10
Mar

Archivio onirico: sogno n. 4, sogno n. 5 e sogno n. 6

Pubblicato giovedì 10 Marzo 2011 alle 11:43 da Francesco

Finalmente sono riuscito a racimolare qualche ricordo onirico. Se io avessi le giuste conoscenze assumerei un satiro come cronista per le attività cerebrali che si tengono in pompa magna durante le ore di sonno.

Sogno n.4

Ricordo molti fogli carbonizzati (come se non fossero stati di carta) che volteggiavano in aria e piano piano si adagiavano su un giardino verdissimo. Il contrasto tra il colore dei fogli e il cielo terso fu molto forte.

Sogno n. 5

Uscii velocemente di casa, ma davanti a me trovai una strada bloccata da un’auto strana, cromata e lunghissima. Facendo attenzione riuscii ad aggirare l’ostacolo senza finire nel fosso che correva parallelo alla strada. Dietro di me giunse un’auto simile ad una dune buggy che d’un tratto ebbe un cedimento strutturale. Mi fermai per parlare con il conducente del veicolo incidentato e all’improvviso giunsero altri individui, ma tutti si preoccuparono di protestare contro l’auto che avevo aggirato e anche il guidatore a cui volevo prestare soccorso era più interessato alla causa comune che al suo mezzo.
All’improvviso ci girammo tutti verso l’auto che era oggetto delle invettive, ma era sparita. Il proprietario ci invitò nella sua grande magione e tutti ci sedemmo sotto dei gazebo bianchi, su sedie di bambù molto eleganti che circondavano tavolini di legno dalla forma circolare. L’umore collettivo mutò improvvisamente e parve che ognuno, me compreso, sapesse da sempre che prima o poi sarebbe stato invitato a quel pomeriggio mondano.

Sogno n. 6

In questo sogno mi ritrovai a parlare con Stephania e, malgrado un po’ di ritrosia, lei accettò di venire con me su un monte, presso un punto di ritrovo che assomigliava ad una grande baia. Per il viaggio mi vidi trainare un risciò su cui sedeva la ragazza. Le parlai a lungo durante il percorso senza che lei aprisse bocca e all’arrivo, dopo svariati tornanti in salita, mi voltai e mi accorsi che ella non c’era più. Feci il percorso a ritroso e all’improvviso giunsi in una stanza. Sopra un mobile vidi la chiave di casa e il mio telefono. Accesi il cellulare e notai un messaggio vocale che Stephania aveva registrato, tuttavia mi apparvero davanti agli occhi numerose scritte di grandezza variabile e la seguente è l’unica che mi è rimasta impressa: “Tu vuoi creare solo rapporti idilliaci”. Infine mi trovai davanti ad una banca nei pressi di un lungomare e qui scesi dall’auto per leggere un cartello che aveva richiamato la mia attenzione benché non contenesse un messaggio per me come invece avevo intuito in un primo momento.

