13
Gen

Senza contare i passi

Pubblicato venerdì 13 Gennaio 2012 alle 10:26 da Francesco

Ho attraversato qualche turbolenza, ma sono ancora tutto intero. Non mi aspetto giorni facili né infernali. Se non avessi fiducia in me stesso sarei completamente perso. Riesco a contenere le mancanze affettive con l’amor proprio, ma qualche volta vado in debito di ossigeno com’è anche giusto che sia. La mia natura non mi consente di mettere una pietra sopra certe cose dato che non ho la stoffa dell’eremita né quella per cucire un saio: devo tenere spalancate le porte del cuore e al contempo mi vedo costretto ad accettare che qualche virus possa approfittarne.
Se cercassi di cambiare la mie inclinazioni mi farei un’inutile violenza per proteggermi, insomma alzerei una di quelle difese che in realtà sono vili reazioni al modo in cui l’esistenza non segue il corso sperato. Non è affatto semplice mantenere un equilibrio del genere perché qualche volta è come trovarsi in un fuoco incrociato. Il nocciolo della questione sta dentro di me, però io non basto e in quest’apparente contraddizione sembra che il tutto sia davvero di più della somma delle parti. Per ritrovarmi corro o cammino in scenari bucolici, luoghi che spariranno, come me d’altronde. Adesso sono qua, presente a tutti gli effetti, e non ho fretta di sloggiare. Davanti si snoda una strada d’ombre, crepuscolare, però laggiù c’è qualcos’altro: ben oltre la fine.

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5
Gen

La percezione del tempo e la corsa

Pubblicato giovedì 5 Gennaio 2012 alle 13:32 da Francesco

Al di fuori del rigore cronometrico e del pressappochismo degli orologi comuni il tempo non è altro che una percezione. Qualche volta, quando corro, riesco a distogliere così tanto la mente dagli automatismi dell’attività fisica che la durata apparente di un allenamento finisce per ridursi di tre quarti. Di ciò m’ero già reso conto quando correvo spesso per ventuno chilometri e ne ho ricevuto ulteriore conferma nelle corse di mantenimento da dodici chilometri.
Inutile sottolineare quanto giovi tutto questo all’alleggerimento della fatica, è meno scontato invece comprendere il perché ciò accada. Districare i pensieri è un’arte della quale vorrei tanto diventare maestro, però sono ancora un novizio, un aspirante entusiasta dalle belle speranze. Indagando su di me ho scoperto che una percezione del tempo come quella sopraesposta io la riesco a raggiungere in due modi. Spesso mi pare che il tempo si contragga quando ripasso gli ideogrammi mentre mantengo una velocità di almeno quattro minuti e mezzo al chilometro; in pratica disegno mentalmente i kanji e quasi mi disinteresso del corpo poiché ormai i movimenti mi sono entrati dentro come gli automatismi ad un musicista: la strada può essere paragonata alla tastiera di un pianoforte dove so sempre in quale punto mettere i piedi (fossero le mani mi dedicherei all’attività circense), alla giusta distanza, come gli intervalli nella musica, ma tutto ciò è più di una semplice sinestesia.
In altre occasioni invece penso alle delusioni e alle loro figlie, le frustrazioni, tuttavia durante la corsa ci ragiono al punto da portarle al parossismo e alla fine dello sforzo aerobico è come se le avessi disinnescate. Non sono sempre in grado di provocare questa catarsi volontariamente poiché per adesso ho esperito i suoi effetti migliori in manifestazioni spontanee, ma sono certo che esiste un modo per generarle. Alcuni tipi di yoga potrebbero essere una via maestra in tal senso, e ovviamente non mi riferisco agli esercizietti che taluni compiono sommariamente per sentirsi meno occidentali e più profondi. Credo che la corsa sia una meditazione e anche per i processi biochimici che innesca offre un humus in cui è possibile trovare altri sbocchi che non siano la cura della forma fisica, l’annessa vanità (della quale invero anch’io mi macchio dinanzi a specchi sempre più silenziosi) o dell’agonismo podistico.
Per i più esigenti è comunque possibile (beh, in realtà non lo è, almeno per adesso) toccare la velocità della luce: in quel caso il tempo diverrà talmente relativo da fare skip sul repeat della storia, questo disco rotto!

