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Gen

Esordio gregoriano

Pubblicato venerdì 1 Gennaio 2016 alle 20:31 da Francesco

Quasi sempre durante i momenti di passaggio (che siano effettivi o simbolici) mi piace ricordare il titolo di un libro di Tiziano Terzani, ovvero La fine è il mio inizio.
Ieri sera mi sono recato da solo a Tivoli, laddove un tempo Adriano celebrò la bellezza del suo Antinoo e dove io, invece, senza lasciare traccia alcuna ho festeggiato l’ultimo giorno dell’anno.
In Piazza Garibaldi ho preso parte al concerto della Premiata Forneria Marconi: per la terza volta ho assistito a un loro live e credo che tra le tre quella di ieri sia stata la performance migliore.
Un capodanno all’insegna del rock progressivo non l’avevo mai trascorso ed è stato stupendo!
Ho respirato un’atmosfera fantastica e ho salutato con allegria i dodici mesi che si sono succeduti senza soluzione di continuità. Se fossi stato uno incapace di starsene per i fatti suoi forse avrei accettato uno dei vari inviti che avevo ricevuto per delle festicciole in cui difficilmente mi sarei divertito. Purtroppo con le altre persone rischio sempre di apparire scostante e sfuggente, certe volte addirittura snob, ma in realtà non sono affatto così o forse lo sono in una misura inferiore a quella che talora può trasparire dal mio comportamento.
Ho capito da prima che iniziasse il concerto quanto fosse stata saggia la mia scelta, ma quando Patrick Djivas ha attaccato l’intro di basso di Maestro Della Voce, celebre pezzo della PFM dedicato a Demetrio Stratos, non ho avuto più il benché minimo dubbio! Dovevo essere là, in prima fila!
In questo periodo l’anno scorso ero dall’altra parte del mondo e stavo bene: quest’anno sono sul suolo natio e sto bene lo stesso. Memorie piacevoli mi attraversano rapide e fugaci perché io non sono tipo d’albergarle troppo a lungo, però sono contento che ogni tanto mi facciano visita.
Auguro a me stesso un anno di crescente consapevolezza e che le mie azioni possano essere in accordo con i miei pensieri. Ho ancora una lunga strada da percorrere da solo e intendo fare il possibile affinché le circostanze mi concedano il tempo necessario per il viaggio. Ad maiora.

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1
Dic

Il dovuto distacco che precede un opportuno ritorno

Pubblicato martedì 1 Dicembre 2015 alle 02:07 da Francesco

Nelle ultime due settimane non ho avuto molto tempo per scrivere su queste pagine, ma anche se mi fossi ritrovato nelle condizioni di dedicarmici le avrei comunque lasciate spoglie.
Sto attraversando un periodo di forti letture in cui mi alterno tra un manuale di neuroscienze e la Guida alla lettura del Libro rosso di Jung (l’opera originale l’ho già affrontata); quest’ultimo è un testo che ho cominciato a studiare appena ho finito i quattro volumi di Jung dedicati a Così parlò Zarathustra di Nietzsche. Non mi crogiolo in un becero intellettualismo, bensì mi avvalgo di simili strumenti per perorare la causa del processo d’individuazione e dunque non considero uno scopo nobile il mero accumulo di nozioni.
Per sette mesi non ho corso e solo da sessanta giorni ho ripreso ad allenarmi, di conseguenza anche questo impegno fagocita il mio tempo libero, ma sono certo che prima o poi tornerò a ripartire le sabbie delle mie clessidre in modo diverso. Mi appresto a vivere la mia terza vita da maratoneta, spero la migliore, e sento in me un rinnovato entusiasmo. Sono l’allenatore di me stesso, il mio migliore amico, il mio maestro e voglio tornare a gareggiare per il gusto di farlo.
Oltre allo sport, agli studi personali e all’introspezione sto cercando di diventare un chitarrista decente e anche se questa strada per me è in salita non posso negare che mi piacciano le sue pendenze. Insomma, io mi sento ancora centrato sulla mia via e concentrato su attività che mi arricchiscono interiormente. Per quanto possibile cerco di mantenere pensiero e azione nel migliore degli equilibri. Mi trovo su un piano emotivo di particolare intensità, ma non domando rassicurazioni né pretendo vaticini infallibili.
Avverto dentro di me il risveglio di forze che sono rimaste sopite a lungo. Riesco ancora a trarre molto dalla mia esistenza, forse più di quanto abbia fatto in passato e sono pervaso da piaceri a volte semplici, altre complessi, i quali non mi dominano né tanto meno io domino loro: in altre parole si tratta di piaceri autentici a prescindere dal loro grado di enigmaticità.
La spinta e il dinamismo di cui mi sento destinatario e ingranaggio hanno nel mio immaginario un non meglio definito legame col futurismo, perciò in calce a questo appunto di vaghezze e di personalismi inserisco il manifesto di Filippo Tommaso Marinetti magistralmente (un avverbio da poco in questo caso) letto da Carmelo Bene.

