Pubblicato sabato 18 Novembre 2023 alle 22:35 da Francesco
Iersera mi sono recato alle porte di Roma per vedere Frank Gambale al Crossorads Club, lo stesso locale in cui tredici anni fa lo ascoltai per la prima volta dal vivo: è stato uno dei migliori concerti a cui abbia mai assistito. Oltre al buon Frank ho avuto modo di apprezzare anche Dominique Di Piazza al basso, ma tutto il quartetto è stato stellare!
Due virtuosi in una settimana (Malmsteen lo scorso venerdì): quando mi ricapiterà? Questa volta al buon Frank ho fatto firmare un suo album in CD, Coming to your senses che acquistai quasi vent’anni or sono: fu il mio battesimo di fuoco nel mondo della fusion!
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Pubblicato domenica 12 Novembre 2023 alle 01:35 da Francesco
Venerdì pomeriggio mi sono messo alla guida del mio catorcio per raggiungere la culla del Rinascimento con il fine precipuo d’assistere al concerto del leggendario Yngwie Malmsteen, un chitarrista divisivo che io ho sempre venerato e per il quale non mi aspettavo che vi fosse ancora una così grande attenzione in Italia, difatti avrei dovuto vederlo nella data del giorno prima in quel di Ciampino se, con mia somma sorpresa, le prevendite per la tappa laziale del tour non si fossero concluse con il tutto esaurito: sold out!
Poco male giacché da anni mi ripromettevo di mettere piede nel Viper Club, un locale fiorentino che non di rado ospita artisti di mio gradimento ma nel quale non avevo mai avuto occasione né voglia di recarmi prima: c’è voluto uno stato di necessità per vincere la pigrizia e la convenienza. Ne è valsa la pena!
La serata è stata fantastica ed esaltante: Malmsteen si è fatto trovare in forma strepitosa, come sua abitudine ha lanciato molti plettri verso i questuanti e ha proposto alcuni tra i brani più celebri della propria discografia. Ho avuto la fortuna e la tenacia di guadagnarmi un posto in prima fila ancorché un po’ defilato: ripeto, concerto eccelso, già inciso su pietra e nella mia materia grigia come uno dei migliori ricordi della mia carriera da spettatore.
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Pubblicato domenica 5 Novembre 2023 alle 01:36 da Francesco
C’è chi compie levate di scudi per chi ricorre agli scudi umani nelle proprie tattiche di guerriglia: i secondi, terroristi, sono osannati dai primi, ossia dai cosiddetti utili idioti. Le opinioni devono abbinarsi con l’immagine che ogni individuo s’è fatto di sé, perciò la realtà dei fatti diventa accessoria nel duplice senso della scarsa rilevanza e in quello di oggetto per l’identificazione di cui sopra. Prendere posizione è un po’ come prendere posto laddove questo sia stato riservato con largo anticipo: nulla di sorprendente.
Nelle feste in maschera ognuno sceglie il costume che preferisce, ma farlo su base quotidiana risulta persino più comodo e offre al soggetto un grado maggiore d’immedesimazione: ognuno si vede per come si sente, con tutte le conseguenze del caso e del caos: giacché mancano i presupposti per l’essenza, resta alle apparenze l’ingrato compito di tracciare i contorni di una personalità, o almeno suppongo che le cose funzionino così. In linea di massima non vedo ragioni per fare più del minimo indispensabile, laddove tutti sono utili e nessuno insostituibile. Si vocia di quello, si vocia di questo, come d’altro canto è stato sempre fatto nei secoli dei secoli e non vedo ragioni valide né volontà stoiche per invertire la tendenza: la vita stessa è tutto un pour parler, così come la parola è un pour vivre.
A breve, nell’ordine dei decenni o dei decimi di secondo (dipende dalla fisiologia d’ognuno), tutto finirà, poiché caduche sono queste irrisorie quote di tempo rispetto ai cicli cosmici. Qualche ora fa ho comprato e mangiato dell’ottima pizza napoletana, la mia preferita, ma tra qualche ora faticherò a riconoscerla nelle mie defecazioni.
