Pubblicato mercoledì 20 Giugno 2012 alle 03:35 da Francesco
Sogno n. 8
Mi ritrovai in un monolocale, assiso su un divano giallo. Accanto a me sedevano altri due ragazzi che parevano spaesati; costoro non erano i proprietari dell’abitazione e non sapevano neanche come fossero finiti là. D’un tratto uno dei due mi domandò se fossi frocio e si dispiacque quando gli risposi che non lo ero. Alzai gli occhi sul soffitto per un attimo, ma quando riportai lo sguardo sul mio interlocutore lo vidi completamente nudo mentre penetrava il terzo ragazzo, anch’esso completamente svestito. Mi sorprese cotanta velocità d’esecuzione, tuttavia mi chiesi come mai il ragazzo attivo tenesse le braccia allargate mentre inculava l’altro e prima che io uscissi dalla casa quella posa mi fece venire in mente il Cristo di Rio de Janeiro.
–
Sogno n. 9
Vidi una signora che parlava con alcuni ragazzi. All’inizio del sogno compresi immediatamente di trovarmi in un centro di accoglienza per minorenni e mi resi conto d’essere io stesso al di sotto della maggiore età. Davanti a me apparvero diverse stanze in cui dei coetanei si presentarono in modi diversi: affabili, aggressivi, remissivi, indifferenti o tristissimi. All’improvviso mi ritrovai in un gruppo di ragazzi che ne aveva fronteggiato un altro all’interno della struttura. Uno dei rivali fu catturato e decapitato: la sua testa venne posta sopra una botte e infine incendiata. Non riuscii a staccare gli occhi da quella scena, ma fui più colpito dalle conseguenze a cui sarei potuto andare incontro che dalle atrocità commesse dalla mia banda.
–
Suppongo che il ricordo di un vecchio sogno abbia riattivato in me la capacità di trattenere una parte dell’esperienza onirica. I resoconti soprariportati si distinguono per erotismo e violenza, forse una delle coppie più longeve dell’umanità. Interpreto il primo sogno come simbolo di invidia da parte mia nei confronti dell’omosessualità e anche come frustrazione per non potervi cercare l’amore dato che la natura non mi ha dotato della capacità di essere attratto dagli uomini. Probabilmente se fossi stato omosessuale questo sogno avrebbe potuto svolgersi con orientamenti inversi, perciò ipotizzo che vi si annidi l’utopia di una bisessualità autentica come mezzo per raggiungere il fine ultimo: l’amore. Non sono in grado di trovare nessuna chiave di lettura per il secondo sogno che non sia una forzatura, di conseguenza mi astengo da qualsiasi tentativo di scovarci dei significati nascosti.
Pubblicato sabato 16 Giugno 2012 alle 23:26 da Francesco
La dietrologia non mi entusiasma e non smanio di rinvenire un complotto in ogni accadimento. Da profano credo che le condizioni di certi stati non dipendano da una congiura massonica, ma dalla cattiva amministrazione delle finanze pubbliche. Per qualcuno la realtà sarebbe durissima da affrontare se non avesse un nemico immaginario contro cui scagliarsi. Faccio fatica a costruirmi un’opinione fondata sulla crisi europea, difatti dovrei possedere ampie conoscenze di economia e diritto internazionale, però io non vado oltre il baratto e la legge del taglione: mi gioverebbe un corso d’aggiornamento. Per essere un cittadino davvero informato e partecipativo dovrei possedere una numero smodato di competenze, ma almeno conosco i miei limiti e non ammanto di categoricità quei punti di vista che meglio collimano con la mia persona. Credo che nessuno dovrebbe innamorarsi delle proprie idee, un po’ come quei giocatori di poker che sanno rinunciare a delle carte apparentemente buone. Vorrei che la politica fosse avulsa da qualsiasi passione e consistesse soltanto di un freddo calcolo volto a produrre benessere nel maggior numero possibile di individui. Baratterei la libertà d’esprimermi su questi argomenti se mi venisse offerto un mondo o almeno un continente che non mi desse più ragione di farlo: in altre parole cederei una forma di vanità che spesso appare sotto le mentite spoglie di un diritto inalienabile; non sarebbe una grande perdita in quanto non è raro che dire la propria equivalga a dire una stronzata. Non mi preoccupa il futuro poiché la più tetra delle ipotesi attuali non è che una passeggiata di salute in un mattatoio a confronto di quanto è successo nel novecento. Mi dispiace per tutte le generazioni che saranno sacrificate in nome di un periodo di transizione, tuttavia al di là del mio tempo io intravedo un’evoluzione che verrà posta in essere da chi ancora deve nascere.
