9
Mag

Il sei giugno dell’ottantaquattro

Pubblicato lunedì 9 Maggio 2011 alle 11:46 da Francesco

Vado dritto verso i ventisette anni e non mi sono mai sentito meglio. Dando un rapido sguardo al passato vedo un bambino timido e un adolescente disadattato che non c’entrano più niente con il sottoscritto. Qualche persona della mia infanzia è morta, qualcun’altra è come se lo fosse, però io sono ancora qua e non me la passo male. Forse avrei potuto combinare qualcosa di più nella vita, ma per fortuna non l’ho fatto. Mia madre sarebbe stata contenta se mi fossi iscritto all’università e forse alla fine anche a me avrebbe fatto piacere frequentare una facoltà, però io non ho mai avuto grandi ambizioni tranne quella d’amare, forse una delle più difficili da coronare e infatti non ho mai passato il test d’ingresso.
Sono stato bocciato, mai baciato, e ho sempre ripetuto lo stesso esito. Eh, esaminatrici severe. Ho tutta la vita davanti, anche se dietro me ne manca qualche pezzo. Attorno a me vedo padri di famiglia, arrivisti, studenti, farabutti e utopisti svogliati. Qualcuno corre ancora dietro ad un pallone ed è l’unica cosa che riesce a far rotolare dalla propria infanzia. Quasi tutti miei coetanei sono diventati adulti nel peggior senso della parola. Credo che ognuno decida deliberatamente quando invecchiare. Sono governato da idioti che a loro volta vengono criticati da altri idioti e anch’io a mentre punto il dito contro questi individui non mi sento particolarmente intelligente.

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7
Mag

Emozioni evolutive

Pubblicato sabato 7 Maggio 2011 alle 01:15 da Francesco

Se io mi fossi lanciato nella lettura de “Il cervello e il mondo interno” da una base di convinzioni religiose o filosofiche forse avrei finito per prendere in considerazione l’eventualità di suicidarmi. Ritengo che un approccio sbagliato al libro summenzionato possa creare derive materialistiche e disincanto, ma per fortuna io non sono andato incontro né alle une né all’altro e non ho avuto problemi ad accettare la nicchia genotipica delle emozioni di base.
Al momento mi trovo ad affrontare quelle pagine che trattano delle emozioni e dei luoghi in cui queste si originano. Non nego (né d’altro canto potrei) d’aver provato un po’ di disagio quando ho compreso pienamente che le emozioni possono essere accese, spente e modificate con la somministrazione di alcune sostanze, per mezzo di ablazioni chimiche o con interventi chirurgici. Ovviamente non mi sono stupito di quello che ho letto poiché ero già a conoscenza di quanto le emozioni siano ascrivibili ai processi neurobiologici, tuttavia mi ha colpito la freddezza di come è stato sottolineato questo rapporto; d’altronde non potevo nemmeno aspettarmi qualcosa di diverso poiché ho tra le mani un testo scientifico, mica “Cime tempestose”.
Le cosiddette “emozioni di base” sono comandate da quattro sistemi e le strutture che questi chiamano in causa si concentrano in una regione cerebrale circoscritta, più precisamente tra le zone superiori e mediali del tronco encefalico. Ho appreso che durante alcuni esperimenti certe cavie animali subordinavano le azioni biologicamente utili all’esecuzione di compiti che, con la tecnica del bastone e della carota, permettevano loro di ricevere una stimolazione elettrica del sistema di piacere, sito in gran parte nel prosencefalo basale. Il parallelismo tra le cavie di cui sopra e i tossicodipendenti  è sorto spontaneamente in me, ancor prima che il libro me l’offrisse. Il sottotitolo di questo volume è “Introduzione alle neuroscienze dell’esperienza soggettiva” e lo trovo significativo. La mia formazione autodidattica è prevalentemente umanistica benché di fatto non lo sia secondo certi canoni e forse per questa ragione ho impiegato un po’ di tempo a mettere le mani su determinati testi. Alla mia introspezione sta giovando la trattazione di questi argomenti e sarebbe stato meglio se già in passato me ne fossi interessato con più attenzione.