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Pubblicato mercoledì 1 Novembre 2023 alle 23:54 da Francesco
Scrivo nel giorno dei santi mentre incombe quello dei morti, però io non parteggio né per gli uni né per gli altri. Sono preda di un ritrovato entusiasmo giacché il mio sesto libro si appresta alla conclusione, ma invero questo mio stato emotivo è dovuto in larga parte a una rinnovata voglia di coltivare le mie abituali e solipsistiche passioni.
Dopo una naturale fase di stallo mi sento in procinto di ribadire a me stesso quello che mi sono sempre detto nelle fasi apicali dell’attuale incarnazione. Non ho né cerco alleati di sorta e credo di non poterne avere, non stabilisco patti, non ho più debiti di riconoscenza, non rispondo alle chiamate anonime e spesso ignoro anche quelle note. Se vestissi in maniera elegante potrei ricamarmi addosso un po’ di retorica, ma sotto certi aspetti il mio stile è asettico ed essenziale. Per mia fortuna non mi sento parte all’epoca corrente, così come non sono mai appartenuto a quelle di cui sono stato coevo, perciò continua a non fottermene una sega di quanto vada per la maggiore: la mia tendenza non dipende da ciò che sia di tendenza.
Non mi reputo poi così diverso da com’ero dieci o vent’anni fa e questa persistenza di certi miei tratti, reale o illusoria che sia, mi piace e mi rassicura sebbene io al momento non abbia bisogno di conforto: certo, non posso escludere la necessità di consolazione qualora mi dimentichi di tirare lo sciacquone dopo una sostanziosa cacata. Non sono clandestino nell’altrui attenzione e vivo sottotraccia ancorché non mi nasconda: non mi reputo uccel di bosco in quanto preferisco i felini ai volatili e in particolare i gatti: il salto con grande slancio rispetto al volo a bassa quota.
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Pubblicato giovedì 26 Ottobre 2023 alle 01:51 da Francesco
Di recente ho visto questo film del 1973 che a mio parere possiede un’atmosfera fiabesca e un finale meraviglioso. Di norma tendo a non dare troppo peso alle assegnazioni dei premi Oscar, ma secondo me fu ampiamente meritato quello conferito nel 1974 a Tatum O’Neal come miglior attrice non protagonista per il ruolo di Addie: un’interpretazione adorabile a soli dieci anni!
Credo che Paper moon si possa definire un road movie, difatti la piccola Addie, rimasta orfana, viene affidata a Moze affinché questi la porti da alcuni parenti presso cui deve trasferirsi: Moze è un giovane truffatore che conosceva la madre di Addie e forse è proprio lui il padre della bambina sebbene egli lo neghi. La coppia scopre subito di avere delle affinità elettive nell’arte di arrangiarsi benché tra i due ci siano dei contrasti, difatti Addie è molto sveglia per la sua età e Moze, nonostante viva di espedienti, dimostra di possedere un’indole buona.
Per me il film è dettato da un ritmo perfetto, con un giusto equilibrio tra le scene urbane e quelle bucoliche, tra i momenti di rabbia e gli slanci di affetto, tra l’azione concitata e la piccola suspense. Azzeccata anche la scelta del bianco e nero per la quale Bogdanovich aveva già optato ne L’ultimo spettacolo. Per come i due protagonisti diventano partners in crime mi è tornato in mente un film di Luc Besson uscito circa vent’anni dopo: Léon.
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Pubblicato domenica 15 Ottobre 2023 alle 21:23 da Francesco
Venerdì tredici ottobre mi sono recato in una squallida periferia capitolina per assistere a un concerto dei Vomitory, leggendaria band death metal: già dieci anni fa avevo avuto modo di apprezzare dal vivo questo gruppo svedese nel tour d’addio alle scene, proposito poi smentito con tanto di nuovo album. È stato un bel concerto sebbene i polacchi Vader fossero la band di punta: anch’essi hanno suonato egregiamente.
