21
Lug

Notifiche di breve termine

Pubblicato sabato 21 Luglio 2012 alle 02:58 da Francesco

Le stragi non mi sorprendono più da molto tempo, ma non voglio instillare del cinismo nelle mie considerazioni. Negli anni passati ho fatto incetta di cronaca nera e ho imparato che l’omicidio è un’eventualità tutt’altro che remota. Negli Stati Uniti la polemica sulla libera circolazione delle armi è vecchia e stantia, ma ogni tanto subisce una rinfrescata da qualche bagno di sangue che si consuma secondo dinamiche tali da farlo assurgere alle cronache di tutto il mondo.
È difficile strappare un fucile dalle mani d’un redneck, ma è facile dotare un giovane universitario di un arsenale e di motivi per adoperarlo. È sempre questione di tempo: forse da qualche parte c’è una clessidra che detta i turni per quelle stragi in grado di turbare l’opinione pubblica delle cosiddette democrazie occidentali. In Messico i delitti, gli attentati e le torture hanno numeri da guerra civile, tra l’altro in seno a storie che qualcheduno immagina ancora appannaggio della cinematografia. Potrei roteare il mappamondo e fermarlo all’improvviso con un dito per portare qualche altro esempio, tuttavia preferisco fermarmi alla frontiera meridionale: diamine, c’è crisi. Sono altre le notizie che mi conturbano. Anzitutto il bollettino di guerra che quotidianamente giunge dalle borse, con la sola requie del weekend. Sulle banconote da un trilione delle nuove lire io propongo di mettere la faccia della morte: drastico? Chissà. Ne “L’odio“ di Kassovitz c’è una frase ricorrente, “il problema non è nella caduta, ma nell’atterraggio”, perciò mi chiedo che cazzo ci sarà dopo il crollo verticale dell’economia. Un’ultima parola la voglio spendere per quella capa pelata di Napolitano: Giorgio, facci ascoltare che voce hai al telefono!

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19
Lug

Deposizioni irrilevanti

Pubblicato giovedì 19 Luglio 2012 alle 04:47 da Francesco

Il primo luglio ho iniziato il mio quinto libro: quel saggio che ho posticipato più volte in passato. Finora ho scritto una ventina pagine e punto a terminare la stesura attorno alle idi di novembre. A differenza di quanto non ho fatto per Nuovo nichilismo solidale, invierò il testo alle case editrici. Non sono un romanziere, me ne rendo perfettamente conto, ma posso tentare la strada del saggista e, qualora anch’essa risultasse fallimentare, potrei sempre riprendere quella sicura del masturbatore a tempo pieno. Con quest’ultimo libro mi appresto a prosciugare il serbatoio delle riflessioni, almeno di quelle compatibili con un’esposizione articolata per un centinaio di pagine. Il tempo è come il mare: porta alla deriva qualcosa e fa spiaggiare qualcos’altro, ma già da una similitudine così banale si evince quanto sia acuta per me la crisi dei contenuti. Eh, porco di dio. In altre parole, forse più ligie al loro dovere esplicativo, intendo che il futuro potrebbe regalarmi altri temi con cui imbellettare vanità (o velleità che dir si voglia) cartacee. Secondo Emil Cioran il romanzo moderno si riduce ad una sfilata di oggetti: è vero! I miei forse sono liste della spesa in cui manca il cianuro per la nonna.
Alla luce dell’allegria di mia proprietà, quella che m’illumina su un proscenio vuoto come la cavea su cui si affaccia, ho intenzione di combinare delle nozze tra sincerità e provocazione. Nulla di eclatante, giusto qualcosa per pochi intimi, più o meno come l’incesto. Io non ho dei sassolini da levarmi né massi con cui giocare sopra un cavalcavia, però voglio mettere per iscritto delle cose che stuzzicheranno la curiosità di qualche sguardo indiscreto di mia conoscenza: piccoli enigmi di facile soluzione e rivelazioni così povere che non provocheranno certo sazietà. Non sono così borioso da credere che a taluni interessino i cazzi miei, bensì mi limito a constatare ciò di cui ho avuto prova: comunque non ci trovo nulla di male! D’altronde la mediocrità di un reality show si addice all’altrettanta pochezza che talora serpeggia in queste pagine.

