiviso un’uscita alle andature più disparate, ai tanti compagni di strada con i quali spesso improvviso allenamenti altrettanto estemporanei, e poi all’Atletica Costa d’Argento con cui sono tornato a correre dalla maratona di Latina: c’eravamo lasciati bene e ci siamo ritrovati meglio.
Devo fare mia la buona abitudine di rispondere all’entusiasmo biologico con un’osservazione ontologica di Cioran: "L’essere è sospetto. Che dire allora della vita che ne è la deviazione e l’avvilimento?".
Domenica a Terni ho corso la Maratona di San Valentino e mi sono classificato al quarto posto assoluto con il tempo di 2h43’55". Purtroppo il podio non era nelle mie corde e un po’ mi è dispiaciuto perché quest’oggi nel mio cambio pulito figurava la t-shirt di Rommel.
A proposito, secondo il regolamento avrei dovuto ricevere 150€, ma poiché non ho una squadra (né la voglio) le regole della FIDAL m’impediscono d’incassare la pecunia. Finora ho rinunciato a 410€ di premi in denaro per la ragione anzidetta, ma spero che almeno vengano devoluti a favore di qualche nobile causa, tipo una modesta decalcomania da applicare su un Eurofighter.
Fino al 12° chilometro sono stato insieme ad alcuni atleti della mezza, ma quando loro hanno girato mi sono ritrovato senza punti di riferimento e ho corso da solo per trenta chilometri: non vedevo nessuno davanti a me né alle mie spalle. Poco male, per me non è stato un problema.
Ho osato sin dalla partenza e ho avuto un calo negli ultimi undicimila metri perché ho accusato il dislivello pregresso, però sono riuscito a conservare il quarto posto: dall’inizio alla fine non ho superato nessuno e nessuno ha superato me.
Ho impiegato un minuto in più rispetto alla scorsa edizione per raggiungere il traguardo, tuttavia la prestazione di quest’anno per me è risultata più allenante. Ho avuto il piacere di rivedere qualche faccia nota e ancora una volta mi sono trovato benissimo con l’organizzazione della gara!
Il quarto posto l’ho pagato con delle emorroidi da sforzo che per fortuna sono rientrate due giorni dopo. Per la prima volta nella vita ho visto le mie feci macchiate di sangue e non ho interpretato l’oracolo del mio culo come un segno di buon auspicio, ma una sgradevole e necessaria ispezione anale da parte del mio medico ha escluso qualcosa di grave.
Mi sono ritrovato nella rara circostanza di assumere un farmaco per qualche giorno e ho avuto cura di farmene prescrivere uno che non fosse cortisonico, ossia il Daflon: quest’ultimo punto ci tengo a sottolinearlo per ridicolizzare ancora di più tutti quei dopati di merda (e gli imbecilli che credono alle loro cazzate) che fanno finta di cadere dalle nuvole ogniqualvolta venga contestato loro l’uso improprio di medicinali.
Qui la classifica: https://www.icron.it/services/classifica/icron.php…
Qui la traccia Strava: https://www.strava.com/activities/2155979280
Giovedì ho corso da solo una maratona al Velodromo di Grosseto in 2h40’29”, ossia a un passo di 3’47”. Ho stoppato il GPS dopo 42 chilometri e 340 metri per simulare eventuali errori di traiettoria. Quando mi sono fermato ho provato una soddisfazione smisurata, perché oltre a una prova di forza e resistenza in solitaria la mia è stata anche una sfida con lo spirito puer che mi accompagna in questo sport.
Dopo quest’ultima sessione ho chiuso il mese di gennaio a quota 513,4 chilometri.
Mai come giovedì mi sono reso conto di quanto la corsa costituisca il mezzo attuale con cui posso prepararmi al momento della morte, all’elaborazione di un lutto, all’insorgenza di una malattia. Mi chiedo se l’attraversamento del Bardo si possa fare ad ampie falcate. Ho pensieri e immagini troppo pesanti per i gaglioffi.
In alcuni dei miei allenamenti vi sono delle volte in cui la metafisica invade il campo dell’atletica leggera, ma so che un domani la mia meditatio mortis dovrà trovare altre vie e allora darò più spazio all’immobilità e al silenzio.
Nella corsa il mondo assume sembianze più meritocratiche e meno ingiuste, severe certo, ma non efferate.
Ogni anno che passa il mio rapporto col futuro si attenua e per grazia ricevuta (da me) non devo fare i conti con l’ansia da conservazione della specie: le bombe demografiche sono già cariche a sufficienza, regolate sull’ora della fine, e le cicogne indefesse scaricano napalm in comodi feti.
I tempi cambiano, compresi i miei, infatti domenica nella ridente Pisa ho stabilito il mio nuovo record sulla distanza regina: 2h39’13", ossia una media di 3’46" al chilometro.
Atleticamente sono una monade leibniziana, perciò non devo condividere i meriti con nessuno: viva l’autarchia.
Quest’anno ho corso undici maratone e sono contento che il primato sia giunto nell’ultima gara utile: è stato un bel finale per la mia stagione agonistica.
