Pubblicato venerdì 12 Aprile 2013 alle 11:59 da Francesco
Ieri mi sono recato a Ciampino per assistere ad un concerto acustico dei Pain of Salvation benché invero non ne fossi granché convinto. Quando ho varcato la soglia dell’Orion gli Arstidir avevano appena cominciato a suonare e dopo un paio di pezzi la band islandese ha catturato il mio interesse con sonorità molto delicate, talvolta soltanto corali, perciò ho deciso che prima o poi ne approfondirò l’ascolto. Già presentatasi in un pezzo con i summenzionati, Anneke van Giersbergen è poi rimasta sul palco con la sua voce e una chitarra acustica. Il suo vibrato mi ha ipnotizzato per tutta la performance e avrei ascoltato volentieri qualche pezzo in più del suo repertorio: mi è piaciuta moltissimo la sua versione di “Time After Time” di Cyndi Lauper. Ho trovato simpatica la scenografia, la quale ha offerto una cornice domestica e retrò con cui Gildenlöw e soci hanno interagito durante l’esibizione, inoltre ha dato all’intero concerto una dimensione ancor più intima di quanto già non fosse per la presenza di un pubblico esiguo.
Non sapevo se dal vivo mi sarebbe piaciuta la proposta acustica dei Pain of Salvation, gruppo che avevo già visto in un leggendario concerto a settembre dello scorso anno in quel di Veruno. Ne sono rimasto soddisfatto oltre ogni più rosea aspettativa e l’unico pezzo che non ho gradito è stato un duetto jazzato e melenso con Anneke, ovvero la cover di “ Help Me Make It Through The Night“ di Kris Kristofferson: avrei preferito udire la voce dell’ex cantante dei The Gathering in un pezzo più potente. Ho trovato assai migliori la cover di “Dust In The Wind” dei Kansas e quella sanguigna di “Perfect Day” di Lou Reed. La band è rimasta sul palco per circa due ore e ha alternato parti più datate della propria discografia a tracce più recenti come “1979” che in veste acustica mi ha davvero stregato. Insomma, è stato un bel live, il primo in quest’anno così avaro di concerti interessanti e alla portata del mio nomadismo solitario.
Pubblicato venerdì 26 Ottobre 2012 alle 18:16 da Francesco
Mercoledì mi sono recato a Bologna per godermi l’Heidenfest. Purtroppo sono giunto con un’ora di ritardo, di conseguenza mi sono perso l’apertura dei Krampus e una parte dell’esibizione dei Trollfest, ma tanto non m’importava granché né dei primi né dei secondi. Ho rivisto i Varg che avevo già avuto modo di apprezzare quattro anni prima al Paganfest e mi hanno convinto ancora una volta nonostante i loro dischi non mi facciano impazzire. Anche i Korpiklaani mi sono piaciuti parecchio e ho gradito il loro folk metal assai festoso, trascinato da parti di violino efficacissime. Quando sono saliti sul palco i Wintersun ho iniziato davvero a gasarmi e non so che elogi fare a questi finlandesi senza cadere nella banalità. Il nuovo album a mio avviso supera il primo, quel debutto omonimo uscito ormai otto anni fa, ma durante il live non ho sentito manco un attimo di calo e ho assistito ad un continuo susseguirsi di pezzi epici che m’hanno trascinato. Non ho potuto filmare Jari e soci perché mi trovavo in prima fila, attaccato alla transenna, perciò troppo vicino al palco per eludere una registrazione eccessivamente distorta: in compenso ho preso qualche ricordino filmato dei Varg (ottimi organizzatori di moshpit) e dei Korpiklaani.
Mi sono goduto un gran bel concerto, in un’ottima atmosfera, con un pubblico partecipe e gruppi validi: ancora una volta posso affermare che è valsa la pena di fare quasi settecento chilometri.
Pubblicato lunedì 17 Settembre 2012 alle 01:37 da Francesco
Venerdì, ad una settimana esatta dal live di Veruno, mi sono recato nella capitale per assistere ad un concerto dei Marduk. Già tre anni fa avevo visto le leggende svedesi del black metal, però questa volta ho vissuto l’esibizione sotto il palco, con tutto ciò che ovviamente ne è conseguito. Forse è stato il concerto più devastante e violento a cui io abbia mai preso parte: una guerra a cui mi sono unito come imponeva la t-shirt di Panzer Division Marduk che indossavo.