Pubblicato venerdì 15 Giugno 2012 alle 11:10 da Francesco
Mi affaccio sopra un muro di gomma per guardare con aria divertita come la mia psiche respinge tutti i tentativi di sabotaggio. Sfuggo al contagio dello sconforto perché mi sono vaccinato ab illo tempore grazie all’introspezione. Qualche volta mi pare che ogni segnale di vita indichi un vicolo cieco, ma io non me ne preoccupo e seguo una bussola cuoriforme. Vivo ancora da numero dispari in un mondo che spesso mi si palesa binario e non ho ragione di credere che questo andazzo possa cambiare a breve, però non ho un atteggiamento fatalista e cerco d’impiegare bene tutto quel tempo che a me piacerebbe condividere con un’altra persona. Porto in grembo un’inclinazione vecchissima e inespressa che ogni tanto dimentico di esternare per lunghi periodi, tuttavia una tale negligenza non è sinonimo di arrendevolezza: manco per il cazzo. Vengo considerato un introverso scostante, però sono l’esatto opposto e l’ho dimostrato a me stesso in più occasioni. D’altro canto non posso immolare il mio tempo e il mio umore per qualcosa che soltanto in parte dipende da me, di conseguenza vivo come vivo per migliorarmi e non mi gioco la carta di un’atarassia che non mi appartiene: insomma, io faccio di necessità virtù. La vita è un’esperienza così breve che gli atti dolore possono essere posticipati al post mortem: mi piangerò addosso quando le mie cavità oculari saranno luogo di transito per i vermi.
Pubblicato lunedì 11 Giugno 2012 alle 10:54 da Francesco
Il ciclo di morte e nascita delle stelle pare destinato a concludersi tra migliaia di miliardi di anni. Mi piacerebbe restare nel cosmo fino allo spegnimento delle luci per farmi rimboccare le coperte prima d’udire l’ultima storia, ma sono una forma di vita che non può ambire a tanto: la natura mi vuole addormentato prima di quel momento e purtroppo non ho modo di disobbedirle, altrimenti non mi farei scrupoli a violare tutte le leggi fisiche del caso. Una frase presente in un enso giapponese afferma che tutte le creature sono legate, ma certe volte mi domando quali siano i fili e le catene. Qualcosa mi sfugge prim’ancora che sia io stesso ad evadere, però non mi lancio all’inseguimento della mia ombra né delle sue colleghe. Avverto ancora mancanze che travalicano il mio individualismo e dalle quali traggo la conferma della mia umanità. Goccia a goccia, riempio i fiumi di parole in cui mi perdo più di quanto preveda un sano smarrimento, ma entrambe le sponde sono alla mia portata e non mi disturbano le birichinate che di tanto in tanto le inducono a scambiarsi il posto. Quel poco che io conosco del pensiero di Schopenhauer mi basta e mi avanza per non farmi correre il rischio di annoiarmi con ulteriori approfondimenti. Rovisto laddove credo che si annidino sforzi oggettivi e non tra i rifiuti, dati o ricevuti da quanti abbiano assaporato gusti amari per meritare un cantuccio nella storia umana.
