11
Mar

SunLess Rise

Pubblicato venerdì 11 Marzo 2011 alle 11:14 da Francesco

Conosco da tempo questi sbarbatelli russi che inspiegabilmente nessuno ha ancora messo sotto contratto. Per adesso hanno realizzato soltanto un promo di quattro tracce che malgrado la brevità a me risulta intenso e perfetto. Appunto l’unico video che ad oggi hanno girato poiché i loro pezzi mi stanno supportando nel mio allenamento. Un misto di tecnica, velocità, potenza che veicola melodie memorabili: era da tempo che non sentivo in questo ambito un prodotto del genere. Questa roba per me è combustibile emotivo: brucio rabbia e produco benessere.

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5
Feb

Osaka, Nara, varie ed eventuali

Pubblicato sabato 5 Febbraio 2011 alle 21:47 da Francesco

La mia partenza è vicina. Tra qualche giorno sarò di nuovo in Italia e resterò uno straniero, però questa condizione mi aggrada e mi diverte. Ho compiuto una visita doverosa a Nara e l’ho trovata un po’ troppo a misura di turista, però questa impressione non mi ha impedito di apprezzarne l’atmosfera. Credo che ricorderò a lungo l’imponenza del Buddha (Daibatsu) che si trova nel tempio Todai-ji.
Durante gli ultimi giorni ho giocato a calcio. La prima partita l’ho fatta circa una settimana fa dalle parti di Ebisucho con alcuni ragazzini: per un pomeriggio mi sarebbe piaciuto riprendere a noleggio l’età che fu anche mia.

Recentemente ho scoperto il parco di Nagai e là ho trovato persone più grandi con cui giocare, perciò ho cominciato a frequentarlo per unirmi a partitelle con un maggiore coefficiente di difficoltà. Tra un match e l’altro ho conosciuto due inglesi e un giamaicano con i quali ho scherzato ampiamente sul Giappone, sui giapponesi e, più in generale, sul mondo intero. Finora all’estero sono sempre entrato in contatto con individui interessanti, ma d’altronde credo che una mente aperta costituisca un requisito importante per recarsi e sostare in certe parti del mondo senza negarsi a sé stessi né agli altri.

Torno volentieri nella mia terra benché uomini indegni di vivere la offendano sulle carte dei progetti ecomafiosi. In Italia regna l’ignoranza e talvolta chi le si oppone lo fa soltanto per interpretare un ruolo che gli permetta di prendere parte al gioco di società.
Una volta a casa dovrò scambiare qualche parola con il mio editore poiché c’è una questione contrattuale ancora aperta che ritarda la pubblicazione del mio secondo libro. Non mi piace affatto il mondo dell’editoria, specialmente quella parte in cui transitano gli scrittori emergenti, perciò sto pensando di farne a meno poiché esistono valide alternative per la distribuzione e io non ho alcuna pretesa in termini remunerativi né in termini di fama. Scrivo cose che vorrei leggere: questo è quanto. Entro la fine dell’estate potrei concludere il mio terzo libro poiché ho già scritto ventuno pagine e di solito mi fermo poco dopo le cento. Ho buttato giù qualche testo e vorrei registrarne almeno una parte su alcune basi di mio gradimento che ho raccattato un po’ di tempo fa. Ne farei volentieri a meno, ma nella musica italiana non ci sono molti testi che mi piacciano e dunque devo registrarmene qualcuno. Probabilmente sarò costretto a emulare quanto ho già fatto in passato per sopperire alle mie mancanze tecniche, tuttavia sono indeciso se ricorrere ad autotune o meno. In Italia ci sono ottimi musicisti, ma sono pochi coloro che riescono a dirmi qualcosa e il signor Brondi, per altro mio coetaneo, è tra questi. “Con le nostre discussioni serie si arricchiscono solo le compagnie telefoniche”.

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26
Gen

Tra le strade, i pensieri e l’eterno ritorno

Pubblicato mercoledì 26 Gennaio 2011 alle 17:07 da Francesco

Qualche giorno fa sono stato dalle parti di Shin-Imamiya, che assieme a Nishiniari è considerata una delle aree più pericolose di Osaka e dell’intero Giappone. In realtà la zona non presenta rischi e la sua nomea è ingiustificata, tuttavia pullula di senzatetto e disperati di vario genere che vagano storditi come dei morti viventi in mezzo alla sporcizia e al degrado. Durante la camminata ho avuto l’impressione di trovarmi in un manicomio a cielo aperto, ma con pazienti placidi, sedati dal dolore e dalla vergogna. La microcriminalità è pressoché assente. Insomma, nel caso in cui s’intendesse davvero classificare Shin-Imamiya come una zona pericolosa, allora bisognerebbe alzare (o meglio, abbassare) le quotazioni di altri posti sulla base della semplice fama, perciò lo Zen di Palermo, Secondigliano a Napoli o una qualsiasi banlieue dovrebbero essere equiparati all’Iraq.