A Pisa ho avuto un approccio piuttosto aggressivo, una sorta di assalto all’arma bianca, ma stavo bene e la temperatura si è rivelata perfetta per le mie caratteristiche. Ai ristori ho sempre tirato dritto e, come a Genova due settimane prima, non ho assunto né solidi né liquidi durante la gara.
La mia andatura generale ha subìto una flessione verso la fine a causa dell’azione frenante del vento, difatti fino al trentesimo chilometro sono riuscito a mantenere un passo medio di 3’42".
Questi gli intertempi di ieri:
10KM: 36’41"
Mezza: 1h18’18"
30KM: 1h51’24"
Probabilmente arriverò al 31 dicembre con poco più di 4800 chilometri sulle gambe: né pochi né tanti per ambire a certi tempi.
Di seguito riporto la traccia Strava sebbene manchi la registrazione del primo chilometro a causa di un ritardo del segnale GPS: https://www.strava.com/activities/2020906995
Sabato mi sono diretto verso le terre scaligere per correre la Verona Marathon e lungo le zone meno centrali mi sono divertito a cogliere l’occasionale presenza delle croci uncinate sull’arredo urbano. L’altrui copulazione ha conciliato il mio sonno, infatti ho pernottato in una camera dalla quale ho udito il suono della concupiscenza. Il coito, questo sconosciuto.
Per me è stata una maratona sperimentale il cui esito si è rivelato pari a quello dell’incontro tra acido nitrico ed etanolo, simile alla comparsa di un bel segmentation fault durante il debug di un programma o affine all’inserimento forzato di molteplici etnie in un contesto omogeneo.
Ho puntato al personale con l’idea del negative split e quindi sono passato alla mezza in 1h20’15” per accelerare nella seconda parte, ma al trentunesimo chilometro ho capito che non ce l’avrei fatta ad abbattere il muro delle 2h40’ e poi negli ultimi cinquemila metri ho proprio tirato i remi in barca per non stressarmi troppo, quindi sono riuscito a finire bene in 2h44’13”. 27° su circa 2050 arrivati: per me è stata la nona maratona del 2018. Di sicuro non sputo su un’altra sub 2h45′, anzi! Ieri comunque v’erano le condizioni ideali per correre: temperatura perfetta.
Ormai la mia politica è quella di provare a migliorare il mio record su quei percorsi a cui io riconosca la fattibilità dell’impresa, ma ricorro a una sorta di manovra evasiva ogniqualvolta non vada tutto per il verso giusto e così riesco a collezionare lo stesso delle buone gare senza devastarmi fisicamente.
A breve correrò una maratona tutt’altro che veloce a cui mi sono iscritto per il piacere di scoprire un tracciato nuovo, e l’ho preferita a una più veloce nella quale l’anno scorso feci molto bene, quindi là non cercherò la prestazione della vita, ma verso la fine dell’anno proverò ancora a vedere un tre nelle decine dei minuti.
Qui la traccia Strava:
Ieri la città di Ravenna, un tempo in Emilia-Romagna e ormai stabilmente in Cirenaica, ha ospitato la diciannovesima edizione della propria maratona nonché il mio nuovo record personale sulla distanza: 2h42’21”. Mi sono classificato 7° su 1190, quarto italiano all’arrivo.
Sabato pomeriggio ho fatto un salto al mausoleo di Teodorico e ho pensato a come oggi le invasioni barbariche avvengano senza colpo ferire, ma d’altro canto ogni epoca ha l’efferatezza che merita. Ho anche visitato la modesta tomba di Dante perché nei mesi venturi conto di rileggere la Divina Commedia con un approccio del tutto diverso da quello scolastico.
La partenza non è stata delle migliori, troppo stretta e penalizzante, infatti mi sono occorsi più di quattro cazzo di minuti per coprire i primi mille metri: la mancanza di una vera griglia di merito mi ha costretto a effettuare numerosi e azzardati sorpassi con improvvise variazioni di ritmo, cosicché solo dopo un paio di chilometri ho potuto disattivare le bestemmie e inserire il pilota automatico con cui impostare la velocità di crociera. Ho preso a scalare varie posizioni fino a quando ho raggiunto il gruppo della prima donna e sono rimasto con lei fino al ventinovesimo chilometro: una caduca liaison.
A tredicimila metri dalla fine mi è riuscito ancora una volta un bel cambio di passo e così sono andato in fuga per i fatti miei. La progressione solitaria mi ha permesso di guadagnare sette posizioni e ho fatto registrare l’ultimo chilometro quale più veloce di tutta la mia prestazione: 3’34”. V’era un clima ideale per una maratona e io non ho assunto né solidi né liquidi per l’intera gara: in pratica ho corso come se i ristori non ci fossero. A onor del vero avrei potuto fare persino qualcosa in più se avessi avuto l’opportunità di partire almeno accanto ai palloncini delle tre ore, giusto per evitare l’imbottigliamento iniziale.