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9
Mar

La mimosa e la fregna

Pubblicato mercoledì 9 Marzo 2011 alle 19:58 da Francesco

Anzitutto devo rivolgere un augurio di pronta guarigione a tutte le donne che sono allergiche al polline della mimosa. L’otto marzo è un ottimo banco di prova per le battute misogine e anche per il buonismo. Mi fanno tenerezza gli uomini che cercano di ridimensionare le donne in base a schemi anacronistici, ma parimenti suscitano in me la stessa reazione quelle donne che entrano in competizione con gli uomini con l’obiettivo di mascolinizzarsi per dimostrare qualcosa all’altro sesso. Non mi sorprende affatto che le quote rose scarseggino in Italia come in altre parti del mondo, ma d’altronde, nella mia nazione, spesso la donna è stata relegata o ha accondisceso a farsi confinare in un ruolo sottomesso, e credo che questa tradizione vada imputata in larga parte al cattolicesimo e ad altri accrocchi confessionali del genere, in quanto rei d’aver veicolato e radicato nella cultura sociale idee cotanto primitive.
Qualcuno sostiene che le nuove generazioni abbiano travisato le battaglie femministe, però io non capisco proprio cosa ci sia di male nella libertà sessuale e nell’uso del proprio corpo come fonte di guadagno, almeno finché risulti possibile, tuttavia la gerontofilia in questo senso offre al meretricio un certo grado di longevità! Ad ogni modo ritengo  che una donna debba essere libera di fare la puttana, a patto che non venga forzata (precisazione pleonastica, però in questo caso melius abundare quam deficere) e che la sua attività non danneggi la collettività.
Insomma, se il premier italiano fosse ricorso ai servizi di alcune zoccole maggiorenni e le avesse pagate di tasca propria (e dunque non con posti di potere o assunzioni in enti pubblici) allora gli avrei potuto imputare soltanto di pensare più alla sua cappella che al resto del paese, ma pare piuttosto evidente che alcune mignotte siedano su determinati scranni senza motivi apparenti. Se le baldracche fossero brave a guidare una nazione riceverebbero sicuramente il mio voto (anch’esso ancora vergine) e ciò dimostra che non ho nulla contro le peripatetiche, a differenza di certe donne che s’indignano con vampate di cattolicesimo di cui forse neanche s’accorgono. Mi sembra paradossale che debba essere proprio un ragazzo vergine a scrivere cose talmente banali, ma in Italia è piuttosto diffuso un atteggiamento manicheo verso ogni questione e per certuni è altamente impensabile riuscire a immedesimarsi (o quantomeno provarci) nei panni di individui che distano anni luce dal proprio modo di vivere. In altre parole, alla radice di tanti mali italiani c’è sempre una povertà culturale di cui le prostitute di strada o d’alto borgo non hanno colpe, bensì ne hanno i porporati e chiunque si presenti ai comizi con lo stesso crocefisso che è solito portarsi dietro nelle case chiuse.

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3
Mar

Opera omnia

Pubblicato giovedì 3 Marzo 2011 alle 21:21 da Francesco

Finalmente sono riuscito a svincolarmi dalla casa editrice che avrebbe dovuto pubblicare il mio secondo libro. Cercherò di distribuire “L’atea verginità, la beata verginità” sia come e-book che in formato cartaceo attraverso un servizio di print on demand. Non mi aspetto grandi risultati né d’altronde vi ambisco, ma voglio che le mie unità di memoria non abbiano più l’esclusiva sul mio materiale. Probabilmente all’inizio di aprile renderò disponibile il testo suddetto, ma intanto ripropongo su queste pagine (alle quali l’avevo sottratto) il mio esordio, seppur con un editing migliore e un’altra copertina: La masturbazione salvifica: diario agiografico di un onanista.
Non sono molto legato al primo libro e già in altri appunti ho sottolineato il carattere obsoleto dello scritto, tuttavia nelle note alla seconda edizione ne ho ribadito i limiti per l’ennesima volta.
Per adesso il file è in formato PDF, però nei prossimi giorni cercherò di creare altre copie con estensioni  specifiche per i lettori di e-book ed eventualmente aggiornerò questo post.

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27
Feb

Morte e ramen

Pubblicato domenica 27 Febbraio 2011 alle 20:15 da Francesco

Ieri, tra le mura medicee di Grosseto, ho scoperto un negozio di cibo etnico in cui non ho esitato a comprare alcune delizie. Mi sono portato a casa un po’ di ramen e me lo sono preparato per il pranzo d’oggi e per quell’altro pasto della giornata che solitamente si consuma durante la sera. Devo proprio risolvermi a fare una scorta di ramen: in questo caso l’imperativo è d’obbligo.
Nel circo mediatico oltre agli elefanti e alle puttane tirano molto anche i morti. Gli indici d’ascolto si alzano come in un’erezione al cospetto dei cadaveri, difatti la morbosità diffusa costituisce una necrofilia platonica. Quando la carne viene meno e lo spettacolo sembra finito, c’è sempre qualche virtuoso del cattivo gusto che riesce immancabilmente a sfregiare finanche la memoria. Avvezzi alla violenza, alla prevaricazione, ma sempre al soldo delle loro insicurezze, un numero consistente di miei simili si diletta a esorcizzare le paure con l’infantilismo dei bambini, tuttavia senza avere più a disposizione la cattiveria innocente che ricorre spesso nei fanciulli. A me pare che a molte persone piaccia stringersi attorno ai lutti per adoperare il proprio dolore o quello di estranei come collante emotivo. Talvolta la solidarietà veicola aspetti meno nobili e altrettanto essenziali per il quieto vivere. Un raduno di motociclisti non è poi tanto diverso da una veglia funebre. Gli usi e i costumi sono sempre più raffinati, il pudore rasenta l’ipocrisia e la condotta si modella su schemi canonici, ma c’è sempre un fondo primitivo alla dipartita di un essere umano come al suo arrivo. Dall’efferatezza alla commozione mi pare che ancora sia difficile svincolarsi dagli istinti e dai retaggi comportamentali per muoversi in regioni più alte del pensiero. Ci provo.

