Pubblicato domenica 26 Settembre 2010 alle 01:10 da
Francesco
Ancora una volta semino annotazioni aperiodiche, brevi e prive d’impegno che concernono i miei gusti musicali: la grande giostra della soggettività.
Coats of Arms è l’ultima fatica dei Sabaton. Apprezzo molto questo album, sebbene lo ritenga inferiore al precedente The Art of War. Mi esalta molto la prima parte del disco e non mi piacciono granché le tracce conclusive. Ho l’impressione che rispetto ai lavori precedenti le tastiere trovino più spazio senza snaturare il suono tipico della band. “Uprising” è mio il pezzo prediletto ed è anche accompagnato da un video che a mio modesto avviso è un piccolo gioiello.
Questo disco degli Skelator sembra uscito dagli anni ottanta e invece appartiene all’anno corrente. Death To All Nations è un album solido, completo, ricco di passaggi esaltanti che mi inducono a stringere i pugni verso il basso e ad alzare il capo per eseguire qualche acuto in playback. Per certi versi il suono della band mi ricorda quello dei Sanctuary su Refuge Denied e questa associazione di idee è senz’altro il prodotto di un effetto positivo. Non ho una traccia preferita poiché apprezzo la prima, l’ultima e quelle che ci sono in mezzo, ma se dovessi sceglierne una probabilmente opterei per la seconda: “The Truth”.
The 3 Day Theory per me è l’album migliore di Killah Priest, leggendario rapper d’oltreoceano che gravita attorno al Wu-Tang Clan. In quest’ultimo lavoro il flow, i testi e le basi sono ai massimi livelli, almeno per i miei gusti. Le collaborazioni abbondano, ma non mi disturbano affatto. Sulle quindici tracce che compongono il disco per me svetta “Betrayal”, la quale contiene un campione meraviglioso di un pezzo soul di Millie Jackson, ovvero “Child of the God” (già usato da altri produttori seppur in maniera diversa).
Non ascolto molta musica classica, o almeno non quanta dovrei poiché richiede un certo grado di attenzione per un orecchio profano come il mio. Di solito prediligo i requiem, ma non sono prevenuto nei confronti delle composizioni e allo stesso tempo dubito che tutta la musica classica sia apprezzabile, malgrado la riverenza di certi ascoltatori. Die Kunst der Fuge è un’opera di Johann Sebastian Bach di cui io fruisco tramite un’esecuzione diretta da Jordi Savall e la riporto in queste righe perché ultimamente l’ho ascoltata più volte.
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Pubblicato domenica 1 Agosto 2010 alle 07:39 da
Francesco
Ogni tanto mi piace appuntare e persino condividere le mie impressioni su alcuni dischi. Un elenco completo mi richiederebbe troppo tempo e inoltre risulterebbe dispersivo, però qualche titolo con annesso parere posso offrirlo a queste pagine.
Quarto Tempo è un disco di Roberto Cacciapaglia che ho scoperto qualche mese fa. Si tratta di un album strumentale che trovo molto evocativo. Il pianoforte del compositore meneghino si snoda per dodici tracce e secondo la mia modesta opinione tocca il suo punto più alto in “Nuvole di Luce”. Questo disco lo considero adatto per rilassarmi o per accompagnare quelle riflessioni che non hanno bisogno di un silenzio completo. C’è qualcosa nello stile di Cacciapaglia che mi ricorda un po’ Keith Jarrett in “Sacred Hymns” e probabilmente quest’impressione è dovuta al fatto che entrambi nutrono interesse per la figura di Gurdjieff.
Stationary Traveller è l’album dei Camel che preferisco ed è anche uno tra i dischi che apprezzo di più nell’ambito del progressive rock. Il punto più esaltante per me è la title track, una delle quattro tracce strumentali che si trovano in quest’album di dieci pezzi; in particolare mi entusiasma l’ingresso della chitarra di Andy Latimer verso il terzo minuto del brano succitato. Credo che sia un disco abbastanza orecchiabile e mi rendo conto che possa indurre qualche purista del genere a storcere un po’ il naso, ma per me resta un grande album.
The Rise and Fall of Manuel Noriega è un insieme di quattordici tracce che tocca vari sottogeneri della musica elettronica. Questo è un album prettamente strumentale che offre atmosfere cupe ed evoca la figura dell’ex dittatore panamense dalla copertina fino all’ultima nota. L’autore è un olandese, tale Legowelt del quale non ho mai ascoltato altre produzioni. Reputo “Avianca” il manifesto sonoro dell’intero disco.