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3
Mag

Nell’ecumene

Pubblicato martedì 3 Maggio 2011 alle 00:13 da Francesco

Negli ultimi giorni l’agenda del globo terrestre è stata dettata da avvenimenti che hanno avuto una grande risonanza, tuttavia soltanto le nozze reali hanno suscitato in me un po’ di curiosità. Kate Middleton mi ricorda la ragazza australiana (di origini scozzesi) che lo scorso gennaio mi folgorò con il suo sguardo indaco durante il tragitto in barca sul fiume Hozugawa. Anche se non dovessi mai esperire l’amore, mi resterà comunque quella visione celestiale da portare con me. Mi ha disgustato il fanatismo che ha accompagnato la beatificazione di quel vecchio filibustiere di Karol Wojtyla e spero vivamente che il clero imploda presto come il nucleo di una supernova. In quest’epoca l’ignoranza e la superstizione esercitano ancora la loro egemonia. Tanti fedeli si dichiarano tali senza conoscere profondamente la dottrina che abbracciano e ciò vale per ogni religione. In Italia l’aria è viziata dal misticismo da osteria che si respira in vari ambienti, a vari livelli e per causa di una variante del varicocele che affligge le teste di cazzo: l’eziologia risiede nell’escatologia, nell’ermeneutica, insomma, nel mito.
Per Gandhi, con la mentalità dell’occhio per occhio il mondo diventerebbe cieco, ma la perdita della vista almeno permetterebbe a questo pianeta di non doversi più specchiare nelle proprie miserie. I terroristi sono come i papi e viceversa: morto uno ne giunge un altro. Poveri tutti noi. Mi auguro che un giorno il mondo possa fare a meno delle carceri e che invece di correre ad armarsi corra ad amarsi, ma per ora quell’orgia planetaria la ritengo più distante di quanto la mia immaginazione riesca a galoppare. Intanto la Luna c’è sempre, pallida per lo spavento di ciò che è costretta a vedere. Anche il sistema solare è colpito dalla piaga del bullismo. C’est la vie.

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1
Mag

No mercy for any fashion victim

Pubblicato domenica 1 Maggio 2011 alle 02:49 da Francesco

Aborro i jeans e le camicie, difatti non ne possiedo. Mi disgustano i bottoni e le chiusure lampo. Per me la t-shirt è quasi una seconda pelle e la uso anche d’inverno nonostante le perplessità degli estranei. Le felpe le adopero di rado o quando mi trovo all’estero, ma tendo a vestire allo stesso modo per tutto l’anno, un po’ come il personaggio di un cartone animato. Non potrei mai separarmi dai pantaloni di tuta sportiva che recano due bande per gamba e lo stemma di un qualche club calcistico in declino benché io, sia chiaro, non tifi per nessuna squadra.
Quanto scritto finora potrebbe identificare il mio stile come prossimo a quello di un senzatetto o di un nordafricano in cerca di un futuro migliore, ma io preferisco definirlo uno stile “pop”. Adoro la t-shirt ironica e politicamente scorretta perché veicola un messaggio. Non spenderei manco mezza rupia per indossare dei capi griffati. Sono sempre stato un minimalista. Da piccolo mia madre mi vestiva come un coglione, infatti prima d’entrare nell’età della ragione avevo una guisa alla Gian Burrasca sebbene nell’animo assomigliassi più a Saddam Hussein, come soleva chiamarmi la mia nonna materna ai bei tempi della prima guerra del Golfo (invero anche dopo). Io non sono sciatto, bensì diversamente fashion. In realtà della moda non me ne frega proprio un cazzo e nessuno mi vedrà mai con un paio di Ray-Ban sul volto. D’altronde Franco Battiato ai tempi di “Bandiera Bianca” intonò una grande verità: “C’è chi si mette degli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero”.
La mia non è avversione verso un determinato mondo, bensì una sorta di fanatismo per quella santa alleanza che vede coinvolti lo stile personale e la comodità. Ai piedi porto sempre un paio di Mizuno per essere pronto a correre in qualsiasi momento, ma non disdegno manco le Asics. Spesso noto come certe aspiranti sgualdrine tentino goffamente di imitare Kate Moss e in me suscitano tanta tenerezza, come se bastasse avere una trentotto e sniffare cocaina per avere stile. Un portamento grezzo, dei movimenti rozzi, una dizione degna di una vaiassa e un ricorso al trucco a mo’ di Scaramacai rendono certe signorine le antagoniste agguerrite dell’eleganza e soprattutto della naturalezza che a mio avviso va di pari passo con la prima.
Provo un’avversione estetica verso quelle donne che caricano i loro corpi con vestiti e oggetti che non sono chiaramente in grado di portare, perciò credo che un negozio di moda o un atelier prima di fornire un abito dovrebbero approntare un corso per l’abilitazione ad indossarlo. Provo quasi ribrezzo dinanzi a certe stonature e preferisco di gran lunga guardare la merda dei cani che si mette in posa sui marciapiedi. L’abito non fa il monaco, però talvolta può far sorgere il desiderio di diventarlo. Di per sé la questione stilistica è una grande cazzata, ma è indice di qualcosa di più profondo. Ci sono sottigliezze che fanno grandi differenze in campi che paiono non riguardarle. Un esempio per rendere più chiaro ciò che intendo può mettere a confronto le differenze tra Roberto Bolle e qualunque altro individuo che abbia un corpo simile ma che non sia in grado di muoverlo allo stesso modo.

