15
Feb

Please visit Vatikanistan

Pubblicato domenica 15 Febbraio 2009 alle 18:32 da Francesco

Per il titolo di questo appunto ho adattato un passaggio di un celebre spot di Francesco Rutelli che in un inglese degno di Alberto Sordi in “Un Americano A Roma” invitava gli stranieri a visitare l’Italia. Non mi hanno sorpreso gli avvenimenti degli ultimi giorni né la velocità con cui la loro bolla mediatica si è un po’ sgonfiata. Mi pare evidente che la vicenda di Eluana Englaro e tutti i casi recenti di violenza sessuale (come se accadessero soltanto all’uopo) siano stati strumentalizzati per distogliere l’attenzione da certi argomenti e per delegittimare alcune istituzioni, ma credo che questa pratica non sia un’invenzione italiana, altrimenti nel suo squallore avrebbe perlomeno dell’originalità. Penso che l’informazione sia più vittima dell’incapacità giornalistica che di qualche grande manipolazione, altrimenti dubito che sarebbe così semplice evincere le strategie di comunicazione attraverso una lettura poco impegnativa delle omissioni  e delle insistenze mediatiche. Per me è buffo sentire qualche italiano che puntualmente si scaglia contro determinate forme di governo in cui la religione ha un ruolo forte all’interno dello stato, ma forse se si trattasse della loro religione invece che di un’altra allora le critiche verso determinate nazioni sarebbero nettamente inferiori. L’Iran è una teocrazia, ma almeno il suo status è ufficiale in quanto si dichiara una repubblica islamica mentre l’Italia (anche conosciuta come Vatikanistan) finge di essere un paese laico e viene vituperata quotidianamente dalle ingerenze vaticane. A me Silvio Berlusconi sta simpatico sotto il profilo umano e lo ascolterei per ore poiché trovo che abbia un eloquio brillante, migliore di tutto il suo entourage messo insieme, ma come politico mi pare che si discosti poco dalla media dei suoi colleghi e non riesco ad averlo in orrore perché i suoi predecessori hanno mostrato il medesimo servilismo nei confronti della Santa Sede. Vorrei che un giorno un futuro premier della mia nazione si alzasse dal letto, indossasse una tuta dell’Adidas, si recasse al Vaticano in sella a un Booster, prendesse il pontefice di turno per il bavero e lo riportasse ad Avignone a forza di calci in culo nel corso di una diretta televisiva a reti unificate. Se oggi ci fossero nuove elezioni io voterei ancora per l’astensionismo. Potrei votare per l’Italia dei Valori se avesse posizioni più nette sulle questioni etiche, almeno come un tempo avevano i Radicali che adesso mi sembrano soffocati dal rumore dei cilici di qualche teodem. Il mio partito ideale dovrebbe essere una destra anticlericale, ma in Italia questa definizione suona quasi come una contraddizione in termini. Infine il ritorno sulla scena politica di Clemente Mastella lascia perplesso anche un qualunquista come me. In un tale clima penso che il comportamento del presidente della Repubblica nel caso di Eluana Englaro si possa aggettivare in due modi: eroico e responsabile. Faccio un grande sforzo ad appuntare queste cose perché dovrei cercare di non essere partecipe neanche con il pensiero all’abominio politico della mia nazione, tuttavia alcune volte non riesco a sottrarmi a tutto ciò e avverto il bisogno di appuntare quanto mi passi per la mente su questo tipo di questioni. Voglio lasciare a piè di pagina un vecchio video di Aldo Busi che risulta ancora attuale, così magari mi becco qualche accusa di omofobia in meno; a proposito, sono a favore del riconoscimento dei diritti per le coppie omosessuali, tra cui il diritto all’adozione.

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8
Feb

Samael a Prato

Pubblicato domenica 8 Febbraio 2009 alle 23:06 da Francesco

Ieri sera sono andato a Prato per vedere l’unica data italiana dei Samael, un gruppo che non ha bisogno di presentazioni, ma di cui ho perso le tracce per diversi anni. Il live si è tenuto al Siddharta e prima del quartetto elvetico ho avuto modo di ascoltare e vedere i Keep of Kalassin che nonostante l’impegno e la bravura non mi hanno colpito in modo particolare. La scaletta proposta dagli svizzeri ha ripercorso buona parte della loro discografia e mi ha dato la possibilità di scoprire i pezzi del loro ultimo album, “Solar Soul”. Il live dei Samael è stato impeccabile sotto ogni punto di vista: suoni puliti e grande presenza scenica. Penso che il concerto sia valso le mie cinque ore di guida e i sedici euro del biglietto. La voce di Vorph dal vivo dà una grande carica e penso che le registrazioni non le diano abbastanza giustizia. Appunto qua sotto il video ufficiale di “Slavocracy”, la terza traccia di “Solar Soul” che è stata proposta anche ieri sera.

