Pubblicato martedì 15 Novembre 2011 alle 23:33 da Francesco
Alle mie spalle alti cipressi indicano il cielo; lo sguardo mio verticalizza meno, però supera i tetti spioventi e non ha motivo d’abbassarsi. In un’immagine in bianco e nero raccolgo i frutti del mio narcisismo ch’io soltanto ho modo di coltivare. Stretti nelle convinzioni e nei discorsi banali, non invidio coloro che hanno rinunciato a sé stessi per piegarsi alla paura del tempo. Non ho intesa alcuna con chicchessia e nulla mi ostacola nella visione d’un orizzonte immutabile al quale non conferisco valore alcuno. Sono troppo romantico per fare presa su un cuore femmineo anche se dalla grottesca fierezza del mio portamento, a metà tra boria e calma, angolo con l’indifferenza, pare scaturire tutt’altro. Qualcuno ruba con gli occhi da queste pagine: nient’altro che curiosità voyeuristica degna dello spettatore medio di un reality show. Qualcun altro forse attende di trovare vocaboli difficili per annotarseli oppure dei giochi di parole da replicare all’uopo. Soltanto chi capiti qua per caso è innocente a patto che poi non ritorni più. Col verbo io faccio elemosina. Non m’interesso ad altri, ma altri s’interessano a me. D’altronde quando muovo un passo che m’è stato sollecitato io vengo redarguito dalla schizofrenia di chi lo ha chiesto e ciò si verifica perché certuni temono di assistere all’esaudimento dei loro desideri; v’è comunque un modo per uscirne e non escludo che un giorno riesca a trovare la quadratura del cerchio.
Pubblicato domenica 13 Novembre 2011 alle 23:43 da Francesco
Là, sui monti con Annette, dove i talebani sparano sempre verso sud. Sabato mi sono recato in un centro commerciale alle porte di Roma per fare alcune compere. Ho acquistato diverse cose a basso prezzo e ho fatto anche un salto all’IKEA per farmene un’opinione. Non m’ha mai ispirato quest’azienda svedese e finalmente mi sono levato ogni dubbio: i prodotti che offre non fanno per me. Avevo bisogno di una scansia per fornire più spazio ai miei libri e così ne ho trovata una da montare per pochi talleri. Quando sono tornato a casa ho provato ad assemblare la struttura lignea e ci sono riuscito, ma verso la fine dell’opera qualcosa è andato storto: due tavole non s’incastravano come invece avrebbero dovuto. Non mi sono perso d’animo, infatti sono andato nella mia stanza con passo svelto e due dei miei gatti al mio primo transito si sono messi subito in allerta, pronti a fuggire dai rispettivi scranni. Una volta all’interno della mia camera ho messo i Cannibal Corpse a palla e sono tornato con il martello in mano davanti all’opera incompiuta. Ho fatto un lungo sospiro e poi ho cominciato a demolire tutto con colpi violenti, emettendo rumori gutturali che ogni tanto riuscivano a sovrastare il volume del disco brutal death metal, inoltre ho avuto cura di rivolgere dei simpatici epiteti alla Vergine Maria: “Puttana la Madonna! Troia!”. Già alle prime martellate i due gatti che erano in casa (Eisenhower e Cadorna) si sono dati alla macchia, ognuno per sé e il porco di dio per tutti, impauriti quanto due ebrei nella Bassa Sassonia attorno al quarantadue. Alla fine ho provato sommo sollievo e ho cominciato a ridere come un invasato, tanto che tra me e me ho pensato che se qualcuno m’avesse visto forse avrei potuto partecipare all’estrazione per un trattamento sanitario obbligatorio. Tutto questo cosa mi ha insegnato? Anzitutto che non sarò mai il testimonial ideale per l’IKEA. La lezione maggiore invece è stata un’altra. Quando si seguono le istruzioni (in questo caso si può leggere anche “istituzioni”) e le cose non vanno come devono, allora si può optare per la distruzione dell’ordine costituito. Questo vale in quell’agglomerato precario di leggi, regolamenti vari e paletti che è la società così come per i mobili da montare. Se un domani dovessi avere un figlio, e qualora i servizi sociali non fossero abbastanza accorti da sottrarmelo, ebbene io come cameretta gli darei un ripostiglio da arredare con la fantasia, però non gli imporrei mai nessuna regola con un’educazione punitiva perché nella migliore delle ipotesi non servirebbe a nulla e nella peggiore produrrebbe un politico.