Time to be King è l’ultimo sforzo dei Masterplan che si ripropongono al pubblico con una formazione coriacea. Il ritorno di Jorn Lande alla voce mi ha spinto ad ascoltare l’album in questione e già dalle prime tracce ho dipanato ogni dubbio sulla qualità del lavoro in studio. Non è un disco prolisso, ma lo trovo molto intenso e robusto. Secondo me il power metal dei Masterplan sfugge un po’ ai canoni moderni del genere, ma non suona affatto vetusto. Un disco esaltante, adatto tra l’altro per l’allenamento pesistico quanto per quello podistico.
Season of the Assassin è il debutto di Vinnie Paz benché egli sia un veterano nell’hip hop e abbia già sfornato diversi capolavori assieme a Stoupe nei Jedi Mind Tricks. Adoro il flow del rapper statunitense e anche una buona parte delle basi di cui si avvale per i ventuno pezzi del suo disco. È un album recente e gode di un’ottima produzione. Per quanto mi riguarda, trovo che quasi tutte le collaborazioni siano azzeccate, in particolare quella con Shara Worden, quella con Ill Bill e Demoz e, ovviamente, quella con il buon vecchio R.A. the Rugged Man che non mi delude mai.
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Pubblicato mercoledì 28 Luglio 2010 alle 11:07 da
Francesco
Ho imparato a palleggiare per mimesi. Nel corso dell’ultimo anno la mia tecnica ha mostrato lievi segni di miglioramento. Non ambisco a diventare un freestyler, non sono un giocatore e neanche tifo per una squadra, perciò l’unico legame che ho con il calcio riguarda il controllo della palla. Come ho già scritto in passato, io considero il palleggio calcistico alla stregua di un esercizio yoga e me ne avvalgo per affiancare una controparte fisica al mio equilibrio interiore.
Ogni tanto partecipo a qualche partita di calcio a cinque e spesso mi diverto, ma non sono un granché in campo e d’altronde un gioco di squadra non è proprio nelle mie corde. Il calcio lo seguo senza trasporto e mi fanno ridere tutti quei babbei che hanno bisogno di identificarsi nei colori di una società sportiva per sentirsi parte di qualcosa. Trovo che la violenza negli stadi sia catartica e l’approvo fintantoché non procuri morti né feriti gravi, ma allo stesso tempo la reputo comica poiché spinge le persone a compromettersi per degli atleti che percepiscono compensi faraonici. Anche la passione per il calcio aiuta i più deboli a sopportare la solitudine e difatti non è raro che si mischi con la politica. A me piacciono soltanto i gesti tecnici, le grandi giocate e le dimostrazioni atletiche, tuttavia quando l’Italia perde le partite ne sono contento perché i successi della nazionale di calcio esaltano la mediocrità e di conseguenza, per istinto di conservazione, auguro sempre le peggiori sconfitte agli azzurri. Probabilmente gli spettacoli più belli mi sono stati regalati da Roberto Baggio e Zinédine Zidane. Oggi oltre al solito Franck Ribéry, ammiro Javier Zanetti per la sua abnegazione, Arjen Robben per le sue capacità atletiche e tecniche, Giuseppe Mascara e Keisuke Honda per la fantasia, Mario Balotelli per la potenza ed Emanuel Pogatetz per ricordarmi sempre di comprare più carne rossa dal macellaio.
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Pubblicato venerdì 23 Luglio 2010 alle 10:51 da
Francesco
La seconda compilation dedicata all’allenamento pesistico l’ho realizzata all’insegna del death metal (con un pizzico di black metal) e ho scelto pezzi più o meno leggendari per creare un mix efficace ai fini del workout. Ovviamente questa raccolta non si presta a quelle orecchie che siano abituate alle canzoncine ribelli e falsamente impegnate, tanto care alla radiofonia italiana e alla mafia discografica. Dunque, il pezzo più alto di questa compilation per me è “Bite the Pain” dei Death in cui il songwriting e la voce dello scomparso Schuldiner riescono ancora a provocarmi un certo formicolio dietro la schiena (in realtà tutto “The Sound of Perseverance” mi fa questo effetto). Un altro pezzo celebre è quello degli At The Gates e, mutatis mutandis, anche “Absence of War” degli Impaled Nazarene è un cult. Ho chiuso la raccolta con la cover di “The Final Countdown” degli Europe a opera dei Norther che in veste death metal riesce nell’arduo e duplice compito di non imbarazzarmi e di galvanizzarmi. Qualche parola in più però la devo spendere sugli Arch Enemy e in particolare sulla voce femminile del gruppo.
