10
Ago

Niente di che

Pubblicato martedì 10 Agosto 2010 alle 19:37 da Francesco

Ovunque mi pare d’intravedere individui che non amino sé stessi. Odo e leggo critiche ripetitive verso la società civile da cui certuni cercano di differenziarsi tramite l’uso della parola e solo di questo, ma tali acuti osservatori mi paiono dei poveri imbecilli allo sbaraglio, inetti alla ricerca di attenzioni che non sanno procurarsi in un modo meno subdolo. Ammiro chiunque sia votato al miglioramento di sé, ancor più di chiunque si dedichi alla filantropia e non escludo affatto che le due pratiche possano viaggiare di pari passo. Ho l’impressione che qualcuno reputi un’azione indegna d’essere compiuta se quest’ultima non presenti alcuna possibilità di raggiungere la considerazione altrui. Io nego sempre l’idea che la mia persona possa risultare gradevole o addirittura interessante benché la realtà non sia così netta, ma questo approccio mi permette più facilmente di non forzare né viziare (perlomeno coscientemente) i miei comportamenti affinché combacino con la simpatia degli estranei o dei conoscenti. Cerco di pormi al di là delle formalità e talvolta mi vedo un po’ irruento, volgare, inopportuno, irriverente, insolente, troppo distaccato o eccessivamente aperto, ma credo che questa maleducazione apparente sia un prezzo ragionevole da pagare per salvare il salvabile in termini di autenticità. D’altronde sto attento anche alla attenzioni che riservo ai miei gesti e cerco d’evitare che s’incanalino in automatismi difensivi. Voglio stare tra due forze contrarie, senza (di)pendere troppo da una parte o dall’altra.
Credo che la suggestione sia la più grande nemica di un comportamento sincero e la trovo un’avversaria abile poiché la sua forma cambia di persona in persona, di circostanza in circostanza. Non credo che la confidenza riduca l’incidenza dei gesti manierati, anzi, suppongo che in alcuni casi possa provocarne una cristallizzazione e difatti mi è capitato più d’una volta di percepire dei discorsi artefatti in un gruppo apparentemente affiatato di persone. Ovviare a tutto questo comporta la necessità di mantenere una certa soglia di attenzione e talvolta, quando la stanchezza è troppa, mi permetto di delegare la comunicazione a delle reazioni quasi meccaniche di cui le frasi di circostanza sono un ottimo esempio.

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7
Ago

Verso altrove

Pubblicato sabato 7 Agosto 2010 alle 16:33 da Francesco

Su queste pagine come nel mio secondo scritto, a ogni errore cerco di presentare una bella correzione e non nego affatto che anche a me piacerebbe essere uno sbaglio da sistemare. La solitudine notturna ha un sapore particolare, molto dolce, e nel mio caso presenta di rado un retrogusto amaro. Mi piace ascoltare grandi dischi nelle ore piccole mentre scrivo di me in mia presenza. Faccio compagnia alle parole, specialmente a quelle più brevi che subiscono gravi traumi a seguito degli utilizzi impropri da parte di terzi. Il futuro non lo progetto né lo rigetto. Qualcuno crede che il mio arsenale emotivo non esista, un po’ come quello iracheno che secondo l’opinione pretestuosa di taluni avrebbe dovuto contenere armi di distruzione di massa, ma io custodisco davvero una santabarbara di affettività inespressa da cui, all’uopo, sarò pronto ad attingere. Di sicuro i parallelismi tra la terminologia militare e quella emotiva non contribuiscono a dare di me un’immagine meno fredda, ma non ho i mezzi né la necessità di procurarmi un ufficio stampa. Per qualcuno l’istinto è una bestia feroce, nella vita di qualcun altro invece svolge le funzioni di un cane per ciechi, ma per me è soltanto un ermellino simpatico che non intendo consegnare alla prima pellicceria.
Ho raggranellato qualche palanca e dunque posso già iniziare a muovere l’indice destro sul planisfero per scegliere la destinazione del mio prossimo viaggio. Credevo che l’anno venturo non sarei potuto partire per questioni monetarie, ma a quanto pare le coincidenze mi vogliono altrove, almeno per un mesetto. Ho già in mente la mia prossima destinazione, ma resto aperto a qualsiasi proposta estemporanea dell’intelletto. Potrei anche optare per una piccola impresa in solitaria o con qualcun altro, ma non ho ancora le idee chiare. Se dovessi capitare in una nazione peninsulare mi piacerebbe percorrere almeno una sua costa in bicicletta.