Fatte eccezione per Temple Of Decay, dalle mie parti, ovvero tra la seconda e la terza fila, c’è stato un pogo continuo a cui ho risposto con spallate, gomitate e quant’altro, ma sono riuscito nell’impresa di filmare anche un altro pezzo oltre al suddetto, ovvero Nowhere, No-one, Nothing il cui risultato è a piè di pagina. Per tutto il tempo ho avuto Morgan e Mortuus a pochi centimetri e a quest’ultimo sono riuscito a dare anche la mano, inoltre ho avuto modo di vedere da vicino come il primo scorreva sul manico della sua ESP mimetizzata. Non conosco tutta la discografia dei Marduk, però la scaletta mi è sembrata varia e ho avuto conferma di questa impressione quando sono andato a ricercarla. Come tre anni fa per me il momento più esaltante è consistito nell’esecuzione di Baptism By Fire e della title track di Panzer Divsion Marduk, infatti io nutro una piena venerazione per quel breve ma intenso album che mi ha fatto conoscere il gruppo quasi dieci anni fa. Per quanto riguarda il black metal credo che solo gli Immortal potrebbero darmi qualcosina in più dal vivo, perciò non m’illudo di rivivere le stesse sensazioni in un altro concerto dello stesso genere. Comunque alla fine delle danze macabre (questa citazione è per pochi, ma tanto qua non c’è nessuno) ho dato una pacca sulla spalla e ho stretto la mano al tizio con cui ho lottato per lungo tempo, là in trincea. Devo menzionare l’intensa attività di sollevamento di gentiluomini a cui ho partecipato, infatti verso metà del live lo stage diving è stato continuo. Insomma, in quell’atmosfera di violenza relativamente controllata mi è sembrato di rivivere una cerimonia ancestrale, persa nei tempi, “quand’ancora non si distingueva l’aurora dal tramonto”.
Pubblicato domenica 9 Settembre 2012 alle 23:13 da Francesco
Il sette settembre mi sono recato a Novara e precisamente in quel di Veruno per assistere alla prima giornata di un festival progressive. Sono stato in piedi per venti ore, di cui quattordici le ho passate al volante, ma adesso posso affermare che ne è valsa la pena! Sono stato sotto il palco per tutto il tempo, appoggiato alla transenna dalla prima all’ultima nota.
Prima dell’inizio ho passato in rassegna i vinili in vendita e mi sono fermato alla bancarella della Black Widow Records, la stessa da cui quest’estate ho comprato l’album de Il Tempio delle Clessidre in occasione di un evento analogo a Bagnaia. Questa volta ho acquistato i primi due vinili de Il Bacio della Medusa che sono già fuori catalogo. La mia militanza è stata plaudita da altri avventori, ma per me viaggi del genere non sono mai un sacrificio.
I primi a suonare sono stati i Court, una band locale di vecchia data che non avevo mai sentito e che ho applaudito con convinzione: ne rimedierò qualche album perché è stata davvero una bella scoperta. È venuto poi il momento dei Wicked Minds che non mi hanno catturato benché suonino alla grande: mi sono piaciute molto le parti di Hammond, le rullate del batterista e ho apprezzato qualche assolo, ma niente di più. Dopo i gruppi suddetti, entrambi italiani, sul palco di Veruno sono saliti i Pain of Salvation, osannati dall’inizio alla fine. Per fortuna nella scaletta hanno prevalso dei pezzi datati, infatti le ultime produzioni non sono state di mio gradimento. La band è stata impeccabile, anche se verso la fine il tastierista ha avuto un problema e Daniel ci ha scherzato su prima di ricominciare il pezzo daccapo. Insomma, è stata una bella esibizione che per qualcuno è stato il momento più alto della serata. Io invece sono andato in estasi con i Flower Kings che hanno esordito con un pezzo di venticinque minuti, ovvero Numbers, la prima traccia del loro ultimo album: per me è stata un’esperienza lisergica, forse onirica o chissà cosa. Sono state suonate anche perle come Stardust We Are e What If God Is Alone? che volevo udire dal vivo, ma tra i tanti pezzi proposti io sono andato davvero in un altro mondo con la chiusura, fatta anch’essa con un pezzo dell’ultimo album, Rising The Imperial: penso che questa traccia mi accompagnerà in tante sere solitarie, tra luci soffuse e speranze fiaccate, ma quel tocco sulle sei corde, quelle voci alternate e il lavoro del basso mi faranno sembrare tutto meno amaro.