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3
Gen

Requie e Thaumazein

Pubblicato sabato 3 Gennaio 2009 alle 12:42 da Francesco

Ogni tanto provo a stendere un testo su qualunque base sconosciuta che mi piaccia parecchio, ma spesso il risultato mi delude e di conseguenza cancello i miei tentativi. Ho già fatto qualche video di questo genere e taluni hanno persino apprezzato, ma io preferirei avere le capacità per suonare power metal e lanciare acuti fino alla troposfera. La qualità del video non è delle migliori e il missaggio della traccia audio sarebbe venuto meglio in mezzo al traffico di Ho Chi Minh City, perciò trovo opportuno affermare che uno fa quello che può. Come sempre mi sono divertito ad abbinare suoni e immagini, ma la musica è un’altra cosa e dato che non c’è bisogno di precisarlo quest’ultima frase è solo il frutto della mia pedanteria.

Requie e Thaumazein

Ricordi recenti di mattine invernali
Lontano da scuola lungo strade provinciali
Cercavo la rivincita e due guanciali
Fantasie ideali che sono rimaste tali
Incontri surreali e ore solitarie
Frasi banali e situazioni ordinarie
Effetti collaterali della collera
Pensieri stretti da una mente che non li tollera
Talvolta i giorni sono incomprensibili
Privi di perdono o di scuse plausibili
Parole mai udite
Notti mai accudite
Accuse che si alzano come una stalagmite
È inutile che il limite sia raggiungibile
Gioia e sofferenza superano lo scibile
Tutto è distorto dalle percezioni
Credo che Cristo sia risorto contro le sue intenzioni
I tramonti cremisi
I passi lungo i Campi Elisi
Corpi in simbiosi che risultano divisi
I respiri intrecciati di cosa sono intrisi?
Lo chiesi a un cane randagio imitando Francesco D’Assisi
Non corro pericoli come Tiblisi
Significati impliciti dentro ogni crisi
I riflessi di un prisma
Non conosco l’unione né lo scisma
Impero su me stesso come Bismarck
Così il tempo e la polvere avvolgono i mobili
Le colpe conducono verso una necropoli
Non ho proposte
Non occorre che io protesti
Non ho risposte
Mi mancano i pretesti
Digressioni di ordine filosofico
Un quesito cosmogonico è un male cronico
Entusiasmo e delirio
Pena e martirio
Ho finito le parole e mi ritiro

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30
Dic

L’anno finisce e la musica continua

Pubblicato martedì 30 Dicembre 2008 alle 13:51 da Francesco

Devo ringraziare il grande B. perché mi ha fatto conoscere i Cydonia e il loro secondo album, “The Dark Flower”. Il gruppo in questione è italiano e suona un ottimo power metal che mutatis mutandis ricorda i migliori Helloween. In ambito fusion devo segnalare il disco “A.D.D.” di Hugh Ferguson il cui stile evoca le sonorità di Allan Holdsworth senza imitarle in modo pedissequo: per me si tratta di un classico che rimarrà di nicchia a causa degli scarsi mezzi di promozione. “Chinese Democracy” continua a essere on air sul mio Creative Zen e su Amarok, perciò non posso che confermare le ottime impressioni dei primi ascolti: chapeau mr. Rose. Per quanto riguarda il metal estremo non ho fatto scoperte degne di note, tuttavia in questi giorni ho intenzione di riascoltare alcuni dei capolavori di cui già dispongo e mi sento particolarmente in vena per una carrellata del genere: Darkthrone, Marduk, Obituary e Impaled Nazarene. In questo periodo non ci sono concerti che mi interessano e per restare in una dimensione live la sera prima di addormentarmi mi riguardo qualche performance. Ieri sera ho rivisto un celebre concerto dei Weather Report al Montreux Jazz Festival del 1976 e durante un’inquadratura a Jaco Pastorius ho ravvisato delle somiglianze fisiche tra quest’ultimo e Zlatan Ibrahimovic. Oltre al live di Joe Zawinul e soci ho guardato nuovamente “Concert With Class” di Frank Gambale. Per correre ormai mi avvalgo esclusivamente dei dischi di Alice di cui finalmente sono riuscito a rimediare delle copie rimasterizzate e originali a cinque euro l’una: è il migliore rapporto tra qualità e prezzo in cui mi sia mai imbattuto. Ho già osannato “Azimut”, ma “Park Hotel” non è da meno e per me Alice ha raggiunto il top con “Il Sole Nella Pioggia”, un album in cui le sonorità quasi new age si sposano perfettamente con i testi di Juri Camisasca: condivido pienamente un commento che ho letto per caso e anch’io considero questo disco una delle vette della musica italiana. A costo di sembrare ossessivo devo incensare nuovamente Alice e il suo magnetismo vocale perché ha degli effetti evidenti su di me. Mi va di citare un passaggio della title track de “Il Sole Nella Pioggia” il cui testo appartiene a Juri Camisasca:

