8
Giu

Archivio onirico: sogno n. 7

Pubblicato venerdì 8 Giugno 2012 alle 14:38 da Francesco

Da parecchio tempo non riesco a ricordare nulla dell’attività onirica, tuttavia qualche giorno fa è affiorato alla mia coscienza un sogno di qualche anno addietro.
La prima scena constò di una casa bianca, circondata da un giardino a gradoni e sottoposta ad un cielo terso. In seguito mi ritrovai all’interno dell’abitazione e avvertii una sensazione di forte disagio. D’un tratto qualcuno bussò alla porta o suonò il campanello: non m’è dato ricordare con precisione questo particolare. Come mosso da un automatismo capace di scavalcare ogni mia riserva, mi recai all’ingresso per rispondere a quel richiamo. Sull’uscio trovai un signore, forse un postino, che pronunciò un nome femminile: quand’egli lo ripeté vidi l’immagine di una signora di mezz’età. La sequenza successiva mi portò al piano superiore dell’abitazione di cui rammento soltanto un abbaino che permetteva alla vista di perdersi in uno scenario agreste: nulla di più.

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5
Giu

Vento di belligeranza sulla ventottesima primavera

Pubblicato martedì 5 Giugno 2012 alle 14:26 da Francesco

Mancano ventiquattrore ai miei ventotto anni. Non ho candeline da spegnere né candelotti da accendere. Attraverso un momento positivo e sono soddisfatto di me stesso. Mi sento più forte di quanto sia mai stato in passato. Conservo nozioni, tendo ad apprenderne di nuove e mi vedo più determinato a stringere un coltello tra i denti. D’anno in anno sguscio sempre di più la paura della morte e la mia esistenza ne trae grande beneficio.
Sono nato esattamente quarant’anni dopo lo sbarco in Normandia e questo particolare non può che contribuire ad enfatizzare gli aspetti più titanici della mia forma mentis. Cerco di trarre forza dagli uomini intrepidi che mi hanno preceduto, personaggi di cui la storia è prodiga nonostante ricorrano di rado nell’interesse generale. Non c’è moneta con cui si possa comprare un’autentica preparazione all’eventualità d’una morte precoce e violenta, tuttavia proprio in una mentalità plasmata a tal guisa io intravedo la chiave di una vita piena e, con tutti i miei limiti, la inseguo mentre punto verso la longevità. Non voglio udire auguri di compleanno, ma preferisco ricordare il ruggito del leone del Panjshir.
Ho già ricevuto un regalo, difatti ieri mi sono state rivolte delle graziose minacce da un parente che alcuni anni fa tentò di aggredirmi con un pretesto per poi ricavarne soltanto un pugno sul suo nasino e di conseguenza un referto medico col quale poté sporgere denuncia verso me: in quell’occasione ebbi la colpa di difendermi senza riportare manco un’escoriazione. Non cado nelle provocazioni, ma rispondo sempre con la stessa moneta. Sono sempre pronto allo scontro anche se ne riconosco la stupidità e non ho l’indole del Mahatma Gandhi né tanto meno la cristiana inclinazione a porgere l’altra guancia. Non cerco la vanagloria della sopraffazione né la sterile gratificazione di una prova di forza ai danni di qualcun altro, ma tento di custodire in me una fierezza che, tra i vari esempi offerti e dissimulati dalla civiltà umana, io quest’oggi riprendo dalla figura del mujaheddin. Eh, comprare una torta e fare una festa in una pizzeria sarebbe stato troppo semplice.