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28
Apr

La mente, la coscienza e il corpo: triumvirato esistenziale

Pubblicato giovedì 28 Aprile 2011 alle 16:26 da Francesco

Sono un vile perché zucchero il tè verde, ma espio le mie colpe levando le zecche ai miei gatti. Quando Freud affermò che la coscienza è solo una proprietà della mente egli ricevette molte critiche dai luminari del suo tempo, però in seguito la sua posizione fu ripresa da vari neurologi. Secondo quanto ho letto, la coscienza si originerebbe nel tronco encefalico e riguarderebbe una percentuale assai ridotta delle azioni umane che in larga parte (per oltre il novanta percento) si svolgerebbero inconsciamente.
Sono stato un po’ spiazzato dallo stretto legame che pare intercorrere tra l’evoluzione biologica e la coscienza, però non sono riuscito a convincermi che tale rapporto non sussista. Sono stato colpito anche dalla questione dell’esperienza unificata della coscienza, difatti gli stimoli sui quali si poggia quest’ultima seguono percorsi differenti nel cervello e non è chiaro come poi risultino inscindibili all’individuo. Per chiarire questo punto alcuni studiosi hanno cercato di identificare le strutture che accolgono ed elaborano gli stimoli delle percezioni, io tuttavia sono rimasto più affascinato dall’ipotesi dei quaranta hertz che declina la questione in termini temporali. Secondo l’ipotesi summenzionata, e stando a quanto ho letto limitatamente all’esperienza visiva, vi sono cellule corticali che effettuano scariche sincronizzate con un ritmo di quaranta hertz, perciò ogni secondo di coscienza sarebbe suddiviso in quaranta momenti che si alternano in modo talmente rapido da garantire alla coscienza la sua parvenza continuativa e unitaria. Durante la lettura di questo argomento mi è venuta in mente una citazione olistica di Aristotele: “Il tutto è maggiore della somma delle sue parti”.
Ho esteso il mio sorriso quando mi sono imbattuto sul ruolo che gioca l’intelligenza nella mente. Attraverso alcuni esempi che prendevano in esame l’intelligenza artificiale per il test di Turing è emerso chiaramente come non sia possibile riprodurre anche una mente, difatti un software su un computer non ha consapevolezza di sé e non può generare il bagaglio emotivo che risulta proprio di un individuo. Tutto ciò avalla la tesi secondo la quale la coscienza è legata al tronco encefalico che a sua volta è in stretto collegamento con i visceri del corpo, perciò anche a me pare plausibile che la presenza di quest’ultimo determini la coscienza. Quanto ho appreso mi è chiaro, o almeno credo, e da profano non ho ragione di obiettare qualcosa, però io credo che sarebbe un errore considerare tutto ciò come bieco materialismo.
Prima di affrontare l’argomento in una lettura recente, non avevo mai considerato la possibilità che un comportamento cosiddetto “intelligente” potesse verificarsi anche laddove mancasse la coscienza. A riprova di quanto appena scritto vi sono casi di pazienti neurologici in cui sono state riscontrate delle capacità cognitive nonostante queste non fossero accompagnate affatto dall’esperienza cosciente. Da questo punto si genera una domanda interessante sul ruolo e il fine della coscienza, difatti se i comportamenti intelligenti sono possibili anche in sua assenza allora sorge spontaneamente la necessità di spiegare il motivo della sua esistenza.
A costo di saltare di palo in frasca (ma non credo di correre questo rischio) mi sono imbattuto in un’intervista a Michelle Thomasson, moglie di Henri che diffuse in Italia il pensiero di Gurdjieff. Costei afferma delle cose interessanti in cui mi rivedo e parte da considerazioni sull’estetica per estenderle coerentemente fino a questioni esistenziali: notevoli gli ultimi tre minuti e mezzo.

