Un po’ di tempo fa ho creduto d’aver ottenuto il mio tempo personale sui cento metri. Ieri il tizio che mi aveva cronometrato mi ha detto che la distanza su cui ci siamo basati è segnata in modo errato. Benché non sia uno sprinter mi sembrava eccessivo che facessi registrare sedici secondi e mezzo sui cento metri, difatti il tempo che mi è stato dato è erroneo. D’altronde conosco delle persone nettamente più lente di me che riescono a coprire la distanza in quattordici secondi. Mi auguro di potermi cronometrare seriamente sui cento metri poiché sono curioso di conoscere il mio tempo reale. Non m’aspetto nulla di strabiliante, ma quantomeno una prestazione decente.
Sul fondo invece ho avuto una soddisfazione che mi ha gratificato oltremodo benché non sia nulla di epocale. In questo periodo mi sto definendo, perciò evito le mezze maratone e prediligo percorsi più brevi al fine di contenere l’erosione della massa muscolare. Sono riuscito a correre i dieci chilometri in 39’02” con un passo al chilometro di 3’54”. Ho spinto al massimo e non potrei mai sostenere un ritmo del genere per una mezza maratona, però sono stato felice di essere sceso sotto il muro dei quattro minuti. Non sono un fanatico dei tempi, ma ogni tanto ne tengo traccia poiché mi dànno preziose indicazioni sull’efficienza del mio corpo.
Fiamme e sassaiole
Accidempoli, chi avrebbe mai immaginato che in questa congiuntura economica e con l’attuale classe politica una manifestazione avrebbe potuto degenerare in violenza? Proprio una grande sorpresa. Credo che la guerriglia urbana non dia frutti e lasci soltanto un retrogusto di diossina. A mio avviso sarebbe preferibile veicolare la furia armata verso il governo e l’opposizione invece di mettere a ferro e fuoco una città, ma taluni si accontentano di una grigliata in centro. I politici fingono di essere sordi, ma forse lo diventeranno davvero a forza di udire le bombe. Io spero seriamente che ogni parlamentare cominci a sentire puzza di bruciato, ma in senso letterale.
Non inseguo le utopie e non pretendo un mondo perfetto. Non sono un filantropo e in primo luogo penso a me stesso senza danneggiare il prossimo, ma proprio in virtù di questa ragione mi auguro fortemente che migliorino le circostanze in cui versa l’Italia: se cominciasse a cadere una parte del paese allora s’innescherebbe un effetto domino e forse i disordini sociali non resterebbero appannaggio delle metropoli o potrebbero esacerbarsi in maniera impensabile.
La politica italiana dovrebbe fare un passo indietro in un burrone e chiedere all’Europa un governo di stranieri che possa gestire la nazione senza farle scontare a caro prezzo i giochi di palazzo. Nessuna formazione politica m’ispira fiducia e mai come oggi il qualunquismo mi pare appropriato. Non mi dispiacerebbe se a qualcuno nelle Forze Armate riuscisse un colpo di stato.
Parole chiave: bastardi, manifestazione, politica di merda, Roma, sassaiola
Di questi tempi
Non voglio scrivere più di quanto le sensazioni correnti possano concedermi. Mi trovo a mio agio in questa esistenza benché io non abbia mai presentato istanza per farne parte. L’autunno non si è ancora mostrato in tutta la sua incertezza, ma per quanto mi riguarda le stagioni possono cambiarsi i turni come preferiscono: io vivo in accordo con ciascuna di loro.
Tendo a ripetermi poiché sono soggetto a rari cambiamenti, tuttavia la noia non s’insidia mai in me e cerco di trarre il meglio dal tempo libero anche quand’esso paia soggiogato dall’abitudine Malgrado tutto, ravviso qualcosa di stupefacente lungo le dune cardiache che si trovano a sud della mia ghiandola pineale: là mai passo straniero v’ha lasciato la propria impronta e non so se per me debba essere motivo di vanto o sprone. Un’assenza prolungata può trasformarsi in mito e giustificare se stessa. Non ho bisogno di troppe spiegazioni: che il silenzio prenda la parola e la soffochi. Potrei aggiungere altre frasi, prolisse, slegate dalle precedenti e con delle velleità evocative, ma non intendo divagare quest’oggi e mi congedo prima che altro fuoriesca da me.
Ci risiamo
Dopo un accurato esame dei miei peli pubici ho preso la decisione di spedire il mio terzo libro ad alcune case editrici. Sugli scaffali delle librerie sono appollaiati svariati testi di scarso valore che accumulano polvere, di conseguenza non vedo per quale ragione non dovrebbe raccoglierne un po’ anche l’ultimo dei miei scritti. Non ho aspettative. Forse s’io fossi nato sessant’anni prima avrei potuto trovare uno sbocco, ma oggigiorno per colpa dell’alfabetizzazione esistono troppe persone in grado di mettere nero su bianco le proprie puttanate.