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1
Giu

Ancora una volta da Orbetello a Montepulciano

Pubblicato venerdì 1 Giugno 2012 alle 01:32 da Francesco

Lunedì, venti all’una, ho messo uno zaino sulle spalle, sono montato in bicicletta e ho pedalato per quasi nove ore fino a Montepulciano, in provincia di Siena. Ho compiuto brevi soste per mangiare, bere e pisciare. Già altre due volte avevo guadagnato la meta poliziana con itinerari diversi e anche in quest’ultima occasione ho affrontato un percorso differente dai precedenti.
Da Orbetello ho raggiunto Pitigliano e là ho fatto la prima delle quattro soste. Ho proseguito per Sorano e poi verso San Quirico. Superato Casone, alla mia destra ho notato un cartello stradale che segnalava la fine della Toscana e ho compreso che a Sorano avrei dovuto seguire la strada per Castell’Azzara invece di allungare verso Acquapendente, ma oltre alla bestemmie di rito mi sono concesso un autoscatto per immortalare cotanta coglioneria. Per raggiungere la Cassia ho attraversato l’Onanese, ovvero la strada provinciale che porta a Onano e mi sono chiesto se sia stato soltanto un caso: ogni riferimento biblico è tutt’altro che casuale.
 

Una volta raggiunta Acquapendente ho seguito la Cassia e ho cominciato ad accusare parecchia fatica nonostante avessi ancora da coprire sessanta dei centocinquanta chilometri. Il continuo saliscendi ha messo alla prova i miei nervi, tuttavia sapevo cosa mi aspettava poiché avevo già affrontato la strada per Chianciano. Sono arrivato a destinazione poco dopo le nove di sera e ho fatto un pasto abbondante per il quale ringrazio chi mi ha ospitato per i tre giorni seguenti. L’indomani ho camminato per alcuni chilometri e il giorno successivo ho ripreso la bicicletta per raggiungere Cortona: una cinquantina di chilometri tra andata e ritorno. Infine sono rincasato a bordo di un mezzo meccanico a quattro ruote.
Sono tornato sui pedali da circa tre mesi e ho abbandonato la mountain bike per una bicicletta da ciclocross, più leggera e più adatta alle mie esigenze. Sono rimasto abbastanza soddisfatto della mia prestazione benché non sia stata nulla di trascendentale. Io rapporto gli sforzi alle capacità personali e mi diverto a cimentarmi nelle sfide a singolar tenzone che di tanto in tanto oso lanciare a me stesso. Mi ricamo su misura dei momenti di esaltazione che un dì potrebbero procurarmi dei punti di sutura o un infarto perfetto, ma cerco di passare la notte con quello che ho e dell’alba forse non m’interessa granché. Lo sforzo solitario e il contatto con la natura sono gli strumenti migliori che conosca per dilatare la vena più clemente dell’esistenza ed è un vero peccato che non possa ricorrervi sotto la promessa di una dissoluzione sublime.

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26
Mag

Momento di grazia

Pubblicato sabato 26 Maggio 2012 alle 15:09 da Francesco

Sguazzo nel citoplasma di un periodo floridissimo nonostante mi sia dato d’assistere alla deriva dei continenti e in particolare dei loro contenuti. Non ho legami né legacci e non sono mai stato così distante dal resto del mondo sebbene tutt’altro che di rado io mi ritrovi a corrervi in mezzo. Il mio morale non è alle stelle, però orbita a debita distanza dalla biosfera e mi permette di fare sonni tranquilli che aggettano verso dei risvegli altrettanto sereni. Il mio organismo sta bene e il suo involucro è debitamente allenato; se qualche malattia volesse farsi avanti la pregherei di presentarsi almeno con un collo di bottiglia ben aguzzo. Lo yeop chagi è sempre più vicino.
Durante l’estate comincerò a scrivere il mio quinto libro e renderò disponibile il terzo attraverso i canali a cui ho già affidato il secondo: il quarto non ho alcuna intenzione di sottoporlo alla trafila degli altri e lo terrò in serbo per un’improbabile aggiunta di sfumature rosee agli scenari futuri. M’impegnerò seriamente a cercare un contratto editoriale per esordire col quinto scritto poiché quest’ultimo non sarà un romanzo, bensì uno studio attraverso cui nutro l’ambizione di colmare quella che reputo una grave lacuna. Non ho grandi speranze di riuscita, ma avverto la necessità di tentare lo stesso: a differenza d’altri, io non posso proprio tirarmi indietro al cospetto d’una così oracolistica intuizione. Il tempo sarà mio giudice, con palette per i voti o paletti per ostacoli.

