Pubblicato lunedì 11 Febbraio 2013 alle 23:54 da Francesco
Una settimana fa mi sono recato in un supermercato perché da vari secoli nel mondo civilizzato è andata in larga parte perduta l’usanza di cacciare o raccogliere il proprio cibo. Ho preso le solite cose con cui preparo le mie monoporzioni e le ho pagate con della carta filigranata. Sulla rotta di casa mi sono accorto che la cassiera mi aveva consegnato dieci euro di resto invece di uno. Appena mi è stato possibile ho invertito il senso di marcia e sono tornato indietro per sistemare le cose senza illudermi che tutto ciò potesse avere alcuna risonanza sull’universo. Ancor prima di risolvermi a correggere l’altrui errore ho interpretato rapidamente quella volontà. Ho capito subito che l’onestà e la rettitudine non avevano nulla a che fare con quella decisione o quantomeno non ne costituivano il perno. La mia è stata un’azione interessata perché tramite la restituzione di una somma esigua mi sono procurato una vanità morale, una soddisfazione di ripiego, un esercizio piccolissimo ed evanescente della volontà di potenza, insomma, ho avuto un tornaconto assai maggiore di quello che mi sarei potuto procurare con i nove euro che mi erano stati dati. Questo gesto così banale mi ha fatto sentire magnanimo e per un momento ha creato un dislivello tra me e la cassiera, come se avessi avuto pietà di lei e fossi stato dunque in una posizione di temporanea superiorità. In tutto ciò v’è davvero poca traccia d’onestà ed è invece preponderante un narcisismo assai sottile. Per quanto ridotto in scala, io vedo in questo episodio ciò che talvolta aziona i meccanismi di apparente altruismo e probità. Un tale sistema di gratificazione non è alla portata di tutti perché non tutti sanno riconoscerlo e di conseguenza qualcun altro si sarebbe tenuto i nove euro di scarto per l’inconsapevolezza di ciò che invece avrebbe potuto ottenere restituendoli, e soltanto per questo. Mi viene in mente un ladro che durante un furto rubi un po’ di denaro e lasci invece oggetti di cui non conosce il valore benché sia alto: strumenti di lavoro, collezioni inconsuete, parti da assemblare etc. Se invece di nove euro mi fossi ritrovato nella stessa situazione con almeno mille euro di scarto avrei agito allo stesso modo? Non sono in grado di dirlo, però spero di ritrovarmi in circostanze simili per ottenere una risposta, in parte già implicita in un tale augurio…
Pubblicato venerdì 8 Febbraio 2013 alle 03:50 da Francesco
Non riesco a prendere sonno e non mi va di rigirarmi nel letto senza la possibilità di avere delle convulsioni, perciò mi diletto a gettare qualche parola al vento anche se non ho nulla di personale contro Eolo. La decadenza di quest’epoca esercita un certo fascino sul sottoscritto, ma talora non riesco ad apprezzarla a pieno perché il mio attaccamento alla vita è ancora troppo forte. Tifo per lo sfacelo totale. Per salvare le future generazioni è sufficiente non procrearle. Non mi stancherò mai di sottolineare il carattere deplorevole del concepimento; d’altronde la nascita è il primo danno alla salute. A me piace vivere, ma non ho mai inoltrato una richiesta per partecipare a questa grande rimpatriata di anime perse e tanto meno ho mai specificato la mia adesione a quella ridda di entropie che prende il nome di democrazia. Non ho problemi esistenziali, ma cerco soltanto di guardare il nulla negli occhi. La mia mente e il mio corpo sono espressione di uno slancio vitale, a mio modesto avviso assai maggiore di quello presente in certuni che si professano sostenitori nonché unici interpreti di questa esperienza a tempo determinato. Ogni tanto le dicotomie mi stuccano e così le stocco nei compartimenti stagni. Io non incontro alcuna difficoltà a porre sullo stesso binario dei pensieri apparentemente antitetici, infatti per quanto possano essere contrari e ripulsivi, la loro direzione è la medesima: incoerenze auliche.
Non devo farmi capire a tutti i costi, non ho l’obbligo di mettere indicazioni bilingue né di emettere sibili minacciosi come se avessi del veleno da sprecare. Vorrei sapere qualcosa in più sulla morte prima di incorrervi: è possibile qualche anticipazione? Un’anteprima? Niente? Niente, appunto: un indizio che nega se stesso. Vorrei guardare qualunque cosa e qualunque vuoto attraverso gli occhi dei tossici, degli alcolizzati, dei devoti e degli schizofrenici per fare una media delle allucinazioni.