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17
Lug

Pantoclastia platonica

Pubblicato martedì 17 Luglio 2012 alle 02:09 da Francesco

Mi diverto ad accartocciare le mie convinzioni, così scongiuro il pericolo di identificarmici e non ho l’obbligo di sottoscriverle in una calce acritica. Non m’interessa la peculiarità della mia persona e non sono talmente sciocco da volerne conseguire una per spiccare nel ballo in maschera, bensì a me preme di non farmi traviare da idee assonanti con le mie inclinazioni naturali.
Non devo diventare ciò che trovo inviso, compreso lo sguardo con cui lo fulmino… Siano ben più plastiche le castronerie che mi s’intrufolano nell’anticamera del cervello con lo scopo precipuo di pisciare nell’androne. In questo periodo io mi sento tremendamente bene e d’altro canto come potrebbe essere il contrario? Se dipendesse da me offrirei all’estate un bel contratto a tempo indeterminato benché le altre stagioni non mi dispiacciano. Le temperature alte mi permettono di godere del mare che bagna l’Argentario ed è solo per questa ragione che ne gradirei molto il prolungamento. Immagino che soltanto in un quadro così favorevole potevo liberarmi dei troppi sedimenti che s’erano venuti a creare in me con talune opinioni, prima maturate e poi marcite. L’introspezione mi concede ancora scoperte a cui, con somma arroganza, manco immaginavo di pervenire. Insomma, ho sempre da imparare, da me. Ci sono stati dei momenti in cui mi sentivo così pago dell’autoanalisi che non riuscivo davvero a scorgere ulteriori sviluppi in quest’ultima e di conseguenza per un po’ di tempo mi sono adagiato sugli allori. Penso di saperla sempre più lunga di me, però sono ancora in grado di cogliere l’occasione per redarguirmi: ah, sono così autoreferenziale per ragioni di forza maggiore.

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16
Lug

Conseguenze introspettive da considerazioni politiche

Pubblicato lunedì 16 Luglio 2012 alle 02:52 da Francesco

Il mio qualunquismo si alimenta con gli avanzi di galera della politica, contornati da miracolati e incapaci. L’Italia oltre a fronteggiare la crisi economica deve anche fare i conti con l’arretratezza della propria morale, ancora troppo sporca di cattolicesimo.
Il ritorno di Forza Italia è un po’ come la ricomparsa del colera a Cuba, tuttavia voglio illudermi che la maggioranza dei miei connazionali sia riuscita a superare bene la sindrome di Stoccolma. Il Partito Democratico mette in evidenza i propri limiti a causa della presenza al suo interno di qualche leccaculo del Vaticano. A mio avviso nel programma d’ogni formazione seria dovrebbero esserci dei punti di svolta sulle questioni etiche: sì all’eutanasia, sì ai matrimoni tra omosessuali e alla possibilità di adozione per le coppie gay, sì alla legalizzazione e alla liberalizzazione delle droghe leggere, sì alla legalizzazione della prostituzione. Questi punti, di pari passo con delle misure economiche per l’abbattimento del debito pubblico che non siano recessive, potrebbero indurmi a credere ancora nell’Italia, ma non può certo essere la destra a rappresentare idee del genere e manco la sinistra perché, per quanto questa dicotomia sia obsoleta, entrambe hanno al loro interno quel male oscuro (porporato più che altro) che è il cattolicesimo ingerente.
Sostengo le cause suddette, sebbene nessuna mi riguardi direttamente (fatta eccezione per l’eutanasia), perché solo attraverso il loro coronamento io intravedo un vero affrancamento da un modello di pensiero che tocca i punti nevralgici della società italiana. Non sono omosessuale e nel mio turpiloquio “frocio” è un termine assiduo nonostante sia privo di una connotazione omofobica, però farei un torto alla verità se non riscontrassi la discriminazione a cui sono sottoposti uomini e donne che provano attrazione per gli appartenenti allo stesso sesso. Non ho mai fatto uso di sostanze stupefacenti né delle droghe di Stato quali tabacchi e alcolici, ma le organizzazioni criminali ricorrono al narcotraffico per poi concorrere nell’economia legale e di conseguenza minano il benessere comune. Non sono mai andato a troie (e non escludo che un domani possa recarmici con sommo brio), però se le peripatetiche pagassero le tasse forse le mie vedrebbero una diminuzione e le praticanti avrebbero più tutele. Il ragionamento è ben più ampio, ma non mi pare affatto difficile comprenderlo. Tutto ciò dovrebbe essere così scontato che l’unico problema dovrebbe essere quello di concretizzare tali intenti nei tempi più brevi.
Sono rincuorato dal fatto che esistono i mezzi per risollevare le sorti della nazione e che questi passano anche attraverso un allargamento delle libertà individuali (con doveri e responsabilità che in alcuni settori permetterebbero di effettuare tagli non lineari e consentirebbero più gettito fiscale), ma al contempo sono atterrito dalla scarsa determinazione con cui certe forze politiche ne parlano, perlomeno quelle che non le esecrano per strizzare l’occhio ai loro amici immaginari. Sono ancora convinto di dare il mio voto al Movimento Cinque Stelle dato che l’offerta politica è quella che è, tuttavia potrei dirottarlo verso un’eventuale formazione in cui sia forte l’impronta di Oscar Giannino (pur dissentendo dalle sue convinzioni nucleariste) oppure ai Radicali Italiani qualora si presentassero da soli o in una coalizione con forze (mi chiedo quali) affini.
Mi sono reso conto che sul tema della giustizia ho una convinzione troppo decisa in un sistema fortemente punitivo, tra l’altro con un largo uso della pena capitale, però nell’ultimo periodo ho notato come in me quest’idea si sia cristallizzata in una misura che di solito contesto a chiunque la sfoggi per idee d’altro genere. Per fare opera d’introspezione dovrei dare meno perentorietà alla mia preferenza sul tema suddetto, perciò, date le posizioni dei Radicali, potrei risolvermi a votarne il partito per fare un favore a me stesso, ma al contempo troverei dei rappresentanti su certe questioni. Non m’aspetto di vedere grandi cambiamenti dalla prossima legislatura alla mia vecchiaia, ma spero di essere smentito su questo punto e su quanto anima il mio giustizialismo. Non voglio avere ragione, bensì devo mantenere l’attenzione verso quanto abbia le potenzialità per essere positivo, al di là delle idee che devono asservire quest’obbiettivo ed essere perciò malleabili: quest’ultimo punto, per quanto qui combaci con la politica, le è avulso.