Alcuni occidentali idealizzano molto il Giappone poiché fruiscono in maniera più o meno massiccia dei prodotti d’intrattenimento che alienano una buona parte dei giapponesi, insomma le bazzecole da otaku. Sono figlio degli anni ottanta, perciò ho guardato i cartoni animati nipponici, ho giocato con parecchi videogiochi del Sol Levante, ma almeno i manga, fatta eccezione per Jiraishin, non hanno attecchito su di me. Preferisco altre letture ai fumetti, tuttavia non voglio essere altezzoso e credo che le une possano tranquillamente convivere con le altre. La cortesia giapponese è rinomata in tutto il mondo e costituisce uno stereotipo vero, però è tremendamente meccanica e a tratti mi sembra davvero di trovarmi in un incubo orwelliano. In Italia certe volte pare quasi che il venditore venga infastidito dal cliente, mentre in Giappone quest’ultimo è sempre rispettato e riverito. Ho l’impressione che l’italiano medio confonda la libertà con la pretesa d’essere il centro dell’universo, mentre la controparte giapponese mi sembra soffocare in una spersonalizzazione vorticosa. Io non mi rivedo affatto nella società italiana né in quella nipponica e credo che siano le due facce della stessa medaglia. Ripeto: mi piacerebbe lavorare in Giappone per sei mesi o un anno (magari come lettore d’italiano), però non ci vivrei mai a meno di non essere costretto da cause di forza maggiore.

Qualche volta certi italiani mi chiedono come siano le donne giapponesi e le mie risposte a domande del genere si tingono sempre d’ironia. Cazzo, non conosco manco le italiane, cosa potrei mai narrare di quelle con gli occhi a mandorla e le gambe storte? Esteticamente non mi attraggono molto le ragazze asiatiche sebbene ve ne siano di avvenenti: comunque a me pare che sfioriscano presto. Non potrei mai avere una fidanzata orientale poiché ritengo la comunicazione un perno imprescindibile in un legame affettivo, sebbene qualcuno per confutarmi possa ricorrere alla retorica del linguaggio universale del corpo e delle emozioni. Ammesso che in futuro una ragazza entri nella mia vita, ho ragione di credere che costei sarà un’italiana (tale per sbaglio) o un’anglosassone. Se ragionassi con organi non deputati a farlo forse mi risolverei a studiare il finlandese. Per me la cultura è un elemento estetico, indipendente e allo stesso tempo notevolmente minore rispetto alla personalità di un individuo, e per poterne godere credo che non debbano esserci barriere linguistiche. Eros e logos sono simbiotici, ma qualcuno cerca sempre di contrapporre l’uno all’altro per rendere più sopportabile nei suoi legami la mancanza eccessiva di uno dei due elementi. Fottere senza parlare né capirsi è come parlare e capirsi senza fottere. Del triumvirato mi mancano due terzi, perché finora nella mia vita ho parlato, però forse non mi sono fatto capire (o magari io non ho capito) e per fottere i tempi non sono ancora maturi anche se i fiori cominciano già ad appassire. Inclinazione troppo cervellotica? Eh, beh: fanculo. Tra le tracce di vario genere che ascolto durante i miei vagabondaggi, ce n’è una particolare che in questi giorni metto in repeat piuttosto spesso per infondermi un po’ di sana malinconia, senza eccessi.

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21
Gen

Kameoka, Arashiyama, Hozugawa e occhi azzurri

Pubblicato venerdì 21 Gennaio 2011 alle 16:50 da Francesco

Spinto dal desiderio di fare un giro sul fiume Hozu, due giorni fa mi sono recato a Kameoka. Per raggiungere l’imbarco sono dovuto passare da Kyoto, dove poi ho preso un altro treno della linea Sagano fino alla cittadina summenzionata. La mia scarsa conoscenza del giapponese mi ha permesso tuttavia di chiedere informazioni precise per arrivare alla banchina e, lo devo ammettere, sono stato davvero contento di essere riuscito a raccogliere un frutto piccolissimo dallo studio intermittente della lingua.