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23
Mag

A volte come un meteco

Pubblicato mercoledì 23 Maggio 2012 alle 13:46 da Francesco

Il crollo di un campanile mi ricorda puntualmente come il tempo sia destinato alla stessa caduta. Vorrei slacciarmi dal corpo per fluttuare sopra i nocumenti. Vorrei convertire il mio ateismo in un atto di fede per una palingenesi retroattiva, però non esiste un Monte dei Pegni che me lo valuti abbastanza e anche per questa ragione prediligo altri crinali, irti di saliscendi sui quali mi diletto a corsa o in bicicletta. Trovo insincere quelle parabole della vita che certuni sono adusi a tracciare o a ricalcare sotto le ombre degli archivolti; mi ricordano gli orribili castelli di sabbia dei bimbi, ma irraggiungibili dalla salmastra clemenza d’una marea che possa abrogarne le storture. I bagni d’umiltà sono fuori questione nonché fuori stagione.
Il primato della dissoluzione non mi spinge verso un annichilimento precoce, bensì mi rende più incline a felicitarmi per i respiri che pongo in essere. Dovrei avvalermi di più della criptolalia; non coltivo l’utopia della comprensione: anch’essa è fuori stagione e, purtroppo, pure fuor di dubbio. Per pareggiare i conti mi confronto con la mia immagine riflessa; di rado con quella fotostatica. Non scorgo grandi cambiamenti nell’immediato futuro, tuttavia gli orizzonti restano incantevoli. Chissà se le istruzioni per l’uso assomigliano alle garze che qualche volta i chirurghi lasciano nei corpi dei pazienti: meticolosi e sbadati come i protagonisti del pantheon ellenico.

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20
Mag

Nelle Marche

Pubblicato domenica 20 Maggio 2012 alle 23:42 da Francesco

Ho avuto modo di trascorrere un paio di giorni nelle Marche senza sborsare una rupia e ne sono stato felice. Ho compiuto brevi visite a Urbino, Macerata, Osimo, Numana e Sirolo: sono rimasto incantato da quest’ultimo e ho stretto un patto con il Conero per farvi ritorno.
Sono stato anche a Recanati e ho fatto due passi davanti alla casa di quel buontempone che fu Giacomo Leopardi, tuttavia me ne sono sbattuto altamente le palle di visitarla e ho invece avuto la fortuna di accedere ai locali di una vecchia sartoria sita nelle immediate vicinanze. Vesto come il cliente medio degli scafisti, non ho mai indossato una cravatta né una camicia e mi auguro di farne a meno per il resto dei miei giorni, ma sono rimasto affascinato dal lavoro di quell’atelier. La bellezza di Urbino non mi ha sconvolto, però nei suoi dedali ho trovato un vicoletto che mi ha rapito, precisamente un’umida viuzza alla cui fine si trova la sezione periodici della biblioteca umanistica dell’università Carlo Bo. Avrei parecchio di cui scrivere e questo è un buon motivo per non farlo, però non sarebbe sufficiente se non fosse accompagnato dalla mancanza di voglia.

