16
Ago

Record personale

Pubblicato giovedì 16 Agosto 2012 alle 20:53 da Francesco

L’altro ieri ho stabilito il mio record personale sui dieci chilometri col tempo di trentasette minuti e ventiquattro secondi: 37’24”. Sono riuscito a mantenere una media al chilometro di tre minuti e quarantaquattro secondi: 3’44”. Non corro spesso i diecimila metri e ogni tanto adotto questa distanza per fare le cosiddette ripetute. A ottobre dello scorso anno avevo fatto registrare un tempo di trentanove minuti e due secondi: 39’02”. Il progresso di un minuto e trentotto secondi credo che sia avvenuto soltanto in minima parte grazie al cambio di allenamento a cui mi sono sottoposto recentemente. Ho accusato la prestazione di cui sopra, infatti questa mattina sono andato in stallo dopo diciassette chilometri e ho camminato negli ultimi quattro così da coprire i ventuno che avevo deciso di affrontare a passo lento: ho sbagliato all’inizio perché sono partito troppo veloce rispetto a quanto potevo dare.
Ho intenzione di calzare di nuovo delle scarpe A1 benché non sembri una buona idea: ‘sti cazzi. Potrei guadagnare un po’ di fiducia se riuscissi a fare la mezza maratona con un passo inferiore ai quattro minuti al chilometro, ma per adesso non intendo neanche provarci. Mi sono allenato in salita oltre che nelle ripetute da tre minuti e trenta alternate con recuperi di quaranta secondi in più. Non mi entusiasmano queste sessioni, ma le trovo meno gravose di quanto immaginassi. Comunque spero che il trip per l’aumento della velocità sia una cosa passeggera. Potrei anche limitarmi a camminare dato che non mi corre dietro nessuno, in senso lato. Ah!

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14
Ago

Imparare a morire

Pubblicato martedì 14 Agosto 2012 alle 05:41 da Francesco

Qualche settimana fa ho letto Lezioni spirituali per giovani samurai di Yukio Mishima, una raccolta di scritti che comprende anche il proclama con cui egli tentò di risvegliare lo spirito giapponese prima di suicidarsi col rito del seppuku. Anche se in passato ho cercato di entrare nell’esercito io mi considero lontano dal militarismo e non scarificherei mai la mia vita per un ideale, però trovo qualcosa di affascinante nella coerenza di Mishima. Qualche volta mi chiedo se egli si sia ucciso per rispettare davvero il suo pensiero e dare un esempio o se invece egli abbia colto l’occasione in modo da mascherare con l’eroismo una sofferenza insopportabile.
Vorrei appropriarmi dell’essenza del bushido perché credo che soltanto una piena accettazione della morte possa consentire di vivere davvero, ma non ne sono all’altezza, almeno non ancora. Per quanto io mi sforzi, la mia è e resta una mente strutturata in modo occidentale, perciò non posso pretendere di cambiarla con l’autoconvinzione. Non mi spaventa la morte di per sé, ma il dolore che può precederla. Non temo di assecondare quella pulsione che secondo Freud vuole ripristinare lo stato inorganico, ma è il passaggio che temo, ovvero l’attraversamento di quella che qualcuno ha descritto come la porta dello spavento supremo. In tutto questo c’è anche un richiamo al nichilismo, più al concetto di superuomo che all’inclinazione distruttiva, infatti vi vedo la necessità di superare sé stessi per accettare serenamente di superarsi. Malgrado il mio forte ateismo, ho ragione di sospettare che a livello inconscio agisca ancora in me qualche elemento della cultura cristiana, forse interiorizzato in tenera età e sedimentatosi contro la mia volontà. Quando mi confronto con il pensiero della morte mi rendo conto di quante attività diurne siano svolte con l’unico scopo di scacciarlo, però io non voglio consolazioni né distrazioni così forti da negarmi un disagio talmente propedeutico per la dissoluzione.
Non elogio la morte, non ne faccio un totem adatto alle provocazioni adolescenziali, ma la porto al giusto grado d’attenzione per non farmi trascinare via dalle futilità quotidiane a cui talvolta io cedo troppo terreno. Non ho fretta di raggiungere la fine, ma non voglio illudermi che non ve ne sia una. Nella sua apparente mancanza di senso, nella sua antica efferatezza, forse anche nella sopravvalutazione stereotipata di cui è stata vittima, la cultura giapponese, più d’ogni altra, mi ha offerto una visione in cui in tempi passati hanno saputo unirsi bellezza, morte e lucida follia. Un altro accostamento che sono solito fare è quello legato ad un certo satanismo, nel quale il suicidio è una libera scelta a cui ricorrere una volta che sia stato raggiunto il momento apicale della propria vita, perciò ne consegue un esercizio del libero arbitrio lontano dalla disperazione. Mi domando tuttavia come si possa certificare l’autenticità di un gesto del genere, infatti il mio sospetto è che talvolta dietro scelte apparentemente lucide e ammirevoli (almeno dal mio punto di vista) vi siano ragioni più prosaiche. Io vorrei invecchiare bene e vivere oltre i cent’anni, ma potrei rinunciare all’eventuale longevità se in me dovesse farsi strada la capacità di vivere al di sopra della mediocrità in cui sguazzo assieme al resto della ciurma. Un discorso del genere pare contorto e contraddittorio, ma io cerco di andare al di là di quanto mi è stato insegnato, al di là di quanto non ho avuto l’accortezza di disimparare, al di là di dell’attaccamento parassitario alla vita a cui sono omologato. Non è facile esporre un tema del genere senza essere inquadrati in una spirale depressiva, in una sterile provocazione o in un esercizio di stile, ma fortunatamente tutto ciò è autoreferenziale e ha un fine migliore dei preconcetti di cui può essere bersaglio, più precisamente ha una fine.