Pubblicato venerdì 11 Novembre 2011 alle 17:58 da Francesco
Non ho proprietà calamitiche né camaleontiche, difatti non esercito attrazione alcuna né cambio d’umore in base alle fasi lunari. Ravviso in me una certa linearità che forse reputerei noiosa se la osservassi in qualcun altro. Talvolta ho considerato pregevoli certi tratti della mia personalità che in seguito ho riscontrato con disappunto in altri individui e in casi del genere ho sempre trovato comica una tale divergenza d’opinioni sui medesimi elementi, ma ho anche provveduto puntualmente a correggere simili incongruenze tramite l’introspezione. La follia e la brutalità che imperano su questo pianeta non mi contagiano, tuttavia non posso ignorarle altrimenti finirei per chiudermi in un mondo tutto mio e non ho la minima intenzione di acquisire l’eleganza del riccio. Mi ritaglio angoli di paradiso senza pretendere che siano siti al di là della materia con vista eternità; perenne monolocale il mio, ma vasto come l’impero macedone. Le contraddizioni, gli ossimori e tutto ciò che si oppone a qualcos’altro danza facilmente presso la fantasia. Quanto ricorre in me il tema delle labbra mancanti! Quattro dovrebbero essere, due superiori e due inferiori su un piano soggetto a inclinazioni, ma in questi frangenti autunnali mi compiaccio di non averne mai esperito l’obliquità. Lieta e stramba è la disposizione d’animo che mi caratterizza mentre l’anno volge al termine: contemplo contingenze che spero non accadano presto e non so spiegarmi bene per quale ragione. Le interpretazioni si moltiplicano facilmente, però non voglio farne incetta. Per ora non mi pongo domande e sorpasso i giorni senza curarmi dell’immobilismo a cui sembrano soggetti. Credo che ci sia un tempo per ogni cosa, ma non ho certezza alcuna che ogni tempo debba avere il suo momento, il suo principio, la sua genesi… Alcune dinamiche restano potenzialità per intere vite.
Pubblicato domenica 6 Novembre 2011 alle 18:28 da Francesco
Sono molte le domande che potrebbero vorticare in questi giorni, ma io non intendo dare asilo a nessuna di loro né agli assilli che ne costituiscono gli arti prensili. Talvolta, per orientarmi, i punti cardinali mi sembrano del tutto inutili, però io non pretendo di conoscere sempre la direzione giusta. Mi perdo nel vuoto, ma quest’ultimo è il mio eremo d’oro; un rifugio desertico, il piano da inclinare per osservarne altri, l’oasi ove accendere fuochi fatui dei quali non restano mai tracce neppure nelle notti che si avvicendano senza posa, ignare l’una dell’altra. Non ho meriti particolari e l’unico degno di nota consiste nella facoltà di sottolinearne l’assenza con calma olimpica. A differenza di chi ne fa vanto o croce, io non posseggo ferite lacerocontuse sul cuore, ma solo un po’ di polvere che m’auguro non venga spazzata via da un soffio cardiaco. Ai bivi non bivacco e saluto chiunque s’affretti a imboccare una via mentre parte del sé muore di inedia. Assecondo la mia buona stella benché io non creda affatto nell’astrologia e la consideri adatta come oggetto di scherno. Cos’altro ha da offrirmi il tempo che non presenti quelle forme di cui nessuna malattia neurodegenerativa ha ancora privato la mia memoria? Foss’anche una continua ripetizione, io accolgo a braccia aperte l’esperienza di quest’esistenza e mi rammarico un po’ se non riesco a sfuggire alla retorica per declamare la mia disponibilità a fruire della vita.