Pubblicato mercoledì 16 Maggio 2012 alle 12:44 da Francesco
Seguo con interesse la deflagrazione dell’Europa. Ogni tanto penso a quel farmacista che si è sparato in piazza Syntagma ad aprile: sopravvissuto all’occupazione dei nazisti nel quarantuno, è stato ucciso dalla dittatura finanziaria che ne ha legittimati dei nuovi nel parlamento greco. Laddove è nato il pensiero occidentale, oggi per molte persone si prospetta uno stile di vita pari a quello che fu di Diogene di Sinope. La culla della democrazia è intrisa di sangue e tra quelle macchie rapprese forse ritorneranno i tempi efferati di Licurgo. Ho sempre lottato dentro di me per confutare la più celebre espressione di Hobbes, ma ormai non mi resta altro che chiedere l’onore delle armi: homo homini lupus.
Questi anni finiranno nei libri di storia su pagine di caligine. Io non condanno la violenza, bensì mi auguro che esploda in faccia ai governanti inetti: passati, correnti e futuri. Credo che occorra uno shock potentissimo per riportare il male sotto la soglia della sopportazione, a mo’ di cura omeopatica. L’acqua bolle a cento gradi Celsius e il piombo fonde ad oltre trecento: in tutto vi è un punto di rottura. Se in Europa dovessero verificarsi tensioni sociali su vasta scala allora mi adopererei per trovare un’amaca nel sud-est asiatico, ma non punterei il dito contro fiumane di persone incazzate e disposte a tutto. Spero di non essere mai costretto ad abbandonare la mia terra, tuttavia se lo stallo continentale provocasse uno scenario del genere io approverei tutte le reazioni violente e non potrei fare altresì per rimanere onesto con me stesso. Ogni individuo dovrebbe auspicarsi il bene del prossimo in quanto le persone che non hanno nulla da perdere sanno diventare armi fatali: seguo la via di un egoismo illuminato in quanto non ho facoltà di incidere al di fuori della mia esistenza. I politicanti, le istituzioni, i feticisti del garantismo e altra gentaglia del genere esigono l’uso esclusivo di strumenti democratici per cambiare le cose, ma solo perché sanno benissimo quanto sia facile abusarne per proteggere i loro interessi o i loro princìpi, entrambi sottoprodotti del banditismo. I tempi biblici dei meccanismi democratici sono clessidre di morte: ci deve essere una convenienza comune a rispettare le regole e queste non devono valere al di là della vita come un dogma religioso. Purtroppo espongo la mia attenzione a tematiche del genere perché ritengo che il peggio debba ancora arrivare con tante mattanze in dote, perciò cerco di giocare d’anticipo, almeno col pensiero. Non si può buttare in faccia a dei disgraziati agi e privilegi per poi ricordare agli stessi che sono appannaggio di quanti sappiano abusare della res publica. A me non interessano gli ideali, ma le questioni pragmatiche. Non ho una causa da sposare e cerco di pensare a me stesso senza danneggiare il prossimo. Non mi perdo nell’identificazione con qualche corrente di pensiero pur approvandone talune, a torto o a ragione. Non sono un idealista e penso soltanto a me, ma per farlo bene, a differenza di quanto ritengono arraffoni ottusi d’ogni risma, devo confrontarmi onestamente col malessere altrui. Se avessi gli attributi per fare l’anacoreta nel Kalahari probabilmente me ne sbatterei i coglioni, ma d’altronde gli effetti di queste parole sono del tutto identici all’indifferenza di certuni e hanno un po’ di utilità esclusivamente per il sottoscritto, cosicché sia pronto alla peggiore delle evenienze.