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4
Ago

Tra realtà e finzione scenica

Pubblicato mercoledì 4 Agosto 2010 alle 17:14 da Francesco

Nell’ultima settimana ho trascurato la correzione del mio secondo libro per dedicarmi all’attività fisica e ad altre partecipazioni come comparsa in una fiction mediocre della RAI di cui, per altro, ho pubblicato alcune foto in un breve appunto dello scorso mese. Ieri, prima di andare sul set, ho dimenticato di applicare un po’ di crema protettiva al mio volto e alla fine della giornata mi sono ritrovato con un viso completamente rosso. Mi duole la fronte, ma questo è il prezzo ustionante della mia disattenzione. Finora ho lavorato come comparsa sette volte e mi sono sempre divertito. La retribuzione è buona per lo scarso sforzo che devo profondere. Qualche volta tra una scena e l’altra i tempi morti sono piuttosto lunghi, ma si prestano a farsi riempire con una sana goliardia e un cazzeggio vigoroso che né io né i miei colleghi ci facciamo mai mancare. È un’esperienza simpatica e piacevole che spero di ripetere per aggiungere ulteriori fondi ai miei viaggi futuri.
Sono venale nella misura in cui l’ausilio del lucro risulti indispensabile per un progetto di più ampio respiro, ma non inseguo il denaro con ogni mezzo disponibile e di conseguenza non mi sarei mai potuto aggregare al trio di rapinatori che ieri pomeriggio ha provato a svaligiare una banca di Capalbio Scalo. La stampa locale ha descritto con toni sensazionalistici la rapina alla filiale del Monte dei Paschi di Siena, ma da quanto ho capito i tre criminali sono stati fermati dopo una breve ricerca che è stata inframmezzata da qualche conflitto a fuoco.
Sul set vesto i panni di un poliziotto della scientifica, tuttavia non ho battute da dire e agisco sempre sullo sfondo dell’inquadratura principale. Il mio ruolo mi ha permesso di conoscere alcuni poliziotti veri e un carabiniere del mio comune; proprio a quest’ultimo, il giorno precedente al fatto succitato, avevo domandato: “Hai mai dovuto esplodere qualche colpo?”. A proposito di delinquenza devo annotare il ritorno di Bogdan a Orbetello. Non vedevo il rumeno da qualche anno e non lo sentivo da parecchio tempo, ma quando l’ho incontrato alla stazione ferroviaria mi ha raccontato un po’ degli otto mesi che ha trascorso in una prigione tedesca per aver provato a clonare alcune carte di credito assieme ad altri dilettanti come lui. Mi ha detto che la prigionia non è stata proprio male poiché riceveva dei pasti abbondanti e poteva svolgere diverse attività, tuttavia faceva fatica a reggere dal punto di vista mentale e secondo lui sarebbe impazzito se fosse rimasto ancora qualche mese là dentro.
Forse mi potrei proporre alla giustizia per vivere un’esperienza carceraria, ma immagino che in Italia per farmi aprire i cancelli di una prigione dovrei quantomeno attentare alla vita del Presidente della Repubblica. In ogni caso, qualora intendessi davvero entrare nel club dei pregiudicati, potrei recarmi da un avvocato per sfogliare le pene previste dal Codice Penale a mo’ di Postalmarket e scegliere quella più adatta alle mie esigenze detentive; il costo? Ampie porzioni di coscienza.

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1
Ago

Qualche titolo

Pubblicato domenica 1 Agosto 2010 alle 07:39 da Francesco

Ogni tanto mi piace appuntare e persino condividere le mie impressioni su alcuni dischi. Un elenco completo mi richiederebbe troppo tempo e inoltre risulterebbe dispersivo, però qualche titolo con annesso parere posso offrirlo a queste pagine.

Quarto Tempo è un disco di Roberto Cacciapaglia che ho scoperto qualche mese fa. Si tratta di un album strumentale che trovo molto evocativo. Il pianoforte del compositore meneghino si snoda per dodici tracce e secondo la mia modesta opinione tocca il suo punto più alto in “Nuvole di Luce”. Questo disco lo considero adatto per rilassarmi o per accompagnare quelle riflessioni che non hanno bisogno di un silenzio completo. C’è qualcosa nello stile di Cacciapaglia che mi ricorda un po’ Keith Jarrett in “Sacred Hymns” e probabilmente quest’impressione è dovuta al fatto che entrambi nutrono interesse per la figura di Gurdjieff.