Pubblicato sabato 5 Novembre 2011 alle 10:33 da Francesco
In questi giorni i venti spirano con forza e anche dei poveri disgraziati fanno altrettanto. Vivo in accordo con me stesso, però vorrei che un po’ della mia serenità fosse in grado di contaminare i mercati finanziari. Non ho nulla di cui temere e sono pronto ad andarmene dall’Italia qualora la situazione socioeconomica dovesse collassare definitivamente, tuttavia non scommetterei sulla possibilità che uno scenario del genere si verifichi e la mia inclinazione a ritenerlo inverosimile è del tutto avulsa da qualsivoglia ottimismo. I miei giorni sono scanditi da buone abitudini. Adoro l’autunno, come le altre stagioni d’altronde. Mi auguro di restare solo per i prossimi mesi e non ho ragione di temere che qualcuno s’insidi o s’insedi nella mia esistenza: è buffo come due verbi così simili profilino situazioni tanto diverse. Se mi leggessi con gli occhi di un estraneo potrebbe sembrarmi anomalo il desiderio di restare ancora solo e forse io valuterei le mie parole come quelle della volpe che non riesce ad arrivare all’uva, ma ci sono dei momenti nei quali mi sento davvero fortunato a non aver mai avuto dei legami carnali o sentimentali. In quest’epoca mesta mi premuro d’amarmi senza nuocere al mio prossimo, perlomeno direttamente, e continuo indefesso su questa strada forse priva d’inizio e d’una fine, o quantomeno di un fine.
Pubblicato martedì 1 Novembre 2011 alle 17:40 da Francesco
Non mi sorprende il declino dell’Occidente e purtroppo devo riconoscere che alcuni dei passaggi di Storia e utopia di Cioran sono stati profetici. Anche Céline in un suo romanzo aveva paventato la caduta europea. Credo che una parte del genere umano rischi di essere divorata dal mostro finanziario che ha creato, ma se quest’eventualità dovesse verificarsi io la considererei soltanto come la resa dei conti al cospetto di quelle che oggi sono chiamate economie emergenti. Tutto è ciclico e nulla mi pare mai definitivo. Giocando d’anticipo con la fantasia si può già dipingere un tempo in cui l’Europa e gli Stati Uniti torneranno gli egemoni del pianeta. Nel frattempo la teoria di Malthus sulla sovrappopolazione trova appigli inquietanti ed è per questa ragione che io non invidio affatto le generazioni future. D’ora in poi quandunque mi trovassi a proferir parola con uno stuolo di bambinetti non potrei esimermi dal pronunciar quanto segue: “Ebbene signori, voi siete proprio nella merda! I mie rispetti”. I campanelli d’allarme suonano una marcia funebre prim’ancora che la catastrofe si sia compiuta e suscitano inquietudini presso le personalità più suggestionabili. Il bombardamento mediatico ha anche un costo emotivo che grava tutto sulle spalle di coloro che non ne hanno altre su cui piangere. Non considero questo mondo come la massima espressione delle capacità umane e lo reputo ancora primitivo benché testimoni un progresso inconfutabile. Penso che la realtà superi la fantasia e credo che la tecnica (nell’accezione che tale termine può avere in ambito filosofico) porrà limiti nuovi dopo averne abbattuti alcuni apparentemente inamovibili. Io levito su quanto accade al mondo perché in un modo o nell’altro me la caverò. Non ho persone a cui pensare, ma se avessi questo tipo di responsabilità non mi tirerei indietro. Qualora dovessi restare solo per sempre incontrerei poche difficoltà a vivere poiché dovrei pensare a me stesso, se invece io mi trovassi a passare la vita con qualcuno allora potrei trarre la forza emotiva dal rapporto al fine di superare le difficoltà eventualmente accresciute. È una partita truccata perché in ogni caso io vincerò, ma non è questo che importa poiché tale vittoria è solo la conseguenza trascurabile di una ricerca della felicità che ha forza nella ricerca stessa e nient’affatto nel suo conseguimento.