Penso che a molti capiti di identificare per gioco e con un po’ di spensierata leggerezza il partner dei propri sogni in un personaggio più o meno noto e per quanto mi riguarda è Angela Gossow la mia donna ideale. Costei, bionda, giunonica e teutonica valchiria, ha una tecnica vocale che molti dei suoi colleghi maschi si sognano e il suo growl si sposa perfettamente con i virtuosismi dei fratelli Amott, inoltre dalle interviste traspare una persona ironica e con una voce naturale che adoro oltremodo. Lei nel ritornello di “Nemesis” mi manda in estasi; cazzo, una cosa assurda, esaltazione massima. Altre cantanti hanno provato a seguire le sue orme, ma per adesso non c’è nessuna che mi entusiasmi altrettanto. Quando ascolto gli Arch Enemy e penso alla figura che sprigiona la potenza di quelle grandiose linee vocali, io riesco a caricarmi. Un po’ di tempo fa, altrove, scrissi ironicamente: “Se dev’essere, allora sia almeno una come la Gossow, sennò non ne vale la pena”. Questa per me è la tanto amata kalokagathia. Comunque negli Arch Enemy adoro tutto: dalla parte ritmica agli assoli. Una band stellare per i miei gusti.
- Arch Enemy – The Day You Died
- Arch Enemy – Nemesis
- At The Gates – Blinded By Fear
- Death – Bite the Pain
- Eluveitie – Inis Mona
- Immortal – In My Kingdom Cold
- Impaled Nazarene – Absence of War
- Into Eternity – Severe Emotional Distress
- Into Eternity – Suspension of Disbelief
- Into Eternity – Out
- Nightrage – Reconcile
- Nightrage – Spiral
- Nightrage – Spiritual Impulse
- Norther – Final Countdown (Europe cover)
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Pubblicato martedì 6 Luglio 2010 alle 12:17 da
Francesco
La musica ha sempre svolto un ruolo fondamentale nella mia vita e senza alcuni dischi non so davvero come avrei potuto compiere determinati sforzi o superare certe situazioni. Riconosco a me stesso la capacità di scegliere sempre le tracce adeguate alla salvaguardia del mio stato d’animo e quest’abilità non la baratterei per nulla al mondo. Le mie sessioni di corsa sono diminuite e sono aumentate quelle con i pesi, perciò con questa nuova serie di raccolte punto a fornirmi una spinta emotiva lievemente diversa dalla precedente. La stessa spinta può avere altre sorgenti, ma io mi affido alla musica perché è l’unica a mia disposizione. Trovo che la creazione di una compilation per l’allenamento con i pesi sia più semplice rispetto a quella per la mezza maratona. Per inaugurare questa seconda serie di raccolte ho deciso di andare sul sicuro e ho selezionato parecchi pezzi celebri, ma devo soffermarmi su uno in particolare. Il punto più alto di questa compilation è “La Vita Fugge” dei Vision Divine e in particolare da quel momento che nel video sottostante inizia a 4:21 e finisce a 4:43, ovvero l’acuto interminabile di Michele Luppi: una delle cose più esaltanti che io abbia mai udito. Alle mie orecchie un simile sfoggio di tecnica, potenza, velocità e melodia rappresenta la colonna sonora ideale per mettere sotto stress il corpo e la mente. Non c’è niente da fare, l’heavy metal e il power metal riescono a inorgoglirmi come nessun altro genere benché lo spettro dei miei gusti sia piuttosto ampio, ma in questo campo non potrei mai trovare dei degni sostituti. In passato ho già speso qualche parola a proposito della neuromusica e ci tornerò sopra prima o poi perché merita un grosso approfondimento.