“La ricerca del conforto e del non-sforzo ci ha condotto ad essere completamente schiavi […] la nostra propria vita è passata al servizio della materia”
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25
Apr

Neuropsicoanalisi

Pubblicato lunedì 25 Aprile 2011 alle 20:05 da Francesco

Da circa una settimana mi sono immerso nella lettura de “Il cervello e il mondo interno” di Mark Solms e Oliver Turnbull. Questo testo costituisce un punto d’incontro tra le neuroscienze e la psicoanalisi, ma forse sarebbe più opportuno definirlo come un ricongiungimento poiché Freud riconobbe i limiti di cui soffriva la neurologia al suo tempo e l’abbandonò per battere una strada che ancor oggi certuni (specialmente nel mondo scientifico) fanno oggetto di ludibrio.
Un paio di anni fa ho letto un manuale di neuroscienze, però ne ho ricavato un’infarinatura che soltanto adesso mi risulta meno confusionaria, grazie all’integrazione con la lettura del libro suddetto, e di cui, in ogni caso, conservo pochi concetti di base. Temi quali la neurofisiologia, la neurochimica e la psicofarmacologia mi attraggono, tuttavia non intendo profondere sforzi per studiare compiutamente queste branche del sapere perché, oltre a dubitare d’esserne in grado, posso limitarmi ad attingere quanto mi è necessario e indirizzare altrove le mie energie.
Il tentativo di mappare la coscienza nelle aree del cervello è affascinante e, con un approccio un po’ naif, mi domando se i progressi in questa direzione possano portare l’uomo a svelare cosa si celi dietro (o dopo) la perdita della coscienza nel senso tanatologico del termine.
Di difficile accettazione e di stampo materialistico, voglio annotare una citazione di Francis Crick che tuttavia dal basso della mia ignoranza non sottoscrivo affatto: “Tu, con le tue gioie, i tuoi dolori, i tuoi ricordi e le tue ambizioni, non sei altro che la risultante del comportamento di una miriade di cellule nervose e delle molecole in esse contenute”.
Sulla relazione tra cervello e mente la filosofia ha creato varie scuole di pensiero (eh, penso che non vi sia espressione più adatta in questo caso) e le più diffuse sono sintetizzate nelle pagine de “Il cervello e il mondo interno”. Tra le varie teorie sono stato colpito da quella del monismo dal duplice aspetto percettivo. Secondo questa concezione un essere umano non è in grado di conoscere la materia di cui è composto senza prima rappresentarsela attraverso le percezioni. Di conseguenza, secondo il monismo dal duplice aspetto percettivo non è possibile conseguire una visione diretta della materia della mente, bensì solo rappresentazioni figurate: dei modelli. Stando a quanto ho letto e capito, la mente appare fisica quando viene osservata dall’esterno e assume un aspetto “mentale” da una prospettiva interna, rendendola perciò una produzione delle percezioni e ciò sottolinea una sorta di conflitto d’interessi dove l’osservatore della mente è anche il mezzo attraverso cui la suddetta viene osservata. Da qui (o meglio, anche da qui) continua l’indagine sul legame che correla la soggettività di un individuo ai processi del cerebro.