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12
Ago

Una maratona asiatica

Pubblicato domenica 12 Agosto 2012 alle 05:50 da Francesco

Ho intenzione di correre la mia prima maratona e mi sto adoperando affinché accada in Oriente. Qualche giorno fa mi sono candidato per ottenere un  pettorale a quella di Tokyo, ma tenterò d’iscrivermi anche a quella di Shangai per avere più possibilità di essere estratto qualora le richieste fossero maggiori dei posti disponibili. Non ho mai corso per quarantadue chilometri: al massimo ne ho fatti trentasei e di solito ne macino almeno diciotto. Ho la resistenza necessaria per fare una maratona, perciò il mio obiettivo è quella di completarla entro le tre ore e trenta.  Più volte ho ricevuto l’invito ad allenarmi con un’associazione sportiva della mia zona, ma non mi sono mai deciso a farne parte perché io sono individualista del cazzo e mi crogiolo nel ruolo di outsider. In realtà non mi sento sufficientemente competitivo per gareggiare e i miei tempi lo dimostrano, ma riconosco di avere un grande margine di miglioramento. Non sono disciplinato perché non seguo un piano di allenamento e invece di un podista sembro uno di quei vietnamiti che erano soliti fuggire dal napalm americano.
Se riuscissi a correre sulla mezza maratona a 3’,20” al chilometro allora chiederei io di entrare in un’associazione sportiva, ma attualmente un tempo del genere lo riesco a tenere soltanto per duemila metri. Come cazzo faccio a protrarre quella prestazione per altri diciannove chilometri, possibilmente senza pisciare sangue e mantenendo l’uso d’entrambi i reni?
Vorrei aumentare la velocità senza perdere massa muscolare, che è un po’ come pretendere la botte piena e la moglie ubriaca, ma tanto io sono astemio e vergine, dunque devo sborrarci su. In questo periodo viaggio sui 4’,16” al chilometro, però è un’andatura che riesco a mantenere in varie condizioni, di conseguenza suppongo che in me vi sia un blocco mentale, come se mi fossi adagiato sugli allori e gli sforzi coscienti non fossero abbastanza intensi da oltrepassare i limiti stabiliti a livello inconscio. Ho ragione di credere ciò poiché la scorsa settimana ho riscontrato il tempo summenzionato in una condizione precaria, infatti avevo mangiato tre ore prima, mi ero fatto due seghe e avevo un po’ di sonno arretrato. Non credo che mi basterebbe sbloccare il freno mentale per abbassare i tempi quanto vorrei, però mi fornirebbe lo slancio motivazionale per fare il passo seguente. Non ho velleità agonistiche, ma voglio capire il perché dei miei limiti.

