12
Mar

Run or die trying vol. 6

Pubblicato lunedì 12 Marzo 2012 alle 11:11 da Francesco

L’altro ieri ho creato la sesta playlist con cui accompagnare le mie sessioni di corsa e domenica mattina l’ho provata su strada per diciotto chilometri con risultati pregevoli. Ho ricevuto anche la certificazione di due ciclisti un po’ attempati ma ancora arcigni, forse ex podisti: entrambi infatti hanno riscontrato in me delle doti da fondista, in particolare nel modo di alzare le gambe, però mi conosco e so che parte del merito dell’andatura è sempre da ascrivere al tappeto musicale. Peccato che mi manchi la fame agonistica e che io oggi punti a salvaguardare la muscolatura, sennò mi sarei divertito a pesare cinquanta chili in modo da avere qualche piccola chance per vincere delle mezze maratone: sono felice comunque di riuscire ancora a toccare punte di sedici chilometri orari su quelle distanze.
Ogni tanto mi sembra di prendere il testimone dell’entusiasmo che fu di chi già si è incanutito e la cosa mi diverte. Gli ex atleti (benché per me siano ancora tali) sovente mi paiono lontani dal mondo gerontocratico dei loro coetanei (non affermo che taluni non possano essere sia l’uno che l’altro), come se l’attività fisica avesse instillato in loro l’umiltà necessaria per svolgerla con costanza nonché quella altresì indispensabile per impedire l’insorgenza delle frustrazioni legate all’invecchiamento. Francesco ogni tanto inciampa nei pensieri, ma corre sempre: beato lui.

1. Virgin Steele – The Burning of Rome

2. Domine – The Messenger

3. Crosswind – Eye of the Storm

4. Istanzia – Power of the Mind

5. Pathfinder – Beyond The Space, Beyond The Time

6. Dreamtale – Chosen One

7. Rosae Crucis – Anno Domini

8. Eluveitie – A Rose For Epona

9. Therion – Voyage of Gurdjieff

10. Vexillum – Il Giocatore di Biliardo (Branduardi cover)

11. Silverlane – Wings of Eternity

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10
Mar

Lontanissimo dal faro di Alessandria

Pubblicato sabato 10 Marzo 2012 alle 08:37 da Francesco

Stamane il vento spira forte, però non si trascina dietro il gelo: forse non sono la persona più indicata per valutare la temperatura esterna. Anche quest’anno non mi sono ammalato; non ho avuto una linea di febbre né un raffreddore: solo degli sporadici starnuti. Odio portare addosso più di quanto serva ed è per questa ragione che mi svesto al cospetto dell’inverno come ai piedi dell’introspezione. Ho in custodia delle sensazioni gradevoli, ma nulla di trascendentale.
Sorseggio del ginseng e penso a Ipazia ora che le mie parole non possono più raggiungerla né ferirla. Sono stato profondamente scortese nei suoi confronti, spesso scostante e non ho mai saputo avvicinarla come invece avrei dovuto, ma pago per i miei sbagli e alzo la tazza in loro onore: ad maiora. In lei avevo intuito le potenzialità di un Io ancora acerbo, un complice ideale. Mi viene da ridere perché se avessi avuto più tatto forse le cose sarebbero andate in maniera diversa, ma evidentemente non conosco mezze misure: a qualcun altro il compito di ghermirla. Coltivo idee per anni e ogni volta ne restano nient’altro che erbacce: non ho il pollice verde e di sicuro è un altro il dito con il quale devo toccare il cielo. Non riesco a fare il passo decisivo oltre il mondo platonico, eppure non sono un idealista. Ogni individuo ha qualche nome a cui legare i propri ricordi, però io lascio tutto a briglia sciolta perché non amo le idee fisse e grazie a degli sventurati ho compreso quanto queste siano pericolose.