Pubblicato lunedì 23 Aprile 2012 alle 23:13 da Francesco
Sabato mi sono recato in quel di Prato per assistere al concerto più epico della mia vita, ovvero quello dei Domine. Sul palco dell’Exenzia la band fiorentina ha proposto il power metal per cui è nota in tutto il mondo da tempo. Morby è un cantante fuori dal comune e non me l’aspettavo così devastante! Non avevo mai udito tanta potenza nella voce di un essere umano e non ero mai stato investito da acuti così poderosi. Ho avuto modo di vedere da vicino Enrico Paoli sulle sei corde e anche il suo modo di suonare, fedele ai pezzi incisi, mi ha esaltato moltissimo.
Ho registrato vari filmati che ho provveduto a caricare sul mio canale di YouTube. Durante il live sono stati suonati alcuni dei classici della discografia del gruppo, tuttavia mi sono esaltato a livelli stellari quando è partita The Messenger in quanto è uno di quei pezzi che non di rado mi accompagna durante le sessioni di corsa: averla ascoltata con così tanta potenza mi avrebbe rimesso al mondo anche se mi fossi presentato cadavere! Quando è partita Defenders mi sono ritrovato in una disposizione d’animo tale da colonizzare l’universo. Ho cantato ogni volta che Morby ha offerto il microfono al pubblico e sul video succitato si può notare.
Anche durante Another Time, Another Place, Another Space mi sono gasato ad un livello che mai avevo esperito durante un concerto! Ho provato lo stesso grado d’esaltazione quando è partita la classica Thunderstorm. Dovrei citare anche The Ship of the Lost Souls, “Ascending Icarus” e Dragonlord. Una menzione particolare la voglio riservare ad un pezzo al quale sono legato moltissimo, ovvero The Ride of Valkyries, che contiene una chiara citazione di Wagner anche nella parte strumentale.
Alla fine del concerto ero pronto per eseguire un colpo di stato: sprizzavo epicità da tutti i pori. Ho imparato che ai Domine non occorre un servizio d’ordine, dato che a Morby basta fare un acuto per spingere indietro la gente; tra l’altro non escludo un suo possibile impiego nel ramo delle demolizioni!
Pubblicato sabato 24 Marzo 2012 alle 23:37 da Francesco
Mercoledì mi sono recato in quel di Bologna per presenziare al mio secondo Paganfest. Durante il viaggio d’andata ho rodato le orecchie con dosi abbondanti di progressive italiano: due album del Banco del Mutuo Soccorso e due della Premiata Forneria Marconi anche se i miei preferiti nel genere sono Le Orme, Locanda delle Fate e Museo Rosenbach. Durante il tragitto mi sono goduto scenari bucolici che ormai conosco a menadito e di autovelox in autovelox ho pensato a tante cose: recenti, lontanissime, future, imminenti.
Sul palco dell’Estragon sono saliti per primi i Solstafir, una band islandese che ho apprezzato moderatamente. Troppe sfumature doom per i miei gusti, però a tratti mi hanno esaltato più di quanto mi aspettassi. I secondi ad esibirsi sono stati gli Heidevolk, una band olandese che ha fornito un’ottima prova benché anche la loro proposta musicale non mi abbia entusiasmato. Ho gradito la performance, ma non mi ascolterei mai un loro disco per intero: offrono un folk metal che a me sa di già sentito e non mi aggrada l’uso che fanno delle doppie voci.
È venuta poi la volta dei Negura Bunget di cui conservo un’ottima impressione. Mi sono piaciuti i passaggi con gli strumenti etnici, ma anche le parti più serrate all’insegna del black metal: forse un ibrido di non facile fruizione che ho comunque trovato notevole. Non avevo mai ascoltato questo gruppo romeno nonostante più volte avessi già intravisto il loro nome sui programmi di varie manifestazioni internazionali.
Penultimi a suonare, perciò secondi in termini d’importanza, i Primordial sono tornati a calcare un palco italiano dopo dodici anni di assenza. Anche loro sono la classica band che apprezzo dal vivo ma per cui nutro una certa insofferenza verso il materiale registrato. Comunque nulla da eccepire in merito al loro live: gradevoli.