“Le litanie delle donne dei villaggi dell’Indonesia davanti ai simboli di pietra invocano la fertilità, ma intanto l’universo geme nelle doglie del parto, quelli che sanno le cose non parlano”

Salto di palo in frasca per concludere questo appunto musicale con un tono leggero. C’è una band giovane in Italia che a mio avviso merita molto perché suona bene e non si prende sul serio: i Trick or Treat. Ho scoperto il gruppo grazie alla cover power metal di un famoso pezzo di Cyndi Lauper, ovvero “Girls Just Wanna Have Fun” il cui video si trova a piè di pagina. Adoro le grandi estensioni vocali; cazzo se la adoro.

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1
Dic

Play, pause, stop, rewind and forward

Pubblicato lunedì 1 Dicembre 2008 alle 17:25 da Francesco

La musica nutre il mio entusiasmo in modo considerevole e scavo continuamente nei generi che prediligo per favorire la mia esistenza. Esploro ancora il mondo della fusion e in particolare quella parte in cui l’accento jazz rock è più marcato. Non è un caso che i miei chitarristi preferiti siano Frank Gambale, Allan Holdsworth e John McLaughlin e sono contento di essere riuscito a vedere almeno gli ultimi due dal vivo. Ieri ho ascoltato l’album omonimo degli U.K. del 1978 in cui compare il succitato Holdsworth: una registrazione rock progressive fenomenale. Ultimamente ho apprezzato Jeff Richman con “Chatterbox”, Frank Briggs con “China Ranch” e Marc Norgaad con “Tolerance”, dischi fusion di grande caratura che vantano collaborazioni prestigiose. Un altro album di fusion che sento l’obbligo di citare è “Summerhill” di Dieter Ilg sul quale compaiono nomi di un certo calibro: Mike Stern (che ho visto dal vivo con gli Yellojackets), Randy Brecker (fratello dello scomparso Michael), Bob Berg (deceduto alcuni anni fa) e Peter Erskine. Nella fusion cerco un suono di classe che sia trascinante ed enfatizzi gli assoli di chitarra in un modo più efficace di quanto avvenga meccanicamente nello shred, ma ciò non mi porta a snobbare gli assoli di altri strumenti e durante le loro esecuzioni pongo la medesima attenzione. Per fortuna non si vive di sola fusion e per questa ragione sono contento di essermi deciso a riascoltare come si deve alcuni musicisti pop sui quali mi ero ripromesso di soffermarmi più attentamente di quanto avessi fatto durante il mio primo avvicinamento alle loro discografie. In primis voglio esprimere la mia ammirazione per Kate Bush poiché adoro il suo approccio sperimentale nei confronti della musica pop e dischi come “The Sensual World”, “The Kick Inside” e “Hounds of Love” per me sono delle pietre miliari che nelle ultime settimane ho ascoltato in più occasioni. Kate Bush è una donna enigmatica e la sua voce è tanto potente quanto evocativa, inoltre ritengo che i suoi testi abbiano un grande spessore, ma credo che anche in Italia via sia qualcuno del genere. Mi riferisco a Carla Bissi che al grande pubblico è più nota come Alice Visconti. È facile fare delle analogie tra Kate Bush e Alice poiché entrambe sono un po’ atipiche. Alice è famosa per le sue collaborazioni con uno dei miei artisti preferiti, Franco Battiato, di cui tra l’altro ha cantato diverse cover che sono uscite a distanza di anni su due dischi: “Gioielli Rubati” e “Alice Canta Battiato”. Credo che l’album “Azimut” di Alice sia candidato a diventare uno dei miei dischi preferiti poiché lo ritengo perfetto dall’inizio alla fine e tra tutte le tracce il mio orecchio predilige “Deciditi”. Alice ha una voce inconfondibile e un vibrato che mi fa impazzire, inoltre nella mia classifica personale è al top delle cantanti italiane e la preferisco persino a Mina sebbene quest’ultima possa essere grande anche intonando un testo estrapolato dalle pagine gialle. In ambito metal ho riscoperto alcuni dischi piacevoli e ne ho trovati altri più recenti. Ho avuto modo di apprezzare i Lethal sull’album “Programmed” e i Deadly Blessing su “An Eye To The Past”. I primi provengono dalla fine degli anni ottanta e suonano un ottimo heavy metal che si trova a metà strada tra i Crimson Glory e i Fates Warning mentre i secondi sono stati esponenti di spicco del metal cristiano e di loro apprezzo molto gli acuti del frontman Ski più che le parti strumentali. Per quanto riguarda il black metal ho avuto modo di apprezzare i Catamenia e gli Anorexia Nervosa su diverse registrazioni. Per alcuni anni ho snobbato la scena metal poiché non ravvisavo grandi uscite e ancor oggi ritengo che le nuove leve non siano all’altezza dei loro predecessori, perciò non è raro che io vada a cercare dischi del passato per sopperire alle pochezza attuale. Dovrei dilungarmi molto di più per trattare in modo compiuto le mie esperienze di ascoltatore, tuttavia non ho intenzione di farlo perché non voglio redigere un blog musicale: mi accontento di lasciare qua sopra qualche pillola come fanno certi loschi figuri che ne adagiano alcune sulle mani dei loro acquirenti tossicomani. Concludo con il video di “Running Up That Hill” di Kate Bush.