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29
Ott

Il Bacio della Medusa a Perugia

Pubblicato giovedì 29 Ottobre 2015 alle 02:31 da Francesco

Ci sono state delle volte nella vita in cui mi sono sentito al posto giusto nel momento giusto e quattro giorni fa mi è capitato proprio questo. Ho guidato per duecento chilometri fino a Perugia in compagnia di me stesso e mi sono fermato vicino al teatro Bertolt Brecht nel quale sono poi entrato per assistere al concerto de Il Bacio della Medusa, un gruppo che io (e non solo) reputo di levatura mondiale nella scena del rock progressivo; attendevo da molto tempo un loro live e non mi sono fatto sfuggire la prima buona occasione di prendervi parte: per fortuna, aggiungo! Di costoro possedevo già i dischi in vinile, ma al termine dell’esibizione ho preso gli equivalenti in CD poiché credo che certa creatività vada supportata. Sul palco è stata eseguita per la prima volta Deus lo vult, un pezzo impegnativo, specialmente per la voce di Simone Cecchini che ha sottolineato questo particolare prima di toccare delle note piuttosto alte: performance superba, davvero esaltante! La proposta di questi alfieri della musica immaginifica è stata tratta dai loro tre dischi nella cornice di un’atmosfera incantata e, per quanto io ne sia stato coinvolto per tutto il tempo, devo ammettere che i momenti apicali per me sono stati i brani provenienti da Discesa agl’inferi d’un giovane amante. In alcuni momenti il flauto e il sax di Eva Morelli sono stati davvero ipnotici, come il piffero in una celebre favola tradotta dai fratelli Grimm! Grandiosa la sezione ritmica, con Diego Pietrini alla batteria (e non solo..) e Federico Caprai al basso; si è dimostrata coriacea nell’accompagnamento e incisiva negli assoli anche la Gibson di Simone Brozzetti! Spero di rivedere presto un altro concerto de Il Bacio della Medusa perché mi ha dato molto e credo che in quel teatro ne sia rimasto un segno.
Il concerto si è concluso con Amico di ieri, un pezzo de Le Orme che Il Bacio della Medusa ha suonato assieme ad Aldo Tagliapietra (quest’ultimo aveva prima eseguito dei brani da solo): mi sono goduto e ho filmato quell’inedita condivisione dello stage, lo stupendo finale di una serata magica le cui buone vibrazioni in me, ne sono certo, non si estingueranno a breve…