Mi ero ripromesso di non cercare nuovi contatti con l’editoria, ma ho dato peso alle parole di un individuo che mi ha suggerito di tornare sui miei passi. Ho selezionato dieci indirizzi a cui inviare “Né d’incesto né d’amore”, ma non mi sorprenderei affatto se non ricevessi manco una risposta. Per “L’atea verginità, la beata verginità” ricevetti due rifiuti e un contratto che non ebbe seguito per motivi che ripeterò un’altra volta: ora non ne ho proprio voglia. Uno dei rifiuti mi giunse dall’Adelphi ed era prevedibile, l’altro invece mi arrivò da un piccolo editore che aveva trovato il mio lessico troppo “ricercato”: gli augurai di non trovarsi mai sotto gli occhi Tommaso Landolfi. Preferirei confezionare mine antiuomo per ammazzare l’attesa sepolcrale, ma la mia non è una testa scientifica e purtroppo temo che non sia neanche letteraria: definirla “di cazzo” sarebbe banale e prevedibile, ma talvolta la realtà corrisponde alla più semplice delle definizioni.
Prima o poi
Non ho un sogno, però porto dentro di me qualcosa di simile. Vorrei orbitare attorno alla Terra e indossare una tuta spaziale per fluttuare a pochi centigradi dallo zero assoluto. Mi domando a quale punto giungeranno le conquiste spaziali tra un millennio, ammesso che il genere umano non abbia cura d’estinguersi prima con le proprie mani. Mi piacerebbe dare una sbirciatina nel futuro e accetterei senza problemi l’eventuale divieto di portarne memoria nel mio tempo.
Malgrado l’adorazione che nutro per la vita, sono contento che abbia un termine. L’immortalità per me sarebbe una malattia incurabile e sono felice di non averla contratta. Accade spesso che prima di addormentarmi io rifletta sulla mia morte e spero che la mia ora arrivi durante il sonno. Mi auguro spesso di vivere almeno un secolo, però se domattina non facessi più parte di questo mondo io non avrei nulla da recriminare e d’altronde neanche potrei: dovrei ricorrere ai servigi di un medium per veicolare ipotetici reclami e di conseguenza lascerei perdere… Qualcuno della mia età crede d’essere vecchio e forse cerca di convincersene per consolidare le sue delusioni. Io sono di un’altra parrocchia, quella che non ha un dio né croci da portare sulla groppa, perciò mi rendo conto di avere tutta la vita davanti, tuttavia ho già messo in conto la possibilità di non esperire il resto. Oh, a me piacerebbe raggiungere i titoli di coda con somma soddisfazione, ma Thanatos è sempre nascosto da qualche parte e si diverte a tirare brutti scherzi: bricconcello.
In quest’epoca mediocre mi auguro sempre che qualcuno faccia fuoco sui politici. Fiuto un senso d’impunità che va di pari passo con gli eccessi garantistici a cui l’Italia è costretta a piegarsi per problemi di costituzione: l’atrofia del pragmatismo. Io tento disperatamente di non toccare certi argomenti poiché le parole di rado riescono a pesare come il piombo. In una società il proprio benessere passa anche attraverso quello degli altri, perciò ognuno dovrebbe augurarsi che nei luoghi di potere vi siano individui disposti a curare gli interessi del maggior numero possibile di persone. In tutto ciò non occorre scomodare la filantropia o quanto le assomigli perché si tratta dell’ennesima prova di come l’egoismo sano concordi col bene collettivo.
Io tengo il polso della situazione a mio modo e ritengo che qualcosa stia davvero degenerando se anche un individuo come me avverte la necessità d’imbevere parole stomachevoli nel curaro. Non penso che in questo frangente storico qualcuno possa pretendere totale onestà, tuttavia credo che esista sempre un limite di guardia a quelle che sono inevitabili ruberie, negligenze e favoritismi. C’è una sete di sangue che spero prenda forma e lasci sul selciato i corpi esanimi di quanti già si sono resi colpevoli d’aver indotto al suicidio o all’indigenza alcuni tra gli esponenti invisibili delle fasce deboli. L’aumento del divario tra ricchi e poveri, onesti e delinquenti, forse può dare slancio all’edilizia poiché certe case dovranno essere convertite in prigioni d’oro.