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16
Mag

Reiterate impressioni con apocalisse annessa

Pubblicato mercoledì 16 Maggio 2012 alle 12:44 da Francesco

Seguo con interesse la deflagrazione dell’Europa. Ogni tanto penso a quel farmacista che si è sparato in piazza Syntagma ad aprile: sopravvissuto all’occupazione dei nazisti nel quarantuno, è stato ucciso dalla dittatura finanziaria che ne ha legittimati dei nuovi nel parlamento greco. Laddove è nato il pensiero occidentale, oggi per molte persone si prospetta uno stile di vita pari a quello che fu di Diogene di Sinope. La culla della democrazia è intrisa di sangue e tra quelle macchie rapprese forse ritorneranno i tempi efferati di Licurgo. Ho sempre lottato dentro di me per confutare la più celebre espressione di Hobbes, ma ormai non mi resta altro che chiedere l’onore delle armi: homo homini lupus.
Questi anni finiranno nei libri di storia su pagine di caligine. Io non condanno la violenza, bensì mi auguro che esploda in faccia ai governanti inetti: passati, correnti e futuri. Credo che occorra uno shock potentissimo per riportare il male sotto la soglia della sopportazione, a mo’ di cura omeopatica. L’acqua bolle a cento gradi Celsius e il piombo fonde ad oltre trecento: in tutto vi è un punto di rottura. Se in Europa dovessero verificarsi tensioni sociali su vasta scala allora mi adopererei per trovare un’amaca nel sud-est asiatico, ma non punterei il dito contro fiumane di persone incazzate e disposte a tutto. Spero di non essere mai costretto ad abbandonare la mia terra, tuttavia se lo stallo continentale provocasse uno scenario del genere io approverei tutte le reazioni violente e non potrei fare altresì per rimanere onesto con me stesso. Ogni individuo dovrebbe auspicarsi il bene del prossimo in quanto le persone che non hanno nulla da perdere sanno diventare armi fatali: seguo la via di un egoismo illuminato in quanto non ho facoltà di incidere al di fuori della mia esistenza. I politicanti, le istituzioni, i feticisti del garantismo e altra gentaglia del genere esigono l’uso esclusivo di strumenti democratici per cambiare le cose, ma solo perché  sanno benissimo quanto sia facile abusarne per proteggere i loro interessi o i loro princìpi, entrambi sottoprodotti del banditismo. I tempi biblici dei meccanismi democratici sono clessidre di morte: ci deve essere una convenienza comune a rispettare le regole e queste non devono valere al di là della vita come un dogma religioso. Purtroppo espongo la mia attenzione a tematiche del genere perché ritengo che il peggio debba ancora arrivare con tante mattanze in dote, perciò cerco di giocare d’anticipo, almeno col pensiero. Non si può buttare in faccia a dei disgraziati agi e privilegi per poi ricordare agli stessi che sono appannaggio di quanti sappiano abusare della res publica. A me non interessano gli ideali, ma le questioni pragmatiche. Non ho una causa da sposare e cerco di pensare a me stesso senza danneggiare il prossimo. Non mi perdo nell’identificazione con qualche corrente di pensiero pur approvandone talune, a torto o a ragione. Non sono un idealista e penso soltanto a me, ma per farlo bene, a differenza di quanto ritengono arraffoni ottusi d’ogni risma, devo confrontarmi onestamente col malessere altrui. Se avessi gli attributi per fare l’anacoreta nel Kalahari probabilmente me ne sbatterei i coglioni, ma d’altronde gli effetti di queste parole sono del tutto identici all’indifferenza di certuni e hanno un po’ di utilità esclusivamente per il sottoscritto, cosicché sia pronto alla peggiore delle evenienze.