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12
Lug

Del delitto

Pubblicato giovedì 12 Luglio 2012 alle 05:32 da Francesco

Ultimamente ho deciso di rallentare il passatempo della lettura con tre libri. Non sono abituato a mantenere contemporaneamente l’attenzione su argomenti diversi e immagino di non esserne neanche in grado senza ridurre l’assimilazione dei contenuti in una frammentazione dispersiva. Tra le parole di cui mi circondo in questo periodo ci sono quelle di Manlio Sgalambro. È la prima volta che leggo qualcosa del filosofo siciliano e ho deciso di avventurarmi tra le sue riflessioni perché ho sempre apprezzato la sua impronta nei testi di Franco Battiato.
Nel piccolo libro pubblicato da Adelphi, “Del delitto”, ho rinvenuto delle considerazioni che hanno ricevuto una buona accoglienza al mio interno. Già sulla quarta di copertina si può trovare una bella sciabolata che mi ha strappato più di un sorriso: «”L’uomo è mortale” non significa che “l’uomo muore” – insigne banalità concettuale –, ma che l’uomo è datore di morte». Sottoscrivo! C’è un passaggio che mi ha davvero impressionato per la potenza evocativa benché non suoni come qualcosa di straordinario: «Per quanto siano lontani tra loro, i nostri pensieri si accordano così come in un mucchio di macerie si accordano le cose più disparate». Senza eccedere troppo  con le citazioni me ne consento altre due che riciclerò all’uopo come arma d’offesa: «La volgarità del cattolicesimo ci ricorda che è una religione incarnata. […] Ciò che si può chiamare l’acme del suo glorioso materialismo è l’ansia di resurrezione». Ancora: «Quanto al cattolicesimo, non redime né salva: semplicemente l’individuo vi si conserva come le monetine in un salvadanaio». Non sempre lo stile di Sgalambro mi risulta potabile, inoltre egli si avvale di citazioni e rimandi che richiedono poliglottismo e un bel bagaglio filosofico, ma io colgo fino a dove posso e il resto lo lascio germogliare nel tempo: chissà che un domani non riesca a farlo mio con poco, come un fiore di campo. Ho notato diverse assonanze con Emil Cioran, ma forse sarebbe meglio definirle dissonanze, senza curarsi troppo delle parole, del loro significato e tanto meno del loro peso.