Pubblicato domenica 3 Febbraio 2013 alle 00:39 da Francesco
Vivo un periodo estremamente tranquillo, ma qualche inquietudine la vorrei riscattare dal monte dei pegni e serbarla per convertirla all’uopo in ulteriori energie. Anche se mai dominanti e un po’ umiliati, i miei dèmoni ogni tanto si presentavano sulla soglia della coscienza per trascorrere qualche nottata in compagnia, ma ormai non si fanno più vedere. Non ho sensi di colpa perché non ho nulla da espiare: sono innocente come lo ero prima di nascere e come lo sarò una volta che il mio tempo sarà esaurito. Vado dritto a Parco della Vittoria senza passare dalle mie prigioni né da quelle altrui, ma non porto in grembo ideali sonanti né eccessi di adipe.
Odo in lontananza persone che vorrebbero esercitare il libero arbitrio senza nuocere ai loro simili, e stridenti quanto cacofonici percepisco anche i reclami di coloro che invece desiderano negare agli altri quanto non riescono ad ammettere in loro stessi. Aristofane, quanti figuranti avresti trovato se ti fosse capitata la disgrazia di vivere per millenni! Non voglio stare dietro le quinte né in prima fila, ma andarmene a fare in culo come se questo invito assai comune fosse nient’altro che un vagabondaggio interstellare.
Devo trovare un po’ di angoscia, senza esagerare, ma non so come cagionarmela. Un po’ di tensione mi farebbe comodo. A livello personale non ho rimostranze da fare, non trovo nulla fuori posto nella mia vita e le mancanze di cui questa è composta non mi scompongono, perciò le uniche pietre che mi è dato scagliare in maniera autentica sono quelle contro i subappaltatori della democrazia: un giorno spero che quelle stesse pietre possano fare dei cerchi in laghi di sangue, ma non voglio divagare sul perpetuo auspicio che il diritto romano sia sostituito quanto prima dal ripristino della sempiterna equità della legge del taglione.
Pubblicato martedì 29 Gennaio 2013 alle 19:35 da Francesco
Si può vergare qualsiasi corbelleria su un pezzo di carta pregiata, ma questa libertà d’imbrattare e di trascrivere ciarle mi diverte oltremodo quando presenta velleità dogmatiche. Non so davvero come interpretare la costituzione, il codice penale, la dichiarazione dei diritti dell’uomo, il regolamento del Monopoli, le dichiarazioni d’indipendenza, ma anche i Kleenex con cui si asciugano le lacrime di commozione dinanzi a cotanti faldoni, nonché lo Scottex che all’uopo può assorbire la pioggia che cade sul bagnato o il sangue che in quest’ultimo scorre a rivoli; ebbene, fate vobis!
Voglio smontare il linguaggio per abusarne senza uno scopo o quantomeno senza pormene uno da cui calare la carota. Talora odo individui che non si capiscono da un capo all’altro del disagio, ma ne apprezzo l’ostinazione attraverso la quale essi suggellano i reciproci fraintendimenti. Non ho bisogno di rispettare qualcuno, i morti men che mai! Ognuno piange i cadaveri che lo fanno sentire vivo, ma io sono convenzionato con la morte e non ho bisogno di mezze verità per riempire la parte del bicchiere che è ancora vuota: le mie giornate sono fulgide e risplendono d’amor proprio. L’identificazione è una brutta bestia che io cerco di affamare. Conosco molti coglioni che considero tali perché evidentemente mi reputo migliore di loro, però questo giudizio corrisponde davvero alla realtà fattuale o mi certifica lo status che io attribuisco a terzi? Se potessi copulare con l’oggettività mi porrei il problema, ma io tutt’al più mi massaggio l’uccello con regolarità certosina e dunque mi avvalgo di approssimazioni perché non ho nulla di meglio. Circoscrivo un campo in cui ritengo probabile la presenza di elettroni. Specchio delle mie brame, quanta merda nel reame.