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3
Gen

Le scatole cinesi al tempo della crisi

Pubblicato martedì 3 Gennaio 2012 alle 10:58 da Francesco

Il mondo non è peggiorato, bensì è solamente giunta notizia delle sue reali condizioni a quanti credevano di risiedere in una botte di ferro che, di giorno in giorno, assomiglia sempre di più ad una polveriera. La tristezza si acuisce in congiunture del genere perché trova un campo fertile su cui espandere la propria sterilità. Quando il presente non è dei più rosei e il futuro pare che non abbia margini di miglioramento, allora tutti i fantasmi di una persona si preparano con il coltello tra i denti, pronti per un assalto all’arma bianca.
In situazioni del genere ogni problema viene amplificato all’inverosimile e degli scogli prendono le forme della cordigliera andina. Il bombardamento mediatico non dà tregua e cerca in qualsiasi modo d’incutere paura, ma si può avere il polso degli avvenimenti senza lasciarsi foraggiare da pane e catastrofismo. Sarebbe più facile affrontare la crisi economica se questa a sua volta non ne aprisse d’interiori. Ci pensi bene chiunque decida di togliersi la vita dato che per crepare c’è sempre tempo, invece per vivere la tirchieria della natura concede pochino: potrebbe fare di più. Non condanno il suicidio e talvolta lo trovo un gesto di estrema libertà, ma soltanto in quei casi in cui non venga dettato da eventi tragici, qualora non sia estorto dalla vita e invece ne diventi il coronamento.
Probabilmente non è il momento migliore per farsi mancare l’affetto, tuttavia può trattarsi di una nuova occasione per mettersi alla prova. Qualche settimana fa elogiavo la bellezza invernale e mi fregiavo della solitudine, ebbene, oggi non sono più così baldanzoso perché anch’io ho preso a combattere qualche spettro e devo essere sincero: mi addormenterei meglio se potessi farlo accanto a qualcun altro. Il sottoscritto porta avanti la sua campagna senza vittorie né sconfitte.

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2
Gen

Nelle vicinanze della distanza

Pubblicato lunedì 2 Gennaio 2012 alle 14:01 da Francesco

Procedevo adagio, sul cocchio, inebriato dai caldi venti degli inferi adiacenti. Ai bordi della strada non c’era nulla di cui rallegrarsi e le uniche risate erano isteriche, forzate, protratte oltre il limite della cosiddetta normalità. Non sapevo per quanto avrei dovuto battere quella via, perciò stavo attento a non abbassare la guardia. Sebbene non l’avessi mai contemplato con stupore né mai avesse esercitato su di me un forte fascino, mi mancava il volo radente dei piumaggi candidi.
Di tanto in tanto scorgevo dei corvi, quasi tutt’uno con il dominio del buio: servi alati che invece di librarsi altrove pilotavano le cadute altrui. Laggiù, aguzzando la vista, era possibile osservare in lontananza dei campi incolti da cui emergevano mani imploranti; puntualmente, quelle scene destavano in me un profondo senso d’inquietudine poiché non c’era nulla che le dita sporgenti potessero afferrare. Dalla parte opposta, lungo un crinale, procedevano in fila i corpi suicidati. Legati tra loro, quei finali anticipati sembravano dei plagi e ognuno accusava il vicino di avergli rubato l’idea quando invece tutti s’erano sottratti solamente la vita: battibecchi di fine mandato. Sul cocchio, continuavo adagio e attendevo che l’oscurità si diradasse, che nulla più la nutrisse.

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1
Gen

L’avvio

Pubblicato domenica 1 Gennaio 2012 alle 08:10 da Francesco

Mi affaccio sul nuovo anno dopo una buona dormita. Non mi piacciono i fuochi artificiali così come non mi attraggono le infatuazioni. Non so come si snoderanno i prossimi dodici mesi, però starà a me non inciampare tra i giorni venturi. Mi sento protetto da me stesso e seguirò il tempo fino a quando ne avrò a mia volta. Non ho gioie calendarizzate, ma spero che una mi travolga senza preavviso. Inizio quest’anno nello stesso modo in cui ne ho lasciati molti altri, però peccherei di presunzione se credessi che un tale ciclo non possa cambiare completamente. L’universo non è statico e non lo è neanche l’esistenza dell’essere umano nonostante taluni sostengano l’esatto contrario. Chissà come andrà a finire: per adesso esco a correre e un giorno lontano ci penserò.

