6
Nov

Nel resto del tempo

Pubblicato domenica 6 Novembre 2011 alle 18:28 da Francesco

Sono molte le domande che potrebbero vorticare in questi giorni, ma io non intendo dare asilo a nessuna di loro né agli assilli che ne costituiscono gli arti prensili. Talvolta, per orientarmi, i punti cardinali mi sembrano del tutto inutili, però io non pretendo di conoscere sempre la direzione giusta. Mi perdo nel vuoto, ma quest’ultimo è il mio eremo d’oro; un rifugio desertico, il piano da inclinare per osservarne altri, l’oasi ove accendere fuochi fatui dei quali non restano mai tracce neppure nelle notti che si avvicendano senza posa, ignare l’una dell’altra.
Non ho meriti particolari e l’unico degno di nota consiste nella facoltà di sottolinearne l’assenza con calma olimpica. A differenza di chi ne fa vanto o croce, io non posseggo ferite lacerocontuse sul cuore, ma solo un po’ di polvere che m’auguro non venga spazzata via da un soffio cardiaco. Ai bivi non bivacco e saluto chiunque s’affretti a imboccare una via mentre parte del sé muore di inedia. Assecondo la mia buona stella benché io non creda affatto nell’astrologia e la consideri adatta come oggetto di scherno. Cos’altro ha da offrirmi il tempo che non presenti quelle forme di cui nessuna malattia neurodegenerativa ha ancora privato la mia memoria? Foss’anche una continua ripetizione, io accolgo a braccia aperte l’esperienza di quest’esistenza e mi rammarico un po’ se non riesco a sfuggire alla retorica per declamare la mia disponibilità a fruire della vita.

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5
Nov

A vele spiegate

Pubblicato sabato 5 Novembre 2011 alle 10:33 da Francesco

In questi giorni i venti spirano con forza e anche dei poveri disgraziati fanno altrettanto. Vivo in accordo con me stesso, però vorrei che un po’ della mia serenità fosse in grado di contaminare i mercati finanziari. Non ho nulla di cui temere e sono pronto ad andarmene dall’Italia qualora la situazione socioeconomica dovesse collassare definitivamente, tuttavia non scommetterei sulla possibilità che uno scenario del genere si verifichi e la mia inclinazione a ritenerlo inverosimile è del tutto avulsa da qualsivoglia ottimismo.
I miei giorni sono scanditi da buone abitudini. Adoro l’autunno, come le altre stagioni d’altronde. Mi auguro di restare solo per i prossimi mesi e non ho ragione di temere che qualcuno s’insidi o s’insedi nella mia esistenza: è buffo come due verbi così simili profilino situazioni tanto diverse. Se mi leggessi con gli occhi di un estraneo potrebbe sembrarmi anomalo il desiderio di restare ancora solo e forse io valuterei le mie parole come quelle della volpe che non riesce ad arrivare all’uva, ma ci sono dei momenti nei quali mi sento davvero fortunato a non aver mai avuto dei legami carnali o sentimentali. In quest’epoca mesta mi premuro d’amarmi senza nuocere al mio prossimo, perlomeno direttamente, e continuo indefesso su questa strada forse priva d’inizio e d’una fine, o quantomeno di un fine.