Pubblicato domenica 10 Giugno 2012 alle 15:11 da Francesco
Io non pretendo di avere sempre il controllo della situazione perché una tale superbia potrebbe nuocermi gravemente. Qualche giorno fa ho constatato durante una discesa che un freno della mia bicicletta si era allentato, di conseguenza ho dovuto scegliere se insistere sull’arresto del mezzo o aggirare l’auto che mi precedeva: alla fine ho lasciato il freno e sono schizzato di lato. Altre volte mi sono trovato in situazioni analoghe. Alcuni anni fa in mountain bike dovetti affrontare una discesa sterrata all’inizio della quale presi più velocità del dovuto, ma evitai di frenare perché se lo avessi fatto sarei sicuramente rovinato a terra. Aiutato dal caso, l’ammortizzatore degli audaci, raggiunsi illeso la strada piana e potei rallentare, ma impiegai di più a fare altrettanto con il battito cardiaco. In casi del genere credo che in me si scontrino l’istinto e la ragione: nel primo la paura è una plenipotenziaria, nella seconda invece un’affidabile consigliera. Forse certi incidenti sono dettati dall’arrogante pretesa di risolvere un imprevisto col primo approccio, nonostante risulti subito non adatto. Talora potrebbe sussistere un’incapacità di pagare la propria avventatezza con la cessione parziale e temporanea di sé a quanto ne trascenda le capacità, allo stesso modo in cui il pericolo sia stato innescato da un salto a piè pari sul buonsenso. Possibile che per qualcuno sia preferibile battere la testa contro un muro pur di non ammettere di avere torto? La risposta è così telefonata che costa una conferma solida ad ogni scatto d’ira. La traslazione di queste righe sul piano emotivo è spontanea, ma soltanto estensiva dato che non si compie un vero un cambio di campo. In altre parole la possibilità di ragionare a lungo su d’un problema non costituisce necessariamente un vantaggio, ma talvolta può essere soltanto un’occasione d’ozioso lambiccamento in attesa d’una catastrofe evitabile. Per banale che sia, e questo appunto lo è in molte parti, mi vedo ancora intento a incensare la lucidità senza tuttavia nasconderne i limiti: vorrei potermi comprendere così tanto da poter fare a meno di me stesso.
Pubblicato venerdì 8 Giugno 2012 alle 14:38 da Francesco
Da parecchio tempo non riesco a ricordare nulla dell’attività onirica, tuttavia qualche giorno fa è affiorato alla mia coscienza un sogno di qualche anno addietro. La prima scena constò di una casa bianca, circondata da un giardino a gradoni e sottoposta ad un cielo terso. In seguito mi ritrovai all’interno dell’abitazione e avvertii una sensazione di forte disagio. D’un tratto qualcuno bussò alla porta o suonò il campanello: non m’è dato ricordare con precisione questo particolare. Come mosso da un automatismo capace di scavalcare ogni mia riserva, mi recai all’ingresso per rispondere a quel richiamo. Sull’uscio trovai un signore, forse un postino, che pronunciò un nome femminile: quand’egli lo ripeté vidi l’immagine di una signora di mezz’età. La sequenza successiva mi portò al piano superiore dell’abitazione di cui rammento soltanto un abbaino che permetteva alla vista di perdersi in uno scenario agreste: nulla di più.
Pubblicato martedì 5 Giugno 2012 alle 14:26 da Francesco
Mancano ventiquattrore ai miei ventotto anni. Non ho candeline da spegnere né candelotti da accendere. Attraverso un momento positivo e sono soddisfatto di me stesso. Mi sento più forte di quanto sia mai stato in passato. Conservo nozioni, tendo ad apprenderne di nuove e mi vedo più determinato a stringere un coltello tra i denti. D’anno in anno sguscio sempre di più la paura della morte e la mia esistenza ne trae grande beneficio. Sono nato esattamente quarant’anni dopo lo sbarco in Normandia e questo particolare non può che contribuire ad enfatizzare gli aspetti più titanici della mia forma mentis. Cerco di trarre forza dagli uomini intrepidi che mi hanno preceduto, personaggi di cui la storia è prodiga nonostante ricorrano di rado nell’interesse generale. Non c’è moneta con cui si possa comprare un’autentica preparazione all’eventualità d’una morte precoce e violenta, tuttavia proprio in una mentalità plasmata a tal guisa io intravedo la chiave di una vita piena e, con tutti i miei limiti, la inseguo mentre punto verso la longevità. Non voglio udire auguri di compleanno, ma preferisco ricordare il ruggito del leone del Panjshir. Ho già ricevuto un regalo, difatti ieri mi sono state rivolte delle graziose minacce da un parente che alcuni anni fa tentò di aggredirmi con un pretesto per poi ricavarne soltanto un pugno sul suo nasino e di conseguenza un referto medico col quale poté sporgere denuncia verso me: in quell’occasione ebbi la colpa di difendermi senza riportare manco un’escoriazione. Non cado nelle provocazioni, ma rispondo sempre con la stessa moneta. Sono sempre pronto allo scontro anche se ne riconosco la stupidità e non ho l’indole del Mahatma Gandhi né tanto meno la cristiana inclinazione a porgere l’altra guancia. Non cerco la vanagloria della sopraffazione né la sterile gratificazione di una prova di forza ai danni di qualcun altro, ma tento di custodire in me una fierezza che, tra i vari esempi offerti e dissimulati dalla civiltà umana, io quest’oggi riprendo dalla figura del mujaheddin. Eh, comprare una torta e fare una festa in una pizzeria sarebbe stato troppo semplice.