Nel corso della serata non sono stati uditi colpo di Kalashnikov né giubbetti esplosivi con biglie di ferro in comodato d’uso, ma ormai tutto mi fa pensare che nuovi attentati siano imminenti
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Pubblicato domenica 8 Ottobre 2023 alle 17:47 da Francesco
Circa un mese fa, constatando attraverso alcuni recenti filmati la recrudescenza della guerra civile in Siria, ho ipotizzato un ritorno del terrorismo in Europa, di conseguenza ho visto nello studiato ed efficace attacco di Hamas a Israele un preludio di quanto da me prospettato.
Nelle operazioni congiunte dei palestinesi mi è parso di cogliere un salto di qualità in termini di coordinazione ed equipaggiamento, difatti l’iniziativa è stata descritta come “senza precedenti”, ma questo cambio di passo lascia supporre che Hamas abbia ricevuto ausilio da altri nemici storici d’Israele: su tutti, l’Iran.
Ho raccolto, compulsato e messo insieme vari filmati di ambo le parti per ricavare un’idea più precisa degli eventi, scremando notizie e video falsi (i quali di solito documentano fatti diversi e lontani nel tempo) che in questi casi inondano tutti i canali della rete. Mi ha colpito l’attacco al rave organizzato nel deserto, dove frotte di ragazzi si sono trovati alla mercé dei loro carnefici, e l’incursione dei militanti palestinesi con i parapendii a motore: quest’ultima è stata una scena surreale, da videogioco.
Oggi, vedendo gli attacchi israeliani a Gaza, ho pensato che i palestinesi si siano condannati a morte da soli sebbene non siano tutti terroristi, ma per quanto “intelligenti” le bombe non distinguono i colpevoli dagli innocenti; una volta un inquisitore, rispondendo a un sottoposto che gli chiese come distinguere gli eretici catari da chi eretico non fosse, disse: “Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”. Un alto ufficiale israeliano ha definito l’attacco a sorpresa come l’undici settembre del paese e secondo me, fatte le debite proporzioni, il paragone regge.
Mi chiedo se questa ennesima goccia geopolitica sia destinata a far cascare il vaso di Pandora, il quale ormai è già scoperchiato da tempo e attende solo di frantumarsi a terra, come se un nuovo conflitto su scala mondiale fosse imminente e ineluttabile: in ogni caso sono certo che gli attentati di matrice islamica torneranno in Europa.
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Parole chiave: Gaza, Hamas, IDF, intifada, Israele, Palestina, striscia di Gaza, West Bank
Pubblicato mercoledì 4 Ottobre 2023 alle 21:18 da Francesco
Non aderisco a quelle convinzioni nostalgiche che negano ai tempi odierni la possibilità di figliare ottima musica, difatti ancor oggi compulso le nuove uscite nei miei generi preferiti e non di rado compio piacevoli scoperte. Non vivo nel passato sebbene quest’ultimo dimori ed echeggi in me. Certo, sono molto legato ad alcune pietre miliari, però non lascio che si trasformino in zavorre e mi tengo a galla nel presente grazie all’ambigua posizione del morto.
Negli ultimi sette giorni ho ascoltato oltre novanta volte Zio Klaus, quarta traccia di Imilla, il nuovo disco de Il Bacio della Medusa (band che seguo dal 2008 e di cui posseggo quasi tutta la discografia), un simpatico concept album di rock progressivo italiano (prog, per amici ed estimatori) che racconta la parabola di Monika Ertl, la militante dell’ELN che sparò tre colpi a Quintanilla Pereira (formandogli in petto una vu di vittoria), reo quest’ultimo di aver mozzato le mani al cadavere di Che Guevara. L’intero disco è grandioso, intriso di atmosfere da spy story che sono rese in maniera magistrale dal classico stile del gruppo, ma in Zio Klaus sento forte la vocalità alla Peter Hammill e l’impronta dei Van Der Graaf Generator, inoltre il testo di Simone Cecchini è un vero gioiello. Spero di rivedere presto Il Bacio della Medusa dal vivo in quanto serbo un bel ricordo di un loro concerto a Perugia a cui io presenziai e in occasione del quale la band registrò il suo primo live.