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1
Nov

Tra il collasso del mondo e la calma interiore

Pubblicato martedì 1 Novembre 2011 alle 17:40 da Francesco

Non mi sorprende il declino dell’Occidente e purtroppo devo riconoscere che alcuni dei passaggi di Storia e utopia di Cioran sono stati profetici. Anche Céline in un suo romanzo aveva paventato la caduta europea. Credo che una parte del genere umano rischi di essere divorata dal mostro finanziario che ha creato, ma se quest’eventualità dovesse verificarsi io la considererei soltanto come la resa dei conti al cospetto di quelle che oggi sono chiamate economie emergenti. Tutto è ciclico e nulla mi pare mai definitivo. Giocando d’anticipo con la fantasia si può già dipingere un tempo in cui l’Europa e gli Stati Uniti torneranno gli egemoni del pianeta. Nel frattempo la teoria di Malthus sulla sovrappopolazione trova appigli inquietanti ed è per questa ragione che io non invidio affatto le generazioni future. D’ora in poi quandunque mi trovassi a proferir parola con uno stuolo di bambinetti non potrei esimermi dal pronunciar quanto segue: “Ebbene signori, voi siete proprio nella merda! I mie rispetti”.
I campanelli d’allarme suonano una marcia funebre prim’ancora che la catastrofe si sia compiuta e suscitano inquietudini presso le personalità più suggestionabili. Il bombardamento mediatico ha anche un costo emotivo che grava tutto sulle spalle di coloro che non ne hanno altre su cui piangere. Non considero questo mondo come la massima espressione delle capacità umane e lo reputo ancora primitivo benché testimoni un progresso inconfutabile. Penso che la realtà superi la fantasia e credo che la tecnica (nell’accezione che tale termine può avere in ambito filosofico) porrà limiti nuovi dopo averne abbattuti alcuni apparentemente inamovibili. Io levito su quanto accade al mondo perché in un modo o nell’altro me la caverò. Non ho persone a cui pensare, ma se avessi questo tipo di responsabilità non mi tirerei indietro. Qualora dovessi restare solo per sempre incontrerei poche difficoltà a vivere poiché dovrei pensare a me stesso, se invece io mi trovassi a passare la vita con qualcuno allora potrei trarre la forza emotiva dal rapporto al fine di superare le difficoltà eventualmente accresciute. È una partita truccata perché in ogni caso io vincerò, ma non è questo che importa poiché tale vittoria è solo la conseguenza trascurabile di una ricerca della felicità che ha forza nella ricerca stessa e nient’affatto nel  suo conseguimento.

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29
Ott

Semplice

Pubblicato sabato 29 Ottobre 2011 alle 19:52 da Francesco

Provo una stanchezza salutare e intendo passare a letto una buona parte dei prossimi giorni per lasciare scorrere ogni cosa sotto il ponte festivo. In momenti del genere sono assai felice di potermi avvalere della calma e del silenzio col beneplacito della solitudine. Talora non intravedo elisir migliore di un sonno profondo. Dormirei per settimane se ne fossi capace, ma il letargo è riservato ad altri animali e la natura non mi ha fornito neanche una lieve forma di narcolessia. Riposo bene, ma da alcuni mesi fatico a ricordare le esperienze oniriche. C’è un sogno ricorrente le cui immagini riaffiorano in me di tanto in tanto, ma lo considero un telegramma dell’inconscio a causa del suo contenuto. C’è sempre una figura femminile che non ha nome né volto, come se fosse un’ombra slanciata o una sagoma diafana. Questa entità muliebre scuote il capo a mo’ di rimprovero, ma io mi limito a guardarla senza compiere movimento alcuno.
L’inconscio mi chiede chiaramente di colmare le mancanze affettive, un po’ come l’Europa chiede all’Italia di adottare determinate misure per la crescita: rischio di essere insolvente nei confronti di me stesso. Capisco perfettamente le richieste che si trovano sotto la soglia della coscienza (e come potrei non comprenderle dato che mi sono intrinseche?), ma per estinguere il debito verso una parte di me dovrei prima contrarne uno d’ossigeno alla vista d’una controparte. Chissà, un giorno potrebbe succedere, ma per adesso chiedo una proroga e mi ristoro senza inquietudini.

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27
Ott

Chiarimenti non strettamente necessari

Pubblicato giovedì 27 Ottobre 2011 alle 22:09 da Francesco

L’epoca corrente mi costringe spesso a chiudere i rubinetti dell’empatia. Se mi lasciassi distrarre dalle disgrazie del mondo finirei per farne parte senza risolvere alcunché, ma seguo le tragedie da lontano perché se le ignorassi ne provocherei una a me stesso attraverso un uso improprio dell’indifferenza. Mi sforzo di conciliare il distacco emotivo con l’impegno di non perdere la mia umanità, ma talvolta mi sento un acrobata morale e lascio dietro di me contraddizioni apparenti che in realtà confermano la buona riuscita degli intenti suddetti.
La brutalità per me è un liquame cancerogeno che vìola le leggi fisiche oltre a quelle d’una certa etica, difatti cola e si arrampica lungo le pareti della piramide sociale. Io non credo affatto che le ingiustizie cadano esclusivamente dall’alto come manna avvelenata, bensì le noto a diversi livelli mentre saltano e rimbalzano: le imposizioni burocratiche che non di rado si fanno vessazioni, le pretese economiche che viaggiano ad una velocità diversa da quella della realtà, le paure di chi non possiede i mezzi intellettuali per scacciarle e finisce nelle spire delle circonvenzioni, coloro che sono rei d’essere nati ad una latitudine fatale in cui la speranza di vita è la prima a morire, i cuori ingenui devastati dal gusto del potere narcisistico di coloro a cui si sono votati e tant’altro ch’è difficile scrivere senza scadere in una retorica assordante e stucchevole, ovvero la complice peggiore della sofferenza inutile che inquina la razza umana. Il cinismo di cui mi avvalgo non è il vezzo di uno stronzo, ma lo strumento per tollerare la follia democratica che partorisce despoti e regni invisibili, altresì il narcisismo che si trova in me non scaturisce dalla voglia di prevaricare né dal desiderio di differenziarmi, bensì è anch’esso un mezzo tramite cui riesco a tollerare una mancanza d’amore che guadagna tempo di giorno in giorno e il cui giogo riesco a contenere con la sublimazione. Se mi vedessi da fuori, senza conoscermi, forse mi considererei un reprobo, ma se conoscendomi io mi ritenessi tale allora finirei per guardare il dito invece della luna.