Pubblicato sabato 26 Gennaio 2013 alle 16:05 da Francesco
Sono vivo, ma l’onere della prova non spetta a me. Ho la mente sgombra e nel mio cerebro non circolano inquietudini. Vorrei vivere in un mondo migliore, però non tengo mai un’utopia in tasca. Quest’epoca decadente non conoscerà una discesa infinita, ma forse riprenderà quota quando i limiti biologici mi avranno già condotto in punta di piedi sull’orlo di quel precipizio da cui ognuno è destinato ad affacciarsi. La ciclicità mi rincuora oltremodo e all’orizzonte non scorgo una fine imminente, ma può darsi che questa mi sia perpendicolare. Non ho nulla da obiettare agli eventi che cadenzano la mia vita interiore: ne accompagno le oscillazioni senza offendere la volontà. Ho del tempo a disposizione che cerco d’impiegare nel migliore dei modi per stare bene e per sviluppare la mia persona senza nuocere alle altre creature viventi, anch’esse dotate di respiro. In questa fase della mia vita non ho tensioni né ambizioni, e invero dentro di me non sono mai state particolarmente intense né le une né le altre, tuttavia non escludo che entrambe possano ripresentarsi a braccetto e senza preavviso. Non ho colpe da espiare né meriti da sventolare come se fossero bandiere bianche. Mi trovo in una neutralità confortante mentre attorno a me sembra che ogni cosa crolli o imputridisca. E passeggio tra rovine e tessuti necrotici, tra bellezze mitologiche che sono rese tali dalla distanza, tra ciò che fu e che non sarà mai, da ciò che non è stato e sarà; circa.
Pubblicato venerdì 18 Gennaio 2013 alle 13:55 da Francesco
A me pare che la crescente comprensione dei miei processi interiori mi appaghi in misura assai maggiore delle fantasie che costituiscono gli scheletri dei miei desideri più reconditi. In questo confronto di astrazioni noto un dominio della razionalità che per me non è affatto la traduzione di una resa incondizionata al vuoto della mia sfera emotiva, bensì un’ulteriore esaltazione delle mie potenzialità affettive. È come se il tempo mi levigasse la personalità. Credo che in parte il mio equilibrio dipenda dalla disponibilità ad ascoltare le mie istanze e dalla capacità di spiegare a me stesso come mai non sono ancora in grado di accoglierle. In tutto ciò noto anche un legame stretto con l’evoluzione della mia idea di morte. Non in qualche trattato fumoso o dalle labbra ormai automatizzate di un decano della psicoanalisi, ma in me stesso ho avuto modo di capire quanto Eros e Thanatos siano legati a doppio filo. È come se in me quell’intuizione di Freud trovasse una sintesi sempre più in debito di tensione, però io non so quanto sia autentica né se abbia un’origine patologica. Considero la mia affettività in continua evoluzione benché non abbia mai avuto concretizzazioni e non mi sento privato di qualcosa. Mi vedo come un individuo in ritardo su una tabella di marcia che potrei forzare solamente se sapessi mentire a me stesso con la sufficiente convinzione o se avessi una lucidità inferiore a quella che invece cerco d’impormi tramite la scarnificazione dell’Io. Non compio sacrifici, ma faccio i miei interessi sebbene all’apparenza le mie azioni (e soprattutto la mia inerzia affettiva) diano l’impressione di un autolesionismo emotivo. Ho un vantaggio che sembra una condanna, ma non me ne preoccupo perché non devo mica venderlo in un bazar.
Pubblicato lunedì 14 Gennaio 2013 alle 09:04 da Francesco
La scorsa notte ho sognato una ragazza che conosco di vista e con cui ho parlato per un breve periodo circa sette anni fa. Tutto è avvenuto in un’abitazione, la sua suppongo. Nel sogno lei era più bella di come l’ho trovata quando l’ho rivista per caso questa estate; appesantita di qualche chilo, invecchiata di qualche anno e forse gravata da qualche delusione. Non ricordo cosa mi abbia detto nella scena onirica. D’un tratto è arrivata sua madre a casa e dopo essersi presentata mi ha chiesto di andarmene perché aveva da fare con sua figlia, ma il suo invito è stato gentile. Prima mi sono ritrovato in un parcheggio riservato con una sbarra e poi di nuovo nella casa suddetta, ma nel frattempo quest’ultima era diventata un labirinto di pietra. All’improvviso un gruppo di artisti circensi ha incominciato ad inseguirmi per gioco mentre io ho preso a fuggire seriamente, del tutto impaurito. Non rammento altro.
–
Questo sogno è l’ennesimo messaggio col quale l’inconscio mi notifica la carenza affettiva della mia esistenza. Non c’è da parte mia un’attrazione latente per quella ragazza, ma quest’ultima è il simbolo (infatti essa appare con un’immagine decisamente migliore rispetto a quella reale) di un anelito che continua a scorrere sotto la soglia della mia coscienza. Interpreto la madre e la sua richiesta come la mia volontà, la quale si oppone ad un bisogno che non possa essere soddisfatto tanto in senso platonico quanto carnale, ma una parte di me che ha scarso potere vorrebbe appagarsi anche solo parzialmente ed è per questa ragione che si palesa il contrasto. Il ritorno nella casa esprime la ciclicità del desiderio di amare e credo che la trasformazione dell’ambiente domestico in un labirinto sia la rappresentazione della difficoltà di conoscere una persona compatibile; la pietra di cui è fatto il labirinto probabilmente sottolinea il carattere improbo dell’impresa. L’inseguimento degli artisti circensi lo spiego con le distrazioni, gli impegni e le beghe che la quotidianità m’impone e a causa delle quali trascuro il mio deserto affettivo.