- Benediction – We Are the League
- Iron Maiden – 22 Acacia Avenue
- Iron Maiden – Wasted Years
- Judas Priest – Between the Hammer & the Anvil
- Manowar – Carry On
- Manowar – Courage
- Manowar – I Believe
- Nevermore – Believe In Nothing
- Rhapsody Of Fire – Sea Of Fate
- Vision Divine – Colours Of My World
- Vision Divine – La Vita Fugge
- Vision Divine – Out of a Distant Night
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Pubblicato lunedì 7 Giugno 2010 alle 13:47 da
Francesco
Stamane sono andato dal mio dottore per mostrargli le analisi che ho fatto al pronto soccorso ed egli mi ha prescritto un farmaco e un esame completo delle urine, inoltre mi ha prospettato un altro controllo per accertare l’eventuale presenza di cellule tumorali nella vescica. Io non escludo nulla, perciò mi aspetto anche un esito infausto benché le analisi in mio possesso facciano presumere che l’episodio di ematuria sia scaturito da una scarsa idratazione. Se dopo tutti gli accertamenti la diagnosi dovesse tradursi in un cancro alla vescica potrei considerare la faccenda come un bel problema del cazzo, in senso quasi letterale. L’ipotesi peggiore potrebbe portarmi alla morte nel giro di qualche anno, però l’unica cosa che mi spaventa è il dolore fisico e in particolare la sua durata. Se ci fosse un dio mi ci rivolgerei come a un cameriere: “Scusi, se fosse possibile vorrei vivere ancora un po’, grazie”. Sono abituato a non aspettarmi nulla di buono anche se questa consuetudine non intacca la serenità di cui godo spesso e pienamente. Forse la storia finirà con una risata da parte mia e il ludibrio di queste parole pompose sempre per mano del sottoscritto, tuttavia se il finale dovesse rivelarsi un altro, lo accetterò senza drammi. Mi piace molto un passaggio di “Fisiognomica” di Franco Battiato a cui è volata la mia mente in questi giorni: ” Vivere venti o quarant’anni in più è uguale, difficile è capire ciò che è giusto e che l’Eterno non ha mai avuto inizio, perché la nostra mente è temporale e il corpo vive giustamente solo questa vita”. In ogni caso, al mio funerale, che sia nell’immediato futuro o in futuro remoto, vorrei che qualcuno suonasse un celebre pezzo di Zakk Wylde, “Farewell Ballad”, che da solo vale più di tante discografie messe assieme e dimostra quanto talento possa essere compresso in un minuto e mezzo.
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Pubblicato martedì 20 Aprile 2010 alle 13:44 da
Francesco
È trascorsa una settimana da quando sono tornato in Italia. Ho ripreso a correre, ma impiegherò un po’ di tempo per raggiungere nuovamente i ritmi che riuscivo a sostenere prima della mia partenza, intanto i miei polpacci sono imbevuti di acido lattico come non accadeva da tempo immemore. Adopero questo appunto breve per appuntare i filmati che ho girato durante l’ultimo viaggio.
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Pubblicato mercoledì 3 Marzo 2010 alle 17:58 da
Francesco
Ieri sera sono stato al Paganfest, una rassegna di folk metal che si è tenuta all’Estragon di Bologna. All’evento hanno partecipato cinque gruppi: Arkona, Varg, Dornenreich, Eluveitie e Finntroll. Il mio indice di gradimento è salito progressivamente in corrispondenza dell’ordine di apparizione. Sono stato tutta la sera in prima fila, appoggiato alla transenna mentre per la vicinanza i miei organi interni sobbalzavano ai colpi di doppia cassa. Ho apprezzato gli Arkona, ma ho avuto l’impressione che talvolta durante la loro performance la resa sonora fosse un po’ confusionaria. I Varg mi sono piaciuti e il loro suono è uscito pulito, però un disco intero di questa band non lo ascolterei. I Dornenreich mi hanno colpito poiché non sapevo cosa aspettarmi dal loro. Si tratta di un trio potente: chitarra e voce, violino e batteria. Qualcuno lamentava la mancanza del basso in questa formazione, ma a me è sembrato che le parti di violino la compensassero bene e si inserissero perfettamente con le sonorità che sono state proposte. Gli Eluveitie hanno fornito una prestazione strepitosa sebbene temessi che non fossero in grado di riproporre abbastanza fedelmente i pezzi dei dischi. L’ensemble svizzero mi ha esaltato e ha dipanato in me ogni dubbio sulle loro capacità dal vivo poiché sono stati pressoché impeccabili. Quando è partita “Inis Mona” è scoppiato l’apocalisse benché il pubblico per quanto partecipativo fosse piuttosto quieto e difatti su quest’ultimo punto devo riconoscere al pubblico romano (e limitrofo) una certa superiorità. L’evento è cominciato alle diciannove e si è concluso a mezzanotte con un’esibizione devastante dei Finntroll. La band finlandese forse non ha proposto una scaletta spettacolare, ma ha suonato ogni cazzo di pezzo con intensità e ha tenuto il palco benissimo. Per quanto mi riguarda il Paganfest si è rivelato uno spettacolo interessante, organizzato con tutti i crismi e senza sbavature. Tra la folla ho incontrato e salutato anche il grande G. che si è trasferito in Emilia Romagna. Insomma, è stata una serata piacevole all’insegna della buona musica e di un clima festaiolo che ha evocato tradizioni lontane dalle infamie cristiane.
