Pubblicato lunedì 4 Maggio 2020 alle 23:50 da Francesco
Stamane ho soppesato meglio quanto ho scritto ieri sera e ho finito per trovarci qualcosa di inautentico, ovvero delle astuzie sofistiche che ho rifilato a me stesso sotto le mentite spoglie di un fatalismo superficiale e pretestuoso. Paradossalmente m’infonde fiducia constatare come io riesca a riconoscere quando mento a me stesso: per me si tratta di una grande conquista introspettiva e ne vado molto fiero. Non mi sono fermato all’ammissione di cui sopra e ho deciso subito di rimediare al mio passo falso, perciò ho vinto la pigrizia e ho corso ventidue chilometri sul tapis roulant in un’ora e ventitré minuti, ossia a un passo di 3’46” al chilometro. Con tale sforzo fisico ho rimediato le endorfine necessarie per fornire una controparte neurochimica alla mia correzione che per ventiduemila metri è stata davvero… in corso d’opera! I fatti devono seguire alle parole affinché esse acquisiscano un peso che non le faccia volare via, perlomeno quando sia possibile dotarle di una forma concreta e quello in esame è stato uno di quei casi, benché le stimolazioni cerebrali siano invisibili a occhio nudo e richiedano strumenti sofisticati per una bella foto di gruppo. Se non avessi avuto modo di correre in casa avrei fatto esercizi d’altro tipo per fornire ai recettori MU le chiavi di volta. Continuo a dipingere quadri foschi e non intendo privarmene, ma con tonalità e proporzioni che rispettino il principio di realtà: non intendo darmi più libertà di quanta possa negarmene e viceversa. Quest’episodio mi ha dimostrato come all’uopo io possa ricorrere a sane alterazioni del mio cerebro senza ricorrere a sostanza psicotrope di cui non ho mai fatto uso e verso le quali ho sempre nutrito una repulsione totale, vero e proprio disprezzo. Non devo permettermi di lasciarmi andare, foss’anche per poco. Devo contare sul mio comando e concedere solo opportuni spazi a quel fatalismo che si dimostri alleato della mia onestà intellettuale. Il resto è bieco vittimismo e non mi si addice.
Pubblicato domenica 3 Maggio 2020 alle 23:57 da Francesco
Trovo precario l’equilibrio di qualunque cosa che poggi sul senso civico e quindi, per comodità, non conto mai su quest’ultimo. Da domani potrei riprendere ad allenarmi di fuori, ma non lo farò perché non nutro alcuna fiducia nei miei simili e quindi aspetterò che i tempi si dimostrino davvero maturi. Non temo il contagio, però non voglio diventarne veicolo. Sotto altri aspetti mi sento un ragazzo sconfitto e non ho molta voglia di affrontare le difficoltà che mi si prospettano. Per un po’ di tempo ho bisogno di lasciarmi andare all’indolenza, anche se dovessi finire per scivolare verso qualcosa d’irreversibile. Non ho voglia di compiere sforzi vani e aspetto che certe cose si sistemino da sole, ma dubito che esse ne siano capaci e dunque credo che sia piuttosto probabile un esito infausto. Pazienza. Non ho un piano principale né uno di riserva e ho lasciato alla rinfusa alcune idee che avevo cominciato a sviluppare. L’esistenza non deve tediarmi più del dovuto, altrimenti le nostre strade rischiano di separarsi anzitempo e con esse ciò che lega le mie percezioni a questo mondo. La mia soglia di sopportazione oscilla tra valori molto diversi che rispecchiano il periodo di riferimento, ma gli scostamenti del mio umore sono di misura inferiore e quindi la mia persona non rientra nella categoria dei bipolari: insomma, non riesco proprio a trovare una squadra in cui giocare. Negli ultimi tempi mi sento sopraffatto da pensieri sbagliati, a tratti sono sfiduciato e mi ritrovo privo di forze che comunque so di possedere e alle quali non ricorro per ragioni di accidia passeggera. Il tempo faccia di me ciò che vuole finché avrà se stesso o fino a quando mi lasci una parte di sé per riprendere il controllo della situazione.
