Pubblicato mercoledì 16 Marzo 2011 alle 19:22 da Francesco
Un po’ come accade per i dischi, desidero appuntare qua sopra la tracklist del mio secondo libro. Tra qualche giorno renderò disponibile il tutto sia come e-book che in formato cartaceo. Per adesso la stesura della mia terza fatica è ferma, tuttavia conta già trenta pagine e, poiché è alquanto improbabile che io mi spinga troppo oltre le cento, posso considerarmi già ad un terzo dello scritto.
I. Peregrinazione rurale
1
II. Ode alle valchirie e obbedienza alla lungimiranza
14
III. Asepsi empatica
21
IV. La notte delle epistole
25
V. Prima lettera: esternazioni prolisse di un uomo depresso
32
VI. Seconda lettera: l’amanza di un vedovo cagionevole
Pubblicato sabato 12 Marzo 2011 alle 12:58 da Francesco
Esattamente un mese fa mi trovavo in Giappone per la terza volta. Gli elementi hanno piegato il Sol Levante, e le acque che secoli addietro lo salvarono dall’invasione mongola, adesso stanno avvicinando una parte del paese ad Atlantide. La storia giapponese è intrisa di tragedie e rinascite così come la cultura nipponica è impregnata di fatalismo, perciò la ripresa della nazione è soltanto una questione di tempo: quest’ultima è condannata a rifiorire, proprio come i suoi ciliegi che tante volte hanno custodito le mie camminate. Negli ultimi vent’anni il Giappone ha perso parte del suo smalto e la catastrofe di cui è vittima sembra un colpo di grazia che difficilmente avrebbe potuto verificarsi in una congiuntura economica peggiore.
Molti esseri umani cercano spesso di antropomorfizzare la natura, ma quest’ultima non ha morale per definizione e personalmente non vedo una concessione materna dinanzi ai suoi spettacoli più incantevoli né ravviso crudeltà alcuna ogniqualvolta il suo dispiegamento risulti fatale o potenzialmente tale per la mia specie. Forse posteri lontanissimi un giorno sapranno influenzare addirittura i pianeti e raggiungeranno una padronanza della materia che i loro avi, miei coevi, ancor oggi riconoscono agli dèi qualora, poveri loro, non abbiano avuto la fortuna di essere baciati dall’ateismo.
Mi sarebbe piaciuto trovarmi nella parte settentrionale di Honshu e sopravvivere alle calamità, tuttavia avrei preferito ancora di più che un evento di tale portata avesse scosso soltanto l’interesse dei sismologi, senza causare vittime né danni. In altre parole, qualora un’apocalisse fosse inevitabile, io vorrei trovarmici e sopravviverci perché sono quasi certo che il contatto con il pericolo e la vicinanza alla morte impartiscano lezioni memorabili. Ovviamente considerazioni del genere sono discutibili, ma non vertono sul male altrui, come invece qualcuno potrebbe leggerle forzatamente per levarsi lo sfizio di puntarmi contro il suo dito preferito.
I cataclismi tirano fuori i lati peggiori e migliori del genere umano. Sorge inevitabilmente il gusto filantropico della solidarietà che fa storcere il naso ai ministri dell’economia sebbene costoro non possano palesare il loro disappunto; suppongo che l’acceso orgoglio dei giapponesi possa indurre il governo nipponico ad accettare soltanto gli aiuti indispensabili. Parallela al cordoglio di circostanza, scorre in certa gente una versione ipertrofica del sollievo di non essere presente nel dramma imperante, qualcosa che assume immancabilmente proporzioni tali da prendere il nome nefasto di Schadenfreude, ma tutto ciò talvolta lo si può vedere riprodotto in scala nelle sale d’attesa dei nosocomi.
Pubblicato venerdì 11 Marzo 2011 alle 11:14 da Francesco
Conosco da tempo questi sbarbatelli russi che inspiegabilmente nessuno ha ancora messo sotto contratto. Per adesso hanno realizzato soltanto un promo di quattro tracce che malgrado la brevità a me risulta intenso e perfetto. Appunto l’unico video che ad oggi hanno girato poiché i loro pezzi mi stanno supportando nel mio allenamento. Un misto di tecnica, velocità, potenza che veicola melodie memorabili: era da tempo che non sentivo in questo ambito un prodotto del genere. Questa roba per me è combustibile emotivo: brucio rabbia e produco benessere.
Pubblicato giovedì 10 Marzo 2011 alle 11:43 da Francesco
Finalmente sono riuscito a racimolare qualche ricordo onirico. Se io avessi le giuste conoscenze assumerei un satiro come cronista per le attività cerebrali che si tengono in pompa magna durante le ore di sonno.