Stationary Traveller è l’album dei Camel che preferisco ed è anche uno tra i dischi che apprezzo di più nell’ambito del progressive rock. Il punto più esaltante per me è la title track, una delle quattro tracce strumentali che si trovano in quest’album di dieci pezzi; in particolare mi entusiasma l’ingresso della chitarra di Andy Latimer verso il terzo minuto del brano succitato. Credo che sia un disco abbastanza orecchiabile e mi rendo conto che possa indurre qualche purista del genere a storcere un po’ il naso, ma per me resta un grande album.

The Rise and Fall of Manuel Noriega è un insieme di quattordici tracce che tocca vari sottogeneri della musica elettronica. Questo è un album prettamente strumentale che offre atmosfere cupe ed evoca la figura dell’ex dittatore panamense dalla copertina fino all’ultima nota. L’autore è un olandese, tale Legowelt del quale non ho mai ascoltato altre produzioni. Reputo “Avianca” il manifesto sonoro dell’intero disco.

Time to be King è l’ultimo sforzo dei Masterplan che si ripropongono al pubblico con una formazione coriacea. Il ritorno di Jorn Lande alla voce mi ha spinto ad ascoltare l’album in questione e già dalle prime tracce ho dipanato ogni dubbio sulla qualità del lavoro in studio. Non è un disco prolisso, ma lo trovo molto intenso e robusto. Secondo me il power metal dei Masterplan sfugge un po’ ai canoni moderni del genere, ma non suona affatto vetusto. Un disco esaltante, adatto tra l’altro per l’allenamento pesistico quanto per quello podistico.

Season of the Assassin è il debutto di Vinnie Paz benché egli sia un veterano nell’hip hop e abbia già sfornato diversi capolavori assieme a Stoupe nei Jedi Mind Tricks. Adoro il flow del rapper statunitense e anche una buona parte delle basi di cui si avvale per i ventuno pezzi del suo disco. È un album recente e gode di un’ottima produzione. Per quanto mi riguarda, trovo che quasi tutte le collaborazioni siano azzeccate, in particolare quella con Shara Worden, quella con Ill Bill e Demoz e, ovviamente, quella con il buon vecchio R.A. the Rugged Man che non mi delude mai.

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28
Lug

Equilibrio e coordinazione

Pubblicato mercoledì 28 Luglio 2010 alle 11:07 da Francesco

Ho imparato a palleggiare per mimesi. Nel corso dell’ultimo anno la mia tecnica ha mostrato lievi segni di miglioramento. Non ambisco a diventare un freestyler, non sono un giocatore e neanche tifo per una squadra, perciò l’unico legame che ho con il calcio riguarda il controllo della palla. Come ho già scritto in passato, io considero il palleggio calcistico alla stregua di un esercizio yoga e me ne avvalgo per affiancare una controparte fisica al mio equilibrio interiore.
Ogni tanto partecipo a qualche partita di calcio a cinque e spesso mi diverto, ma non sono un granché in campo e d’altronde un gioco di squadra non è proprio nelle mie corde. Il calcio lo seguo senza trasporto e mi fanno ridere tutti quei babbei che hanno bisogno di identificarsi nei colori di una società sportiva per sentirsi parte di qualcosa. Trovo che la violenza negli stadi sia catartica e l’approvo fintantoché non procuri morti né feriti gravi, ma allo stesso tempo la reputo comica poiché spinge le persone a compromettersi per degli atleti che percepiscono compensi faraonici. Anche la passione per il calcio aiuta i più deboli a sopportare la solitudine e difatti non è raro che si mischi con la politica. A me piacciono soltanto i gesti tecnici, le grandi giocate e le dimostrazioni atletiche, tuttavia quando l’Italia perde le partite ne sono contento perché i successi della nazionale di calcio esaltano la mediocrità e di conseguenza, per istinto di conservazione, auguro sempre le peggiori sconfitte agli azzurri. Probabilmente gli spettacoli più belli mi sono stati regalati da Roberto Baggio e Zinédine Zidane. Oggi oltre al solito Franck Ribéry, ammiro Javier Zanetti per la sua abnegazione, Arjen Robben per le sue capacità atletiche e tecniche, Giuseppe Mascara e Keisuke Honda per la fantasia, Mario Balotelli per la potenza ed Emanuel Pogatetz per ricordarmi sempre di comprare più carne rossa dal macellaio.