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1
Ott

PFM a Radda In Chianti, Osanna e Metamorfosi a Roma

Pubblicato giovedì 1 Ottobre 2015 alle 17:49 da Francesco

Nella mia esistenza la musica ricopre un ruolo centrale e talvolta è l’unica entità a cui concedo di rompere la sacralità di certi silenzi o di seguirne la fine naturale, perciò non mi faccio mai alcun problema a recarmi da solo in ogni dove quando senta forte il richiamo di certe cose: è sempre un’avventura personale e solitaria di cui sono unico protagonista e depositario. Da alcuni anni a questa parte ho trovato la mia dimensione ideale nel mondo prog, un genere magico a cui ero destinato ad approdare con tutto me stesso, ma i miei ascolti spaziano ancora moltissimo. 
Nelle ultime settimane ho assistito a tre concerti grandiosi, tutti all’insegna del rock progressivo made in Italy. Il quattordici settembre mi sono recato a Radda In Chianti, nel senese, e ho visto per la seconda volta la Premiata Forneria Marconi: è stata davvero un’esibizione coinvolgente in cui la PFM ha proposto un piacevole sunto della propria discografia in una cornice meravigliosa. Franz Di Cioccio ha sempre una carica strepitosa, la trasuda da tutti i pori, e nonostante la sua veneranda età riesce ancora a trasmetterla al pubblico; il basso di Patrick Djivas è quello che tutti conoscono e Marco Sfogli sostituisce degnamente Franco Mussida alla chitarra.
Tre giorni dopo mi sono recato a Roma per il festival Progressivamente che si è tenuto al Planet, un celebre locale capitolino che fino a qualche tempo fa si chiamava Alpheus. Dei quattro giorni in programma io ho partecipato a due serate, perciò in tutto ho guidato da solo per circa seicento chilometri in quarantotto ore. Il diciassette settembre ho avuto il piacere di sentire e di vedere per la seconda volta i mitici Osanna di Lino Vairetti: mi piace la nuova formazione e pure il nuovo album, Palepolitana di cui ho acquistato una copia originale in CD proprio al termine del concerto. Gli Osanna sono un mondo da scoprire e da riscoprire: fantastici. Il giorno seguente, il diciotto, ho rivisto la Nuova Raccomandata Con Ricevuta di Ritorno, con alla voce lo straordinario Luciano Regoli che di recente ho apprezzato anche nell’unico disco firmato dai Samadhi, appena quarantuno anni fa. E poi fu il sesto giorno… Qui mi sono permesso un gioco di parole col nome del primo album dei Metamorfosi, band che sono finalmente riuscito a vedere dal vivo: ci tenevo! Avevo già avuto modo di ascoltare la voce tuonante di Jimmy Spitaleri in occasione della sua collaborazione con Le Orme per quel bell’album (che possiedo in vinile) che è La via della seta e anche su un suo disco da solista (a nome Davide Spitaleri) che s’intitola Uomo irregolare.
Durante il concerto succitato i Metamorfosi hanno presentato Purgatorio, il nuovo album che dopo Inferno (di quarantatré anni fa) e Paradiso (di undici anni or sono) conclude la triade dantesca di questa straordinaria formazione di cui io mi professo grande fan.

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29
Mar

Una settimana di concerti

Pubblicato domenica 29 Marzo 2015 alle 15:09 da Francesco

Nell’arco di sei giorni ho assistito a tre concerti piuttosto diversi tra loro, tutti a Roma e con la piacevole compagnia di me stesso. Trentasei ore dopo la maratona capitolina ho fatto ritorno nella Città Eterna per vedere Alice dal vivo: una rara occasione che ho còlto senza indugi.
Nella sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica, dove regna un’acustica eccezionale, sono stato estasiato dalla voce e dal carisma della signora Bissi, nonché dalla scaletta proposta.
Per me i momenti migliori del live sono stati l’esordio con “Nel resto del tempo”, eseguita solo con voce e tastiera; alcuni brani dell’ultimo album: “Veleni”, che ascolto spesso, “Tante belle cose”, ovvero un’intensa cover di Françoise Hardy, la sua interpretazione de “La realtà non esiste” di Claudio Rocchi; poi pezzi meno recenti ma non troppo datati, quali “Il contatto”, “Orientamento”, “Morire d’amore” (che malgrado il titolo è tutto fuorché una canzone melensa), “Nomadi” e “L’era del mito”.  Ho apprezzato anche il lato pop, comunque sempre ricercato.
Per me non ci sono mai stati momenti bassi, solo picchi altissimi, e alcuni inconvenienti tecnici non hanno inficiato per nulla quella che ho vissuto come un’esibizione superba.
Il ventisette marzo mi sono recato al Jailbreak per vedere i grandi Vision Divine e pure questo live è stato eccezionale! Sono rimasto tutto il tempo sotto il palco e mi sono goduto quasi due ore di power metal che ormai conosco a menadito. Questo è davvero un grande gruppo che sa come coinvolgere il pubblico e secondo me meriterebbe platee molto più ampie. Alla voce c’era Fabio Lione, che tecnicamente non è all’altezza di Michele Luppi ma io lo preferisco in quanto ad interpretazione. I duelli tra tastiere e chitarre si sono sprecati, sfoggiati come se fossero facili da comporre ed eseguire, ma pure le parti ritmiche (o forse soprattutto queste) hanno fatto le cosiddette buche per terra. La scaletta è stata corposa e se la memoria non mi fa difetto credo che abbia chiamato in causa quasi tutta la discografia della band.
Ieri, infine, ho ripreso la mia auto e  mi sono fermato un po’ prima di Roma (sebbene sempre nel suo territorio) per raggiungere il Crossroads. È stato il turno di Neil Zaza, un chitarrista che ha parecchio gusto e asservisce la sua immensa tecnica a quest’ultimo. Mi sono seduto al tavolo per uno che avevo prenotato e ho mangiato qualcosa durante il live. Anche in quest’occasione è andato tutto bene e ho passato una bella serata: sapevo cosa aspettarmi da Zaza e ne sono rimasto soddisfatto, inoltre ha suonato due pezzi nuovi che mi sono piaciuti parecchio.