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11
Lug

Legittima difesa

Pubblicato mercoledì 11 Luglio 2012 alle 21:34 da Francesco

Quest’oggi ho letto un’opinione interessante su un fatto di cronaca. Nel casertano un uomo ha scoperto dei ladri nella camera dei figli e ne ha ucciso con un fucile da caccia per poi gettarne il cadavere in un fiume. Ammesso che la dinamica dei fatti sia stata questa, per me quell’uomo ha fatto benissimo e meriterebbe un encomio. Tra i commentatori della notizia un lettore ha scritto che in Italia vigono due culture, quella cattolica e quella marxista, per le quali il ladro è migliore del derubato e la colpa è della società: non avrei saputo trovare parole migliori per descrivere l’eccesso di garantismo e di buonismo che pervade la mia nazione.
In Italia c’è la corsa a difendere il delinquente e vi partecipano due categorie: una è quella che lo fa per interessi personali e si cela dietro delle espressioni altisonanti come “lo stato di diritto” o la “democrazia”, l’altra invece è composta dagli idealisti che si fanno le seghe sulla pelle altrui, sempre pronti a dare una seconda, terza o ennesima possibilità a qualcuno che non permette ad altri di averne manco una. La legge non è necessariamente giusta e io sono dalla parte di chiunque si difenda, anche nel caso in cui debba scavalcare lo Stato.
Quel padre di famiglia probabilmente subirà un processo e avrà dei problemi per essersi difeso. Gli italiani sono migliori dei politici, anche di quelli che millantano di battersi per i diritti civili, e infatti sono molti i commenti a favore dell’uomo. Anch’io avrei fatto fuoco in una situazione del genere senza alcuna esitazione e poi avrei fatto a pezzi il corpo per scioglierne i pezzi dentro soluzioni adatte allo scopo. Se poi le autorità mi avessero scoperto allora non avrei potuto che meditare una vendetta trasversale contro la famiglia del ladro. Forse sono esagerato, ma certe situazioni sono kafkiane ed è intollerabile che lo Stato nonché i suoi cazzo di rappresentanti siano talmente lontani dal sentire comune. Se in Italia venisse proposto un referendum per la reintroduzione della pena di morte io credo che passerebbe con una larga maggioranza, ma si sa che certuni, anche coloro che si ritengono più “illuminati”, ascoltano la vox populi soltanto quand’essa è all’unisono con le loro ideologie, ovvero le versioni volgari delle idee pragmatiche.

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10
Lug

Da una prospettiva prolissa

Pubblicato martedì 10 Luglio 2012 alle 03:50 da Francesco

Non voglio puntare il dito verso qualcuno per sentirmi migliore e mi basterebbe poterlo spostare un po’ per guardare la Luna. Il sonno latita, ma non è ricercato. Qualche volta resto sveglio per ventiquattro ore di seguito e lascio proliferare in me la sensazione di gabbare il tempo.
Sono riposato perché non devo spostare troppe aspettative nel futuro: io non ho intenzione né modo di traslocare dal presente. Sono una persona limitata, ma cosciente di questa condizione. Intendo aumentare la quantità di cose che mi faccio scivolare addosso, ma voglio riuscirci senza dovermi ungere. Non ho quasi nulla in cui identificarmi né comportamenti da interpretare, perciò potrebbe giovarmi una traduzione in galera o una gita di piacere in un commissariato. In queste righe c’è qualcos’altro oltre ai giochi di parole? Io me lo domando per fare volume, però non me ne frega nulla d’ottenere una risposta da me medesimo. Mi prendo in giro perché mi amo, perciò sono mio complice. Dovrei davvero smetterla di sdoppiarmi e sarebbe opportuno che mi trovassi una ragazza: Pirandello non mi è mai piaciuto e un bacio non l’ho mai dato. Forza, che il tempo si faccia avanti, alacre terrore della vanità e della sopravvivenza. Di cosa dovrei discorrere e con chi? Se potessi nuoterei con le balene per illudermi di poterne imparare il linguaggio. Chissà se anche gli ultrasuoni si prestano al cazzeggio.

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8
Lug

Tanto per scrivere

Pubblicato domenica 8 Luglio 2012 alle 01:07 da Francesco

Qualche volta mi avventuro nell’incauta ricerca di un senso per agghindare la mia esistenza, ma torno sempre a mani vuote davanti allo specchio. Ospito in cuor mio un circolo di mancanze da cui però non mi faccio traviare: si ricreino da sole. Ne è passato di tempo, ammesso che questo sia mai cominciato. Sulla mia strada non ho mai fatto brutti incontri e qualche volta mi sembra di non averne proprio avuti, però sopravvaluterei me stesso se mi ritenessi un padre del deserto. Non so cosa significhi donarsi, tuttavia, qualora servisse, oltre al consenso per l’espianto degli organi non avrei problemi a concedere anche quello per il prelievo del curaro.
Mi barcameno nella mia epoca senza mettere all’ingrasso le aspettative per il futuro, ma non ho le credenziali per lamentarmi di qualcosa. Se volessi un po’ di più dovrei fare di più, però lo stesso sforzo mi sarebbe richiesto se io ambissi a diventare qualcosa di meno. Ho dei pregi che non splendono di luce propria perché ottenebrati dai miei limiti, di conseguenza sono neutrale e anonimo come una banca elvetica. Non ho nulla da ricucire né da strappare, ma sia chiaro che non è mia intenzione offendere l’operato della Penelope omerica.