Sogno n.4
Ricordo molti fogli carbonizzati (come se non fossero stati di carta) che volteggiavano in aria e piano piano si adagiavano su un giardino verdissimo. Il contrasto tra il colore dei fogli e il cielo terso fu molto forte.
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Sogno n. 5
Uscii velocemente di casa, ma davanti a me trovai una strada bloccata da un’auto strana, cromata e lunghissima. Facendo attenzione riuscii ad aggirare l’ostacolo senza finire nel fosso che correva parallelo alla strada. Dietro di me giunse un’auto simile ad una dune buggy che d’un tratto ebbe un cedimento strutturale. Mi fermai per parlare con il conducente del veicolo incidentato e all’improvviso giunsero altri individui, ma tutti si preoccuparono di protestare contro l’auto che avevo aggirato e anche il guidatore a cui volevo prestare soccorso era più interessato alla causa comune che al suo mezzo.
All’improvviso ci girammo tutti verso l’auto che era oggetto delle invettive, ma era sparita. Il proprietario ci invitò nella sua grande magione e tutti ci sedemmo sotto dei gazebo bianchi, su sedie di bambù molto eleganti che circondavano tavolini di legno dalla forma circolare. L’umore collettivo mutò improvvisamente e parve che ognuno, me compreso, sapesse da sempre che prima o poi sarebbe stato invitato a quel pomeriggio mondano.
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Sogno n. 6
In questo sogno mi ritrovai a parlare con Stephania e, malgrado un po’ di ritrosia, lei accettò di venire con me su un monte, presso un punto di ritrovo che assomigliava ad una grande baia. Per il viaggio mi vidi trainare un risciò su cui sedeva la ragazza. Le parlai a lungo durante il percorso senza che lei aprisse bocca e all’arrivo, dopo svariati tornanti in salita, mi voltai e mi accorsi che ella non c’era più. Feci il percorso a ritroso e all’improvviso giunsi in una stanza. Sopra un mobile vidi la chiave di casa e il mio telefono. Accesi il cellulare e notai un messaggio vocale che Stephania aveva registrato, tuttavia mi apparvero davanti agli occhi numerose scritte di grandezza variabile e la seguente è l’unica che mi è rimasta impressa: “Tu vuoi creare solo rapporti idilliaci”. Infine mi trovai davanti ad una banca nei pressi di un lungomare e qui scesi dall’auto per leggere un cartello che aveva richiamato la mia attenzione benché non contenesse un messaggio per me come invece avevo intuito in un primo momento.
Pubblicato mercoledì 9 Marzo 2011 alle 19:58 da Francesco
Anzitutto devo rivolgere un augurio di pronta guarigione a tutte le donne che sono allergiche al polline della mimosa. L’otto marzo è un ottimo banco di prova per le battute misogine e anche per il buonismo. Mi fanno tenerezza gli uomini che cercano di ridimensionare le donne in base a schemi anacronistici, ma parimenti suscitano in me la stessa reazione quelle donne che entrano in competizione con gli uomini con l’obiettivo di mascolinizzarsi per dimostrare qualcosa all’altro sesso. Non mi sorprende affatto che le quote rose scarseggino in Italia come in altre parti del mondo, ma d’altronde, nella mia nazione, spesso la donna è stata relegata o ha accondisceso a farsi confinare in un ruolo sottomesso, e credo che questa tradizione vada imputata in larga parte al cattolicesimo e ad altri accrocchi confessionali del genere, in quanto rei d’aver veicolato e radicato nella cultura sociale idee cotanto primitive. Qualcuno sostiene che le nuove generazioni abbiano travisato le battaglie femministe, però io non capisco proprio cosa ci sia di male nella libertà sessuale e nell’uso del proprio corpo come fonte di guadagno, almeno finché risulti possibile, tuttavia la gerontofilia in questo senso offre al meretricio un certo grado di longevità! Ad ogni modo ritengo che una donna debba essere libera di fare la puttana, a patto che non venga forzata (precisazione pleonastica, però in questo caso melius abundare quam deficere) e che la sua attività non danneggi la collettività. Insomma, se il premier italiano fosse ricorso ai servizi di alcune zoccole maggiorenni e le avesse pagate di tasca propria (e dunque non con posti di potere o assunzioni in enti pubblici) allora gli avrei potuto imputare soltanto di pensare più alla sua cappella che al resto del paese, ma pare piuttosto evidente che alcune mignotte siedano su determinati scranni senza motivi apparenti. Se le baldracche fossero brave a guidare una nazione riceverebbero sicuramente il mio voto (anch’esso ancora vergine) e ciò dimostra che non ho nulla contro le peripatetiche, a differenza di certe donne che s’indignano con vampate di cattolicesimo di cui forse neanche s’accorgono. Mi sembra paradossale che debba essere proprio un ragazzo vergine a scrivere cose talmente banali, ma in Italia è piuttosto diffuso un atteggiamento manicheo verso ogni questione e per certuni è altamente impensabile riuscire a immedesimarsi (o quantomeno provarci) nei panni di individui che distano anni luce dal proprio modo di vivere. In altre parole, alla radice di tanti mali italiani c’è sempre una povertà culturale di cui le prostitute di strada o d’alto borgo non hanno colpe, bensì ne hanno i porporati e chiunque si presenti ai comizi con lo stesso crocefisso che è solito portarsi dietro nelle case chiuse.