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14
Mag

Maiali ammainati

Pubblicato lunedì 14 Maggio 2012 alle 11:57 da Francesco

Finalmente ho smesso di mangiare carne. Non sono diventato un vegetariano poiché alcuni dei pasti che mi preparo con le manine sante includono ancora il tonno, ma ormai la maggior parte delle mie proteine deriva dal seitan e dalla soia. La mia scelta non è stata etica, bensì un po’ salutistica. Ho scoperto un graduale disgusto per la consumazione delle carni bianche e rosse, perciò la rinuncia non ha costituito un sacrifico, ma solamente un appuntamento al quale sono giunto con largo ritardo. Grazie all’attività fisica potrei permettermi di mangiare qualsiasi cosa in quantità esagerate senza compromettere il mio peso, tuttavia i piaceri della tavola per me non corrispondono necessariamente alle preferenze alimentari che mi sono state imposte durante la crescita con la forza dell’abitudine.
In una sorta d’introspezione nutrizionale sono tornato indietro di parecchi pranzi e d’altrettante cene, quando gli adulti coglievano ogni occasione per mettersi all’ingrasso: matrimoni, funerali, feste comandate o improvvisate, compleanni e stronzate analoghe. L’opulenza di quei banchetti e la voracità dei partecipanti evoca in me ricordi scabrosi: masse di animali che ne mangiavano altri con mimiche quasi predatorie. All’epoca sentivo già questa insofferenza, ma non ero ancora abbastanza consapevole per elaborarla e io stesso ne ero complice poiché proprio come gli altri m’ingozzavo: un classico ricorso al cibo come scudo contro problemi d’ordine superiore.
Per fortuna un giorno ho capito che le persone più anziane non sono più sagge di me, ma solo più vecchie e così ho smesso di ascoltare le loro cialtronerie: per Diana, una rivoluzione epatica! Alla luce di quanto scritto, l’estromissione della carne dalla mia dieta è la conquista di uno degli ultimi baluardi di tutto ciò che mi sono impegnato a disimparare: ecco perché la mia scelta non è etica e solo un po’ salutistica.
Provo una repulsione totale verso quanti trascorrano la mattina a lambiccarsi su cosa preparare a pranzo e, una volta finito quest’ultimo, ricominciare daccapo per la cena. Detesto i pasti che durano troppo e non vi partecipo, tuttavia se un giorno mi ci trovassi per un insolito caso del destino, allora non mi farei problemi ad andarmene a tempo debito con la maleducazione del caso. Non sopporto l’idea di stare ore assiso davanti alle vettovaglie, col culo inchiodato su una sedia a contemplare quanto oltrepassi l’immaginazione di un somalo. Non sono un palato fine, ma penso di essere in grado di discerne tra una sana degustazione e la bulimia che impera tra i mulini bianchi. La mia apparente asocialità talora è un modo per evitare la guerra delle rosette. Oibò, per me né carne né carnalità.

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11
Mag

Sincerità discutibile

Pubblicato venerdì 11 Maggio 2012 alle 13:36 da Francesco

Anzitutto un caro saluto agli amici della DIGOS qualora dovessero capitare su queste paginette. Dinanzi a certe notizie ho delle reazioni spontanee che non censuro, perciò mi vedo costretto a mostrare apprezzamento per la prospettiva di un revival degli anni di piombo.
Lo Stato uccide per interposta imposta e una lotta armata mi pare il minimo che degli estremisti possano fare per veicolare un’insofferenza diffusa. Non vivo in una situazione di disagio né mi sento vicino a gruppi eversivi, ma cerco d’interpretare il malessere e l’impotenza che negano il sonno a molte persone. Una volta saltato il contratto sociale credo che tutto sia permesso: ogni cosa. La legge non è sempre giusta né efficace e talvolta delinea un confine da sorpassare per sopperire alle sue mancanze. Nessuno può pretendere che masse di esseri umani soffrano per delle idee, per quanto nobili siano, senza che vi siano reazioni. La democrazia non funziona? Prego, migliorarla o sovvertirla. Qualcuno stigmatizza la violenza per la paura più o meno conscia di dovercisi confrontare senza avere un’istituzione che lo difenda, insomma tutt’altro che un’onesta e lodevole ripugnanza nei confronti di una delle più antiche compagne del genere umano. Tanti monumenti del cazzo sono costati la morte a persone schiavizzate e oggi colmano il senso artistico dei turisti, però poco importa poiché la distanza temporale rende tollerabili quei sacrifici inutili. La violenza è ovunque e spesso investe persone innocenti, perciò se l’umanità non riesce a disfarsene allora è meglio che la convogli verso la parte di sé più abietta. Se alcuni individui fossero stati uccisi in tempo molti altri non avrebbero dovuto pagarne le decisioni scellerate. Purtroppo uno sterminio lucido e mirato è difficile, difatti, come sottolineo sempre in appunti del genere, l’errore imperdonabile delle Brigate Rosse (e di organizzazioni analoghe) è stato quello di coinvolgere degli innocenti. Chi decide chi deve morire? Chiunque metta in gioco la sua libertà e la sua vita per inseguire un obiettivo apparentemente utopico: la medesima discrezionalità che appartiene a quanti invece sono chiamati a legiferare senza l’ausilio dell’empatia.
Apologia di reato? E sia, ma questo è ciò che penso senza cavalcare alcuna onda emotiva né tanto meno ideali che non mi appartengono. La scuola e associazioni “educative” provano a trasmettere valori di legalità così vaghi che sembrano favole sussurrate, ma credo che la loro opera sarebbe decisamente più meritoria se consistesse nell’insegnamento dello smontaggio e della rimontatura di una pistola. Provocazione? Anche, ma prima voglio udirne il rinculo. Non importa quanto siano deliranti o lucidi certi documenti: per me è importante, superato un certo limite, che nessuno si possa sentire intoccabile, in quanto la tracotanza di alcuni deriva proprio dal senso d’impunità che ne affresca le convinzioni.