Pubblicato sabato 29 Ottobre 2011 alle 19:52 da Francesco
Provo una stanchezza salutare e intendo passare a letto una buona parte dei prossimi giorni per lasciare scorrere ogni cosa sotto il ponte festivo. In momenti del genere sono assai felice di potermi avvalere della calma e del silenzio col beneplacito della solitudine. Talora non intravedo elisir migliore di un sonno profondo. Dormirei per settimane se ne fossi capace, ma il letargo è riservato ad altri animali e la natura non mi ha fornito neanche una lieve forma di narcolessia. Riposo bene, ma da alcuni mesi fatico a ricordare le esperienze oniriche. C’è un sogno ricorrente le cui immagini riaffiorano in me di tanto in tanto, ma lo considero un telegramma dell’inconscio a causa del suo contenuto. C’è sempre una figura femminile che non ha nome né volto, come se fosse un’ombra slanciata o una sagoma diafana. Questa entità muliebre scuote il capo a mo’ di rimprovero, ma io mi limito a guardarla senza compiere movimento alcuno. L’inconscio mi chiede chiaramente di colmare le mancanze affettive, un po’ come l’Europa chiede all’Italia di adottare determinate misure per la crescita: rischio di essere insolvente nei confronti di me stesso. Capisco perfettamente le richieste che si trovano sotto la soglia della coscienza (e come potrei non comprenderle dato che mi sono intrinseche?), ma per estinguere il debito verso una parte di me dovrei prima contrarne uno d’ossigeno alla vista d’una controparte. Chissà, un giorno potrebbe succedere, ma per adesso chiedo una proroga e mi ristoro senza inquietudini.
Pubblicato giovedì 27 Ottobre 2011 alle 22:09 da Francesco
L’epoca corrente mi costringe spesso a chiudere i rubinetti dell’empatia. Se mi lasciassi distrarre dalle disgrazie del mondo finirei per farne parte senza risolvere alcunché, ma seguo le tragedie da lontano perché se le ignorassi ne provocherei una a me stesso attraverso un uso improprio dell’indifferenza. Mi sforzo di conciliare il distacco emotivo con l’impegno di non perdere la mia umanità, ma talvolta mi sento un acrobata morale e lascio dietro di me contraddizioni apparenti che in realtà confermano la buona riuscita degli intenti suddetti. La brutalità per me è un liquame cancerogeno che vìola le leggi fisiche oltre a quelle d’una certa etica, difatti cola e si arrampica lungo le pareti della piramide sociale. Io non credo affatto che le ingiustizie cadano esclusivamente dall’alto come manna avvelenata, bensì le noto a diversi livelli mentre saltano e rimbalzano: le imposizioni burocratiche che non di rado si fanno vessazioni, le pretese economiche che viaggiano ad una velocità diversa da quella della realtà, le paure di chi non possiede i mezzi intellettuali per scacciarle e finisce nelle spire delle circonvenzioni, coloro che sono rei d’essere nati ad una latitudine fatale in cui la speranza di vita è la prima a morire, i cuori ingenui devastati dal gusto del potere narcisistico di coloro a cui si sono votati e tant’altro ch’è difficile scrivere senza scadere in una retorica assordante e stucchevole, ovvero la complice peggiore della sofferenza inutile che inquina la razza umana. Il cinismo di cui mi avvalgo non è il vezzo di uno stronzo, ma lo strumento per tollerare la follia democratica che partorisce despoti e regni invisibili, altresì il narcisismo che si trova in me non scaturisce dalla voglia di prevaricare né dal desiderio di differenziarmi, bensì è anch’esso un mezzo tramite cui riesco a tollerare una mancanza d’amore che guadagna tempo di giorno in giorno e il cui giogo riesco a contenere con la sublimazione. Se mi vedessi da fuori, senza conoscermi, forse mi considererei un reprobo, ma se conoscendomi io mi ritenessi tale allora finirei per guardare il dito invece della luna.
Pubblicato lunedì 24 Ottobre 2011 alle 05:49 da Francesco
Già da un po’ la mia esistenza è tornata a scorrere a pieno regime sui binari della serenità, però nulla di significativo è mutato nel suo svolgimento. Tendo a ripetermi, ma fortunatamente me ne rendo conto senza dispiacermene. Non c’è nulla nei cieli superni che mi alletti. Per certi versi io vivo al di sotto delle mie possibilità e così posso contare su di un riparo in più per sfuggire alle intemperie. Bufere in arrivo non ne vedo e manco le presagisco. La morte altrui non mi sconvolge e spero che pure quella del sottoscritto non mi prenda troppo. Non attendo la mia ora né quindici minuti di gloria. Il vantaggio di un cuore vuoto risiede tutto nella possibilità di risparmiare sui drappi neri. La riverenze che spettano al decesso non mi sono proprie, ma questa inclinazione non è il frutto di un comportamento irrispettoso e scaturisce da anni di riflessione sulla finitezza: è paradossale come quest’ultima invece sia inconcludente… Se dovessi crepare domani non me la prenderei e gradirei una bella cremazione senza panna. Resta valido l’augurio che puntualmente rivolgo a me stesso, ovvero quello di una vita longeva. Forse la masturbazione conta anche come gesto apotropaico e se così fosse la mia buona stella godrebbe (non più di me, eh) di contributi notevoli: gli attributi ci sono tutti. A me piace vivere, però mi annoiano le nenie. Non sono troppo cinico, ma adoro scherzare e voglio mantenere frequenti le risate fino all’ultimo respiro o giù di lì. Intanto gli anni passano e non vedo per quale motivo frenarne le scorrerie: Signora, so’ ragazzi! Un giorno non lo saranno più; anzi, un giorno non saranno più.