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30
Dic

Il tempo di un ulteriore slancio

Pubblicato venerdì 30 Dicembre 2011 alle 19:19 da Francesco

Al posto del cuore ho una stella di neutroni perché la massa emotiva che contiene è talmente densa da rendere possibile una tale equiparazione. A capodanno andrò a letto presto e il primo di gennaio saluterò l’alba nel pieno delle forze. Invece il primo di marzo, a meno di venti giorni dall’equinozio di primavera, potrò annotare su queste pagine due risultati personali.
Non importa quante delusioni si siano abbattute su di me poiché ognuno ha la sua quota, ma io non ne sono mai stato annichilito. Certo, qualche volta ho subito forti contraccolpi, specialmente quando le mie conoscenze erano inferiori e il mio livello d’introspezione assai basso, però alla fine nella mia esistenza è sempre prevalsa la volontà di evolvere e ancor oggi sono qua per farlo presente a me stesso. Posso contare sulla fiducia che nutro verso di me perché nel bene e nel male non ne ho mai provata altra. Ho gioito e ho sofferto da solo, ho toccato vette di estasi e abissi d’inquietudini senza che nessun altro fosse là né tra gli alterni purgatori, ma da quella solitudine si è sempre propagato il mio orgoglio e non importa se per me non è ancora giunto il momento di separarmene.
Ogni tanto, quando mi viene a trovare, ma credo anche e specialmente quando è lontana, mia madre non si spiega come io faccia a vivere nel modo in cui vivo. È proprio l’orgoglio che mi permette di migliorare me stesso senza che la follia mi pieghi a sé; non intendo la vanagloria o la superbia che tutt’al più possono soddisfare la vanità, bensì mi riferisco ad una forza interiore che mi accudisce come la guida che non ho mai avuto: il padre che non mi ha mai cresciuto, il dio a cui non ho mai creduto, l’amore che non ho mai provato e il ruolo che non mi sono mai scelto. Invito me stesso nel futuro e accetto con molto piacere.

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29
Dic

Alla fine tutto ricomincia

Pubblicato giovedì 29 Dicembre 2011 alle 16:22 da Francesco

Il nuovo anno è alle porte, ma il tempo non è davvero segmentato come vorrebbero i calendari. Tiro dritto verso il compimento della ventottesima primavera in un’epoca troppo parca di grazie. Non ci sono tracce fresche nei miei pensieri e chi avrebbe potuto colonizzarne ogni atomo ormai ha intrapreso nuove rotte, irreversibili e più comode; forse in futuro qualcun altro si avventurerà in queste acque calme, forse no. Il tempo trascorre, però le mie coste rimangono incontaminate e non escludo che sia un bene. Dai prossimi dodici mesi non mi aspetto nulla di nuovo, però una prospettiva del genere non m’inquieta perché ormai ho sviluppato gli anticorpi adatti.
Quest’anno è stato disastroso per buona parte del globo terrestre, a livello personale invece ha presentato momenti alterni e negli ultimi mesi la mia serenità ha toccato nuovi e inaspettati picchi senza ragioni particolari. La mia è una tranquillità autoreferenziale, forse più semplice da gestire perché non può essere influenzata dall’andamento di un rapporto intimo. Minchia, ormai certe tematiche sono così distanti da me che le affronto come se appartenessero ad altri mondi.

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27
Dic

Se non ci fossi

Pubblicato martedì 27 Dicembre 2011 alle 20:43 da Francesco

L’immagine sottostante del caro Eisenhower mi ricorda come talvolta la libertà sia solamente un punto di vista. Chissà quanti s’aggrappano alle speranze quando non stringono le sbarre d’una cella o di un’ossessione. Mi domando poi se quelle stesse speranze cambino forma e contenuto qualora le mani si trovino ad intrecciarne altre. Io che non conosco la prigionia né l’affetto non posso rispondermi, però se avessi i titoli per farlo dovrei stare attento a non deformare le mie considerazioni in base all’eventuale vissuto.
Ogni tanto mi sento vecchio, ma non si tratta mai di una manifestazione depressiva ed è invece un’esperienza breve nella quale domina un senso di pace che non riesco a trattenere del tutto. Forse sono in grado d’immaginare almeno un po’ cosa possa provare chi è in procinto di morire, ma io in più ho il vantaggio di avere ancora tutta la vita davanti. L’esistenza per me non è un problema, manco un fastidio, ma semplice bizzarria. Se fossi più cinico del dovuto scriverei che il domani è un’invenzione dalla dubbia utilità.

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25
Dic

Classifiche di fine anno, preferenze… cose così!