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9
Mar

Mors tua vita mea

Pubblicato venerdì 9 Marzo 2012 alle 15:11 da Francesco

Io non scorgo nulla di nuovo nei problemi del mondo contemporaneo. L’esistenza è spiraliforme. Non c’è una singola notizia che mi sorprenda: ogni evento è la ripetizione di qualcosa che è già successo. La società è una cassa di risonanza del passato, perciò sarei insincero se mi stupissi per delle dinamiche arcinote. Seguo la cronaca, ma cerco di non commentarla, almeno su queste pagine. Lotto strenuamente per non farmi influenzare dal clima che allestiscono i media benché io non ne stigmatizzi troppo l’operato. Trovo che quest’epoca sia ancora primitiva e guardo con diffidenza chiunque predichi la nonviolenza, ma riservo lo stesso atteggiamento ai guerrafondai. Nel corso degli anni ho analizzato il mio modo di recepire certi avvenimenti e così ho imparato a non formulare delle opinioni sull’onda emotiva. Mi sono un po’ spaventato quando ho capito che non esiterei un momento a giustiziare alcuni criminali a sangue freddo, con uno sparo alla testa. Più volte mi sono immaginato con una pistola in mano e un colpevole genuflesso. Suppongo che scene del genere scaturiscano dal mio Super-Io e che compensino parzialmente la mancanza di una figura paterna. Al di là dell’analisi introspettiva, io non sono mai stato in grado di ravvisare qualcosa di sbagliato nel concetto di occhio per occhio e ancor oggi quest’ultimo mi sembra del tutto naturale. Forse un’altra violenza che l’uomo compie nei confronti di sé consiste nel negarla a chi se ne renda autore per primo. La pietà è un concetto pericoloso e applicato male, cristiano nel senso peggiore del termine e lassista, ma non la penserei allo stesso modo se mi trovassi a vivere in un’epoca davvero illuminata. La mia ragione si adegua ai tempi e non tenta di forzarne le chiusure poiché in circostanze del genere non c’è scasso che tenga.

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9
Mar

A debita distanza dalla meccanicità

Pubblicato venerdì 9 Marzo 2012 alle 10:46 da Francesco

Da quando sono nato i miei contatti con il genere femminile sono sempre stati rari e superficiali. Dall’infanzia fino al termine dell’adolescenza la timidezza mi ha tenuto distante da ogni rapporto col gentil sesso, ma allo stesso tempo mi ha protetto da quelle delusioni che avrebbero potuto distorcere per lungo tempo il mio pensiero se fossero avvenute in seno all’inesperienza d’allora. Oggi circolo ancora nella pubertà e lo stato vergineo mi conferisce un’aura bizzarra perché non lo reputo motivo di vergogna come invece, surrettizia, induce a credere la società maschilista e cristiana di cui sono figlio. Non idealizzo la donna poiché se lo facessi commetterei lo stesso errore di chi ci proietta sopra le proprie insicurezze: io le mie le mando in onda altrove.
La mia posizione è di un immobilismo disarmante, ma è fondata su una ricerca dell’amore che mi è stata suggerita dagli errori dei miei simili. C’è troppa meccanicità nei rapporti interpersonali e io voglio rifuggirne. Ho la necessità di un legame autentico che non nasca dal bisogno, ma che lo crei in seguito all’incontro di due menti lucide. Per me l’amore non è un accordo tacito tra due persone che temono la solitudine: trovo in una relazione di questo genere un atto di sfiducia verso sé stessi, il primo passo verso frustrazioni fecondissime.
Certe cose le ripeto da anni, infatti predico nel deserto e probabilmente continuerò ancora per molto i miei soliloqui tra le dune. C’è qualcosa di peggiore dell’isolamento e dell’emarginazione, ovvero la dimenticanza di sé: per me la vita sarebbe più facile se potessi convincermi dell’esatto contrario, ma proprio non ci riesco. Seppur con gravi pesi nello stomaco, posso accettare di non amare nessuno, ma a patto ch’io non mi perda. Mi snaturo nel ruolo del solitario poiché sono tutt’altro sebbene la mia storia personale e il presente facciano credere il contrario. Ho una vita interiore molto ricca nonostante in me non vi sia alcuna forma di spiritualità ed è questa che fortunatamente mi consente di mantenere alte le soglie di sopportazione e di attenzione. Alcune volte mi sembra che le mie parole infastidiscano qualcuno, come se facessero da eco alle voci sopite della sua intimità. Io mi occupo di me stesso, non di terzi, tuttavia a domanda rispondo. Ho un grande privilegio rispetto ad altre persone benché taluni da fuori lo reputino un problema: in realtà è un’occasione. Non voglio essere meccanico, sono insofferente a tutti gli automatismi: quanti già ne compio senza esserne consapevole!