Pubblicato martedì 18 Ottobre 2011 alle 02:17 da Francesco
Ho sistemato un po’ di cose su queste paginette: in particolare refusi e collegamenti mancanti. Da alcune settimane mi sono riavvicinato alla lingua nipponica. Ho ripreso a scrivere ideogrammi e per adesso sono riuscito a ricordarne centosessantacinque, però penso di poterne rievocare almeno duecento dalla memoria e mi aspetto di impararne molti altri. Sono contento di ricordare un’ampia parte di ciò che ho studiato, ma dovrei apprendere molto di più per essere in grado di sostenere una conversazione: taluni non ci riescono manco nella loro lingua madre nonostante sappiano parlarla e scriverla… Al momento non conosco abbastanza ideogrammi per leggere una rivista, però tratto ogni kanji come se fosse il pezzo di una collezione e mi diverto ad ampliare la mia raccolta. Insomma, più che allo studio vero e proprio questo passatempo (che non escludo di abbandonare e riprendere in futuro) è più vicino alla filatelia. Una delle prime parole che ho imparato in giapponese è stata “on-ko-chi-shin”, formata da quattro ideogrammi il cui significato è il seguente: imparare dal passato. Vorrei tornare in Giappone, ma in questo momento non posso e anche se ne avessi la possibilità non partirei poiché non lo reputo affatto un frangente adatto. Comunque nella scrittura ideografica ho imparato a rispettare l’ordine dei tratti, almeno per i kanji meno complessi. La mia calligrafia (per vedere l’immagine ingrandita è sufficiente cliccarci sopra) è un po’ incerta, ma d’altronde anche in italiano, sia in stampatello che in corsivo, ho sempre lasciato a desiderare. In compenso sono una scheggia con la tastiera.
Mi chiamo Francesco, mi trovo nel mio ottavo lustro e vivo dove sono cresciuto, ossia in Maremma.
In questo blog conduco da anni la mia autoanalisi, perciò i contenuti hanno un alto tasso d'introspezione e sono speculari agli sviluppi della mia persona.
Qui sono raccolti appunti intimisti, grotteschi, ironici; archiviati vi sono anche sfoghi, provocazioni, invettive ed esternazioni d'altro genere che oggi io considero quasi imbarazzanti od obsolete, ma di cui serbo traccia poiché nel bene o nel male hanno fatto parte del mio percorso e sono assurte fino alla coscienza.
Qualche passaggio può suscitare simpatia, talora fino all'insorgere dell'identificazione, invece brani d'opposto tenore hanno una portata sufficiente per destare un po' di disgusto, però credo che tanto i primi quanto i secondi siano adatti agli immancabili fraintendimenti o alle (in)volontarie incomprensioni.
Non sempre i significati dei miei scritti emergono dal loro contenuto manifesto, quindi io stesso mi guardo dal prendere alla lettera certe cose che metto nero su bianco o che altrove sarebbero già sbiadite.
Mi sono diplomato con ben sessanta centesimi al liceo linguistico, non ho mai messo piede in un ateneo e non ho mai fatto ingresso tra le grazie di una nubile.
Poiché errare è umano, e io di certo non nascondo né rinnego la mia natura mortale, ho ragione di credere che in tutta questa mole di appunti mi sfuggano refusi ed errori di cui chiedo venia alla mia attenzione e a eventuali (quanto incauti e improbabili) lettori.