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27
Lug

Dieci massime per una nenia

Pubblicato martedì 27 Luglio 2010 alle 08:51 da Francesco

Certe volte mi trovo proprio buffo e mi derido senza cattiveria. Sono così preso da me stesso che dovrei denunciarmi per molestie. Qualche volta un calo dell’attenzione mi fa inciampare nella bottega di sculture introspettive che gestisco a tempo perso. Di solito le opinioni altrui non influenzano le mie scelte, però alcune offrono degli spunti interessanti e ce ne sono altre, piuttosto rare, la cui brillantezza può persino illuminarmi. Non sono un razzista, perciò cerco di ammettere anche i torti e le loro spose: le scuse. Al momento non ho nulla da farmi perdonare e neanch’io ho questioni aperte che possano essere chiuse con un atto di clemenza da parte mia. Se fossi cristiano potrei aspirare a un posto in purgatorio con vista sull’inferno. Se avessi un pargoletto non gli leggerei mai le favole dei fratelli Grimm, bensì mi affaccerei sulla sua culla con un’espressione sardonica per recitare qualche aforisma da “Sillogismi dell’amarezza” di Cioran.
Il primo mi suona come una verità concisa: “Nessuno può vegliare sulla propria solitudine se non sa rendersi odioso”.
Il secondo trova conferma nella mia esperienza personale: “Si scopre un sapore ai propri giorni soltanto quando ci si sottrae all’obbligo di avere un destino”.
Il terzo descrive una delle mie personalità passate: “Ancor più che una reazione di difesa, la timidezza è una tecnica, indefinitamente perfezionata dalla megalomania degli incompresi”.
Il quarto l’adoro per la sua forza espressiva: “La leucemia è il giardino in cui fiorisce Dio”.
Il quinto non mi stancherei mai di leggerlo: “A che pro disfarsi di Dio per ricadere in sé stessi? A che pro questa sostituzione di carogne?”.
Il sesto mi commuove: “In questo universo provvisorio, i nostri assiomi hanno soltanto un valore di cronaca”.
Il settimo lo condivido pienamente: “Niente inaridisce una mente quanto la ripugnanza a concepire idee oscure”.
L’ottavo per me è un inno alla gioia sotto mentite spoglie: “Mescolanza di anatomia e di estasi, apoteosi dell’insolubile, alimento ideale per la bulimia della delusione, l’Amore ci guida verso bassifondi di gloria…”.
Il nono si commenta da sé: “L’uomo secerne disastro”.
Il decimo lo sento mio, ma non in chiave pessimista: “Vago attraverso i giorni come una puttana in un mondo senza marciapiedi”.
Buona notte piccolo, dormi bene.

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24
Lug

La febbre del sabato sera

Pubblicato sabato 24 Luglio 2010 alle 19:53 da Francesco

Circa un anno fa, un conoscente di vecchia data mi offrì un ingresso gratuito per una discoteca rinomata in cui egli si doveva recare e io accettai di unirmi a lui nel suo impegno serale poiché fatta eccezione per la droga, la religione, il sesso occasionale e buona parte della musica italiana, sono aperto a nuove esperienze. Mi recai presso la sua dimora e un cane piuttosto brutto mi accolse con timidi abbai. Dopo qualche minuto partimmo con la sua auto alla volta di Castiglione della Pescaia e già le melodie melense della sua autoradio composero le prime avvisaglie di ciò che sarebbe avvenuto in seguito. Entrammo nel locale e il padre del mio conoscente mi offrì dei buoni per le consumazioni che io lasciai nelle sue mani in quanto sono felicemente astemio. Ci accomodammo nel privé che era destinato a noi e ad altri loschi figuri di cui non mi era stata annunciata la presenza. Dopo un’ora giunsero un uomo di mezz’età, due ragazzi e quattro figlie dell’Est che come le cronache locali dimostrarono dopo qualche mese non erano di certo in Italia per studiare il Rinascimento, sebbene s’impegnassero a resuscitare gli istinti sopiti nei suini bipedi. Insomma, il privé si popolò con questi futuri conoscenti della buoncostume. La pista da ballo cominciò a riempirsi e anche le peripatetiche portarono i loro movimenti fuori tempo in quell’agorà di filosofi mancati. Io restai stravaccato su una poltrona e assistetti impassibile a quello spettacolo pietoso.
Il mio conoscente s’era dato alla macchia già da un po’ e dunque non potevo andarmene, a meno di non farmi sessanta chilometri a piedi, tuttavia per me era come se egli fosse presente in quanto ne maledivo a ritroso la genia, dal presente fino all’impero di Giustiniano e viceversa, più o meno. Mi annoiava tutta quella insicurezza stucchevole che provava a darsi una parvenza di svago. Il divertimento mi sembrava forzato, come un secondo lavoro con cui pagare l’affitto di un autoinganno. Oltre a tutto questo, il locale era pervaso da una selezione musicale di merda che veniva inframmezzata dalle frasi demenziali di un dj inetto. Tranne un paio di ragazzi, probabilmente avvezzi alla danza, gli altri presenti si dilettavano in un ballo tribale che pareva a metà tra le televendite di Giorgio Mastrota e le convulsioni di un epilettico.
Ovviamente non credo che occorra essere dei ballerini per recarsi in una discoteca a trascorrere una serata allegra e senza pretese, ma allo stesso tempo non riesco proprio a capire in quale pertugio si nasconda il divertimento di pagare per muoversi a cazzo di cane, manco fosse un pogo o un baccanale.
Insomma, fu proprio una grande rottura di coglioni che mi augurai di non ripetere senza un buon motivo e resi partecipe il mio conoscente delle impressioni che avevo raccolto nel locale di suo padre. Non so se le discoteche siano tutte così, altrimenti sarei portato a sospettare che vi sia più trasgressione ed euforia genuina in un reparto di geriatria. Ritengo che tali luoghi di aggregazione siano più che altro dei crocevia ove viandanti di ogni età, sesso e razza si ritrovano a mercanteggiare le loro solitudini per qualche malattia venerea, ma questa è soltanto una mia trascurabile impressione.