Non credo che la violenza proponga soluzioni e d’altronde non è questo che si prefigge, però io immagino che un ricorso ai suoi mezzi efferati in un determinato momento possa evitare che poi in un secondo tempo si manifesti con maggiore crudeltà. Non sono certo un comunista armato né ho mai provato simpatia per i moti rivoluzionari, ma se in Italia sorgesse un’organizzazione terroristica in grado di colpire solo ed esclusivamente i veri assassini dello Stato, ebbene io ne sarei lieto. L’unico e imperdonabile difetto che riscontro nella strategia della tensione è quello di coinvolgere innocenti: se un tale metodo venisse affinato forse qualcuno la smetterebbe di sentirsi intoccabile. Quanto ho appuntato finora può apparire decisamente truculento nonché ripetitivo, provocatorio e inopportuno, ma è proprio la ricorsività di tali contenuti a confermarmi come tutto ciò si origini spontaneamente in me.
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Le parole di cui sopra si prestano anche ad un’analisi introspettiva. Il desiderio di punire quanti contribuiscano all’imbruttimento della nazione è sicuramente legato al mio Super-Io e al modo in cui esso s’è formato. Nella classe politica io rivedo la figura paterna poiché sulla prima entità io proietto le colpe della seconda, di conseguenza, per quanto spontanee, non riesco mai a capire quanto siano sincere le mie prese di posizione (eh, che espressione altisonante!). Peccherei di riduzionismo se mi limitassi a inquadrare tutto nell’ottica di frustrazioni inconsce, perciò penso che in parte le mie invettive abbiano una matrice sincera e in parte vengano acuite da processi interiori che non hanno nulla a che fare con l’attualità e tutt’al più ne fanno un uso speculare senza però palesarsi apertamente.
Categorie: Parole, Video |La gang del bosco
Mi sembra che la durata media della vita di un essere umano sia davvero poca cosa rispetto ai tempi dell’universo: inferiore persino al periodo di rivoluzione di Urano. Trascorrere buona parte di un’esistenza talmente caduca appresso a questioni dozzinali come la politica, l’economia e l’omicidio a me pare quantomeno demenziale, ma l’epoca corrente è il degno proseguimento di quanto l’ha preceduta ed evidentemente per questioni cronologiche non può offrire di meglio. Cerco di stare alla larga da tutte quelle dinamiche che nulla hanno a che fare con il dinamismo. Non ho le capacità né il talento per contribuire al progresso della civiltà e ne sono lieto altresì la mia coscienza mi avrebbe obbligato a trovare la voglia di applicare le une o l’altro: ah, tremenda coercizione! Per fortuna sono scampato a certi doni di natura. Accetto ben volentieri il carbone della Befana, ma solo quello sia ben chiaro! Nient’altro! Mai! Al massimo una foto in lingerie…
Quand’ero piccolo pensavo che col tempo tutto sarebbe diventato più complicato per me, invece si è verificato l’esatto contrario. Sono stato indotto a temere l’età adulta da chi era già grande. Io non dispenso consigli né monete che valgono pochi centesimi, tuttavia se dovessi incontrare me stesso da adolescente in un universo parallelo allora mi suggerirei di non prestare ascolto a ciò che viene detto dagli adulti; qualcosa del genere proferirei anche al cospetto di una voce efebica che fosse così sciagurata da chiedermi ragguagli sull’esistenza.
Noto come alcuni dei miei coetanei pretendano rispetto dai ragazzini odierni e incensino i tempi della loro infanzia come se provenissero davvero dall’età dell’oro. La nostalgia è una falsaria da perseguire severamente. Nessun adolescente dovrebbe riconoscere l’autorità o avere troppa considerazione di ciò che viene detto dai più grandi. Non è affatto raro che gli adulti siano tali solo per meriti anagrafici e di conseguenza hanno soltanto avuto più tempo per dimostrare la propria coglioneria. Le persone anziane non sono necessariamente sagge e mi diverto tanto a notare come alcuni individui siano più svegli e accorti di altri che hanno il doppio dei loro anni. Alle signore non si chiede l’età, ma anche a quest’ultima i signori non dovrebbero chieder nulla. La gerontocrazia si basa sul timore dell’invecchiamento e sull’incapacità d’intenderlo come l’arte di vivere che la giovinezza trascura per celebrare i sensi senza per altro manco riuscirci.
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Mi sono prestato ad un’applicazione per Android che millanta di stimare l’età del cervello tramite un gioco in cui viene chiamata in causa la memoria a breve termine. Il soggetto deve premere i numeri cerchiati in ordine crescente e dispone di pochi secondi per memorizzarne la posizione. Ogni volta che viene superato un livello la difficoltà aumenta e il responso compare a seguito di tre errori. Dal mio risultato migliore è “emerso” che adopero il 25,17% del mio cerebro, il quale avrebbe un’età di 13 anni, 9 mesi e 11 giorni che io ritengo attendibile poiché sessualmente mi sono ancorato là come dimostrano i lavori d’alta falegnameria che spesso cito nei miei scritti.