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3
Mar

Roma Ostia 2015: record personale di mezza maratona

Pubblicato martedì 3 Marzo 2015 alle 23:43 da Francesco

Da alcune settimane una siccità di parole e pensieri ha desertificato queste pagine, però sono certo che prima o poi tornerà la stagione delle piogge. Intanto mi diletto a spendere qualche frase nient’affatto nuova per descrivere un’altra galoppata che mi ha gratificato oltremodo.
Domenica mattina mi sono alzato alle cinque e venti per raggiungere in orario la partenza della mezza maratona più partecipata d’Italia, ovvero la Roma Ostia. Mi sono diretto alla volta della capitale con poche ore di sonno e scarsa convinzione poiché non mi aspettavo molto da questa gara, ma allo start, dentro la mia griglia, un certo entusiasmo s’è impadronito di me.
Sono partito forte, di certo con un’andatura inferiore ai 3’40” al chilometro: non avevo l’orologio né altri riferimenti e ho fatto affidamento sulle mie intuizioni che qui raggrupperei sotto il nome d’istinto se volessi scomodare un’espressione inappropriata.
Le lievi salite del percorso non mi hanno dato fastidio e ho mantenuto un passo costante senza soffrire troppo. Ancora una volta mi sono trovato in una giornata di grazia e ho migliorato il mio record sulla mezza maratona di oltre tre minuti: ho chiuso con un sprint finale in 1h 18m 14s e così ho abbattuto anche il muro psicologico dell’ora e venti sui 21097 metri. Non che ne avessi bisogno, ma ho avuto un’ulteriore conferma del mio stato psicofisico; forse in passato sotto certi aspetti sono stato meglio, ma di sicuro non sono mai stato così forte fisicamente e giorno dopo giorno inseguo il primato anche sull’altro fronte.
163° su 10690 arrivati, perciò sono rientrato nelle premiazioni dei primi duecento e ho portato a casa un borsone della gara che un domani potrebbe tornarmi utile per cominciare a fare concorrenza ai venditori ambulanti della mia zona. Back on my trail, fo’ shizzle.

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27
Dic

Da un’isola all’altra, di ritorno da me stesso

Pubblicato sabato 27 Dicembre 2014 alle 23:20 da Francesco

Su quest’isola ho ritrovato me stesso e non mi aspettavo davvero una riuscita così vivificante. Supponevo che il mio soggiorno avesse tutt’al più le possibilità di trasformarsi in un diversivo temporaneo dopo un periodo di smarrimento, ma la sua reale portata ha superato ogni mia più rosea aspettativa. Ho una buona stella, di questo ormai sono certo, però sono anche bravo ad approfittarne e mi riconosco tale merito perché non voglio fare un torto alla verità.
Prima di tornare a Kamuela, su Big Island, precisamente il penultimo giorno che ho trascorso a Honolulu, mi sono recato presso una libreria di Barnes & Noble per trovare qualcosa da impilare tra i libri che mi rimangono da leggere: alla fine il campo delle mie ricerche si è ristretto ad un piccolo settore di filosofia. Ho comprato un libro dedicato a Diogene di Sinope per regalarlo a chi mi sta ospitando; per me invece ho acquistato un saggio intitolato “Wisdom, from philosophy to neuroscience”. Ad un certo punto, mentre sfogliavo il testo per decidere se  portarlo alla cassa o meno, il mio sguardo si è fermato su un passaggio il cui contenuto qualche giorno addietro era stato oggetto di una mia riflessione: l’ennesima coincidenza dello straordinario viaggio di cui sono ancora protagonista. Prima d’incorrere in codesto scritto avevo ragionato in termini leggermente diversi sulla differenza che intercorre tra intelligenza e conoscenza, però questa si sovrappone altrettanto bene nel passaggio che cito di seguito, dove i termini della distinzione sono intelligenza e saggezza.