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23
Lug

For those who fight alone vol. 2

Pubblicato venerdì 23 Luglio 2010 alle 10:51 da Francesco

La seconda compilation dedicata all’allenamento pesistico l’ho realizzata all’insegna del death metal (con un pizzico di black metal) e ho scelto pezzi più o meno leggendari per creare un mix efficace ai fini del workout. Ovviamente questa raccolta non si presta a quelle orecchie che siano abituate alle canzoncine ribelli e falsamente impegnate, tanto care alla radiofonia italiana e alla mafia discografica. Dunque, il pezzo più alto di questa compilation per me è “Bite the Pain” dei Death in cui il songwriting e la voce dello scomparso Schuldiner riescono ancora a provocarmi un certo formicolio dietro la schiena (in realtà tutto “The Sound of Perseverance” mi fa questo effetto). Un altro pezzo celebre è quello degli At The Gates e, mutatis mutandis, anche “Absence of War” degli Impaled Nazarene è un cult.  Ho chiuso la raccolta con la cover di “The Final Countdown” degli Europe a opera dei Norther che in veste death metal riesce nell’arduo e duplice compito di non imbarazzarmi e di galvanizzarmi. Qualche parola in più però la devo spendere sugli Arch Enemy e in particolare sulla voce femminile del gruppo.
Penso che a molti capiti di identificare per gioco e con un po’ di spensierata leggerezza il partner dei propri sogni in un personaggio più o meno noto e per quanto mi riguarda è Angela Gossow la mia donna ideale. Costei, bionda, giunonica e teutonica valchiria, ha una tecnica vocale che molti dei suoi colleghi maschi si sognano e il suo growl si sposa perfettamente con i virtuosismi dei fratelli Amott, inoltre dalle interviste traspare una persona ironica e con una voce naturale che adoro oltremodo.  Lei nel ritornello di “Nemesis” mi manda in estasi; cazzo, una cosa assurda, esaltazione massima.  Altre cantanti hanno provato a seguire le sue orme, ma per adesso non c’è nessuna che mi entusiasmi altrettanto. Quando ascolto gli Arch Enemy e penso alla figura che sprigiona la potenza di quelle grandiose linee vocali, io riesco a caricarmi. Un po’ di tempo fa, altrove, scrissi ironicamente: “Se dev’essere, allora sia almeno una come la Gossow, sennò non ne vale la pena”. Questa per me è la tanto amata kalokagathia. Comunque negli Arch Enemy adoro tutto: dalla parte ritmica agli assoli. Una band stellare per i miei gusti.