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7
Mar

Vampate d’indefinitezza

Pubblicato mercoledì 7 Marzo 2012 alle 14:33 da Francesco

Alcune volte ho la sensazione che la vita mi passi accanto. Nel caos organizzato di quest’epoca non ho dei punti fermi, ma probabilmente non ne avrei avuti neanche se mia madre mi avesse cacato nell’età dell’oro, intarsiato di talenti su un piedistallo inamovibile.
Gradisco il modo in cui convivono in me il sollievo della mortalità e il piacere di vivere, ma dovrei rafforzare un po’ il primo. Sono un manicheo part time, però mi reputo tutt’altro che un dualista e trovo divertente una tale mescolanza d’antitesi: mi auguro che si tratti d’una ricetta salutare. La mia lingua madre mi rende orfano, ma negli specchi incontro sempre qualcuno verso cui mi azzardo a nutrire un affetto fraterno. Sono straniero in terra natia, trapiantato in un caso che non mi appartiene ma a cui io appartengo: una storia unilaterale. Non devo cambiare il destino né credere in una metafisica che lo ponga al vertice, al centro o di sbieco: io in casa d’altri non muovo nulla. Pago a caro prezzo la mia lucidità, però è un lusso a cui non so proprio rinunciare e di scontato mi prendo le domande oltre al tonno: perché io mi posso lambiccare con pensieri inconcludenti e qualcun altro invece deve crollare a terra dopo una raffica di proiettili? Che sia una mera questione di karma? Un escamotage finalistico vale l’altro.
Non c’entro un cazzo con la persone di mia conoscenza: gente buona, gente cattiva, ma stiamo su pianerottoli diversi. Mi manca una portinaia che abbia in testa una carica di visioni, centouno più miliardi ancora. Brucio una chance dietro l’altra, manco fossi un piromane: se almeno fossi un emule di Keith Richards potrei sniffarmi le ceneri, ma le droghe sono mezzucci da timorati di un qualche dio. Odio il puzzo di tabacco, lo detesto: posso sopportare quello d’incenso, a patto di non subodorare la dulia.

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5
Mar

Precipizio giulivo

Pubblicato lunedì 5 Marzo 2012 alle 10:30 da Francesco

All’inizio della scorsa primavera mi recai alla Torre di Capo d’Uomo, sul Monte Argentario. Là mi beai di un panorama che già altre volte avevo abbracciato con lo sguardo, ma in quell’occasione mi sfidai a raggiungere una sporgenza rocciosa che dalla base della torre aggetta sul mare. Timoroso e cauto mi spinsi fin dove il coraggio mi permise di farlo, ovvero a pochi centimetri dal vuoto, così pochi che questo m’invitò ad accomodarmi nel suo dominio. Provai un grande brivido che ancor oggi, in una certa misura, m’è dato sperimentare dal solo ricordo. Paura e tentazione s’insinuarono in me, però entrambe furono spazzate via dall’acume; da quella fiammella che mi arde dentro e di cui non riuscirei a causare lo spegnimento neanche se ci soffiassi sopra con tutta la stupidità in mio possesso. Quando ritornai alla torre fui soddisfatto. Mi sentii ancora più vivo benché non avessi corso un vero pericolo. Non fu l’adrenalina ad appagarmi, ma qualcosa di più profondo da cui ancor oggi io mi sento mosso: forse si tratta semplicemente d’indole. Quest’anno non mi cimenterò in un’escursione che qualcuno potrebbe attribuire alla gita di un aspirante suicida: mi limiterò a riderne.
In vicende bizzarre come questa o nei miei allenamenti fisici nutro sempre la convinzione di uscirne tutto intero, altresì, a torto o a ragione, non intraprenderei certe sfide personali. Se mi guardassi da fuori in alcuni casi potrei considerarmi un incosciente, ma proprio perché ho una certa confidenza con me stesso posso assicurare con calma olimpica di non andare mai al di là delle mie corde. L’errore può esserci sempre, un cedimento dell’organismo può colpire ogni individuo, ma non metto mai volontariamente a repentaglio la mia incolumità. Lo ripeto spesso e lo ripeterò sempre più forte: io mi amo. Mancanze di un certo ordine m’impongono di stuzzicare la morte a distanza di sicurezza, un po’ come i bambini che se la prendono con le vecchie pazze e stanno attenti a non mettersi nella gittata delle loro scope. Sul mio viso c’è un sorriso conscio e non sarà certo l’ultimo. Malgrado la burocrazia calendaristica già mi stringo forte la primavera.