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6
Mag

Dall’inconscio in su

Pubblicato domenica 6 Maggio 2012 alle 03:05 da Francesco

Ho quasi terminato la lettura e lo studio de “La scoperta dell’inconscio”, mille paginette divise in due volumi che illustrano la storia della psichiatria dinamica. Avevo davvero bisogno d’affrontare un’opera del genere per approfondire alcune nozioni e per schematizzarle in ordine cronologico. Negli ultimi capitoli mi sono reso conto di quanto abbiano inciso i vissuti personali degli psichiatri nell’elaborazione dei loro sistemi. Se Freud fosse nato e cresciuto in una famiglia come quella di Adler forse egli non avrebbe mai ideato il complesso di Edipo.
Il mio interesse per la psicologia del profondo non è mai stato accompagnato dalla pretesa di trovare una via maestra che potesse risultare valida per ogni individuo. Poiché la psicoanalisi è nata dall’autoanalisi di Freud e la psicologia analitica di Jung ha tratto molto dalla cosiddetta nekyia del suo creatore, anch’io, nel mio piccolo, per scopi introspettivi ottengo parecchio da un attento esame della mia persona, ma attingo pure e a piene mani da alcuni concetti dei luminari succitati oltreché dall’opera di Heinz Kohut: inoltre, benché io non abbia ancora letto nulla della sua bibliografia, ho tratto degli spunti piuttosto interessanti dagli interventi di Eugenio Borgna. Per conoscere me stesso credo che l’introspezione sia fondamentale, tuttavia non la reputo sufficiente ed è per questa ragione che vedo nelle neuroscienze una risorsa importante al fine di oggettivare alcune risultati del processo di autoanalisi. In questo ambito non riesco proprio a separarmi da un concetto esoterico che non ho mai deriso, ovvero quello del ricordo di sé nella dottrina di Gurdjieff, ma l’atto di essere presenti è altra cosa rispetto all’introspezione e forse ha una valenza noetica in senso aristotelico a differenza della seconda che invece è discorsiva. Quest’epoca offre strumenti potenti per la conoscenza di sé stessi, però in taluni casi possono rivelarsi delle armi a doppio taglio. Il simpatico Nietzsche in “Così parlo Zarathustra” fece quel viaggio interiore di cui più tardi si rese protagonista Jung nella suddetta nekyia, tuttavia il primo impazzì poiché non aveva nulla e nessuno al mondo, il secondo invece ne uscì più forte perché grazie alla famiglia e al lavoro fu in grado di mantenere il contatto con la realtà.
La storia mi conferma qualcosa che in passato ho sottolineato più volte sulla base della mia esperienza personale, ovvero la pericolosità di un’introspezione che si arresti in dei punti critici. Forse la superficialità che spesso viene messa all’indice, in alcuni casi è meno deleteria di una introspezione incompleta: quasi una difesa naturale. Oltre un determinato limite, immagino che lo sforzo per conoscere sé stessi sia irreversibile e io penso di averlo già superato da tempo senza però pentirmene.

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