Il tragitto è durato quasi due ore, nel corso delle quali ho contemplato entrambe le sponde del corso d’acqua, a tratti persino innevate, ma spesso spoglie. Il fiume Hozu offre alcune rocce dalla foggia particolare, tuttavia queste non mi hanno impressionato granché e sono rimasto colpito dall’insieme degli elementi naturali più che da qualche dettaglio. Mi è piaciuta molto l’escursione e vorrei ripeterla durante una giornata primaverile, per farmi rapire dall’incanto roseo dei ciliegi fioriti che già una volta ha sequestrato i miei sensi: mai sindrome di Stoccolma fu più piacevole.

A cotanta bellezza, imponente e algida, s’è aggiunta una visione celestiale. Nel corso della traversata ho conosciuto due ragazze australiane, credo mie coetanee, con le quali tuttavia ho cominciato a parlare in modo più approfondito soltanto ad Arashiyama, quando siamo sbarcati. Insieme abbiamo visitato l’esterno del tempio Tenryu-ji e un bosco di bambù che ho trovato davvero meraviglioso.
Una di queste due ragazze aveva degli occhi azzurri in cui mi sarei perso volentieri per tutto il resto della mia vita, magari a bordo di un’arca, o di una zattera, o semplicemente a cavallo di un canotto gonfiabile a forma di coccodrillo. Inoltre sono stato colpito e affondato dalla nicchia in cui questo sguardo era custodito, ovvero nei lineamenti britannici della ragazza, esponenti essenziali di una normalità stupefacente senza il supporto friabile del make-up. Non mi era mai successo nulla del genere. Avrei voluto conoscere ogni cosa di quella cittadina australiana, parlarle per ore e ore, ma le nostre strade si sono separate alla stazione di Kyoto. Non ho neanche fatto in tempo a dirle quali rare sensazioni aveva suscitato in me, e credo che se lo avesse saputo almeno un po’ le avrebbero fatto piacere le mie parole. Diamine, se credessi al destino dovrei andare a prenderlo per la collottola e redarguirlo: “Oh, ma sono scherzi da fare brutto infame?”. Alla fine sono tornato a Shin-Osaka e poi da qui a Tennoji, dove ho comprato qualcosa da mangiare prima di rincasare ad Abeno. Durante il ritorno ho continuato a pensare a quella visione celestiale e, senza che ce ne fosse ulteriore bisogno, ho compreso quanto sarebbe stato bello condividere certi momenti con qualcuno. Ogni tanto mi pare che le coincidenze s’impegnino a ricordarmi quanto sembra che l’abitudine mi induca a dimenticare. Fino a quando certi eventi avranno una tal presa su di me, io non sarò mai solo pur essendolo fisicamente. Anche stasera, dopo una prima udienza con la rete cigolante del mio letto, lascerò il compito di conciliarmi con il sonno all’immagine che ho incensato finora.

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18
Gen

Frammenti di una mezza giornata e podologia

Pubblicato martedì 18 Gennaio 2011 alle 07:28 da Francesco

Viste da lontane, le disgrazie italiane sembrano ancora più piccole e mediocri al cospetto del mondo. L’ignoranza diffusa in una larga parte dei miei connazionali, l’egoismo connaturato nella nazione di cui faccio parte e la saccenteria dei governanti (come dei loro oppositori) non ispirano il mio rimpatrio, benché a quest’ultimo manchino ancora svariate settimane. Mi sento atipico come italiano, ma per fortuna non sono un caso isolato. All’estero ho sempre la sensazione di essere un rifiuto riciclabile, a differenza di altri per cui credo che un recupero sia improponibile. Ovviamente non idealizzo il Giappone come fanno certi occidentali e per vivere preferirei decisamente Taiwan al Sol Levante poiché, per ragioni storiche e culturali, la ritengo un incrocio perfetto tra la Cina e l’arcipelago nipponico. Comunque non intendo neanche toccare i temi che tengono banco nel Bel Paese, concernenti papponi e zoccole, materia pregiata di questi ultimi giorni per i media italiani, bensì voglio procedere con il contenuto reale di questo appunto derogato.

L’altro ieri ho fatto un salto a Kyoto. Dalla stazione di Shin-Osaka, tramite un treno della JR e pagando 540 yen ho impiegato meno d’un ora per raggiungere quella che un tempo era chiamata Heian. Mi sono recato al castello Nijo, edificato per volere del celebre Tokugawa, inoltre ho visitato il Palazzo Imperiale, ma di quest’ultimo soltanto la parte esterna poiché l’ingresso era chiuso. Mi sono trovato in una Kyoto imbiancata e ho passeggiato sotto una nevicata improvvisa che ha donato candore e gelo alle mie visioni invernali. Non ho incrociato nessuna geisha (né a Kyoto né nel resto della mia vita), però ho notato diverse donne in abiti tradizionali. Mi sono fermato vicino al fiume Kamo con un ragazzo giapponese che parlava la lingua del generale MacArthur: insieme a costui, Iuto è il suo nome, ho discorso di qualche stereotipo tricolore e di calcio.