Pubblicato venerdì 1 Giugno 2012 alle 01:32 da Francesco
Lunedì, venti all’una, ho messo uno zaino sulle spalle, sono montato in bicicletta e ho pedalato per quasi nove ore fino a Montepulciano, in provincia di Siena. Ho compiuto brevi soste per mangiare, bere e pisciare. Già altre due volte avevo guadagnato la meta poliziana con itinerari diversi e anche in quest’ultima occasione ho affrontato un percorso differente dai precedenti. Da Orbetello ho raggiunto Pitigliano e là ho fatto la prima delle quattro soste. Ho proseguito per Sorano e poi verso San Quirico. Superato Casone, alla mia destra ho notato un cartello stradale che segnalava la fine della Toscana e ho compreso che a Sorano avrei dovuto seguire la strada per Castell’Azzara invece di allungare verso Acquapendente, ma oltre alla bestemmie di rito mi sono concesso un autoscatto per immortalare cotanta coglioneria. Per raggiungere la Cassia ho attraversato l’Onanese, ovvero la strada provinciale che porta a Onano e mi sono chiesto se sia stato soltanto un caso: ogni riferimento biblico è tutt’altro che casuale.
Una volta raggiunta Acquapendente ho seguito la Cassia e ho cominciato ad accusare parecchia fatica nonostante avessi ancora da coprire sessanta dei centocinquanta chilometri. Il continuo saliscendi ha messo alla prova i miei nervi, tuttavia sapevo cosa mi aspettava poiché avevo già affrontato la strada per Chianciano. Sono arrivato a destinazione poco dopo le nove di sera e ho fatto un pasto abbondante per il quale ringrazio chi mi ha ospitato per i tre giorni seguenti. L’indomani ho camminato per alcuni chilometri e il giorno successivo ho ripreso la bicicletta per raggiungere Cortona: una cinquantina di chilometri tra andata e ritorno. Infine sono rincasato a bordo di un mezzo meccanico a quattro ruote. Sono tornato sui pedali da circa tre mesi e ho abbandonato la mountain bike per una bicicletta da ciclocross, più leggera e più adatta alle mie esigenze. Sono rimasto abbastanza soddisfatto della mia prestazione benché non sia stata nulla di trascendentale. Io rapporto gli sforzi alle capacità personali e mi diverto a cimentarmi nelle sfide a singolar tenzone che di tanto in tanto oso lanciare a me stesso. Mi ricamo su misura dei momenti di esaltazione che un dì potrebbero procurarmi dei punti di sutura o un infarto perfetto, ma cerco di passare la notte con quello che ho e dell’alba forse non m’interessa granché. Lo sforzo solitario e il contatto con la natura sono gli strumenti migliori che conosca per dilatare la vena più clemente dell’esistenza ed è un vero peccato che non possa ricorrervi sotto la promessa di una dissoluzione sublime.
