Pubblicato martedì 23 Luglio 2019 alle 01:22 da Francesco
Mi sto allenando a dovere, ma non sento il peso dei carichi né della loro intensità perché amo quello che faccio e in questa fase della mia vita ne sento forte il richiamo. Riesco a convogliare tutte le mie energie nelle prove verso cui la mia volontà si volge con tutta se stessa e traggo ulteriore forza dalla diretta testimonianza di cotale concentrazione.
La corsa mi permette di verificare sul piano della materia quanto in me si origina altrove, perciò sotto questo aspetto essa si presta a un impiego che trascende (in ogni senso) le sue caratteristiche ordinarie, quelle ludiche, salutistiche e agonistiche.
Non so come vivano gli altri né quali obblighi impongano a sé stessi oltre a quanto già esige la sciagura di ogni esistenza terrena, ma in buona sostanza credo che siano cazzi loro: io sono e resto un solipsista convinto.
Negli ultimi tre giorni ho messo in fila degli ottimi allenamenti, tuttavia non ne avevo programmato neanche uno: essi sono sbocciati spontaneamente, come i fiori di campo o le guerre civili.
Sabato ho corso 24 chilometri a 3’55” più altri 6 di recupero.
Domenica 22 chilometri a 3’54” più 3,5 di recupero.
Ieri 22 chilometri a 3’51” e ho tirato il nono (è venuto a 3’07”!)
Le tracce di queste sessioni sono sul mio profilo di Strava (sul quale condivido pubblicamente solo certi allenamenti).
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Pubblicato martedì 16 Luglio 2019 alle 03:09 da Francesco
Premo una mano contro il vuoto e così arresto il cuore pulsante della notte per fermarmi sulle sue pareti, incurante della giovinezza che gli attribuisce chiunque s’illuda di allungargliela con il ricorso a siffatte adulazioni.
Ho bisogno di conferire in privato con l’universo e posso farlo ovunque perché in questo periodo mi sento di nuovo tutt’uno con esso. Le mie parole, le mie azioni e i miei pensieri non hanno incertezze e si muovono con reciproco rispetto delle dovute precedenze. Non posso aspettarmi che questo stato duri per sempre, ma posso fare il possibile per continuare ad alimentarlo e sulla consapevolezza delle sue intermittenze devo coltivare l’abilità di affrontare i futuri scontri con le forze contrarie. Forse proprio il mio attaccamento verso questa condizione di grazia dimostra come io non sia ancora all’altezza di trattenerla o d’esserne trattenuto. Mi sento rapito da un principio superiore che si origina da me e in me ricade, ma non è una suggestione passeggera né un inganno dei sensi: ne conosco la natura in quanto essa ha già permeato le fasi migliori della mia esistenza e pare che adesso la ammanti di nuovo.
Non so come si conservi ciò che è intangibile e al contempo avulso dai processi mentali, ma compirei già una grande impresa se riuscissi a descriverlo con la povertà delle parole. Non c’è modo di condividere ciò che in potenza già appartiene a tutti e di cui ognuno può fare solo una personale esperienza, o almeno questo è quanto intuisco.
Gioia e commozione risuonano e prorompono dal plesso solare, infine si allargano come se fossero dischi planetari a misura d’uomo, ma cosa mai posso scriverne? Forse la durata di certi fenomeni ha importanza fintantoché sussiste il concetto stesso di durata. Non cerco artifizi nelle elucubrazioni e il mio vandalismo diaristico si è protratto sin troppo.
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Pubblicato giovedì 11 Luglio 2019 alle 23:05 da Francesco
Dal primo di giugno a stasera, undici luglio, ho corso 819,4 chilometri, una media di quasi venti al giorno. Giovedì quattro luglio ho corso una maratona da solo su un circuito cittadino piuttosto impegnativo, infatti ho ripetuto per venticinque volte il giro più lungo delle mura medicee di Grosseto.
Alla fine ho chiuso la mia prova solitaria in 3h06’36” e ho deciso di svolgerla sul percorso di cui sopra perché un paio di settimane prima mi era stato proposto dagli organizzatori della Sei ore della Maremma, un’ultramaratona che vedrà la sua prima edizione a gennaio: io dovevo fare un allenamento lungo e loro volevano fare un test del percorso, quindi abbiamo unito l’utile al dilettevole e per me è stata una bella esperienza!
Ho trovato il tracciato abbastanza duro in quanto vi sono due strappi corti che, malgrado la loro brevità, alla lunga si fanno sentire e finiscono per richiedere una prova muscolare, inoltre il tasso di umidità mi ha rallentato fortemente dopo la prima metà, ma ho sfruttato quest’ultimo per svolgere quello che i maratoneti anglofoni chiamano “poor man’s altitude training”.