Comunque questo buon risultato non varrebbe nulla se non l’avessi integrato con la scelta di non scrivere una e-mail all’autore dell’applicazione come invece recita il messaggio sottostante. Eludere lo spam, ecco la prova migliore per misurare l’età del cervello.
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Parole chiave: coglioneria, gap generazionale, gerontocrazia, gulp
Criptismo accessibile
Ricapitoliamo per i morti e per gli assenti, però è doveroso precisare che i secondi sono come i primi in pectore. Per gli ultimi invece rimando a quel periodico millenario che corrisponde al titolo di “Bibbia”: cartastraccia, oppiaceo riuscito a metà, insomma, una merda!
Dunque, pare che tra gli uomini serpeggino idee strambe. Taluni rincorrono il potere, le troie e il denaro: minchia, altro che triathlon. Io non condanno nulla di tutto ciò, però mi chiedo per quale ragione vengano profuse tante energie per il conseguimento di siffatti traguardi. Se di tutto ciò fosse composta la felicità allora non avrei domande: anzi, io stesso andrei al banco per deporre a favore! Porco di un dio! Il problema è che su questa scala di valori si scivola fino a spaccarsi la zucca. L’egoismo autentico non è quel termine dispregiativo che il volgo usa impropriamente nei discorsi moralistici o nell’ironia di quart’ordine, bensì corrisponde al bene per pura coincidenza. La paura della morte, l’ombra della scure sulle luci della ribalta, la fine dei giorni, nient’altro che il saluto irreversibile: au revoir! Ecco cosa probabilmente induce certuni a confondere la merda con la cioccolata. Purtroppo l’appagamento immediato, la sopraffazione e l’ubbidienza agli istinti sono tutti surrogati di felicità con effetti collaterali di portata devastante: magari mantenessero ciò che promettono, magari! Io stesso allora parteciperei alla gara e indosserei il pettorale fino a macchiarlo di sangue. Poi c’è l’idiota di turno che impara a districarsi in una selva di leggi con l’illusione che ciò possa bastargli per uscir dalla selva oscura dove la dritta via è smarrita…
Non bastano mai le bestemmie, mai! Non me ne frega un cazzo della volpe e dell’uva, anzi che una pioggia di napalm ricopra entrambi, dio cane! Quando parlo cerco di sborrare la verità dalla bocca, quello stesso cavo orale che altri usano per ingoiare i rospi e lo sperma, ma io non voglio differenziarmi a tutti i costi da qualcuno altrimenti finirei per cadere in una trappola come quei cercatori d’identità a cui si deve contestare un’incommensurabile ingenuità.
Oh, le signorine studiose e pudiche: saranno convocate sul monte di Venere (il loro, per altro) al (secondo) fine di ricevere le tavole di pietra e qualcos’altro di più molle… Omaggi di deflorazioni. Io non guadagnerei punti neanche se raggiungessi la vetta del K2 in ciabatte, ma per fortuna mi spingo a quote più elevate senza la pretesa di ricevere ricompense, prebende od onori oltre a ciò che già prevede l’ordinamento cosmico. Oh, che mi si oda bene laggiù: vaffanculo!
A cielo aperto
Al momento nulla desta stupore in me e null’altro m’insidia. Invito il freddo a farsi avanti mentre scosto i rovi adunchi che fiancheggiano lo splendore plumbeo delle mie giornate. Ho perso molti treni in questa giovane esistenza e ogni tanto qualcuno si premura di ricordarmelo come se me ne importasse qualcosa, ma in simili occasioni viene puntualmente omesso un particolare: tutti quei convogli erano diretti a Buchenwald! Ciuff ciuff!
Mi espando nel vuoto nonostante io sia destinato a diventarne parte come chiunque altro. Sono nel pieno delle forze e ho ancora margini di miglioramento. Le parole stanno a zero, io anche al di sotto di quest’ultimo senza che il sangue mi si geli. Accumulo nozioni per mero collezionismo e sono altre le bisettrici che dividono il mio tempo in egual furore. Ho vari limiti, come tutti d’altra parte, ma ci vado d’accordo come pochi. Cosa dovrei temere? Mi si consegni pure il menù delle sciagure. Le malattie? Gli incidenti? Una coltellata? Il crollo delle certezze? La povertà? La fine di ogni cosa? L’assenza cronica d’una vicendevole intesa? Sempre i soliti piatti al curaro! Diamine! Mi dispiace, ma passo. Vado a letto senza cena: mi manterrò leggero per il resto dell’eternità. Ho provato a riverire la tristezza, però non siamo sintonici e non riesco a spiegarmi lo smodato successo ch’essa raccoglie da quando ne se n’ha traccia. Quieto, per adesso mi congedo: e sia!