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24
Feb

Tra cielo e mare

Pubblicato giovedì 24 Febbraio 2011 alle 14:04 da Francesco

La tramontana non accarezza, bensì scartavetra i sensi e spira senza posa. Le distanze creano illusioni ottiche. L’orizzonte pare sempre così netto e irraggiungibile al punto che si maschera facilmente con l’idea d’infinito e altrettanto semplicemente tende a tingersi d’eternità per occhi perituri, in un pianeta perituro. Le espressioni più maestose e terse degli elementi mi inducono spesso a carezzare la mia transitorietà. Oggi sono così, domani forse lo sarò di nuovo, però un giorno non lo sarò più e infine non sarò più. Queste paroline non vanno trascritte sul registro dei morti perché brillano di luce propria, ma ci sarà sempre qualcuno che vi proietterà le sue ombre e me le attribuirà. Malgrado piccole grane, cose di poco conto, la mia vita procede bene.

Mi sto riappropriando dello smalto che ho perso in Giappone. Provo buone sensazioni e ogni giorno mi sento meglio. Prima o poi forse avrò il dispiacere di provare uno strappo all’inguine a causa degli esercizi di estensione a cui mi dedico per vincere la sfida dello yeop chagi. Assumere quella posizione non è affatto facile e ogni volta che ci provo ne ricavo fitte intense. Forse non mi sto allenando nel modo corretto per raggiungere l’obiettivo, però non ho a disposizione un maestro di taekwondo a cui chiedere delucidazioni. Cercherò di documentarmi maggiormente a riguardo della disciplina dalla quale voglio attingere, seppur limitatamente a ciò che mi occorre.
I falsi allarmi di primavera m’invitano a leggere in luoghi ameni e io di rado disattendo queste convocazioni. Gli scampoli dell’inverno assomigliano agli scolari durante gli ultimi giorni di scuola. Tempo al tempo, presto tornerò come prima e mi supererò: i miei orizzonti sono tangibili.

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22
Feb

Storia e utopia

Pubblicato martedì 22 Febbraio 2011 alle 12:23 da Francesco

Le insurrezioni nordafricane degli ultimi tempi mi fanno pensare ad una versione modificata di quella che fu l’Operazione Condor in America latina. Non sono un dietrologo né un complottista, però ogni tanto certe associazioni d’idee sorgono in me spontaneamente. Trovo buffa la goffaggine di certi politici europei che non riescono ad assumere una posizione ferma contro i dittatori che fanno loro comodo. Forse la colpa di Mahmoud Ahmadinejad è quella di capeggiare l’Iran invece di uno stato del Maghreb o di un’altra nazione nei pressi di quest’ultimo, altrimenti dubito che le voci di condanna al suo operato sarebbero state vibrate come lo sono state in passato; forse persino le minacce ad Israele gli sarebbero state scusate nelle circostanze ipotetiche succitate. Proprio in questi giorni sto leggendo “Storia e utopia” di Emil Cioran. Un libro intenso di quasi centosessanta pagine in cui il saggista rumeno dà visioni particolari della democrazia, del liberalismo, della tirannide e dei suoi interpreti. Lo stile è talmente potente e caustico che quasi sorvolo i contenuti per concentrarmi sulla forma. Condivido soltanto una piccola parte di quanto è scritto in “Storia e utopia”, ma se la discordanza d’idee fosse il prezzo da pagare per leggere opere del genere, allora sarei sempre ben felice di non sposare mai i concetti che mi passano sotto gli occhi. Un’analisi talmente lucida, in cui si fondono tematiche in apparenza molto distanti tra loro, un testo illuminante seppur diverso in modo insanabile dalla mia forma mentis: insomma, raramente mi è capitato d’immergermi in un’alchimia così riuscita.