Pubblicato domenica 25 Dicembre 2011 alle 12:03 da Francesco

L’anno volge al termine, perciò ne approfitto per stilare qualche classifica senza pretendere che vi sia una piena concordanza con le mie preferenze autentiche: purtroppo anche la soggettività ha vari strati. Anzitutto appunto la top ten dei dischi che mi hanno accompagnato nel corso dell’anno senza però limitarmi ad includere quelli che sono usciti negli ultimi dodici mesi.

  1. Pathfinder – Beyond The Space, Beyond The Time (2010)
    Questo è un disco eccezionale che non presenta punti deboli. La title track è una delle cose più epiche che io abbia mai sentito e talvolta me ne avvalgo durante le sessioni di corsa con esiti prodigiosi. A mio avviso si tratta di un nuovo standard per il power metal e sono contento che sia giunto in un momento in cui il genere sembrava incapace di uscire dalla propria stagnazione. Devo sottolineare il grande passaggio di Roberto Tiranti (ospite del gruppo) proprio sulla title track, “Beyond The Space, Beyond The Time”, esattamente tra 6:24 e 6:55: ogni volta che ascolto quei trentuno secondi provo brividi reali.
  2. Le Orme – La Via della Seta (2011)
    L’ingresso di Spitaleri ha permesso a questo storico gruppo di sfornare quello che a mio avviso è il punto più alto della propria discografia. Ho avuto modo di godermi due volte dal vivo questa nuova line-up che spero di rivedere in futuro. Le Orme hanno dimostrato che il prog italiano è vivo e gode di buona salute.
  3. Demonaz – March of the Norse (2011)
    Adoro gli Immortal e provo una venerazione per il disco solistico di colui che reputo un maestro del riff. L’album ha atmosfere cupe in cui si sentono gli echi di “All Shall  Fall” del duo norvegese, ma gode di una sua personalità che sfiora il black metal senza arenarsici: tra l’altro ho acquistato l’album in vinile dato che per me meritava l’esborso. Demonaz prova ancora una volta che la tendinite non gli impedisce di fare grandi cose.
  4. Davide Spitaleri – Uomo Irregolare (1980)
    Grazie all’ultimo album de Le Orme ho scoperto la voce meravigliosa di Spitaleri e di conseguenza oltre a questo disco dovrei citare anche quelli dei Metamorfosi, ma lo spazio è tiranno! Le linee vocali di tutto “Uomo Irregolare” (di cui adoro la title track) hanno qualcosa che riesce a toccarmi in profondità: insomma, per me si tratta di un lavoro emozionate da parte di un’icona del prog italiano.
  5. Sunless Rise – Promo (2009)
    Mi chiedo come mai questi sbarbatelli russi non abbiano ancora un contratto. Sono incappato per caso nel loro demo e ne sono rimasto folgorato. Costoro offrono un death metal melodico molto tecnico e non oso pensare a cosa potrebbero sfornare in un full length. Il promo può essere scaricato gratuitamente dal sito del gruppo.
  6. Nightrage – Insidious (2011)
    Devo essere sincero: da questi ragazzi non mi aspettavo nulla di meno! La formula è sempre la stessa: death metal melodico di grande qualità, tutt’altro che banale e in cui io noto un ulteriore (l’ennesimo!) miglioramento della formazione svedese.
  7. Apollo Brown – Clouds (2011)
    Mi sono allontanato parecchio dalle ultime uscite hip hop in quanto non riesco più a trovare delle produzioni in grado di appagarmi l’udito, però l’album esclusivamente strumentale di Apollo Brown è una piacevole eccezione a quest’arida regola. Tra le ventotto tracce la mia preferita è “Tao Te Ching”: favolosa.
  8. Supreme Pain – Divine Incarnation (2011)
    Questo è un disco che non guarda in faccia nulla e nessuno: brutale dall’inizio alla fine. Non ci sono compromessi. Sonorità estreme, fedeli ad una scuola che oggi ha lasciato spazio a soluzioni più melodiche. Il death metal di questo gruppo è proprio tale, senza la necessità di doverlo allungare con aggettivi impropri.
  9. Liquid Horizon – The Script of Life (2011)
    Sono venuto a conoscenza di questa band tramite una web radio e sono rimasto particolarmente colpito da un loro pezzo, “When Darkness Fall”: in seguito mi sono piaciute molte delle tracce che compongono l’album summenzionato.
  10. Keith Jarrett – My Foolish Heart (2007)
    Non so davvero quali parole spendere per questo mostro sacro e in realtà mi sento un po’ a disagio nel collocarlo al termine di questa top ten. Per certi stati d’animo il disco in questione incontra pochi rivali dentro di me.