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24
Ott

Mai due volte nello stesso fiume

Pubblicato lunedì 24 Ottobre 2011 alle 05:49 da Francesco

Già da un po’ la mia esistenza è tornata a scorrere a pieno regime sui binari della serenità, però nulla di significativo è mutato nel suo svolgimento. Tendo a ripetermi, ma fortunatamente me ne rendo conto senza dispiacermene. Non c’è nulla nei cieli superni che mi alletti. Per certi versi io vivo al di sotto delle mie possibilità e così posso contare su di un riparo in più per sfuggire alle intemperie. Bufere in arrivo non ne vedo e manco le presagisco.
La morte altrui non mi sconvolge e spero che pure quella del sottoscritto non mi prenda troppo. Non attendo la mia ora né quindici minuti di gloria. Il vantaggio di un cuore vuoto risiede tutto nella possibilità di risparmiare sui drappi neri. La riverenze che spettano al decesso non mi sono proprie, ma questa inclinazione non è il frutto di un comportamento irrispettoso e scaturisce da anni di riflessione sulla finitezza: è paradossale come quest’ultima invece sia inconcludente…
Se dovessi crepare domani non me la prenderei e gradirei una bella cremazione senza panna. Resta valido l’augurio che puntualmente rivolgo a me stesso, ovvero quello di una vita longeva. Forse la masturbazione conta anche come gesto apotropaico e se così fosse la mia buona stella godrebbe (non più di me, eh) di contributi notevoli: gli attributi ci sono tutti.
A me piace vivere, però mi annoiano le nenie. Non sono troppo cinico, ma adoro scherzare e voglio mantenere frequenti le risate fino all’ultimo respiro o giù di lì. Intanto gli anni passano e non vedo per quale motivo frenarne le scorrerie: Signora, so’ ragazzi! Un giorno non lo saranno più; anzi, un giorno non saranno più.

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18
Ott

Ricorsi ideografici

Pubblicato martedì 18 Ottobre 2011 alle 02:17 da Francesco

Ho sistemato un po’ di cose su queste paginette: in particolare refusi e collegamenti mancanti. Da alcune settimane mi sono riavvicinato alla lingua nipponica. Ho ripreso a scrivere ideogrammi e per adesso sono riuscito a ricordarne centosessantacinque, però penso di poterne rievocare almeno duecento dalla memoria e mi aspetto di impararne molti altri. Sono contento di ricordare un’ampia parte di ciò che ho studiato, ma dovrei apprendere molto di più per essere in grado di sostenere una conversazione: taluni non ci riescono manco nella loro lingua madre nonostante sappiano parlarla e scriverla…
Al momento non conosco abbastanza ideogrammi per leggere una rivista, però tratto ogni kanji come se fosse il pezzo di una collezione e mi diverto ad ampliare la mia raccolta. Insomma, più che allo studio vero e proprio questo passatempo (che non escludo di abbandonare e riprendere in futuro) è più vicino alla filatelia. Una delle prime parole che ho imparato in giapponese è stata “on-ko-chi-shin”, formata da quattro ideogrammi il cui significato è il seguente: imparare dal passato. Vorrei tornare in Giappone, ma in questo momento non posso e anche se ne avessi la possibilità non partirei poiché non lo reputo affatto un frangente adatto.
Comunque nella scrittura ideografica ho imparato a rispettare l’ordine dei tratti, almeno per i kanji meno complessi. La mia calligrafia (per vedere l’immagine ingrandita è sufficiente cliccarci sopra) è un po’ incerta, ma d’altronde anche in italiano, sia in stampatello che in corsivo, ho sempre lasciato a desiderare. In compenso sono una scheggia con la tastiera.