Nell’arco di due mesi ho preso parte a quattro maratone, ho ritoccato tre volte il mio record personale e sono riuscito a finire sempre nella top ten, compresi due terzi posti; inoltre ho rimediato un tempo valido da presentare per l’iscrizione da semi-elite alla maratona di Tokyo del 2019, ammesso che per quella data io sia vivo e il Giappone esista ancora.
Non ho obiettivi a breve termine e non sposo le aspettative altrui, quindi posso affrontare le gare future con una tranquillità mentale ancor più grande del solito.
Ferrara è un piccolo gioiello con tutte le sue meraviglie estensi e ieri vi ho corso la mia nona maratona, anch’essa sotto il muro psicologico delle tre ore come le precedenti otto, ma dopo l’arrivo al traguardo mi sono fatto una bella doccia calda e poi ho macinato altri chilometri a piedi per fare un tuffo nel Rinascimento.
Per raggiungere la città ho avuto di nuovo quel problemino col navigatore della mia auto, difatti a tutta prima ho pensato che il TomTom mi avesse condotto ancora una volta laddove Mugabe è un eroe nazionale e il voodoo una scienza esatta. Chissà che ne sarà di città come Ferrara quando il suicidio etnico sarà completato.
La gara è andata bene e come ho già accennato anche questa volta sono sceso sotto le tre ore, difatti ho impiegato 2h56’32”: sono arrivato diciottesimo assoluto e terzo di categoria.
Non ho inseguito il mio record personale, ma fino al trentacinquesimo ho rischiato comunque di centrarlo, difatti viaggiavo attorno ai 4’02” al chilometro dopo una cauta partenza a 4’05”. L’organizzazione è stata perfetta e l’altimetria pressoché nulla.
Dall’inizio dell’anno ho corso appena 397 chilometri (più la maratona d’oggi), di cui 112,5 dal sei al tredici marzo per via di vari lunghi ad alta intensità, perciò non avevo nelle gambe l’allenamento necessario per fare di meglio. Ho faticato, certo, ma meno rispetto ad altre prestazioni dove il tempo finale è stato pressappoco quello d’oggi.
Questi i miei intertempi:
10KM: 40’46”
Mezza maratona: 1h25’14”
30KM: 2h01’08”
Arrivo: 2h56’32”
Domenica ho corso la maratona di Torino che valeva anche come campionato mondiale militare e campionato italiano interforze, perciò vi si respirava un clima solenne. Quando sono andato a ritirare il mio pettorale, il giorno prima della partenza, ho assistito anche alla sfilata degli atleti che l’indomani si sarebbero dati battaglia per il summenzionato titolo del mondo.
La mia è stata una gara senza infamia e senza gloria, tuttavia posso ritenermene soddisfatto. Sono partito forte perché le sensazioni erano buone, di conseguenza mi sono attestato su un passo di poco inferiore ai quattro minuti al chilometro e fino al trentatreesimo ho mantenuto una media di quattro minuti netti, ma poco dopo quest’ultima frazione ho sentito una fitta al fianco destro: sua maestà il fegato! Ho camminato per almeno tre minuti, ho fatto dei respiri profondi e alla fine ho ripreso a correre con l’intenzione di giungere comunque al traguardo sotto le tre ore: in qualche modo ci sono riuscito! Suppongo che la mia crisi sia scaturita dal mio approccio aggressivo che si è scontrato con il caldo della seconda metà di gara e con un tracciato un po’ ostico ancorché non durissimo. Ho tagliato il traguardo in 2 ore, 58 minuti e 58 secondi, così mi sono classificato centotredicesimo e quinto di categoria.
Anche questa mia sesta maratona l’ho conclusa sotto le tre ore, perciò sono contento perché non è da tutti gli amatori l’abbattimento regolare di questo muro psicologico, ma alcune volte risulta più facile di altre e non escludo che prima o poi io possa sbatterci il muso.
Come premio di categoria ho ricevuto un buono di benzina da venti euro che ho usato subito e una bella felpa. Ho osato e questa volta sotto il profilo cronometrico non è andata benissimo, infatti se avessi distribuito meglio lo sforzo avrei fatto registrare un tempo più basso e mi sarei stancato di meno, però sono davvero felice perché ho recuperato una gara compromessa e ne è uscito un ottimo allenamento in prospettiva di altre maratone.
Ho intenzione di ripetermi a breve e l’altro ieri, appena due giorni dopo la maratona, ho sciolto un po’ le gambe con venti chilometri e mezzo a 4’49” di media: per me, niente male!
Oltre al lato sportivo voglio aprire una parentesi personale. Il mio ritorno nella città sabauda, precisamente il mio secondo soggiorno torinese, mi ha fatto ricordare dei bei momenti che là vi vissi tre anni or sono per conto mio. Sono anche tornato a mangiare nello stesso ristorante giapponese dove cenai la prima volta e ho persino riconosciuto la cameriera che già allora mi servì svogliatamente. Trovo qualcosa di buffo nell’eterno ritorno delle cose. Ad maiora.