”The function of intelligence is characterized as focusing on questions of how to do and accomplish necessary life-supporting tasks; the function of wisdom is characterized as provoking the individual to consider the consequences of his actions both to self and their effects on others. Wisdom, therefore, evokes questions of should one pursue a particular course of action”.

 

Al mio ritorno ho avuto modo di conoscere altre persone e una sera mi sono intrattenuto per quattro ore con un italiano in quel di Kona. Sono stato a due feste diametralmente opposte e così ho appreso le differenti accezioni che il termine party può acquisire. Ho persino partecipato ad una partita di ultimate frisbee, uno sport di cui ignoravo le regole nonché l’esistenza, però si è rivelata un’esperienza divertente.
Il video in calce si riferisce prevalentemente al periodo che ho speso sull’isola di Oahu e quindi ai quattro giorni in cui sono stato a Honolulu.

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Dic

Oltre le coincidenze

Pubblicato lunedì 1 Dicembre 2014 alle 00:14 da Francesco

Ieri ho incontrato di nuovo una ragazza tedesca che ho conosciuto sul volo da Los Angeles a Kona. Siamo rimasti in contatto via e-mail e abbiamo deciso di trascorrere una giornata insieme. In aereo ho scoperto che è stata anche a Orbetello: quante erano le possibilità che io sedessi accanto a lei? Per me è stato un incontro bizzarro! Mi ha divertito la sua accesa spiritualità, ma non l’ho mai irrisa. Abbiamo cominciato a parlare perché lei ha notato la copertina del libro che stavo leggendo, ovvero “Simboli della scienza sacra” di René Guenon.
Sono andato a prenderla in un ostello squallidissimo nel centro di Kona e l’ho aiutata a trovare un posto migliore a sud della città, ma prima abbiamo pranzato insieme in un posto incantevole ed economico sul mare, poi abbiamo esplorato dei negozietti dai cui traboccavano cianfrusaglie d’ogni tipo. In uno di questi posti ho scovato un vinile che non m’aspettavo di trovare, un album che per me ha un significato particolare, “Sacred Hymns”: è un disco di Keith Jarrett dedicato a Gurdjieff e l’ho pagato appena dieci dollari! Alla cassa una signora prim’ancora che della merce mi ha chiesto conto del mio accento e io le ho detto: “Guess!”. Dopo due tentativi ha indovinato la mia nazionalità, che un tempo fu anche la sua, difatti è emigrata trentadue anni fa da Livorno e ora gestisce un grazioso negozio d’antiquariato (con parecchi vinili) insieme ad altre persone.
 

Verso l’imbrunire ho accompagnato la viaggiatrice teutonica in un ostello più confortevole e là ci siamo salutati come in un film. All’inizio le ho detto che non mi sentivo a mio agio con lei, infatti per quanto piacevole fosse stata la giornata avevo avvertito della distanza e grandi differenze. Ad un certo punto dopo un silenzio interminabile mi ha detto: “I like how you’re handling it”.
Allora abbiamo cominciato a parlare in auto e siamo rimasti là per un paio di ore. Dopo questa lunga e profonda conversazione l’ho vista sotto un’altra luce, ma ci siamo detti comunque addio perché in patria ha qualcuno che l’aspetta. Le ho spiegato che se l’avessi incontrata di nuovo me ne sarei potuto innamorare o forse avrei trovato un’ulteriore conferma delle differenze che avevo avvertito in un primo tempo, perciò avremmo perso in ogni caso: “Great, in any case we cannot win, no way out!”. Alla fine ci siamo messi a ridere perché è stato tutto così surreale.
Per me quelli di ieri sono stati i momenti più romantici della mia vita. Entrambi avremmo voluto che tutto finisse e continuasse, in un paradosso insostenibile per questo piano dell’esistenza. Alla fine lei è scomparsa sotto un’orribile insegna al neon che recitava “open” anche se per me rappresentava un’altra porta chiusa. Prima di andarmene le ho lanciato un bacio dall’auto e lei mi ha aspettato per ricambiare. Non la dimenticherò mai.