Ad agosto volerò qualche giorno in Finlandia per prendere parte alla maratona di Helsinki e quella sarà un primo banco di prova su cui valutare i netti miglioramenti a cui sono pervenuto nelle ultime settimane. Sono riuscito a ottenere un’iscrizione alla gara a titolo gratuito in virtù dei miei tempi di merito e lo status di élite che mi permetterà di partire con i primi, quindi farò il possibile per onorare tutta questa considerazione!
Anche se la maratona non dovesse concludersi bene (punto a fare almeno 2h38’) ne proverò almeno altre due in Europa prima della fine dell’anno, poi deciderò su cosa fare.
Non mi sono mai sentito in forma come in questo periodo e anche la mia mente è salda, lucida, il mio spirito forte e determinato: ho voglia di fare del mio meglio e basta. Seguo la mia via.
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Pubblicato martedì 2 Luglio 2019 alle 18:51 da Francesco
Ho da poco concluso la lettura del testo in oggetto che ha costituito il mio primo approccio con la saggistica di Peter Hopkirk, tuttavia sono già in procinto di iniziare “Il grande gioco” e in futuro conto di procurarmi almeno uno dei suoi tre libri in inglese per i quali non v’è mai stata una traduzione in italiano.
Secondo me Hopkirk ha il merito di ripercorrere le gesta di grandi archeologi con uno stile avvincente, più da romanziere che da saggista puro, e da quanto ho avuto modo di constatare mi sembra che quest’ultima sia un’opinione abbastanza diffusa. In ”Diavoli stranieri sulla Via della Seta” ho colto una retrospettiva su quei pionieri occidentali (più le spedizioni nipponiche del conte Otani) che all’alba del secolo breve riportarono alla luce il passato delle civiltà centroasiatiche, ma nei toni di quelle cronache ho ravvisato un’epicità sui generis, specialmente nel titanismo dei protagonisti al cospetto del Takla Makan.
Ho trovato icastiche e suggestive le descrizioni dei luoghi che non sono state ridotte a una fredda sequela di dettagli, bensì snocciolate di pari passo con i progressi di coloro che vi si stagliarono. Per me un altro ausilio al ritmo dell’esposizione è scaturito da certi aneddoti e dal profilo di figure minori, quale per esempio quella del furbo Islam Akhun, ma anche dalle feroci lotte tra accademici, come nell’imbarazzante caso di Hörnle sul quale Sir Aurel Stein non inferì o nella campagna diffamatoria che certi francesi operarono ai danni dell’arrogante Pelliot.
Al netto di quanto ho appreso non mi sento di condannare chi portò in Europa resti e manoscritti di culture che, se fossero rimaste in situ, con buona probabilità sarebbero caduti sotto la ferocia iconoclastica dei musulmani, tuttavia, sempre alla luce di questa lettura, riconosco come tutto quel patrimonio per lungo tempo non sia stato valorizzato in Occidente.
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Pubblicato domenica 30 Giugno 2019 alle 23:29 da Francesco
Nei miei anni efebici ho sempre vissuto giugno come il momento di una ritrovata libertà dall’inutile tedio dell’istruzione obbligatoria. A scuola ho perso tempo e basta, assiso com’ero ad ascoltare rumori di fondo da cui non imparavo nulla. Io ero uno studente svogliato e nei miei insegnanti vedevo spesso reificato il concetto di sinecura, perciò ci completavamo a vicenda. Non ho vissuto attimi fuggenti e nei corridoi non ho mai incontrato Robin Williams (o forse non l’ho riconosciuto).
Or bene, quest’ultimo giugno invece è stato proficuo sotto molteplici aspetti, ma, tra le tante questioni a latere, ho riservato quasi tutto il mio entusiasmo per l’esperimento podistico a cui ho deciso di sottopormi.
Negli ultimi trenta giorni (di cui ventiquattro consecutivi) ho corso 651 chilometri, 162,5 a settimana, per un totale di 48 ore e 7 minuti, quindi a un passo medio di 4’26” al chilometro. Ho svolto diversi lavori di qualità a ritmi a cui non ero molto abituato (dai 3’30” in giù) e ho ritrovato il piacere di sondare i miei limiti.
Probabilmente a luglio non riuscirò a ripetermi in quantità, ma intendo mettere in cascina almeno 500 chilometri con maggiore enfasi sulle andature veloci. Questi volumi per me non costituiscono sacrifici in quanto amo correre e mi considero un privilegiato, inoltre so che tutto quello che ho fatto finora mi servirà per quando non potrò più farlo.