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25
Nov

Chinese Democracy

Pubblicato martedì 25 Novembre 2008 alle 06:08 da Francesco

Ieri mattina ho percorso ventuno chilometri invece dei canonici sedici e durante la fase di ritorno il mio stomaco è stato vessato dal vento contrario, ma l’ascolto di nuovo disco mi ha permesso di tollerare con più facilità il fastidio fisico causato dalle folate. L’album a cui mi riferisco è “Chinese Democracy” che finalmente è uscito dopo una lunga attesa. Devo fare una premessa. Il mio primo disco è stato “Use Your Illusion I” che ho acquistato a Grosseto una mattina di molti anni fa durante una delle mie tante assenze ingiustificate a scuola, perciò conosco i Guns N’ Roses a menadito e non ho mai nutrito grandi aspettative nei confronti di questo ultimo lavoro che vede soltanto Axl Rose come membro della formazione originale. Alla luce di tutto questo posso dire soltanto una cosa: porco dio. “Chinese Democracy” è una delle migliori cose che abbia ascoltato da un po’ di tempo a questa parte e trovo che la voce isterica di Axl sia al top, specialmente quando la sforza così tanto da farmi immaginare che le sue corde vocali debbano spezzarsi da un momento all’altro. Personalmente non sento la mancanza di Slash, Duff, e Matt i cui album (sia con gli Slash’s Snakepit che con i Velvet Revolver) non mi sono mai piaciuti. Nonostante sia passato molto tempo dall’uscita di “Use Your Illusion II” trovo che in “Chinese Democracy” vi sia una consequenzialità con il precedente album del 1992. Le chitarre sono distinte, graffianti e Axl Rose cavalca le atmosfere futuristiche del disco con linee vocali che mi sono già entrate in testa. Forse ciò che sto per affermare può sembrare un po’ eccessivo, ma penso che Axl abbia fatto bene a uscire con il nome Guns N’ Roses perché con questo album ha dimostrato (almeno a me) che è lui l’anima del gruppo. Apprezzo tutte le tracce di “Chinese Democracy”, ma “Better” e “Madagascar” sono quelle che prediligo: sono certo che ascolterò questo disco a lungo, anche a costo di rallentare per qualche tempo la mia continua ricerca di nuove sonorità. Insomma, per me quel bastardo schizofrenico di Axl Rose è ancora sinonimo di rockstar ed è riuscito a tirare fuori quattordici tracce pregevoli, ma spero che la prossima volta impieghi meno tempo. Sebbene mi piacciano i nuovi Guns N’ Roses, voglio ricordare la formazione originale con uno dei pezzi che mi esaltano maggiormente e che il video sottostante immortala durante un live a Tokyo di sedici anni fa: “Nightrain”.