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2
Mar

Nuovo nichilismo solidale

Pubblicato venerdì 2 Marzo 2012 alle 20:24 da Francesco

Sono riuscito a conseguire uno dei due risultati personali che mi ero imposto di ottenere entro i primi di marzo: il completamento del quarto libro. Lo scritto in questione è stato partorito tra il primo di dicembre e metà febbraio; conta oltre duecentomila caratteri ed è un romanzo, l’ultimo, quello che non avrei mai voluto scrivere. Per me è stato un atto catartico, un grande boato che mi auguro abbia accompagnato la mia separazione definitiva dalla narrativa per consentirmi di approdare alla saggistica. In realtà non sono affatto certo di volermi cimentare nella stesura di un quinto testo, ma attualmente non escludo nulla.
Per adesso “Nuovo nichilismo solidale” resterà nel mio cassetto, stampato in poche copie che non potrebbero acquisire valore neanche se io morissi in una maniera consona all’innalzamento dell’auditel di un telegiornale. Quest’ultimo libro è più vicino a “Né d’incesto né d’amore” che a “L’atea verginità, la beata verginità”, ma non c’entra nulla l’ordine cronologico.
A maggio dovrei ottenere eventuali risposte per il mio terzo libro, però non mi aspetto nulla e credo che anch’esso sia da qualche parte (forse nessuna) ad attendermi. Non so quando e se sottoporrò a qualche casa editrice il successore dello scritto che al momento si trova in giro per l’Italia, in graziosi cestini, ora di plastica, ora di metallo. L’importante è ch’io abbia chiuso i conti con un certo modo di scrivere e di ciò mi sento immensamente gratificato.

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28
Feb

Il giusto tributo

Pubblicato martedì 28 Febbraio 2012 alle 09:48 da Francesco

Nei momenti in cui compio gli ultimi sforzi per risalire la china non mi affido alla letteratura, non mi perdo nella filosofia della natura di Schelling, bensì ascolto i Manowar perché mi amplificano l’esaltazione. Per quanto gli eventi e la mia stupidità possano offuscarmi, alla fine riesco sempre a ritrovare me stesso ed è immancabilmente un grande piacere. Nessuno nel passato, nessuno nel presente, nessuno di fianco, ma tanto amor proprio con le porte della mente spalancate.
Vivo per i periodi in cui posso celebrare il superamento dei tempi bui. Le prove alle quali il caso mi chiama sono poca cosa rispetto a quelle che devono fronteggiare persone meno esperte alle prese con difficoltà davvero gargantuesche, ma posso vantarmi di rispondere all’appello e non è cosa da tutti. È vero, continuo a calpestare le stesse strade, a sudare sui medesimi percorsi, a leggere e scrivere senza che le parole oltrepassino loro stesse, però mi sento vivo e commosso. La crudeltà della natura nasconde una dolcezza infinta. Voglio protrarre questa sensazione che finalmente ha preso a rifiorire in me, come una pianta rampicante diretta alla ghiandola pineale. Le nuvole si diradano e io non sono il tipo da rimpiangerle. La lotta è stupenda. Forse cadrò di nuovo, forse mai più: l’importante è il presente, nell’accezione più fulminante e istantanea del termine. Non mi preme crogiolarmi nella vanagloria di farcela da solo, di custodire l’indipendenza emotiva ad libitum, però mi sento magnificato dalla consapevolezza di disporne, dalla certezza d’annoverare entrambe nelle mie corde.