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10
Ago

Fragilità e comari

Pubblicato venerdì 10 Agosto 2012 alle 12:03 da Francesco

Mi ha colpito la conferenza stampa di Alex Schwazer. Qualcuno non accetta che anche un atleta olimpionico sia un essere umano. Per me un dopato merita la squalifica a vita e questa è anche l’opinione dell’altoatesino, però la crocefissione andrebbe riservata ad altri personaggi, rei di colpe ben più gravi. È nell’ordine delle cose che lui si prenda insulti da ogni dove, ma quelle dita che lo indicano con riprovazione io credo che non siano sempre mosse dallo sdegno quanto invece dal gusto di ficcarle nelle piaghe. I campioni sono invidiati perché hanno talento, denaro e bellezza, perciò quando commettono un passo falso, o persino fatale, allora ogni detentore di un complesso d’inferiorità può vantare un credito al cospetto delle proprie frustrazioni.
Non credo che lo sport sia mai stato del tutto pulito, ma lo considero l’attività più meritocratica che esista e se fossi più giovane cercherei di praticarlo a livello agonistico. La spiegazione data da Schwazer, rotta a tratti da pianti che ho percepito più liberatori che disperati, mi è sembrata a metà strada tra quella che avrebbe potuto dare un personaggio di Dostoevskij in una cornice kafkiana. Ennio Flaiano sosteneva che gli italiani corrono sempre in soccorso dei vincitori e io non posso che sottoscrivere questa boutade. Reputo limitato qualcuno che al cospetto di una vicenda simile si contenti d’esternare il proprio biasimo. Il travaglio di un uomo è un ottimo promemoria per sé stessi o può diventare addirittura un’occasione d’apprendimento, ma è pura epifania quando non è filtrato dall’arte né edulcorato dalla vergogna del protagonista o da altri fattori. Forse certe persone vogliono delle figure impeccabili che siano ciò che loro non potranno mai essere, d’altronde una identificazione così infantile avviene anche in altri campi. Non sono abilitato a provare delusioni di questo genere perché credo che ogni individuo sia imperfetto per definizione, perciò non mi creo idoli paradigmatici dato che già ne martello altri, millenari. Auguro ad Alex Schwazer una vita serena.

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8
Ago

Archivio onirico: sogno n. 10

Pubblicato mercoledì 8 Agosto 2012 alle 23:57 da Francesco

In questo sogno mi ritrovai a girovagare in un un palazzo rinascimentale ai cui piani alti era in corso una festa. Il vertice della struttura ospitava una stanza enorme dai vetri scuri che davano su una terrazza in cui si trovava una piscina. Mi allontanai quasi subito dal party e scesi lungo le scale, attraverso stanze gigantesche e pianerottoli interminabili. Quando raggiunsi l’ingresso mi ritrovai in un’atmosfera lugubre e plumbea che strideva fortemente con i fasti che m’ero appena lasciato alle spalle. Uomini e donne portavano maschere tribali, battevano continuamente i loro martelli per lavorare oggetti da vendere e ogni tanto scuotevano la testa con vigore. Là ebbi la sensazione che presto sarebbe venuto qualcuno ad uccidermi con un fendente alla schiena.
La luce non penetrava quell’ambiente che sembrava la banchina di un porto. Fuliggine, nebbia o non so cos’altro dominavano l’atmosfera tetra che io avevo varcato senza una valida ragione. Risalii le scale, però non tornai in cima al palazzo e mi fermai in un piano che dava su una specie di portico nel quale m’addentrai. Là una signora assisa mi fece cenno di avvicinarmi al tavolino piccolo, bianco e circolare che le era riservato. Una volta raggiunta, la donna prese a parlarmi di fede. Io non mi scomposi e le dissi più volte qualcosa del genere: “Non ti credo, neanche tu ci credi. Ti racconti storie per stare meglio, mi dispiace”. All’improvviso mi parve che dai suoi occhi azzurri le lacrime si pugnalassero a vicenda prima di gettarsi nel vuoto. Lei chinò lo sguardo e mise una mano sopra l’altra: non dissi altro e me ne andai come se non fosse successo nulla. 