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23
Apr

Il sogno della perdita dei denti

Pubblicato sabato 23 Aprile 2011 alle 23:11 da Francesco

Due settimane fa ho sognato di perdere i denti: un evento onirico del genere non mi è nuovo. Per la tradizione popolare (probabilmente eredità della cultura greca) questo genere di sogno annuncia la morte di un congiunto, però secondo altre interpretazioni, più oculate e prive della zavorra della superstizione, la perdita dei denti può essere legata alla paura della fine di una relazione sentimentale o di qualcosa che le assomigli.
Escludo quest’ultima ipotesi poiché io non ho legami profondi con nessuno. Nel sogno, appena muovevo la lingua sopra i denti questi si staccavano dalla gengiva e finivano a terra. Come ho letto altrove, la lingua può simboleggiare la parola e dunque il sogno potrebbe significare il mio timore di porre fine ad un rapporto per mezzo di una conversazione. Poiché nella mia esistenza al momento non ci sono rapporti importanti (che lo ripeta nell’arco di poche righe è indicativo), tendo a credere che il sogno si riferisse ad un rapporto potenziale e allora tutto mi tornerebbe. Tra le altre letture possibili ho notato che vi s’annovera anche il timore di non essere all’altezza di qualcosa, ma anche la paura di invecchiare si staglia nel quadro delle interpretazioni papabili. Sono portato a ritenere che la matrice del mio sogno sia stata un’esagerazione di alcune ansie frammiste a piccole frustrazioni, tuttavia nulla di cui debba avere ragione di preoccuparmi. Tutto ciò mi ha ricordato che da piccolo mio padre (questa figura ignota) mi allungò uno schiaffo e mi fece perdere un dente da latte che comunque si sarebbe staccato presto: rammento che il fatto avvenne su una salita. Mi chiedo se possa esserci una connessione tra l’episodio infantile e il sogno suddetto. In ogni caso i miei denti sono sani, ben saldi e non ospitano manco una carie. Forse devo staccarmi un molare, metterlo sotto un bicchiere e attendere che la fatina dei denti arrivi a raccattarlo per avere l’occasione d’invitarla ad uscire insieme a me.

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22
Apr

La prova costume di chi non sa assolversi

Pubblicato venerdì 22 Aprile 2011 alle 01:18 da Francesco

Questo è il momento dell’anno in cui gente d’ogni età e circonferenza cerca di preparare la propria carne per la transumanza estiva, di conseguenza conto maggiori presenze nei luoghi in cui io mi alleno durante ogni stagione. Suscitano un po’ di tenerezza in me quelle persone che provano a mettersi in forma con lo scopo precipuo di risultare attraenti e in particolare le donne. Ragazze e signore con i fianchi un po’ larghi forse credono che misure minori possano portare loro gioie maggiori, ma se bastasse così poco allora le palestre potrebbero sorgere al posto delle basiliche, delle moschee, delle sinagoghe…
Ogni primavera, negli sforzi incostanti di persone assai diverse, leggo sempre il medesimo desiderio d’amore velato di carnalità sul quale mi sembra che si abbatta spesso un senso di inadeguatezza più o meno giustificato. Nei periodi più rigidi dell’anno i miei percorsi mi offrono desolazioni incomplete, però con l’avvento di temperature più miti e accomodanti ho sempre modo di scorgere solitudini semoventi che cercano di uscire dai loro gusci imperfetti. Secondo me l’etica viene minata ogniqualvolta l’estetica diventi oggetto di ossessione, perciò io inseguo sempre il concetto di kalokagathia per cercare d’esserne all’altezza.
Quand’ero un adolescente flaccido, prima di ogni estate credevo fortemente che avrei fatto incontri straordinari tra giugno e settembre, ma ogni volta ne restavo deluso e forte della mia giovane età mi dicevo sempre che l’anno successivo avrei avuto miglior fortuna. Ormai, dopo quasi tre lustri, ho ragione di credere che da tempo immemore sia stata accolta la domanda di prepensionamento della dea bendata. In realtà non sono un fatalista e me ne frego del mio quadro astrale. Ammesso che io abbia un destino, quest’ultimo può venire a convocarmi mentre faccio qualche trazione a seguito di una sessione di corsa.

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19
Apr

Dialoghi intersessuali con sfumature cadaveriche: parte 1

Pubblicato martedì 19 Aprile 2011 alle 14:42 da Francesco

Quanto riportato di seguito potrebbe urtare la sensibilità di qualche testa di cazzo, perciò invito il lettore a fare un lungo respiro prima di decidere se per lui sia opportuno continuare la lettura o, invece, se gli sia preferibile andarsene a fare in culo.
Trovo che conversazioni del genere siano piccole perle e se ne fossi in grado le traslerei su dei papiri o su delle pareti rupestri avvalendomi della scrittura cuneiforme.