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4
Lug

L’età non ha età

Pubblicato mercoledì 4 Luglio 2012 alle 02:54 da Francesco

Di tanto in tanto noto con divertimento l’impegno che qualcuno dei miei coetanei profonde per firmare il proprio J’accuse contro i ragazzi più giovani. Ogni cazzo di generazione rivolge a quella successiva gli stessi biasimi che riceve in dote da quella a lei precedente.
Per me certi ragazzi muovono solamente critiche pretestuose verso i ragazzini perché di fatto ne invidiano l’età: sognano un ritorno alla spensieratezza che la nostalgia rende più aulica di quanto sia stata e coltivano le frustrazioni per l’impossibilità di compiere al contrario la rotta del cammino biologico. “Ai miei tempi…”, “i ragazzini di oggi…”, “quand’eravamo bambini noi…” sono alcuni esempi dell’incipit standard che qualche persona insoddisfatta si sbrodola addosso a ogni buona occasione. A me discorsi del genere hanno sempre fatto schifo e non ho mai rispettato un adulto in quanto tale: cos’è, la naja? Si fotta l’anzianità. Ci sono ragazzini più intelligenti e talentuosi di tante merdacce che all’anagrafe potrebbero essere i loro padri. L’età non conta un cazzo, ma qualcuno attacca la gerontocrazia soltanto quando gli fa comodo. Io sono cresciuto tra la fine degli anni ottanta e gli anni novanta: questo mi qualifica come una persona migliore rispetto a qualcuno che è nato quand’io già mettevo “Madonna” e “troia” nella stessa frase? Ciò che accomuna ogni generazione sono le accuse che tutte rivolgono a quella che ha la colpa di venire dopo. Massa di stronzi ultratrentenni o aspiranti tali, il mondo è dei giovani e voi forse non lo siete se ragionate come quei rotti in culo a cui tanto rinfacciate l’anzianità: stupidi due volte, perché oltre a proferire minchiate non vi rendete conto di avere tutta la vita innanzi a voi. Non sono un giovanilista proprio perché ritengo che l’età abbia meno importanza di quanta ne riceva e, per quanto mi riguarda, un’ottima persona può essersi appena lasciata la pubertà alle spalle o può aver superato l’ottuagenario traguardo, tuttavia mi fa incazzare chiunque creda di saperla più lunga di qualcuno più giovane di lui solo perché ha avuto più tempo per illudersi sui libri, sul lavoro, sulle scopate o su qualche porco di dio.

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30
Giu

A modo

Pubblicato sabato 30 Giugno 2012 alle 23:49 da Francesco

Corro, nuoto in acque cristalline e mi cucino pasti abbondanti. La sera mi piacerebbe mettermi a sedere su un asteroide per scrutare in lontananza qualche esplosione stellare, ma per adesso devo accontentarmi di girare col finestrino abbassato lungo vie in cui, tutt’al più, può collassare qualche debosciato in prossimità del coma etilico.
Non bevo alcolici e di conseguenza non alzo il gomito, ma sollevo la mano per salutare i giorni venturi. Guardo con divertimento e con scanzonata partecipazione le isterie di massa che fanno leva sul campanilismo, ma non ho un inno da cantare né una scommessa piazzata che mi faccia rodere il fegato per il tifo, quello sportivo, ovviamente. Baratto occhiate fugaci con mercantesse di cui ignoro l’identità e le intenzioni, però tutto inizia e finisce nelle collisioni degli sguardi: a me comunque non interessano le constatazioni amichevoli perché non rimborsano il tempo perduto. Avrei molto da sussurrare, d’altronde non ho mai fatto voto di silenzio e non sono tagliato per diventare un monaco cistercense: devo farmene una ragione. Ogni cosa a suo tempo, comprese quelle che un tempo non l’avranno mai. Adoro oltremodo questi periodi di serenità ed evito che distrazioni secondarie mi strappino a quelle primarie, paradisiache: mie proprie. Ateo e felice, io.

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