Ad agosto avrò un paio di occasioni per giudicarmi come atleta e come allenatore di me stesso, ma senza scadere in velate ambizioni ipostatiche.
Ormai sono cominciate le grandi manovre e spero di condurle fino alla fine. È previsto anche un rendez-vous con un amico maratoneta che sta recuperando da un incidente di percorso, ma tutto ciò a patto che una morte prematura non mi colga.
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Pubblicato venerdì 21 Giugno 2019 alle 03:08 da Francesco
Nelle prime ore di questo venerdì equinoziale mi trovo ad ascoltare un vecchio disco mentre mi rilasso davanti alle deboli radiazioni di un monitor. Fuori quasi tutto tace e il silenzio subisce i soli affronti di qualche marmitta o l’uso improprio di un clacson. Nella mia stanza rossa aleggia una pace archetipica e nel mio cerebro non si abbatte nulla d’incongruo.
Non ho immagini di me stesso che alberghino nella mente di qualcun altro, non sono oggetto dei pensieri di terzi o trini, non ho una mia proiezione di stanza in menti lontane e quindi non mi può essere ascritta alcuna complicità né ingerenza. Mi immergo nella mia individualità perché sono in grado di farlo e quindi sfrutto questo grande privilegio per fabbricare bei ricordi. Perseguo ciò che mi fa stare bene ancorché talora gli effetti dei miei sforzi non siano immediati e non abbiano valore al di fuori del mio microcosmo, ma d’altro canto ogni semina richiede un certo tempo e l’importanza delle cose non si annida mai nelle cose stesse. Non posso mettere i sottotitoli alle mie intenzioni, anche perché non sono in grado di tradurre dalla lingua del fraintendimenti. La stabilità di un’intesa trova le proprie conferme nei suoi sviluppi, quindi la prova di sé risulta ancora più autoreferenziale delle parti che coinvolge, come se ne trascendesse non solo la singolarità ma anche la somma: qui sorge spontaneo il più celebre dei principi olistici. Credo che in ogni fase della vita vi siano delle priorità a cui una mente poco addestrata non sappia conferire la dovuta importanza e io non voglio pagare dazio per la mia stupidità, perciò mi seguo. Tempo al tempo.
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Pubblicato venerdì 14 Giugno 2019 alle 23:46 da Francesco
In merito alla natura della coscienza non so se debba rivolgermi al positivismo o a certa metafisica che talora finisce per scadere in derive new age: le aporie sono fastidiose.
Nelle ultime due settimane ho corso 287,5km in 21h49′, quindi a una media di 4’33”. Continuo a vedere progressi grazie al calo di peso e di massa grassa: poco meno di 65kg il primo, stabile al 15% la seconda.
Il mio fisico sta rispondendo bene ai molti chilometri e a qualche lavoro di qualità. A forza di correre si è estinto anche un dolorino che avevo allo psoas sinistro o forse l’ho perso per strada, only God knows. La scorsa settimana sono riuscito a correre i 10km in 36’19” durante una sessione di 21km, il giorno dopo li ho fatti in 36′ netti (3’36”) sempre all’interno di un totale di 21km: per me non sono tempi stellari, ma trovo significativo che mi siano venuti di seguito e in giornate di forte scirocco. Ieri ho corso 26km facili ma con un buon tremila (3’21”, 3’19”, 3’19”) e oggi 22,5km con un tremila simile (3’22”, 3’23”, 3’22”), ma all’interno di 15km a 3’44” (l’allenamento in oggetto): sono numeri che mi dànno fiducia. Non faccio vere e proprie ripetute brevi, però di tanto in tanto un po’ di fartlek in salita. Al momento mi sento in grado di battere i miei record personali su qualsiasi distanza, dai cinquemila metri ai cento chilometri. Sono curioso di vedere quali responsi avrò ad agosto durante qualche test di velocità che svolgerò per i fatti miei a mo’ di gara.
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Pubblicato sabato 8 Giugno 2019 alle 00:12 da Francesco
Talora il destino si accanisce con prematura ferocia verso chi non ha avuto tempo sufficiente per conseguire meriti o colpe, ma questa è l’insondabile precarietà della vita. Non mi considero un individuo emotivo perché ho colto da tempo l’invito heideggeriano di essere per la morte, nel senso ontologico dell’espressione, ma ho provato un forte moto di commozione quando ho appreso la tragedia che ha colpito una mia conoscente, anch’essa atleta.