Francesco scrive:
Volevo chiederti carissimo compare, ma tu al posto del complesso edipico cosa hai avuto?
Speravi che tuo padre te lo buttasse in culo?

Interlocutore gay scrive:
ma vaa
ma perchè tu hai veramente avuto il complesso edipico?

Francesco scrive:
No, seriamente.
Chi non lo ha avuto?

Interlocutore gay scrive:
boh
credevo fosse una balla
no comunque non ho mai provato attrazione per mio padre

Francesco scrive:
La sodomia è un apostrofo rosa tra due chiappe.
Capisco.

Interlocutore gay scrive:
tu invece che desieravi?

Francesco scrive:
Fottere di brutto un’amica di mia madre.
Da ragazzino.
Intendo proprio violentemente.

Interlocutore gay scrive:
beh ma non è edipo questo
mica è tua madre

Francesco scrive:
Cazzo ne so, mentre aveva la testa in lavatrice.
Sì, però la rappresentava in qualche modo.
Quindi un complesso putativo.

Interlocutore gay scrive:
violentemente nel senso di picchiarla?

Francesco scrive:
No, nel senso di tenerla con la testa giù.
Forse retaggio dei primi film porno.
VHS rubate in edicola.

Interlocutore gay scrive:
e questo verso che età?

Francesco scrive:
Non rammento, forse ero già in doppia cifra.

Interlocutore gay scrive:
beh immagino di sì

Francesco scrive:
Mannaggia li pescetti.
Te lo ricordi Isaac George, nevvero?

Interlocutore gay scrive:
come no
quello dei ragazzi della terza c

Francesco scrive:
Sì.

Interlocutore gay scrive:
e su tua mamma nn hai mai fatto fantasie invece

Francesco scrive:
Sì, però non mi garbava esteticamente.
Cioè, mi dovevo sforzare.

Interlocutore gay scrive:
ah ok

Francesco scrive:
Era un po’ come il turno di lavoro.
Una volta ho fatto questo ragionamento.
Seguimi, mi raccomando.

Interlocutore gay scrive:
ok

Francesco scrive:
Se mia madre fosse stata violentata a tredici anni e mi avesse partorito prima dei quattordici, tra noi due non ci sarebbe stata una grande differenza d’età.

Interlocutore gay scrive:
no

Francesco scrive:
In più, se mia madre fosse stata bella, in seguito io avrei potuto innamorarmene.
Purtroppo mia madre mi ha partorito alla soglia dei quarant’anni ed è sempre stata un cesso.
Un peccato, non credi?

Interlocutore gay scrive:
beh
non saprei
non credo che sarebbe cambiato molto se te ne fossi innamorato

Francesco scrive:
Il tuo equilibrismo è degno dei migliori centristi.
Perché pensi che non sarebbe cambiato molto?

Interlocutore gay scrive:
scusa metti che te ne fossi innamorato
che cambiava?
nasceva una love story?

Francesco scrive:
Perché no? All in one: amore materno e quell’altro, che materno non è.

Interlocutore gay scrive:
io ricordo solo una fortissima attrazione per un mio cugino

Francesco scrive:
“Non c’è cosa più divina che scoparsi la cugina”.

Interlocutore gay scrive:
eh magari

Francesco scrive:
Comunque non perdonerò mai a mia madre la sua bruttezza.

Interlocutore gay scrive:
beh evidentemente non hai preso da lei

Francesco scrive:
Né, ovviamente, la sua decisione di concepirmi tardivamente.
Ti ringrazio, peccato che tu non sia una procace ventenne, ma una checca prossima alla terza decade: comunque apprezzo.

Interlocutore gay scrive:
beh ho detto che sei un bel ragazzo
penso chiunque lo direbbe no?

Francesco scrive:
Non credo, la bellezza non è soggettiva?

Interlocutore gay scrive:
sì però voglio dire
pur non avendoti visto se non in qualche foto
mi pare che nel complesso sei carino
che non significa che mi faccio le seghe pensando a te, ma è una pura constatazione

Francesco scrive:
Con tutto il dovuto rispetto per la categoria dei piglianculo, ma come mai tali complimenti mi giungono sempre dai tuoi pari?