Pubblicato sabato 2 Maggio 2020 alle 23:56 da Francesco
Non risparmio a me stesso le sciocchezze e la superficialità, anzi, vi ricorro sovente per sfumare le mie giornate. Nel corso della quarantena non ho mai discusso con le pareti della mia stanza, perciò il nostro rapporto ha resistito alla convivenza: io carne, loro cemento. In qualche attimo d’incertezza mi prendo troppo sul serio e solitamente per rimediare a tali esagerazioni sgonfio l’iperbole di turno, ma al contempo dentro di me si dispiegano spontanee l’esigenza e la ricerca di una coscienza più elevata. Sono sempre meno legato alla mie sembianze viventi, ma non le depreco e continuo a custodirle come se formassero un tempio sacro. Su questo mondo c’è ampio spazio per me, tuttavia non sono così convinto di volerlo occupare. A volte la migrazione spirituale mi tenta oltremodo, ammesso e non concesso che un’espressione del genere significhi qualcosa, ma non sono ancora pronto ad abbandonare questo pianeta e al momento neanche lo desidero. L’esistenza assomiglia a un limbo tra il nulla e il nulla o tra quest’ultimo e la sua vera antitesi, ma simili azzardi del pensiero sono destinati a restare astrazioni senza capo né coda, acefale per diritto di caducità. Areare prima di soggiornare: forse il buco dell’ozono andrebbe allargato di proposito prima dell’arrivo dei nuovi inquilini. Mi rasserena l’ozio dei gatti e se fossi più saggio impiegherei tutte le mie risorse per adattarlo a quanto d’umano ancora porto in dote. Non voglio muovere un dito neanche per firmare la resa all’avvenire. Lascio che tutto o quasi accada, come se avessi organizzato le ferie cosmiche su una zattera alla deriva, ma ho come compagna di viaggio una forza sopita al cui risveglio non posso oppormi.
Pubblicato venerdì 1 Maggio 2020 alle 11:57 da Francesco
La festosa atmosfera di questi giorni mi ricorda quella altrettanto vivace del video di "Hurt" di Johnny Cash. Può darsi che alla fase due segua la fase terminale, in senso medico. Oltre alle mascherine dev’essere distribuita la morfina. Secondo me l’economia può essere rilanciata (nel baratro) sottraendo il business dell’eutanasia all’Olanda e alla Svizzera. Le file dinanzi al monte dei pegni si sposteranno ai piedi del Golgotha e l’Imago Christi monopolizzerà il mondo del cosplay. Un accordo tra regioni può riproporre le crocefissioni di massa a cui ricorse Crasso lungo la via Appia. Credo che il modo migliore per assicurare un futuro ai figli si annidi nella sterilità congenita o in quell’atto di pietà che risponde al freddo nome di vasectomia. Dal crollo degli idoli di Nietzsche alla caduta degli idolatri. È tutto in diretta senza interruzioni pubblicitarie, ma solo di gravidanza. L’aborto è un atto di clemenza in contumacia. Non riesco a capire quale sia la natura fisiologica della coscienza, se essa si risolva nelle modeste conquiste della neocorteccia o se preceda la vita biologica. Comunque vada sarà un decesso. Se fossi accomodante farei parte del mobilio. Un, due tre, stella! Anzi, supernova. Un’opportuna citazione di Manlio Sgalambro:
"Io, contemporaneo della fine del mondo non vedo il bagliore, né il buio che segue, né lo schianto, né il piagnisteo ma la verità da miliardi di anni farsi lampo".
Pubblicato mercoledì 29 Aprile 2020 alle 22:43 da Francesco
Adoro il silenzio dei giorni immobili, ma ne ho conosciuti di più intensi e rivelatori in altri angoli delle terre emerse. Mi sento sempre più affrancato dai vincoli dell’esistenza umana, come se fossi prossimo all’imbarco verso un viaggio ultraterreno. Forse la mia morte non è lontana, o forse è ancora distante e io ricavo la sensazione della sua vicinanza dalla possibilità di scorgerla meglio all’orizzonte: la diminuzione dello smog svela molte cose.