In termini di tempo è più facile ascoltare un disco che leggere un libro, ma non è detto che una certa fruizione del primo richieda meno ore del secondo. Non intendo fare grandi commenti né tanto meno cimentarmi in riassunti prolissi, perciò sarò assai breve. A differenza della classifica musicale, quella dedicati ai libri l’ho stilata su letture che sono state tutte molto interessanti. D’altronde pongo molta attenzione a ciò che scelgo di leggere ed erro di rado, davvero di rado. Questa top three si basa su undici libri letti nel corso dell’ultimo anno.

  1. Il maestro e Margherita – Michail Bulgakov
    Ho consumato questo classico in camminate da venti chilometri l’una (in gran parte lungo il percorso che solitamente faccio a corsa), con una tecnica di lettura che ho preso in prestito da certi monaci, ovviamente esasperata da me grazie alle doti podistiche. C’è un non so che di magico tra le pagine di Bulgakov, un magnetismo che attrae l’inquietudine e lo stupore senza chiedere permesso. Qualcosa di smile mi capitò quando lessi per la prima volta “Delitto e castigo”. Una tristezza assai profonda, una comicità tenue e un poderoso conforto rappresentano ciò che mi ha accompagnato pagina dopo pagina e ben oltre. Potrei anche aver intuito qualcosa in più sull’amore, ma devo lasciare al tempo il compito di svelarmelo.
  2. Rigodon – Louis-Ferdinand Céline
    Per me è la parte migliore de “La trilogia del nord”. Ovviamente reputo “Viaggio al termine della notte” e “Morte a credito” su un altro pianeta, però anche in questo libro Céline riesce a mostrare il meglio e il peggio di sé, infatti nel suo stile caustico, come i resti delle città tedesche che attraversa, egli snocciola una sensibilità che non si banalizza mai. Céline tocca le corde più profonde dell’essere umano, tuttavia ha il buon gusto (o il cattivo, dipende dai punti di vista) di farlo partendo dal culo.
  3. Il cervello e il mondo interno – Mark Solms, Oliver Turnbull
    Questo volume divulgativo ha espanso le mie conoscenze (sempre manchevoli) in merito alla psicoanalisi e al suo (nuovo) incontro con le neuroscienze. Alcune parti del testo hanno freddato un po’ la mia visione dell’esistenza, altre invece mi hanno spinto a chiedermi perché io sia giunto a tali conclusioni. Insomma, tra le nozioni e le ipotesi vi ho ricavato anche momenti d’introspezione.

Infine vorrei fare una menzione d’onore per ‘sto cazzo: doverosa un paio di palle!

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22
Dic

Lampi di qualunquismo

Pubblicato giovedì 22 Dicembre 2011 alle 19:03 da Francesco

Seguo l’andamento del mondo attraverso le notizie locali e internazionali, ma evito di spenderci troppe righe su queste pagine. La manovra del governo tecnico mi ha deluso e mi chiedo come mai non sia stata elaborata con una tassazione meno vessatoria. Forse sussistono delle ragioni che non possono essere divulgate? Non intendo qualcosa di dietrologico, bensì un silenzio che sia motivato da ragioni di Stato. Io spero che dalla politica spariscano i legami con le ideologie e le filosofie, perciò anche i simboli e le bandiere: non mi riferisco soltanto agli estremisti, oramai relegati a mero folclore, ma anche e specialmente alle formazioni moderate.
Non sono uno che difende a spada tratta la democrazia perché questa può attecchire soltanto in nazioni abbastanza mature per accoglierla, nelle altre invece vi è un rigetto come purtroppo avviene talvolta dopo il trapianto di un organo. Ad uno sbaglio concertato e condiviso preferisco di gran lunga una scelta corretta da parte di una élite ristretta. Vorrei che l’Italia perdesse la sovranità nazionale e venisse affidata alla guida di un governo d’emergenza composto soltanto da altri europei per il tempo necessario. Se qualcuno leggesse queste parole potrebbe pensare che io sia un fautore dell’assolutismo, invece propendo per l’esatto contrario, però faccio i conti con la realtà. Come per altre questioni, mi auguro che le mie idee vengano smentite con largo anticipo. Non ho convinzioni ferree e anche per questa ragione non potrei mai legarmi ad una formazione politica, ma spero sempre che prevalgano le scelte più efficaci e non me ne frega un cazzo se queste poi finiscano per smentire le mie opinioni da quattro soldi. Sono pragmatico: a fanculo le teorie che taluni cercano d’incastrare nel mondo, a meno che non vi portino migliorie.

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