Interlocutore gay scrive:
credo perchè non c’è niente da guadagnare
non scatta il minuetto tra maschio/femmina o tra frocio/frocio

Francesco scrive:
Quindi non c’è la finta pudicizia delle ragazze eterosessuali.

Interlocutore gay scrive:
è come se dicessi a una donna che è bella: pura constatazione disinteressata

Francesco scrive:
Non fa una piega, seriamente.

Interlocutore gay scrive:
e lo so
potrei pure andare avanti a elogiare i dettagli ma non avrebbe molto senso

Francesco scrive:
Mannaggia alla natura, fossi nato frocio avrei fatto lo gigolò.

Interlocutore gay scrive:
eh che vuoi fare

Francesco scrive:
Mi sa che non ci si può diventare per corrispondenza.

Interlocutore gay scrive:
fai sesso virtuale in cam e fatti pagare
è un buon compromesso

Francesco scrive:
Dio cane, dovrei usare parecchia immaginazione.

Interlocutore gay scrive:
e perchè mai?

Francesco scrive:
Perché io sto al sesso come la fusione a freddo sta alla pratica.

Interlocutore gay scrive:
beh
qui si sta parlando di pugnette

Francesco scrive:
Fammi capire: potrei essere pagato per farmi le seghe? Ho eiaculato così tanto da riempire la Vistola e ci avrei potuto ricavare euro sonanti?

Interlocutore gay scrive:
c’è un sacco di gente che lo fa

Francesco scrive:
Interessante.

Interlocutore gay scrive:
almeno, so di ragazzi che si piazzano in cam, si fanno una pugna e si fanno pagare tipo con paypal
e si pagano l’affitto così
conoscendo le tue remore non credo lo faresti mai

Francesco scrive:
L’ho sempre detto che la masturbazione è salvifica. Il mondo si regge sulle seghe.
Remore? Non saprei. Dovrei valutare i possibili ricavi. Casomai chiedo a mia madre di parlarne con il commercialista.

Interlocutore gay scrive:
calcola che per moltissimi froci un uomo che si masturba è il massimo del turnon
quindi di spettatori ne avresti

Francesco scrive:
In questo modo potrei anche sfatare la leggenda secondo la quale io sono un omofobo.

Interlocutore gay scrive:
rabbrividisco all’idea che ci stai facendo un pensierino

Francesco scrive:
Proprio tu? L’ostia, la croce e la veste talare dove le hai nascoste?

Interlocutore gay scrive:
ma mica per me, per te
non credo lo faresti mai

Francesco scrive:
Stai usando la psicologia al contrario: è chiarissimo.

Interlocutore gay scrive:
naaa
tranquillo
te l’avrei chiesto

Francesco scrive:
Comunque devo ragionarci. Sarebbe un po’ come entrare nel mondo della pornografia da cui ho sempre attinto (e con cui ho sempre macchiato).

Interlocutore gay scrive:
ahahah
allora mi terrai informato

Francesco scrive:
Oscuro il tuo nickname, mi salvo questa conversazione, ne correggo gli errori ortografici e me l’appunto: credo che meriti.

Interlocutore gay scrive:
ma please

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16
Apr

Liquid Tension Experiment

Pubblicato sabato 16 Aprile 2011 alle 15:15 da Francesco

Per me la musica con la emme maiuscola ha canoni precisi che si esprimono attraverso stili piuttosto diversi. Ancora sedicenne, i Liquid Tension Experiment nel loro album di debutto contribuirono significativamente a suggerirmi la direzione verso cui tendere le orecchie. Il gruppo era composto per tre quarti da membri dei Dream Theater con l’aggiunta di Tony Levin (quest’uomo è ovunque!) al basso. Il progetto durò appena due dischi, entrambi prettamente strumentali e, almeno per quanto mi riguarda, molto prossimi alla perfezione. Sono legato alla traccia sottostante e insieme all’intro il momento di massima esaltazione per me è l’assolo di Tony Levin con lo stick bass oltre, ovviamente, a quello di Petrucci. Se non mi fossi avvicinato a certi generi musicali la mia esistenza sarebbe stata meno semplice.

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