Sono affascinato dalla fine del mio tempo su questo pianeta, ma non la rincorro perché la mia indole non è autodistruttiva. I miei primi trentacinque anni sono trascorsi abbastanza bene. Ho viaggiato con il corpo e con la mente, sono andato allo scoperta di me stesso, sono stato il testimone oculare di immense meraviglie e ho vissuto piacevoli soddisfazioni.
Se domattina non mi svegliassi più non avrei nulla da rimpiangere per due ragioni: anzitutto perché ne sarei impossibilitato dal rigor mortis e poi per i motivi suddetti. Il suicidio è una scorciatoia verso la meta finale, la quale invero io credo che sia altrettanto temporanea, ma preferisco compiere il giro lungo e godermi il panorama, almeno finché mi andrà di farlo. Hoka Hey, è un buono giorno per morire! Accarezzo l’idea della morte, la frequento nelle mie astrazioni, la contemplo e medito su di essa perché solo la sua prossimità riesce a rendermi libero, ma non ne ho ancora una piena padronanza e devo continuare l’addestramento. Il dado è tratto, il destino è tracciato.
Pubblicato sabato 25 Aprile 2020 alle 06:35 da Francesco
"Pull up, pull up", di solito è questo l’allarme che risuona in una cabina di pilotaggio prima dello schianto di un aereo: trovo che l’insistenza della sua ripetizione sia angosciante anche in differita. In più occasioni ho digitato "black box recordings" su YouTube. Conosco quasi tutte le registrazioni di scatole nere che si trovano su Internet, infatti è mia abitudine ascoltarle alla vigilia d’ogni viaggio nella troposfera affinché corroborino il mio grottesco fatalismo. Una volta mi sono trovato a volare con una piccola compagnia (la Mokulele Airlines) di cui poco prima avevo visto il filmato di un disastroso ammaraggio nell’Oceano Pacifico. Il colmo per un pilota è quello di schiantarsi dalle risate. Prego, la claque. Se scrivessi per qualcuno mi prenderei la briga di spiegare l’allegoria, ma il mio carattere autoreferenziale mi esonera da questo compito e ci penseranno i prossimi mesi a illustrarla con icastica precisione. "Pull up, pull up".
Pubblicato giovedì 23 Aprile 2020 alle 07:27 da Francesco
Già prima dell’attuale pandemia ero abituato a mantenere una certa distanza dagli altri e da determinate situazioni, ovvero da contesti per me noiosi e nocivi. Mi reputo un individuo socievole, ma non vado di proposito alla ricerca di amicizie o conoscenze e questa mia mancanza d’iniziativa può restituire di me un’immagine misantropica, distorsione questa di cui non m’importa quasi nulla in quanto io non fornisco assistenza tecnica alle percezioni di terzi. La quarantena non ha stravolto la mia esistenza perché sono abituato a prolungati periodi di isolamento e amo molto stare da solo. In passato, ad esempio, ho provato cosa significhi essere nei pensieri di una ragazza e l’inedito piacere di una risonante reciprocità, ma ho anche capito come io non abbia nulla o quasi da condividere seriamente con altri esseri umani. Riesco a dare il meglio di me quando sto per i fatti miei e infatti le soddisfazioni più intense le ho sempre raccolte nel corso di attività solitarie, ma ciò non significa che in tono minore non conosca il gusto di intese sporadiche ed episodiche. Quando la pregressa quotidianità sarà ripristinata io ne riguadagnerò in libertà di movimento, la privazione della quale finora non mi ha pesato affatto, ma continuerò a mantenere un basso profilo in ambito sociale. Ci sono inoltre buone possibilità che io espatri a titolo definitivo in capo a qualche anno, perciò per il mio futuro intravedo un isolamento sempre più accentuato che spero sia seguito in parallelo da una tranquillità interiore di pari crescita. Le mie sono supposizioni figlie del momento e nipoti del passato, sono cosciente di come tutto possa rivoluzionarsi dalla mattina alla sera, ma al momento l’orizzonte degli anni venturi mi appare con queste forme e colori.