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26
Set

Carmelo Bene ’94

Pubblicato venerdì 26 Settembre 2008 alle 02:55 da Francesco

Voglio enfatizzare questo periodo di silenzio con un appunto fantastico. Diversi anni fa passai una nottata magnifica di fronte al televisore e restai incantato a guardare due repliche del Maurizio Costanzo Show che avevano come protagonista Carmelo Bene. Non ho il retroterra culturale per comprendere Bene e me ne rendo conto ogni volta che lo ascolto e lo vedo. Ci sono citazioni che non colgo e concetti che non afferro, ma non escludo che sia fuorviante ed erroneo il proposito di capire ciò che non esiste. Non sono mai stato attratto dal teatro e per questo motivo mi interessa ciò che Bene ha detto al di fuori di quest’ultimo (ammesso che sia possibile una divisione di questo tipo). Non voglio cadere nell’idolatria perché sarebbe ingiustificata e irriguardosa, infatti ho premesso di non avere i mezzi per comprendere né per non comprendere Bene. Mi limito a ricordare quella notte di diversi anni fa con un video che a sua volta replica una parte della replica a cui ho assistito, ma prima annoto alcuni passaggi di questo estratto dato che i video posso scomparire da un giorno all’altro. In questo caso credo che decontestualizzare le frasi che seguono sia un atto di vandalismo, ma non me ne pento.

“Il non capire non è prerogativa degli scemi, non è il privilegio dell’idiota, è l’abbandono”

“Essere nell’abbandono non significa essere deficienti, significa non esserci, smarrire, non essere più in casa, maledette le case, le famiglie, le mogli, i padri, i figli, lo Stato, l’anima”

“Facciamola finita con questa fine perché la fine e il principio sono la medesima cosa, siamo sempre nell’origine, siamo sempre nel senso di colpa, siamo sempre nella parola”

“Bisogna fare di sé dei capolavori”.

“L’istruzione obbligatoria? Ma cos’è la Siberia, ma perché bisogna istruirsi?”

“Quando la minchia diventa tanta non c’è più perché non c’è culo che la ospiti”.

“Lei deve parlare ancora? Ha parlato?”

“Non sono dei calembours questi, sono schiaffi alla vita puttana e mediocre”

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15
Ago

KYPCK – 1917

Pubblicato venerdì 15 Agosto 2008 alle 20:04 da Francesco

Le recenti scaramucce in Caucaso mi hanno indotto ad ascoltare per l’ennesima volta il primo album dei KYPCK che ho acquistato durante il mio soggiorno a Helsinki. I KYPCK sono finlandesi, ma i loro testi sono russi e durante i concerti indossano abiti sovietici. Ho già speso qualche parola su questo gruppo che ho visto dal vivo al Tuska Open Air Metal Festival e sfrutto questa occasione per elogiarlo nuovamente. Il suono dei KYPCK è pesante, ipnotico e a mio avviso “Cherno”, l’album d’esordio della band, è un’ottima produzione. Alcuni finlandesi disprezzano i russi e questa ostilità deriva dalla guerra d’inverno che avvenne in seno alla seconda guerra mondiale. Il conflitto tra Finlandia e Russia fece emergere la figura di Simo Häyhä, un cecchino finlandese che da solo uccise più di cinquecento russi. In seguito Häyhä fu soprannominato “White Death” e dopo la guerra visse a lungo. Un ragazzo finlandese una volta fece una battuta molto divertente riguardo alla particolarità linguistica dei KYPCK (che sono finlandesi e scrivono i loro testi in cirillico): “Dato che i russi non fanno buona musica, dobbiamo pensarci noi a farla per loro”. Trovo che il video di “1917” sia stato girato bene. Musica e immagini si sposano ottimamente in questo clip e riproducono la stessa atmosfera che caratterizza tutto il disco.