Kyoto merita un approfondimento, ma dovrei tornarci con condizioni climatiche più favorevoli. Ho in mente di fare un percorso fluviale, ma non so se in questo periodo sia fattibile. I miei piedi cominciano ad accusare le decine di chilometri che ogni dì sono chiamati a sostenere, difatti sotto il mignolo del piede destro si è formata una protuberanza notevole. Non ho portato con me le scarpe da running, per cui credo che alle calzature vada imputata la strage dei miei piedi. Ho soltanto un paio di Nike economiche e forse dovrei sostituirle. Non mi va poi tanto male, specialmente pensando a ciò che proteggeva i piedi dei soldati italiani in Russia durante la Seconda Guerra Mondiale.

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15
Gen

Osaka

Pubblicato sabato 15 Gennaio 2011 alle 12:05 da Francesco

Din don, un’altra comunicazione di servizio. Sospendo temporaneamente il silenzio stampa (che si concluderà del tutto al termine della stesura del mio terzo libro) per annotare la mia terza esperienza nipponica in una lingua che non sia ideografica, in modo che sia fruibile a qualcuno a cui in fondo lo devo. Questo è la prima parte di una serie di appunti che redigerò durante la mia permanenza. In futuro questa premessa scomparirà.

Sono arrivato a Osaka l’undici gennaio. Adesso risiedo in un monolocale che ho preso in affitto per un mese dalle parti di Abeno, nella zona meridionale della metropoli. Questa è la terza volta che metto piede sul suolo nipponico e mi auguro che non sia l’ultima. Ho scelto di ritornare in Giappone poiché ho trovato un biglietto aereo piuttosto economico, altrimenti avrei optato per la Malesia e per Singapore.
L’atmosfera cosmopolita di Tokyo per me rimane insuperabile, tuttavia Osaka ha un suo fascino. Più decadente e nostalgica della capitale, l’antica Naniwa mi ricorda un po’ Seoul. Ho già cominciato a macinare molti chilometri e finora sono ricorso poche volte alla metropolitana. Ho visitato il museo della scienza, nei pressi della stazione di Nakanoshima e quello di storia, prospiciente il castello di Osaka, anch’esso meta del mio vagabondaggio istruttivo.

La mia dieta ormai è basata su nikuman e onigiri, tuttavia la mia linea non ne risente poiché ogni giorno macino chilometri su chilometri con lo zaino sulle spalle. Se il consumismo fosse misurabile in metri, probabilmente quello che si estende lungo Tenjimbashi-Suji per oltre due chilometri e mezzo con negozi, ristoranti e quant’altro, ne costituirebbe una delle massime espressioni.

Le mie camminate in terra straniera assumono sempre le proporzioni dell’esodo biblico. Sono passato anche dalle parti di Namba, dove mi sono tagliato i capelli. La scrupolosità e il tempo impiegato mi ha fatto domandare se il barbiere avesse alle spalle un passato da chirurgo e sentisse la mancanze di quelle giornate che forse aveva trascorso in gran parte tra una nefrectomia radicale e l’altra. Ho filmato qualcosa durante questi primi giorni a Osaka e ho montato velocemente i frammenti digitali: nell’immediato futuro mi riprometto di fare altrettanto.

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20
Nov

Frank Gambale a Roma

Pubblicato sabato 20 Novembre 2010 alle 19:34 da Francesco

Giovedì, a dieci anni di distanza dal mio primo ascolto di “Coming To Your Senses”, sono riuscito a vedere Frank Gambale dal vivo al Crossoroads Club di Roma. Per la data capitolina il basso è stato affidato a Stu Hamm e non avrei davvero potuto chiedere di più! Gambale ha eseguito vari pezzi dal primo album che ho citato e alcune tracce del GHS, ovvero il progetto che porta l’iniziale di Gambale, Hamm e Smith; al posto di quest’ultimo durante il concerto ha suonato Joel Taylor alla batteria. Al momento, sulla Terra, non so chi possa offrire di meglio nell’ambito del jazz fusion.

Ad un tratto dagli amplificatori è uscita la voce soave di uno speaker di Radio Vaticana (o un’emittente del genere), ma questa interferenza ha dato vita a dei siparietti ironici di cui per altro Gambale si è reso protagonista per tutta la serata: battute e virtuosismi. Se riuscissi a rivederlo con il gruppo di Chick Corea poi la mia anima inesistente potrebbe riposare in pace. Finalmente posso dire d’aver visto dal vivo i miei tre chitarristi preferiti: Frank Gambale, Allan Holdsworth e John McLaughlin.