Pubblicato domenica 19 Aprile 2020 alle 10:02 da Francesco
Non sono in grado di prevedere cosa comporterà il graduale ripristino di certe attività nei primi giorni di maggio, tuttavia non mi aspetto nulla di buono. A mio parere un congruo numero di italiani non conosce mezze misure e non sa comportarsi bene a meno che non sia costretto a farlo sotto la costante minaccia di un forte deterrente, perciò non mi sorprenderei se vi fosse un’improvvisa marcia indietro: mi auguro di no. Mi attendo uno sfogo violento delle frustrazioni che molti minus habentes hanno di certo coltivato con cura nel corso della quarantena, ma spero che in quest’anomala primavera l’idiozia non sbocci più del dovuto. Sono passati oltre quaranta giorni dal mio ultimo allenamento su strada, ma non mi manca l’attività fisica all’esterno e se dipendesse da me la proibirei quasi del tutto per un altro po’ di tempo. Detesto le dipendenze d’ogni genere, infatti in più occasioni, sotto il profilo psicologico, non ho riscontrato differenze sostanziali tra certi sportivi e alcuni tossici di mia conoscenza, almeno nella misura di quanto mi sia dato cogliere e soppesare. Mi alleno in casa come posso per mantenere un minimo di forma: mi disgusta l’eccessivo sovrappeso quando dipenda dall’indolenza e non sia invece espressione di un disturbo serio. Per fortuna ho molti interessi su cui già prima dirottavo una parte di quegli investimenti di tempo che sottraevo proprio alla corsa. Nell’arco della mia giovane esistenza ho fatto bene a trascurare la vita sociale per concentrarmi su me stesso: il tempo mi ha dato ragione. A me dispiace soltanto che debba condividere una parte della mia sorte con quella di alcuni subumani. È la democrazia, bellezza! Se certe dinamiche non influissero sulla mia esistenza non me ne interesserei affatto e riserverei loro la stessa noncuranza che già riservo alle logomachie calcistiche, ai simposi delle comari e alle diffamazioni da bar, o forse ne leggerei qualcosa solo per affrontare meglio la bicromia di un cruciverba. In parte apprezzo le misure restrittive perché hanno conferito un minimo d’ordine a questo cesso di repubblica e so già che quando verranno meno un po’ mi mancheranno, ma confido nell’idiozia e nell’egoismo di certuni affinché il governo si veda costretto a ripristinarle.
Pubblicato giovedì 16 Aprile 2020 alle 01:38 da Francesco
Finalmente, dopo vari mesi, ho concluso la lettura de Il signore degli anelli in inglese e così ho affinato ulteriormente la mia familiarità con la lingua della vecchia Albione, ma è stato un altro lo scopo principale che mi ha indotto a un simile investimento di tempo. Non amo il fantasy né i romanzi, tuttavia in molteplici occasioni e in vari contesti mi sono trovato di fronte a citazioni più o meno dirette dell’opera di Tolkien, perciò avvertivo da tempo la necessità di colmare tale lacuna. Le oltre mille pagine di questo librone sono pervase da archetipi con la foggia di un preciso retaggio culturale e folcloristico, quindi veicolano un immaginario che affonda le sue radici nell’inconscio collettivo e ciò mi ha reso più gradevole l’esperienza. Sono contento che io mi sia avvicinato tardi a un testo del genere, difatti se vi avessi posato prima gli occhi ne avrei trascurato il ricco simbolismo e avrei rischiato di ridurne la portata a una semplice forma d’intrattenimento letterario. Per me il dualismo de Il signore degli anelli non è dicotomico né manicheo, ma molto sfumato e ambiguo, perlomeno fino a quando i postumi del finale non fanno virare la narrazione verso un esito quasi idilliaco, intaccato soltanto da un lieve struggimento dei suoi protagonisti per l’allontanamento di uno di essi. Ho incontrato delle difficoltà a tradurre certi passaggi a causa di arcaismi o di espressioni peculiari, quindi ho sovrapposto le faticose peripezie dei personaggi ai miei sforzi cognitivi e questa circostanza, in un modo piuttosto bizzarro, mi ha fatto immergere viepiù nella storia. Purtroppo nel corso degli anni ho sviluppato una forte insofferenza verso la narrativa e quindi non ho intenzione di cimentarmi di nuovo in una lettura analoga, perlomeno non a breve, e difatti ho già compiuto un celere ritorno alla saggistica. Non leggo soltanto ciò che mi attrae e per questa ragione, talora, mi sciroppo cose di cui farei a meno, ma esse alla fine si rivelano utili e propedeutiche per allargare il raggio dei miei interessi: un male necessario, un atto dovuto, il tedio delle trivellazioni per la ricerca del petrolio o dell’acqua, insomma, qualcosa del genere.