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26
Feb

Alle porte di marzo

Pubblicato domenica 26 Febbraio 2012 alle 15:39 da Francesco

Manca meno di un mese all’equinozio di primavera, però avverto già i moti della nuova stagione. Ogni pomeriggio accolgo una sensazione piacevolissima all’altezza dell’epigastrio, come se nel mio stomaco al posto delle farfalle volassero delle aquile reali: ogni anno la stessa migrazione! Mi ero ripromesso di trascorrere un inverno a debita distanza da qualsiasi legame affettivo e ci sono riuscito senza compiere grandi sforzi, tuttavia ho subito lacerazioni improvvise a causa di una ricomparsa inaspettata sul piano platonico: un fuoco fatuo che credevo estinto per sempre. Il peggio è passato e, con la dovuta cautela, m’azzardo a sentire mia una rinnovata leggerezza. Penso che neanche quest’anno scoccherò il primo bacio, però conto ancora una volta di riavere tutta la tranquillità che ho già dato prova di sapermi infondere.
Non sono abbastanza stupido da usare i pensieri come tenaglie nelle quali tuffarmi, perciò devo tornare in linea con i punti più alti a cui i miei slanci mi consentano di assurgere. Non voglio che la pochezza mi tarpi le ali, ma per evitarne il giogo ho bisogno di un Io coeso. Una parte di me anela alla fusione con un’altra persona, un’altra è conscia dell’attuale impossibilità di un’unione e un’altra ancora brama il mio risveglio poiché è la più dolce delle tre: poi ce ne sono tantissime che guardano, prive di nome e la cui presenza posso solo intuire poiché sfugge alla coscienza.

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24
Feb

Orgoglio e pregiudizio

Pubblicato venerdì 24 Febbraio 2012 alle 20:36 da Francesco

L’altro ieri ho finito di leggere “Orgoglio e pregiudizio”. Devo riconoscere a Jane Austen uno stile mirabile senza cui non sarei stato in grado di sopportare la melensaggine della storia. Ho scelto di sorbirmi un romanzo rosa nel momento in cui ho scartato Bukowski, ovvero quando da alcuni estratti di quest’ultimo ho constatato come alla sua scrittura manchino la crudezza di Céline e la poesia visionaria di Jack Kerouac benché si proponga di cingere demoni simili: inutile ripetermi. Nel caso della Austen ho apprezzato più la forma del contenuto e d’altronde mi sarei sorpreso se fosse accaduto l’esatto contrario. Secondo me questo libro ha delle colpe che lo collocano al di là del genere rosa, difatti per ciò che ha cagionato io lo considero il manifesto di un nichilismo ginecocratico. Invece della produzione di Elizabeth Bennet in quantità celestiali, sospetto che la lettura di “Orgoglio e pregiudizio” abbia dato slancio a molte Charlotte Lucas e Catherine de Bourgh. I maschi non devono neanche sforzarsi di sfogliarne le pagine, difatti tra di loro è più facile trovare un Wickham che un signor Darcy. Quante somiglianze ravviso tra le isterie che s’intuiscono in mezzo alle pruderie dell’Inghilterra che fu e quelle oggi ascrivibili all’apparente emancipazione del genere femminile! Basta cambiar la scocca agli errori per costruirci sopra l’illusione di grandi cambiamenti. A seguito di questa lettura non penso di conoscere qualcosa in più dell’universo femminile, però credo di averne ricavato dei paralogismi che sfoggerò all’uopo.

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