Pubblicato sabato 26 Maggio 2012 alle 15:09 da Francesco
Sguazzo nel citoplasma di un periodo floridissimo nonostante mi sia dato d’assistere alla deriva dei continenti e in particolare dei loro contenuti. Non ho legami né legacci e non sono mai stato così distante dal resto del mondo sebbene tutt’altro che di rado io mi ritrovi a corrervi in mezzo. Il mio morale non è alle stelle, però orbita a debita distanza dalla biosfera e mi permette di fare sonni tranquilli che aggettano verso dei risvegli altrettanto sereni. Il mio organismo sta bene e il suo involucro è debitamente allenato; se qualche malattia volesse farsi avanti la pregherei di presentarsi almeno con un collo di bottiglia ben aguzzo. Lo yeop chagi è sempre più vicino. Durante l’estate comincerò a scrivere il mio quinto libro e renderò disponibile il terzo attraverso i canali a cui ho già affidato il secondo: il quarto non ho alcuna intenzione di sottoporlo alla trafila degli altri e lo terrò in serbo per un’improbabile aggiunta di sfumature rosee agli scenari futuri. M’impegnerò seriamente a cercare un contratto editoriale per esordire col quinto scritto poiché quest’ultimo non sarà un romanzo, bensì uno studio attraverso cui nutro l’ambizione di colmare quella che reputo una grave lacuna. Non ho grandi speranze di riuscita, ma avverto la necessità di tentare lo stesso: a differenza d’altri, io non posso proprio tirarmi indietro al cospetto d’una così oracolistica intuizione. Il tempo sarà mio giudice, con palette per i voti o paletti per ostacoli.
Pubblicato mercoledì 23 Maggio 2012 alle 13:46 da Francesco
Il crollo di un campanile mi ricorda puntualmente come il tempo sia destinato alla stessa caduta. Vorrei slacciarmi dal corpo per fluttuare sopra i nocumenti. Vorrei convertire il mio ateismo in un atto di fede per una palingenesi retroattiva, però non esiste un Monte dei Pegni che me lo valuti abbastanza e anche per questa ragione prediligo altri crinali, irti di saliscendi sui quali mi diletto a corsa o in bicicletta. Trovo insincere quelle parabole della vita che certuni sono adusi a tracciare o a ricalcare sotto le ombre degli archivolti; mi ricordano gli orribili castelli di sabbia dei bimbi, ma irraggiungibili dalla salmastra clemenza d’una marea che possa abrogarne le storture. I bagni d’umiltà sono fuori questione nonché fuori stagione. Il primato della dissoluzione non mi spinge verso un annichilimento precoce, bensì mi rende più incline a felicitarmi per i respiri che pongo in essere. Dovrei avvalermi di più della criptolalia; non coltivo l’utopia della comprensione: anch’essa è fuori stagione e, purtroppo, pure fuor di dubbio. Per pareggiare i conti mi confronto con la mia immagine riflessa; di rado con quella fotostatica. Non scorgo grandi cambiamenti nell’immediato futuro, tuttavia gli orizzonti restano incantevoli. Chissà se le istruzioni per l’uso assomigliano alle garze che qualche volta i chirurghi lasciano nei corpi dei pazienti: meticolosi e sbadati come i protagonisti del pantheon ellenico.
Mi chiamo Francesco, mi trovo nel mio ottavo lustro e vivo dove sono cresciuto, ossia in Maremma.
In questo blog conduco da anni la mia autoanalisi, perciò i contenuti hanno un alto tasso d'introspezione e sono speculari agli sviluppi della mia persona.
Qui sono raccolti appunti intimisti, grotteschi, ironici; archiviati vi sono anche sfoghi, provocazioni, invettive ed esternazioni d'altro genere che oggi io considero quasi imbarazzanti od obsolete, ma di cui serbo traccia poiché nel bene o nel male hanno fatto parte del mio percorso e sono assurte fino alla coscienza.
Qualche passaggio può suscitare simpatia, talora fino all'insorgere dell'identificazione, invece brani d'opposto tenore hanno una portata sufficiente per destare un po' di disgusto, però credo che tanto i primi quanto i secondi siano adatti agli immancabili fraintendimenti o alle (in)volontarie incomprensioni.
Non sempre i significati dei miei scritti emergono dal loro contenuto manifesto, quindi io stesso mi guardo dal prendere alla lettera certe cose che metto nero su bianco o che altrove sarebbero già sbiadite.
Mi sono diplomato con ben sessanta centesimi al liceo linguistico, non ho mai messo piede in un ateneo e non ho mai fatto ingresso tra le grazie di una nubile.
Poiché errare è umano, e io di certo non nascondo né rinnego la mia natura mortale, ho ragione di credere che in tutta questa mole di appunti mi sfuggano refusi ed errori di cui chiedo venia alla mia attenzione e a eventuali (quanto incauti e improbabili) lettori.