Pubblicato sabato 12 Gennaio 2013 alle 23:40 da Francesco
Questo è l’esordio di un libro che non mi sono mai deciso a scrivere. L’ho ritrovato quest’oggi in mezzo ad altri appunti e ho scelto di riversarlo qua sopra poiché non ho alcuna intenzione di riprenderne la stesura.
–
Avevamo appena sfondato l’ultima lapide quando un lampo improvviso soppresse il buio del cimitero: quel bagliore fu caduco quanto lo era stata la vita del bambino che si trovava sepolto accanto al bersaglio finale dei nostri martelli. Coperti dai sibili del vento e col favore delle tenebre che ci eravamo procurati tramite il sabotaggio dei lampioni perimetrali, noi avevamo scelto quella notte di gennaio per profanare le tombe di alcuni politici. Indisturbati, fortemente convinti, meticolosi e al contempo feroci, per quasi un’ora ci eravamo impegnati anima e corpo a fare scempio di chi non aveva mai avuto la prima né ormai poteva più disporre del secondo. Scritte assai ingiuriose, colate di vernice, urina sui marmi divelti e volantini d’accusa: tutto questo eravamo riusciti ad allestire con caotica perizia. Prima di andarcene io assolsi il compito d’immortalare con la fotocamera del cellulare cotanto sfregio: in seguito le immagini e i filmati sarebbero stati diffusi con il duplice scopo di informare e d’istigare ad atti d’emulazione. Sulla strada del ritorno tacemmo tutti e quattro per precauzione, però non fiatammo nemmeno una volta giunti alle moto. Senza la luce indiscreta della Luna e con dei rumori nembiferi sempre più prossimi, salimmo in sella e ripercorremmo le strade sterrate che avevamo studiato a menadito per scongiurare eventuali controlli di polizia o carabinieri. Lungo il tragitto pensai alle mosse successive, ai piani a cui la nostra cellula si era dedicata per oltre due anni e che erano in procinto di concretizzarsi nel più efferato dei modi. In cuor mio sapevo che presto avremmo imboccato una strada senza ritorno, d’altronde la nostra era diventata una scelta obbligata che volevamo condividere con quanto l’aveva resa tale. Il nostro tempo era contato, come quello d’ogni altro, ma a tratti veniva scandito a mo’ di lentissima tortura.
Pubblicato giovedì 10 Gennaio 2013 alle 00:00 da Francesco
La scorsa notte ho oltrepassato la quarantottesima ora di digiuno e ho interrotto quest’ultimo con un pasto che ho consumato davanti ad un vecchio film con Charles Bronson protagonista. Mi è piaciuto il finale tragico di “Città violenta”, però ne auguro uno migliore per il sottoscritto.
Mi chiamo Francesco, mi trovo nel mio ottavo lustro e vivo dove sono cresciuto, ossia in Maremma.
In questo blog conduco da anni la mia autoanalisi, perciò i contenuti hanno un alto tasso d'introspezione e sono speculari agli sviluppi della mia persona.
Qui sono raccolti appunti intimisti, grotteschi, ironici; archiviati vi sono anche sfoghi, provocazioni, invettive ed esternazioni d'altro genere che oggi io considero quasi imbarazzanti od obsolete, ma di cui serbo traccia poiché nel bene o nel male hanno fatto parte del mio percorso e sono assurte fino alla coscienza.
Qualche passaggio può suscitare simpatia, talora fino all'insorgere dell'identificazione, invece brani d'opposto tenore hanno una portata sufficiente per destare un po' di disgusto, però credo che tanto i primi quanto i secondi siano adatti agli immancabili fraintendimenti o alle (in)volontarie incomprensioni.
Non sempre i significati dei miei scritti emergono dal loro contenuto manifesto, quindi io stesso mi guardo dal prendere alla lettera certe cose che metto nero su bianco o che altrove sarebbero già sbiadite.
Mi sono diplomato con ben sessanta centesimi al liceo linguistico, non ho mai messo piede in un ateneo e non ho mai fatto ingresso tra le grazie di una nubile.
Poiché errare è umano, e io di certo non nascondo né rinnego la mia natura mortale, ho ragione di credere che in tutta questa mole di appunti mi sfuggano refusi ed errori di cui chiedo venia alla mia attenzione e a eventuali (quanto incauti e improbabili) lettori.