Ho provato un’irrazionale senso di colpa nel momento in cui mi sono trovato a fare ciò che anche lei era solita fare, ossia allenarsi, quindi l’ho pensata a lungo e le ho augurato ogni bene da qui in poi, come se avesse già pagato per tutta la sofferenza che una persona è tenuta a esperire nell’arco della sua esistenza. Suppongo che le mie reazioni interiori siano scaturite in parte da un certo livello d’identificazione, ma di sicuro vi ha concorso anche molta empatia.
Di fronte a quanto è indicibile le parole non possono nulla e io ne vergo qualcuna a suo corredo solo per rimarcarne l’impotenza, ma credo che la scrittura mi aiuti comunque a dare una forma a quelle circostanze che le negano tutte. Probabilmente vedrò altre persone soffrire e lasciare anzitempo questo pianeta, inoltre può darsi che in un futuro più o meno lontano io stesso diventi il protagonista di una catastrofe personale, ma continuerò a fare quanto è in mio potere per arginare tutte le forze contrarie e accetterò la sconfitta solo se questa dovesse risultare totale. In me si annida una forte propensione alla vita, ma quest’ultima non è ammantata d’ingenuità. Per aspera ad astra.
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Pubblicato sabato 1 Giugno 2019 alle 01:11 da Francesco
I cambiamenti che ho impresso alla mia alimentazione e ai miei allenamenti continuano a dare i loro frutti. Ho chiuso maggio con 375km e ieri ho svolto l’ultima sessione del mese con un piccolo test di velocità. Ho corso i primi cinque chilometri in 17’23”, a una media di 3’29”, con lo scopo d’impostare un’andatura sostenuta che al tempo stesso non mi debilitasse del tutto, e sono riuscito nel mio intento in quanto ho mantenuto un buon ritmo medio negli altri undici chilometri della sessione, in particolare negli ultimi tre corsi sotto i 3’40”: precisamente in 3’33”, 3’39” e di nuovo in 3’33”.
Avverto da un po’ di tempo un lieve fastidio all’altezza dello psoas sinistro, ma nulla che pregiudichi i miei sforzi: ci convivo in attesa che passi, proprio come ho sempre fatto in casi analoghi. D’altro canto non posso pretendere che certi ritmi e certe distanze non mi rechino mai qualche disturbo.
Sono contento perché sto cominciando a ripagarmi la disciplina a tavola e spero che ulteriori miglioramenti arrivino nei prossimi mesi. Benefico della diminuzione di peso e di massa grassa, a riprova di come non mi sia possibile prescindere da tali parametri per tentare a un salto di qualità.
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Pubblicato domenica 26 Maggio 2019 alle 00:58 da Francesco
Qualche giorno fa ho terminato “L’esoterismo islamico” di Alberto Ventura, un saggio dal taglio metafisico e speculativo che malgrado le dimensioni ridotte mi ha impegnato più di quanto abbiano fatto in passato testi dalle dimensioni maggiori.
I miei primi contatti con il sufismo sono avvenuti tramite Gurdjieff e Rumi, e ho sempre voluto saperne qualcosa in più poiché, a torto o a ragione, costituisce l’unico aspetto dell’Islam che mi affascini. Nella disamina di Ventura vi sono delle analogie con alcuni concetti dell’induismo, del cristianesimo più antico e del taoismo, quale per esempio la definizione dell’Essenza divina che prescinde da ogni attributo e verso cui si può impiegare soltanto una terminologia negativa, nel senso della teologia apofatica o come nel caso dell’idea di Atman.
In merito al carattere illusorio del mondo mi è parso di scorgere un ulteriore sincretismo per come l’illusione non viene liquidata quale mera fantasia, difatti Ahmad Sirhindi le attribuisce una stabilità e una realtà relativa che sono in accordo col grado di esistenza da cui è stata prodotta.
Dal punto di cui sopra in poi si apre a più riprese una lunga trattazione dei due aspetti della totalità, ossia ciò che è assoluto e quanto invece è limitato, trattazione volta a superare un mendace dualismo e nel corso di cui Ventura rimanda ai testi di Guénon, anch’essi presenti nel catalogo Adelphi e in parte già oggetto di mie letture pregresse. La coda gnoseologica si protrae quasi fino alla conclusione del libro, quando interviene un certo simbolismo che si propone di schematizzare quanto è stato esposto fino a quel punto.
Per me si sono rivelate duecento pagine piuttosto dense, in cui più di tutte ho apprezzato le citazioni di Ibn Arabi. Forse per iniziare sarebbe stato meglio se mi fossi rivolto verso un volume che proponesse una visione più generale del sufismo, ma posso sempre integrare in un secondo tempo tale lettura con un testo meno specifico e ottenere lo stesso risultato in forza di quella regola commutativa per la quale esso non muta qualora cambi l’ordine degli addendi.
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