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16
Ott

Fiamme e sassaiole

Pubblicato domenica 16 Ottobre 2011 alle 21:16 da Francesco

Accidempoli, chi avrebbe mai immaginato che in questa congiuntura economica e con l’attuale classe politica una manifestazione avrebbe potuto degenerare in violenza? Proprio una grande sorpresa. Credo che la guerriglia urbana non dia frutti e lasci soltanto un retrogusto di diossina. A mio avviso sarebbe preferibile veicolare la furia armata verso il governo e l’opposizione invece di mettere a ferro e fuoco una città, ma taluni si accontentano di una grigliata in centro. I politici fingono di essere sordi, ma forse lo diventeranno davvero a forza di udire le bombe. Io spero seriamente che ogni parlamentare cominci a sentire puzza di bruciato, ma in senso letterale.
Non inseguo le utopie e non pretendo un mondo perfetto. Non sono un filantropo e in primo luogo penso a me stesso senza danneggiare il prossimo, ma proprio in virtù di questa ragione mi auguro fortemente che migliorino le circostanze in cui versa l’Italia: se cominciasse a cadere una parte del paese allora s’innescherebbe un effetto domino e forse i disordini sociali non resterebbero appannaggio delle metropoli o potrebbero esacerbarsi in maniera impensabile.
La politica italiana dovrebbe fare un passo indietro in un burrone e chiedere all’Europa un governo di stranieri che possa gestire la nazione senza farle scontare a caro prezzo i giochi di palazzo. Nessuna formazione politica m’ispira fiducia e mai come oggi il qualunquismo mi pare appropriato. Non mi dispiacerebbe se a qualcuno nelle Forze Armate riuscisse un colpo di stato.

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14
Ott

Rettifiche cronometriche e altre note di carattere fisico

Pubblicato venerdì 14 Ottobre 2011 alle 11:12 da Francesco

Un po’ di tempo fa ho creduto d’aver ottenuto il mio tempo personale sui cento metri. Ieri il tizio che mi aveva cronometrato mi ha detto che la distanza su cui ci siamo basati è segnata in modo errato. Benché non sia uno sprinter mi sembrava eccessivo che facessi registrare sedici secondi e mezzo sui cento metri, difatti il tempo che mi è stato dato è erroneo. D’altronde conosco delle persone nettamente più lente di me che riescono a coprire la distanza in quattordici secondi. Mi auguro di potermi cronometrare seriamente sui cento metri poiché sono curioso di conoscere il mio tempo reale. Non m’aspetto nulla di strabiliante, ma quantomeno una prestazione decente.
Sul fondo invece ho avuto una soddisfazione che mi ha gratificato oltremodo benché non sia nulla di epocale. In questo periodo mi sto definendo, perciò evito le mezze maratone e prediligo percorsi più brevi al fine di contenere l’erosione della massa muscolare. Sono riuscito a correre i dieci chilometri in 39’02” con un passo al chilometro di 3’54”. Ho spinto al massimo e non potrei mai sostenere un ritmo del genere per una mezza maratona, però sono stato felice di essere sceso sotto il muro dei quattro minuti. Non sono un fanatico dei tempi, ma ogni tanto ne tengo traccia poiché mi dànno preziose indicazioni sull’efficienza del mio corpo.

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13
Ott

Di questi tempi

Pubblicato giovedì 13 Ottobre 2011 alle 16:16 da Francesco

Non voglio scrivere più di quanto le sensazioni correnti possano concedermi. Mi trovo a mio agio in questa esistenza benché io non abbia mai presentato istanza per farne parte. L’autunno non si è ancora mostrato in tutta la sua incertezza, ma per quanto mi riguarda le stagioni possono cambiarsi i turni come preferiscono: io vivo in accordo con ciascuna di loro.
Tendo a ripetermi poiché sono soggetto a rari cambiamenti, tuttavia la noia non s’insidia mai in me e cerco di trarre il meglio dal tempo libero anche quand’esso paia soggiogato dall’abitudine Malgrado tutto, ravviso qualcosa di stupefacente lungo le dune cardiache che si trovano a sud della mia ghiandola pineale: là mai passo straniero v’ha lasciato la propria impronta e non so se per me debba essere motivo di vanto o sprone. Un’assenza prolungata può trasformarsi in mito e giustificare se stessa. Non ho bisogno di troppe spiegazioni: che il silenzio prenda la parola e la soffochi. Potrei aggiungere altre frasi, prolisse, slegate dalle precedenti e con delle velleità evocative, ma non intendo divagare quest’oggi e mi congedo prima che altro fuoriesca da me.

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