  1. Arch Enemy – The Day You Died
  2. Arch Enemy – Nemesis
  3. At The Gates – Blinded By Fear
  4. Death – Bite the Pain
  5. Eluveitie – Inis Mona
  6. Immortal – In My Kingdom Cold
  7. Impaled Nazarene – Absence of War
  8. Into Eternity – Severe Emotional Distress
  9. Into Eternity – Suspension of Disbelief
  10. Into Eternity – Out
  11. Nightrage – Reconcile
  12. Nightrage – Spiral
  13. Nightrage – Spiritual Impulse
  14. Norther – Final Countdown (Europe cover)
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22
Lug

Bonaccia dentro, bonaccia fuori

Pubblicato giovedì 22 Luglio 2010 alle 11:08 da Francesco

Ieri mi sono donato nuovamente al mare dell’Argentario per tutto il pomeriggio. È passato quasi un lustro dal giorno in cui mi risolsi ad attraversare in solitaria un breve tratto di mare per sconfiggere la paura dell’acqua alta che avevo ereditato dalla mia mamma. Ricordo ancora quella mattina di quattro anni fa e la grande liberazione che raccolsi nella sua ora più calda. Quella nuotata catartica fu una delle prime conseguenze pratiche della mia introspezione.
Quando sono in acqua mi sento avvolto da una forma particolare di dolcezza e subentra in me una vivacità quasi infantile benché i movimenti dei mie arti inferiori e le mie bracciate non siano affatto scomposti. Di tanto in tanto, con un’immersione rapida, mi trovo a provocare una diaspora subacquea in qualche banco di pesci che abbia avuto la sventura di capitare nel mio raggio visivo. Altre volte eseguo una compensazione approssimativa per lambire il fondale e farmi accarezzare dalle correnti fredde, ma alla fine riemergo sempre e una volta in superficie espello con decisione l’acqua dal boccaglio. Per me non è difficile trovare scogli appartati da cui cominciare le mie sessioni di snorkeling e mi diverto a raggiungere questi punti un po’ scomodi. La costa frastagliata dell’Argentario combacia perfettamente con la forma regolare del mio stato d’animo. A me non piace abbronzarmi e cerco di salvaguardare la mia cute, ma incontro sempre qualche difficoltà a mettermi la crema protettiva e puntualmente per spalmarla bene dietro la schiena devo improvvisarmi contorsionista. Di solito una doccia serale conclude il mio contatto con l’acqua e mi fa apprezzare quest’ultima al di là della sua indispensabilità.

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21
Lug

Compimento

Pubblicato mercoledì 21 Luglio 2010 alle 10:35 da Francesco

Ho terminato la stesura de “L’atea verginità, la beata verginità” e mi accingo a ripetere qualche parola che ho già annotato qua sopra meno di un mese fa. Vorrei che ‘sto cazzo mi scrivesse un’introduzione, però non riesco a trovarlo e mi vedrò costretto a rintracciarlo sul cercapersone per chiedergli codesta cortesia. Devo ancora rileggere lo scritto qualche volta per correggere gli eventuali errori di battitura e poi ne farò stampare almeno dieci copie da spedire alle case editrici. Il mio stile nel corso del tempo si è ispessito abbastanza da declassare la mia opera prima a un esercizio letterario. Questa volta nella bozza non ravviso sbavature né imperfezioni e proprio in ragione di ciò mi permetto di sottoporla al mercato editoriale, tuttavia non mi attendo responsi positivi. Io propongo una visione della verginità che esula dalle connotazioni religiose, pedagogiche e nevrotiche in cui viene solitamente inquadrata e suppongo che un approccio del genere sia inedito, inoltre trae la sua forza dalla mia esperienza personale e dunque non è semplicemente un ammasso di speculazioni immaginarie. Quanto ho scritto nelle centocinque pagine del testo si presta all’identificazione, tuttavia non lo reputo di facile emulazione. Sono riuscito a conferire un carattere virile alla verginità, tanto sulle pagine bianche quanto nella vita, ed è questo l’unico merito che può essermi riconosciuto. Certo, non finirò nelle antologie scolastiche grazie alle mie dissertazioni sulle seghe, ma almeno un posto temporaneo nel cestino di un editore non me lo toglierà nessuno. Conosco la qualità del mio scritto e credo che sia passibile di sottovalutazione e sopravvalutazione in egual misura. Per adesso non ho intenzione di cominciare un terzo libro e non escludo che questo secondo sforzo possa essere l’ultimo. Trascorreranno mesi prima d’una improbabile risposta e avrò tutto il tempo per cacciare un nuovo ratto che si è introdotto nella mia magione. Ti prenderò figlio di puttana, a costo di chiamare in causa l’aeronautica italiana e attenderla sul tetto per farmi bombardare.

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