Pubblicato giovedì 3 Marzo 2011 alle 21:21 da Francesco
Finalmente sono riuscito a svincolarmi dalla casa editrice che avrebbe dovuto pubblicare il mio secondo libro. Cercherò di distribuire “L’atea verginità, la beata verginità” sia come e-book che in formato cartaceo attraverso un servizio di print on demand. Non mi aspetto grandi risultati né d’altronde vi ambisco, ma voglio che le mie unità di memoria non abbiano più l’esclusiva sul mio materiale. Probabilmente all’inizio di aprile renderò disponibile il testo suddetto, ma intanto ripropongo su queste pagine (alle quali l’avevo sottratto) il mio esordio, seppur con un editing migliore e un’altra copertina: La masturbazione salvifica: diario agiografico di un onanista. Non sono molto legato al primo libro e già in altri appunti ho sottolineato il carattere obsoleto dello scritto, tuttavia nelle note alla seconda edizione ne ho ribadito i limiti per l’ennesima volta. Per adesso il file è in formato PDF, però nei prossimi giorni cercherò di creare altre copie con estensioni specifiche per i lettori di e-book ed eventualmente aggiornerò questo post.
Pubblicato domenica 27 Febbraio 2011 alle 20:15 da Francesco
Ieri, tra le mura medicee di Grosseto, ho scoperto un negozio di cibo etnico in cui non ho esitato a comprare alcune delizie. Mi sono portato a casa un po’ di ramen e me lo sono preparato per il pranzo d’oggi e per quell’altro pasto della giornata che solitamente si consuma durante la sera. Devo proprio risolvermi a fare una scorta di ramen: in questo caso l’imperativo è d’obbligo. Nel circo mediatico oltre agli elefanti e alle puttane tirano molto anche i morti. Gli indici d’ascolto si alzano come in un’erezione al cospetto dei cadaveri, difatti la morbosità diffusa costituisce una necrofilia platonica. Quando la carne viene meno e lo spettacolo sembra finito, c’è sempre qualche virtuoso del cattivo gusto che riesce immancabilmente a sfregiare finanche la memoria. Avvezzi alla violenza, alla prevaricazione, ma sempre al soldo delle loro insicurezze, un numero consistente di miei simili si diletta a esorcizzare le paure con l’infantilismo dei bambini, tuttavia senza avere più a disposizione la cattiveria innocente che ricorre spesso nei fanciulli. A me pare che a molte persone piaccia stringersi attorno ai lutti per adoperare il proprio dolore o quello di estranei come collante emotivo. Talvolta la solidarietà veicola aspetti meno nobili e altrettanto essenziali per il quieto vivere. Un raduno di motociclisti non è poi tanto diverso da una veglia funebre. Gli usi e i costumi sono sempre più raffinati, il pudore rasenta l’ipocrisia e la condotta si modella su schemi canonici, ma c’è sempre un fondo primitivo alla dipartita di un essere umano come al suo arrivo. Dall’efferatezza alla commozione mi pare che ancora sia difficile svincolarsi dagli istinti e dai retaggi comportamentali per muoversi in regioni più alte del pensiero. Ci provo.
Pubblicato giovedì 24 Febbraio 2011 alle 14:04 da Francesco
La tramontana non accarezza, bensì scartavetra i sensi e spira senza posa. Le distanze creano illusioni ottiche. L’orizzonte pare sempre così netto e irraggiungibile al punto che si maschera facilmente con l’idea d’infinito e altrettanto semplicemente tende a tingersi d’eternità per occhi perituri, in un pianeta perituro. Le espressioni più maestose e terse degli elementi mi inducono spesso a carezzare la mia transitorietà. Oggi sono così, domani forse lo sarò di nuovo, però un giorno non lo sarò più e infine non sarò più. Queste paroline non vanno trascritte sul registro dei morti perché brillano di luce propria, ma ci sarà sempre qualcuno che vi proietterà le sue ombre e me le attribuirà. Malgrado piccole grane, cose di poco conto, la mia vita procede bene.