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20
Feb

È ufficiale

Pubblicato domenica 20 Febbraio 2011 alle 08:27 da Francesco

Odio profondamente i refusi, specialmente i miei. Vorrei che la disattenzione si suicidasse.

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18
Feb

Questioni editoriali

Pubblicato venerdì 18 Febbraio 2011 alle 19:05 da Francesco

Tra me e la mia casa editrice c’è una questione insoluta legata alla SIAE, un ente che secondo me dovrebbe scomparire assieme ai suoi fautori. Probabilmente questo bracco di ferro finirà con la risoluzione del contratto, senza tarallucci né vino di cui non sentirò certo la mancanza poiché in questo periodo non tocco dolciumi e sono astemio: al massimo potrei usare il vassoio come corpo contundente. Ho ventisei anni e mi sento appagato. Su di me non c’è nessuno che possa fare leva sul narcisismo artistico poiché quest’ultimo io non lo conosco, tuttavia quando sono in forma devo ammettere che pratico l’autocompiacimento davanti allo specchio ed è questo che io voglio riprendermi dopo il soggiorno nipponico. A me non frega una beneamata minchia di pubblicare a tutti i costi il mio secondo libro.
Qualche mese fa ho deciso di confrontarmi con l’editoria italiana poiché ritenevo che fosse un atto dovuto verso la mia scrittura, ma non mi aspettavo nulla pur riconoscendo al mio scritto un certo valore. Non ho bisogno di critici per valutare il mio operato e difatti ho evitato di spedire il mio primo libro in giro per l’Italia poiché non soddisfaceva i miei canoni. Ovviamente mi sarebbe piaciuto avere le spalle coperte da una casa editrice e fruire della possibilità di fare lo scrittore. La vita è fatta anche di rinunce, ma le mie sono poca cosa rispetto a quelle di tanti altri. C’è chi immola la propria felicità per pagarsi un abbonamento vitalizio al senso del dramma e vivere in base alle scelte che altri hanno preso per lui. Come la stragrande maggioranza delle persone io non sono completamente libero, però lo sono in larga misura dalle catene che potrei impormi e questo è un privilegio tale che per taluni risulta addirittura inconcepibile. Probabilmente non sarò mai nessuno e nessuno mai mi farà la cortesia d’aprirmi il suo cuore, però cazzo, quanto mi diverto in questa vita. Intanto che i miei simili si struggono, inseguono successo o potere, io mi diletto ad ascoltare Nuvole Senza Messico di Giorgio Canali e Rossofuoco.

È la vita che va è la vita che va,
è una piccola morte che viene
esercizi di stile che scorrono nelle vene