Infine ha preso possesso dell’Estragon il gruppo che desideravo rivedere, ovvero gli Eluveitie. Memore della loro grandiosa esibizione di due anni fa, non pensavo che avrebbero potuto fare ancora meglio e invece ci sono riusciti. Questa band dal vivo è davvero spettacolare: in otto sul palco riescono a riproporre fedelmente la complessità dei loro pezzi. Non oso immaginare quale sia la capacità polmonare di Chrigel Glanzmann poiché è un frontman multifunzione: fa di tutto! Ogni volta che vedo quella paffutella di Anna Murphy con la sua ghironda mi viene da ridere perché la trovo buffa, ma quando la stessa intona “Scorched Earth” o prim’ancora “A Rose for Epona” allora in me subentrano i brividi. A questi ragazzi auguro tutto il bene possibile perché sia su disco che in concerto mi recapitano puntualmente ottime vibrazioni.
A notte inoltrata il bilancio è stato positivo e ho macinato centinaia di chilometri per tornare a casa. Ormai ho anni di militanza a ridosso delle transenne e voglio maturarne tanti altri ancora.
Pubblicato domenica 1 Gennaio 2012 alle 08:10 da Francesco
Mi affaccio sul nuovo anno dopo una buona dormita. Non mi piacciono i fuochi artificiali così come non mi attraggono le infatuazioni. Non so come si snoderanno i prossimi dodici mesi, però starà a me non inciampare tra i giorni venturi. Mi sento protetto da me stesso e seguirò il tempo fino a quando ne avrò a mia volta. Non ho gioie calendarizzate, ma spero che una mi travolga senza preavviso. Inizio quest’anno nello stesso modo in cui ne ho lasciati molti altri, però peccherei di presunzione se credessi che un tale ciclo non possa cambiare completamente. L’universo non è statico e non lo è neanche l’esistenza dell’essere umano nonostante taluni sostengano l’esatto contrario. Chissà come andrà a finire: per adesso esco a correre e un giorno lontano ci penserò.
Pubblicato lunedì 24 Ottobre 2011 alle 05:49 da Francesco
Già da un po’ la mia esistenza è tornata a scorrere a pieno regime sui binari della serenità, però nulla di significativo è mutato nel suo svolgimento. Tendo a ripetermi, ma fortunatamente me ne rendo conto senza dispiacermene. Non c’è nulla nei cieli superni che mi alletti. Per certi versi io vivo al di sotto delle mie possibilità e così posso contare su di un riparo in più per sfuggire alle intemperie. Bufere in arrivo non ne vedo e manco le presagisco. La morte altrui non mi sconvolge e spero che pure quella del sottoscritto non mi prenda troppo. Non attendo la mia ora né quindici minuti di gloria. Il vantaggio di un cuore vuoto risiede tutto nella possibilità di risparmiare sui drappi neri. La riverenze che spettano al decesso non mi sono proprie, ma questa inclinazione non è il frutto di un comportamento irrispettoso e scaturisce da anni di riflessione sulla finitezza: è paradossale come quest’ultima invece sia inconcludente… Se dovessi crepare domani non me la prenderei e gradirei una bella cremazione senza panna. Resta valido l’augurio che puntualmente rivolgo a me stesso, ovvero quello di una vita longeva. Forse la masturbazione conta anche come gesto apotropaico e se così fosse la mia buona stella godrebbe (non più di me, eh) di contributi notevoli: gli attributi ci sono tutti. A me piace vivere, però mi annoiano le nenie. Non sono troppo cinico, ma adoro scherzare e voglio mantenere frequenti le risate fino all’ultimo respiro o giù di lì. Intanto gli anni passano e non vedo per quale motivo frenarne le scorrerie: Signora, so’ ragazzi! Un giorno non lo saranno più; anzi, un giorno non saranno più.