Mi sto riappropriando dello smalto che ho perso in Giappone. Provo buone sensazioni e ogni giorno mi sento meglio. Prima o poi forse avrò il dispiacere di provare uno strappo all’inguine a causa degli esercizi di estensione a cui mi dedico per vincere la sfida dello yeop chagi. Assumere quella posizione non è affatto facile e ogni volta che ci provo ne ricavo fitte intense. Forse non mi sto allenando nel modo corretto per raggiungere l’obiettivo, però non ho a disposizione un maestro di taekwondo a cui chiedere delucidazioni. Cercherò di documentarmi maggiormente a riguardo della disciplina dalla quale voglio attingere, seppur limitatamente a ciò che mi occorre. I falsi allarmi di primavera m’invitano a leggere in luoghi ameni e io di rado disattendo queste convocazioni. Gli scampoli dell’inverno assomigliano agli scolari durante gli ultimi giorni di scuola. Tempo al tempo, presto tornerò come prima e mi supererò: i miei orizzonti sono tangibili.
Pubblicato martedì 22 Febbraio 2011 alle 12:23 da Francesco
Le insurrezioni nordafricane degli ultimi tempi mi fanno pensare ad una versione modificata di quella che fu l’Operazione Condor in America latina. Non sono un dietrologo né un complottista, però ogni tanto certe associazioni d’idee sorgono in me spontaneamente. Trovo buffa la goffaggine di certi politici europei che non riescono ad assumere una posizione ferma contro i dittatori che fanno loro comodo. Forse la colpa di Mahmoud Ahmadinejad è quella di capeggiare l’Iran invece di uno stato del Maghreb o di un’altra nazione nei pressi di quest’ultimo, altrimenti dubito che le voci di condanna al suo operato sarebbero state vibrate come lo sono state in passato; forse persino le minacce ad Israele gli sarebbero state scusate nelle circostanze ipotetiche succitate. Proprio in questi giorni sto leggendo “Storia e utopia” di Emil Cioran. Un libro intenso di quasi centosessanta pagine in cui il saggista rumeno dà visioni particolari della democrazia, del liberalismo, della tirannide e dei suoi interpreti. Lo stile è talmente potente e caustico che quasi sorvolo i contenuti per concentrarmi sulla forma. Condivido soltanto una piccola parte di quanto è scritto in “Storia e utopia”, ma se la discordanza d’idee fosse il prezzo da pagare per leggere opere del genere, allora sarei sempre ben felice di non sposare mai i concetti che mi passano sotto gli occhi. Un’analisi talmente lucida, in cui si fondono tematiche in apparenza molto distanti tra loro, un testo illuminante seppur diverso in modo insanabile dalla mia forma mentis: insomma, raramente mi è capitato d’immergermi in un’alchimia così riuscita.
Mi chiamo Francesco, mi trovo nel mio ottavo lustro e vivo dove sono cresciuto, ossia in Maremma.
In questo blog conduco da anni la mia autoanalisi, perciò i contenuti hanno un alto tasso d'introspezione e sono speculari agli sviluppi della mia persona.
Qui sono raccolti appunti intimisti, grotteschi, ironici; archiviati vi sono anche sfoghi, provocazioni, invettive ed esternazioni d'altro genere che oggi io considero quasi imbarazzanti od obsolete, ma di cui serbo traccia poiché nel bene o nel male hanno fatto parte del mio percorso e sono assurte fino alla coscienza.
Qualche passaggio può suscitare simpatia, talora fino all'insorgere dell'identificazione, invece brani d'opposto tenore hanno una portata sufficiente per destare un po' di disgusto, però credo che tanto i primi quanto i secondi siano adatti agli immancabili fraintendimenti o alle (in)volontarie incomprensioni.
Non sempre i significati dei miei scritti emergono dal loro contenuto manifesto, quindi io stesso mi guardo dal prendere alla lettera certe cose che metto nero su bianco o che altrove sarebbero già sbiadite.
Mi sono diplomato con ben sessanta centesimi al liceo linguistico, non ho mai messo piede in un ateneo e non ho mai fatto ingresso tra le grazie di una nubile.
Poiché errare è umano, e io di certo non nascondo né rinnego la mia natura mortale, ho ragione di credere che in tutta questa mole di appunti mi sfuggano refusi ed errori di cui chiedo venia alla mia attenzione e a eventuali (quanto incauti e improbabili) lettori.