Ho messo insieme dei filmati che ho registrato a tempo perso durante questa prima settimana in mezzo al Pacifico: frammenti di quotidianità. Oggi sono pervaso da sensazioni agrodolci, ma nulla che non mi sia già noto. Forse ad altre latitudini è una citazione inflazionata, ma per me continua ad essere qualcosa di più: “Per aspera ad astra!”.

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5
Apr

Di me, che nulla permane

Pubblicato sabato 5 Aprile 2014 alle 08:20 da Francesco

Intervallo piaceri e doveri senza che i primi avanzino pretese sui secondi o viceversa, perciò non ho nodi da sciogliere né conflitti da sanare. Tra alti e bassi, come se gli uni fossero realmente i contrari degli altri, mi diletto ancora ad affrontare le lunghe distanze e al contempo anelo altro. A marzo ho preso parte a tre gare. Il nove alla Strasimeno, una competizione di 57 chilometri in cui sono arrivato 41° con un tempo di 4 ore, 29 minuti e 18 secondi. Il ventitré è stata la volta della Maratona di Roma: nell’Urbe ho abbattuto ancora una volta il muro delle tre ore e ho conseguito il mio nuovo record personale sulla distanza classica: 2 ore, 58 minuti e 33 secondi. In questa edizione della gara capitolina sono giunti al traguardo ben 14875 podisti e io mi sono piazzato al 249° posto: è un risultato che mi ha gratificato molto e poi l’arrivo ai Fori Imperiali è stato davvero stupendo, così come il pubblico e la pioggia…

Il ventinove marzo mi sono imbarcato su un volo economico per Milano e l’indomani, a sette giorni dalla maratona suddetta, ho partecipato alla Cento Chilometri di Seregno, però là, nelle terre iperboree, Ermes non mi ha assistito e un’ingente perdita di sali minerali mi ha costretto ad abbandonare la gara al settantatreesimo chilometro: il caldo mi ha annientato.
Non ho vissuto male il ritiro poiché è un’evenienza che io metto sempre in conto sia nella corsa che nella vita, tuttavia, mutatis mutandis, vi ho scorto delle analogie con l’esperienza luttuosa e probabilmente ne avrei scritto qualcosa se in me non fosse venuta meno la volontà di redigere le mie analisi. È come se mi fossi voltato per vedere Euridice benché dietro di me in realtà non ci sia mai stata nessuna e così, dopo una sbirciatina al regno di Ade, sono tornato tra i miei simili. In questo periodo mi sento influenzato dalla lettura di Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani e forse in parte è anche per merito di questa gradevole contaminazione se guardo le cose con un accresciuto distacco: tanto gli effimeri successi quanto i bei fallimenti, così in alto come in basso.

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Mag

Andy Timmons a Roma

Pubblicato domenica 5 Maggio 2013 alle 14:03 da Francesco

Ieri sera mi sono recato a Roma per assistere ad un concerto di Andy Timmons all’ex Palacisalfa. È stata una grande serata: ingresso gratuito e ottime vibrazioni. Prima dello statunitense si è esibito il trio di Ciro Manna che avevo già visto dal vivo in un concerto di Kiko Loureiro e anche questa volta ne ho applaudito la performance, in particolare nei pezzi marcatamente più fusion. Timmons ha suonato quasi due ore e ha iniziato con il proprio repertorio prima di riproporre a suo modo i pezzi di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, pezzi verso i quali nutrivo un certo scetticismo in quanto a me non è mai piaciuto il quartetto di Liverpool, ma alla fine ne sono rimasto pienamente soddisfatto. Per me è stato un live davvero coinvolgente, al punto da indurmi a considerare Timmons come il chitarrista che mi ha esaltato più d’ogni altro suo collega. La conclusione è avvenuta con Crossroads, suonata con Ciro Manna e con Alessandro Benvenuti in una pioggia di assoli piacevolissimi.

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