Pubblicato sabato 8 Ottobre 2011 alle 06:10 da Francesco
In quest’epoca mediocre mi auguro sempre che qualcuno faccia fuoco sui politici. Fiuto un senso d’impunità che va di pari passo con gli eccessi garantistici a cui l’Italia è costretta a piegarsi per problemi di costituzione: l’atrofia del pragmatismo. Io tento disperatamente di non toccare certi argomenti poiché le parole di rado riescono a pesare come il piombo. In una società il proprio benessere passa anche attraverso quello degli altri, perciò ognuno dovrebbe augurarsi che nei luoghi di potere vi siano individui disposti a curare gli interessi del maggior numero possibile di persone. In tutto ciò non occorre scomodare la filantropia o quanto le assomigli perché si tratta dell’ennesima prova di come l’egoismo sano concordi col bene collettivo. Io tengo il polso della situazione a mio modo e ritengo che qualcosa stia davvero degenerando se anche un individuo come me avverte la necessità d’imbevere parole stomachevoli nel curaro. Non penso che in questo frangente storico qualcuno possa pretendere totale onestà, tuttavia credo che esista sempre un limite di guardia a quelle che sono inevitabili ruberie, negligenze e favoritismi. C’è una sete di sangue che spero prenda forma e lasci sul selciato i corpi esanimi di quanti già si sono resi colpevoli d’aver indotto al suicidio o all’indigenza alcuni tra gli esponenti invisibili delle fasce deboli. L’aumento del divario tra ricchi e poveri, onesti e delinquenti, forse può dare slancio all’edilizia poiché certe case dovranno essere convertite in prigioni d’oro. Non credo che la violenza proponga soluzioni e d’altronde non è questo che si prefigge, però io immagino che un ricorso ai suoi mezzi efferati in un determinato momento possa evitare che poi in un secondo tempo si manifesti con maggiore crudeltà. Non sono certo un comunista armato né ho mai provato simpatia per i moti rivoluzionari, ma se in Italia sorgesse un’organizzazione terroristica in grado di colpire solo ed esclusivamente i veri assassini dello Stato, ebbene io ne sarei lieto. L’unico e imperdonabile difetto che riscontro nella strategia della tensione è quello di coinvolgere innocenti: se un tale metodo venisse affinato forse qualcuno la smetterebbe di sentirsi intoccabile. Quanto ho appuntato finora può apparire decisamente truculento nonché ripetitivo, provocatorio e inopportuno, ma è proprio la ricorsività di tali contenuti a confermarmi come tutto ciò si origini spontaneamente in me.
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Le parole di cui sopra si prestano anche ad un’analisi introspettiva. Il desiderio di punire quanti contribuiscano all’imbruttimento della nazione è sicuramente legato al mio Super-Io e al modo in cui esso s’è formato. Nella classe politica io rivedo la figura paterna poiché sulla prima entità io proietto le colpe della seconda, di conseguenza, per quanto spontanee, non riesco mai a capire quanto siano sincere le mie prese di posizione (eh, che espressione altisonante!). Peccherei di riduzionismo se mi limitassi a inquadrare tutto nell’ottica di frustrazioni inconsce, perciò penso che in parte le mie invettive abbiano una matrice sincera e in parte vengano acuite da processi interiori che non hanno nulla a che fare con l’attualità e tutt’al più ne fanno un uso speculare senza però palesarsi apertamente.
Mi chiamo Francesco, mi trovo nel mio ottavo lustro e vivo dove sono cresciuto, ossia in Maremma.
In questo blog conduco da anni la mia autoanalisi, perciò i contenuti hanno un alto tasso d'introspezione e sono speculari agli sviluppi della mia persona.
Qui sono raccolti appunti intimisti, grotteschi, ironici; archiviati vi sono anche sfoghi, provocazioni, invettive ed esternazioni d'altro genere che oggi io considero quasi imbarazzanti od obsolete, ma di cui serbo traccia poiché nel bene o nel male hanno fatto parte del mio percorso e sono assurte fino alla coscienza.
Qualche passaggio può suscitare simpatia, talora fino all'insorgere dell'identificazione, invece brani d'opposto tenore hanno una portata sufficiente per destare un po' di disgusto, però credo che tanto i primi quanto i secondi siano adatti agli immancabili fraintendimenti o alle (in)volontarie incomprensioni.
Non sempre i significati dei miei scritti emergono dal loro contenuto manifesto, quindi io stesso mi guardo dal prendere alla lettera certe cose che metto nero su bianco o che altrove sarebbero già sbiadite.
Mi sono diplomato con ben sessanta centesimi al liceo linguistico, non ho mai messo piede in un ateneo e non ho mai fatto ingresso tra le grazie di una nubile.
Poiché errare è umano, e io di certo non nascondo né rinnego la mia natura mortale, ho ragione di credere che in tutta questa mole di appunti mi sfuggano refusi ed errori di cui chiedo venia alla mia attenzione e a eventuali (quanto incauti e improbabili) lettori.