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13
Nov

Verginità contemporanea, prima parte

Pubblicato sabato 13 Novembre 2010 alle 13:08 da Francesco

Ispirandomi al formato del tutorial, d’ora poi non dovrò più sfracellarmi i coglioni lungo le pareti scoscese delle ripetizioni. Mi basterà fornire vis-à-vis o via etere una sequela di video per ovviare a quell’odiosa sensazione di déjà-vu che, ricorrendo ancora ad un francesismo, mi sta proprio sul cazzo. In attesa di concepirne altri, posso già appuntare il primo filmato di circa nove minuti che in futuro mi farà risparmiare tempo e pazienza.

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31
Ott

Didattica efficace

Pubblicato domenica 31 Ottobre 2010 alle 01:48 da Francesco

Lo studio incostante della lingua giapponese mi ha fatto imbattere in un insegnante sui generis. Conosco circa duecento ideogrammi e per ognuno mi ricordo almeno due pronunce, di solito una in cinese e una in giapponese. La grammatica di base mi è chiara, ma non sono ancora in grado di sostenere una conversazione. In un testo posso riconoscere qualche parola e nel migliore dei casi riesco ad afferrare il senso del discorso, ma anche la lettura mi è ancora preclusa e penso di non poterla esercitare fino a quando non apprenderò almeno altri ottocento ideogrammi (anche se a quel punto, ammesso che io ci arrivi, dovrò impararne almeno altri mille per una piena comprensione). La mia scrittura non segue sempre l’ordine dei tratti, perciò un purista o un docente universitario mi bacchetterebbero di sicuro, ma ormai le parole vengono perlopiù digitate e dunque mi avvalgo della pratica manuale (siano lodati i doppi sensi) soltanto per memorizzare meglio gli ideogrammi: insomma, per me la calligrafia non è un fine, bensì un mezzo per uno scopo mnemonico. In tre anni avrei potuto fare molti progressi in più, ma tutto sommato sono soddisfatto per il rapporto vigente tra il tempo che ho dedicato a questo studio intermittente, totalmente privo di pretese, e le nozioni che ho raccolto finora.
Girando qua e là per il world wide web ho scoperto su YouTube alcune lezioni d’un tipo geniale: costui propone un metodo d’insegnamento efficace e divertente nel quale mi rivedo molto. Se potessi e dovessi tenere delle lezioni su qualsiasi cosa, probabilmente userei lo stesso modus operandi, anche se invero già lo adopero per spiegarmi in talune occasioni. Per me il turpiloquio e le volgarità di vario genere sottolineano bene i concetti, a differenza di quanto riesca a fare l’eloquio elegante e monotono di chiunque impartisca lezioni soporifere, convenzionali: in altre parole, quelle accademiche, tristemente impostate. Adoro questo yankee: è davvero un tizio brillante e lo dimostra anche con gli altri video del suo canale.

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15
Ott

Dark Tranquillity a Roma

Pubblicato venerdì 15 Ottobre 2010 alle 00:04 da Francesco

Martedì mi sono recato nella capitale per assistere ad un concerto dei Dark Tranquillity. Il live è stato aperto dai Lunar Sea, un gruppo italiano che io non sono proprio riuscito ad apprezzare malgrado le indubbie qualità. Gli Insomnium sono stati i secondi a suonare e la band finlandese mi è piaciuta molto sotto ogni aspetto, ma d’altronde sapevo già cosa aspettarmi poiché l’ultimo album del gruppo, “Across The Dark”, è stato soggetto a più di un repeat da parte mia. L’unica nota dolente è stata l’acustica dell’Alpheus, appena sufficiente, almeno per me.
I Dark Tranquillity hanno eseguito parecchi pezzi, alternando le tracce dell’ultimo disco alle loro creazioni più note. La voce di Stanne dal vivo è impressionante e mi ha colpito il modo in cui egli cerchi sempre un contatto con il pubblico, tanto che verso la fine del live ha avuto anche le palle di gettarsi tra gli avventori per compiere un po’ di sano stage diving. Erano quasi dieci anni che non ascoltavo nulla dei Dark Tranquillity e questo live mi ha permesso di riavvicinarmi al gruppo svedese, tanto da invogliarmi a rivedere una loro esibizione. Come al solito, durante questo genere di eventi, ho incontrato personaggi piuttosto folcloristici con i quali mi sono intrattenuto a discorrere un po’.

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