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9
Ago

Considerazioni personali sul lavoro e lo studio

Pubblicato sabato 9 Agosto 2008 alle 22:29 da Francesco

La mia carriera scolastica è terminata con il conseguimento del diploma. Dopo la maturità non ho avuto l’integrità testicolare per sopportare un altro quinquennio di lezioni. È facile paragonare il sistema scolastico dell’Italia a una fogna di Calcutta, ma ci sono anche dei docenti che lavorano con una serietà eroica e sono certo che ne avrei incontrato qualcuno se avessi frequentato un ateneo. Talvolta ho l’impressione che per certi individui la laurea sia uno status symbol come può esserlo una Lamborghini per i loro coetanei più materialisti. Non c’è una facoltà universitaria che mi attiri e preferirei soggiornare sotto i ponti piuttosto che transitare nuovamente lungo un percorso di studi. A scuola non ho mai ricevuto grandi voti e la mia capacità di apprendimento era tutt’altro che stupefacente, ma penso che anche la pigrizia sia stata una causa del mio scarso rendimento. Non mi è mai interessato acquisire nozioni che fossero funzionali per un impiego futuro e un domani sarò ben lieto di lavare i piatti di coloro che hanno compiuto una scelta diversa dalla mia. Non sono adatto ai lavori cervellotici e come ho già scritto in passato mi piacerebbe scaricare i camion o fare qualcosa di simile per unire il diletto dell’attività fisica all’utilità di una retribuzione. Ho lavorato per un’estate con un amico di famiglia. Il tizio in questione aveva una discoteca e la mattina io e un mio conoscente lo aiutavamo a sistemare la parte esterna del locale. Mi piaceva pulire in terra, spostare le cose e raccattare le foglie. All’epoca ero un ragazzino indisciplinato di sedici anni e mia madre mi aveva trovato quel lavoro per farmi passare l’idea di abbandonare la scuola, ma quel deterrente alla fine si è rivelato uno stimolo. Ho abbastanza umiltà per essere il sottoposto di qualcuno più giovane di me e non pretendo nulla che si trovi al di là delle mie capacità. Non posso sapere come sarà il mio futuro e non ho voglia di interpellare un veggente televisivo per avvantaggiarmi sul tempo, ma non ho nulla di cui temere e anche se non so cosa fare nella vita so che questo interrogativo non mi turba affatto. In realtà queste righe un po’ ironiche e un po’ intimiste sono una scusa per appuntare le gesta di uno studente russo che stimo dal profondo del cuore: costui è grandioso. Semplicemente grandioso.

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4
Ago

Fates Warning – Eye to Eye

Pubblicato lunedì 4 Agosto 2008 alle 06:57 da Francesco

Per me i Fates Warning sono stati molto sottovalutati e non hanno ottenuto ciò che meritavano. Apprezzo principalmente il periodo progressive metal del gruppo, ma non disdegno neanche i loro primi lavori heavy metal. La voce di Ray Alder è una delle mie preferite nel suo genere e in certi passaggi riesce a esaltarmi come poche altre. Ho sempre reputato il sound dei Fates Warning personale e riconoscibile. Il gruppo non mi ha mai dato l’idea di crogiolarsi in una tecnica fine a se stessa e trovo che la loro discografia sia caratterizzata da un ottimo compromesso tra melodia e virtuosismi. Il pezzo del video è estratto da “Parallels”, un album di diciassette anni fa che reputo perfetto dall’inizio alla fine e di cui possiedo una copia originale. Qualcuno ritiene ancora che “Parallels” sia un album commerciale e anch’io penso che lo sia, ma non lo considero “commerciale” in senso dispregiativo e credo che il disco in questione sia stato ciò che “Images and Words” è stato per i Dream Theater. C’è un passaggio in particolare di “Eye to Eye” che mi esalta ed è il momento in cui Ray Alder intona le parole che seguono.

All we can really share
is the coldness we feel
and the silent memory
of the moment we met
eye to eye

Vorrei essere in grado di cantare “of the moment we met” allo stesso modo: darei un rene per saperlo fare! “Parallels” è uno di quei dischi che mi consentono di sopportare con più facilità i miei sforzi fisici e dopo tanti anni non mi sono ancora stancato del suo contenuto galvanizzante.

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