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Pubblicato venerdì 19 Febbraio 2010 alle 14:31 da
Francesco
Diversi internauti giungono su queste pagine attraverso ricerche che concernono la scelta della musica per correre. Credo che l’efficacia di una compilation sia piuttosto soggettiva, ma condivido volentieri le mie esperienze. Nell’ultima settimana ho adottato una nuova playlist per affrontare un percorso di 21,8 chilometri (quasi quattro chilometri in più rispetto allo standard delle mie sessioni). Ho coperto la distanza testé citata in un’ora e trentotto minuti, a una velocità media di 13,35 chilometri orari e con un passo al chilometro di quattro minuti e trenta. Quanto ho descritto finora è il miglior risultato in termini di velocità che io abbia mai ottenuto. Ovviamente i miei dati non si sposano con le possibilità di vittoria in una mezza maratona, però mi soddisfano enormemente e in futuro mi auguro di fissare un nuovo record personale. Tra l’ascolto di un album e l’altro, ogni tanto realizzo una playlist come quella che mi accingo ad appuntare. Le mie prestazioni sono legate alla scelta della musica adatta per correre. Alcune tracce le seleziono per il valore emotivo mentre altre (e queste sono la maggior parte) per le caratteristiche prettamente musicali. In questa quarta compilation ho preso in prestito un po’ di roba dalla colonna sonora di Rocky e qualche cover in chiave metal. La raccolta contiene pezzi piuttosto piuttosto celebri e dunque non escludo che almeno una parte di quest’ultima possa fornire uno spunto per altre persone. La cover di “Eye Of The Tiger” dei Pain Confessor l’ho inserita due volte perché mi motiva molto. Quando la compilation termina e non sono ancora giunto a destinazione, faccio ripartire alcuni pezzi a mia discrezione. La cover di “Take On Me” dei Northern Kings è un pezzo a cui voglio dare una nota di merito perché lo reputo l’episodio più esaltante di tutta la playlist.
- Vince DiCola – Training Montage
- Bill Conti – Gonna Fly Now
- Crossfade – No Giving Up
- Robert Tepper – No Easy Way Out
- R.E.M – It’s The End Of the World As We Know It
- The Trophy – The Gift Of Life
- Bon Jovi – You Give Love A Bad Name
- Northern Kings – Take On Me
- Pain Confessor – Eye Of The Tiger
- Metallica – Whiskey In The Jar
- Survivor – Burning Heart
- Bad Religion – Broken
- Guns N’ Roses – You Could Be Mine
- Pain Confessor – Eye Of The Tiger
- Northern Kings – We Don’t Need Another Hero
- Northern Kings – My Way
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Pubblicato mercoledì 10 Febbraio 2010 alle 22:07 da
Francesco
Malgrado il sudiciume che impregna il mondo e le mani di chi abbia ricevuto un mandato per governarlo, la buona musica è immune da cotanta pochezza e colgo ogni occasione per attingere dai suoi anticorpi. Sei giorni fa sono stato al Crossroads, un locale romano dove si è esibito Vinnie Moore: ottima atmosfera e acustica impeccabile. Chiunque apprezzi i virtuosi delle sei corde non può prescindere dal chitarrista suddetto. Durante il concerto Moore ha suonato prevalentemente pezzi vecchi, ma ha proposto anche qualche traccia del suo ultimo lavoro, “To The Core”, un album meno neoclassico rispetto ai suoi canoni e ugualmente ben riuscito a mio avviso. Non conoscevo nessuno dei tre musicisti che accompagnavano lo statunitense, però tutti mi hanno fatto un’ottima impressione e ho gradito anche le parti vocali del tastierista benché talvolta la sua voce uscisse un po’ distorta. Vinnie Moore è un tipo simpatico e dopo la conclusione di un pezzo, nominando i membri del suo gruppo, lui si è presentato così: “My name is Eddie Van Halen”. Alla fine del live ho avvicinato il virtuoso e gli ho detto che forse lo avrei rivisto alla data di Pisa e lui mi ha risposto: “It sounds good, bring the girls”. Io ho detto semplicemente “sure” perché non ho avuto la lucidità d’informarlo che ero la persona meno adatta per quel compito. Che risate! Tra marzo e maggio mi attendono alcuni concerti radicalmente diversi tra loro, ma nel mio umore la musica non cambia mai e ogni genere che seguo riesce ad appagarmi.
Ringrazio chi si è prestato a farmi la foto con Vinnie.
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