Pubblicato mercoledì 15 Aprile 2020 alle 05:36 da Francesco
La notte è finita, ma io devo ancora dormire e allora improvviso come se non potessi più farlo, come se le circostanze avessero lanciato un ultimatum alla mia immaginazione. Attorno a me il silenzio rasenta la perfezione mentre al mio interno vige una certa serenità. Mi sento allineato con il presente e contemplo le sue incertezze come stupende decorazioni. Un paio d’ore fa sono stato sul punto d’inviare un messaggio a una ragazza, ma poi ho chiesto udienza a cinquanta centesimi e il verdetto mi ha sconsigliato di procedere: alla fine ho seguito il suggerimento della moneta e ho tenuto per me qualcosa che invece volevo condividere. Non so se io abbia sbagliato a non lottare contro il fato o se invece, proprio attenendomici, l’abbia sfidato. Le combinazioni possibili sono molte, compresa quella che non subisce modifiche. Il pensiero è un atto di creazione e lascia tracce, ma come esse si misurino e quali forme assumano, non mi è dato saperlo. A volte la mente rinnega la sua natura nomade e si ritrova stanziale in qualche angolo di un passato remoto o recente, ma il viaggio continua e passa anche attraverso banalità come quest’ultima. Forse non ho granché da dire e di certo ho poco da condividere. Lascio molto spazio al fatalismo mentre mi occupo di me stesso. Non vado in cerca di qualcosa da cui posso essere soltanto trovato: il gioco dei ruoli è questo, piaccia o meno. Sicuro nella mia latitanza, tutt’altro che ascoso, per adesso mi congedo.
Mi chiamo Francesco, mi trovo nel mio ottavo lustro e vivo dove sono cresciuto, ossia in Maremma.
In questo blog conduco da anni la mia autoanalisi, perciò i contenuti hanno un alto tasso d'introspezione e sono speculari agli sviluppi della mia persona.
Qui sono raccolti appunti intimisti, grotteschi, ironici; archiviati vi sono anche sfoghi, provocazioni, invettive ed esternazioni d'altro genere che oggi io considero quasi imbarazzanti od obsolete, ma di cui serbo traccia poiché nel bene o nel male hanno fatto parte del mio percorso e sono assurte fino alla coscienza.
Qualche passaggio può suscitare simpatia, talora fino all'insorgere dell'identificazione, invece brani d'opposto tenore hanno una portata sufficiente per destare un po' di disgusto, però credo che tanto i primi quanto i secondi siano adatti agli immancabili fraintendimenti o alle (in)volontarie incomprensioni.
Non sempre i significati dei miei scritti emergono dal loro contenuto manifesto, quindi io stesso mi guardo dal prendere alla lettera certe cose che metto nero su bianco o che altrove sarebbero già sbiadite.
Mi sono diplomato con ben sessanta centesimi al liceo linguistico, non ho mai messo piede in un ateneo e non ho mai fatto ingresso tra le grazie di una nubile.
Poiché errare è umano, e io di certo non nascondo né rinnego la mia natura mortale, ho ragione di credere che in tutta questa mole di appunti mi sfuggano refusi ed errori di cui chiedo venia alla mia attenzione e a eventuali (quanto incauti e improbabili) lettori.