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17
Feb

Archivio onirico: sogno n. 3

Pubblicato giovedì 17 Febbraio 2011 alle 11:02 da Francesco

Questa sogno è stato un po’ inquietante, però non lo definirei un incubo. Mi trovai dentro un treno merci assieme ad una ragazza di cui rammento soltanto le labbra sottili. Dopo un arco di tempo imprecisato capitai in una città fatiscente della seconda metà del novecento e già nel corso del sogno mi sembrò che questa fosse situata in Corea del Nord. Provavo un certo disagio in mezzo a quelle strade urbane e stavo attento a non dare nell’occhio per evitare i controlli della polizia. D’un tratto fui affiancato da un autobus nero, dalle forme tondeggianti, sul quale si trovava anche la ragazza che precedentemente era stata con me dentro il treno merci. L’autista dopo essersi fermato aprì le porte del mezzo e la ragazza di cui sopra mi invitò ad entrare. Io le risposi che non avevo soldi per il biglietto e lei, a sua volta, disse che bastava un documento d’identità, ma io non disponevo manco di quello e mi allontanai in tutta fretta fino a raggiungere un attraversamento pedonale. Attesi il semaforo verde, ma quando fui ancora a metà strada per arrivare dall’altra parte, la luce divenne rossa e allora seguii quella verde di un altro semaforo. Mi ritrovai in un parco affianco al quale c’erano svariate rovine. Dei ragazzi giocavano a pallavolo, ma ce n’era uno che aveva una palla bianca e la lanciava continuamente contro una parete piena di crepe. Ad un certo punto quella palla bianca finì al secondo piano di un palazzo distrutto che confinava con il campo di gioco e ricordo il contrasto che il colore niveo della sfera suscitò in me quando balzò sopra due aste arrugginite della struttura portante.
Prima di questa scena mi affiancai ad un muro per lasciar passare alcuni bambini che correvano assieme a dei tutori piuttosto anziani. Dopo tutto ciò mi ritrovai a camminare su un terrapieno e mi parve di essere seguito. Da questo momento in poi l’inquadratura del sogno passò alle mie spalle e vidi alternarsi dietro di me due gemelli e un terzo tizio che sembrava il loro capo. D’un tratto costoro mi fermarono e sorridendo mi dettero del denaro. Capii che per salvarmi la vita io dovevo sembrare entusiasta di quell’elargizione e così feci. Quando ripresi a camminare, questa volta senza essere seguito, guardai le banconote e vidi che erano stampate soltanto su di un lato. Non ricordo altro.

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16
Feb

Ematuria, che passione!

Pubblicato mercoledì 16 Febbraio 2011 alle 12:47 da Francesco

Sono tornato in Italia la sera del nove febbraio e nella tarda mattinata del giorno seguente ho corso per ventuno chilometri seppur con un tempo lontano dalla mia media. L’undici febbraio ho ripetuto lo stesso percorso, ma al quindicesimo chilometro mi sono fermato per fare un po’ di stretching poiché sto lavorando sull’elasticità delle gambe per eseguire lo yeop chagi. Prima di riprendere a correre ho svuotato la vescica e per la seconda (e mi auguro ultima) volta nella mia vita ho pisciato sangue. Sono tornato a casa camminando, senza sforzarmi. Non ho avvertito dolori sul momento né in seguito. Ormai so di cosa si tratta: è disidratazione. Quando i reni non trovano più acqua, attingono dal sangue e l’ematuria è servita. Non è nulla di grave, però devo stare attento. Ultimamente bevo almeno due litri d’acqua al giorno ed eseguo solo esercizi di stretching e con i pesi. Ho rivisto anche la mia alimentazione poiché per un po’ di tempo dovrò fare a meno del dispendio calorico causato dalla corsa.
Ogni tanto si dice che qualcuno si allena fino a sputare sangue, però io che ho la faccia come il cazzo ho preferito pisciarlo. La corsa è estenuante e chiunque si sia spinto oltre o quasi i propri limiti in questa disciplina sa quanto essa sia meritocratica. Se io non avessi mai cominciato a correre non so neanche se oggi sarei ancora vivo. Quella fatica solitaria per me è stata come una madre severa e buona allo stesso tempo. Dalle prime corse incerte di pochi chilometri alle mezze maratone ho imparato ciò che nessuno poteva insegnarmi e ho affermato la mia volontà di vivere. Avrei voluto scoprirla prima, ma ormai sono anni che ne traggo beneficio e mi ritengo fortunato. Ricordo un tardo pomeriggio d’alcuni anni fa, quando lacrime di gioia si mimetizzarono nel sudore al mio arrivo ad una certa altezza rispetto al livello del mare. Mi amo e questo è un fatto incontrovertibile. Riprenderò a correre quando mi sentirò pronto e sicuro, ma fino ad allora il mio allenamento verterà sulla pesistica e sugli esercizi di estensione. Nei prossimi mesi aumenterò la massa muscolare e la flessibilità delle gambe, però avvertirò la mancanza della corsa e i bagni d’umiltà a cui mi sottopone sempre, immancabilmente.

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