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Parole chiave: concept album, Il Bacio della Medusa, Imilla, Monika Ertl, prog, prog italiano, progressive, Quintanilla Pereira, Rock progressivo
Pubblicato martedì 26 Settembre 2023 alle 01:10 da Francesco
Avevo già apprezzato lo stile corale di Altman nel corso di M*A*S*H* (acronimo per Mobile Army Surgical Hospital), sua opera del 1970, però io trovo che in Nashville questo modus operandi venga impiegato con un’efficacia persino superiore.
Nel film non vi è un protagonista in senso classico e stretto, ma molti comprimari dall’apparenza di monadi che la narrazione via via tesse e interseca in modo eccelso a favore del suo stesso ritmo, difatti per me scorrono alla perfezione le oltre due ore e trenta di questa pellicola del 1975 dopo Cristo. Il titolo si riferisce alla celebre città del Tennessee, mecca del country, perché la musica ha un ruolo preminente nella storia e, non di rado ma volutamente, viene sovrapposta ai dialoghi, perciò ne consegue un muro sonoro un po’ confusionario in ragione di cui trovo opportuni i sottotitoli in inglese: invero non so se ne esista una versione doppiata in italiano e adoro il carattere grottesco, surreale ed esagerato di tutte le miserie ivi rappresentate.
A mio parere una parvenza di protagonista può essere rintracciata non tanto in un ruolo, bensì in una vicenda, ossia la campagna elettorale di un fantomatico politico che si manifesta solo come voci fuori campo, tuttavia è su quest’ultima circostanza che i vari personaggi si stagliano e alla fine confluiscono: lo sviluppo di questo iter è puntellato da una sagacia spassosa e da un approccio caricaturale nei suoi tratti apparentemente documentaristici.
Il country non è il mio genere musicale d’elezione, ma le numerosi canzoni presenti si sposano bene con il resto del film senza che il tutto trascenda mai negli stilemi di un musical vero e proprio. In conclusione: per me Nashville è un film tanto lungo quanto divertente e lo reputo attuale giacché ancor oggi, secondo me, dice molto della società statunitense.
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Parole chiave: 1975, Cinema, cinematografia, film, Nashville, Robert Altman, settima arte
Pubblicato venerdì 22 Settembre 2023 alle 02:12 da Francesco
Non ho nulla d’annunciare alle spalle dell’equinozio d’autunno, ma d’altronde anche alle stagioni non resta che ripetere i propri canoni. Cosa mai dovrei dire al cospetto del tempo? E soprattutto chi mai dovrebbe pormi domande in merito? Un bel tacer non fu mai scritto e una fantastica estinzione non fu mai vissuta. Le parole sono le peggiori nemiche di loro stesse e le scambio con piacere giacché non mi servono davvero.
Per motivi pratici (il tempo) o per ragioni semantiche (l’incomprensione), i dialoghi sono a loro volta negazioni composite di loro stessi, elevazione in scala dell’equivoco elementare da cui si formano per giustapposizione di fraintendimenti. Io parlo per parlare (pour parler in senso letterale e quindi, a ulteriore riprova, inautentico); inoltre scrivo per scrivere e penso giusto per pensare, ma se ne fossi in grado mi affrancherei dal pensiero invece di tirarmelo dietro come copia carbone della mia presunta e mutevole identità. Cosa rimane di quanto non permette a nulla di restare? È un gioco di rimandi e di superfici riflettenti che non si possono relazionare tra di loro manco, o forse soprattutto, in presenza delle migliori intenzioni. La descrizione è una ciarla che pretende il rango di necessità ed è l’abitudine ad accordarle quanto vuole, ma la sua divisa più plausibile è quella da usciere perché pone fuor di sé ogni senso reale o apparente.
Se dovessi partire da un presupposto ne sceglierei uno tra i volontari, così da non far ricadere su di me la scelta di un punto di partenza, difatti l’arrivo non cambia mai in sua ragione ed è sempre il medesimo, ossia privo d’indicazioni e sostanza, refrattario a ogni mappatura.
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Parole chiave: incomprensione, limite del linguaggio, parole vuote