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6
Ago

Qualcosa nel cielo, ma nulla di serio

Pubblicato lunedì 6 Agosto 2012 alle 06:49 da Francesco

Ogni tanto cammino nel buio crescente della sera lungo delle stradine di campagna da cui potrei guardare tramonti meravigliosi se mi ci recassi un po’ prima rispetto al solito, ma io preferisco le albe ai crepuscoli. Il tre agosto mi trovavo a fare due passi nei meandri anzidetti: ad un tratto ho alzato il capo per scrutare la volta celeste e ho notato un bagliore intenso e pulsante che è svanito dopo poco. Non sono ferrato in astronomia e la prima associazione d’idee che s’è fatta strada in me è stata piuttosto naif, infatti ho immaginato che quella caduca luminosità fosse stata cagionata dall’esplosione di una supernova e che la luce prodotta, dopo un lunghissimo viaggio, fosse giunta a portata d’occhio, ma ovviamente non sono stato così fortunato.
Mi ero ripromesso di non scrivere nulla di questo avvistamento a meno che non fossi riuscito a trovare su Internet una prova documentale, perciò ringrazio chi ha scattato la fotografia che mi sono permesso di allegare a piè di pagina. Vorrei conoscere l’opinione di un astrofisico, magari della carissima signora Hack che sono certo accompagnerebbe la sua spiegazione con piacevoli bestemmie, a me altrettanto gradite. Ho cercato in lungo e in largo nei gruppi di discussione che vertono sugli astri, ma per adesso ho trovato poco sia in italiano che in inglese: sopravvivrò. Conosco persone che al mio posto avrebbero subito fatto un giro di telefonate alla dietrologia, al complottismo, all’esoterismo e probabilmente anche a qualche oroscopista per organizzare il grande party delle bufale. Io non escludo che nell’universo possano esistere altre forme di vita più o meno avanzate di quella umana, però non mi aspetto di vederne il transito sopra il cielo del mio pianeta: d’agosto nella periferia di questo sistema solare? Oibò, una scelta vacanziera assai discutibile, ma d’altronde c’è anche chi reputa Ibiza un paradiso terrestre.
Non m’interesso ai testi che trattano il tema dei cosiddetti alieni e mi annoiano le discussioni che hanno come oggetto i contatti del terzo tipo, infatti credo che simili letture siano adatte a quanti non abbiano la volontà di affrontare l’universo sui mattoni di astrofisica perché questi sono privi di un approccio altrettanto avvincente. Non mi spaventano la credulità, l’insipienza e manco gli autoinganni altrui: no, mi annoiano e basta. Comunque non auspico la scomparsa dei libri che prendono all’amo uomini e donne il cui senso critico sia asservito a quello dello stupore, sennò gli scaffali di ogni autogrill subirebbero un vuoto difficile da colmare: la pochezza genera introiti. A parte le cazzate, io mi commuovo sempre quando confronto la limitatezza dell’epoca in cui mi trovo a (ri?)vivere con la lucidità delle parole di Carl Sagan. Forse un giorno i posteri si faranno tante risate o forse usufruiranno del privilegio di non mettere mai piede in questa valle di lacrime: estinzione o evoluzione, chissà che differenza c’è. Se potessi campare un miliardo di anni mi metterei comodo per assistere al gran crògiolo, porco di un dio!
Accidenti, tutto questo mi fa pensare alla drammaticità dell’anno corrente, infatti oltre alla crisi economica e alle tensioni in Medio Oriente, a dicembre i seguaci della profezia dei Maya, ovvero avventisti sui generis, incorreranno nella grande delusione: niente fine anticipata, niente ferie negli inferi! Che periodo sciagurato: non ci sono più le apocalissi di una volta, ma solo le mezze verità. Io mortifico la cretineria e spero che qualcuno non me ne faccia una colpa, ma anche se succedesse penso proprio che non me ne fregherebbe un cazzo: eh, zero proprio. Tutto questo mi fa domandare se l’esperienza terrestre (da ripetersi?) sia più ridicola o insensata. A me pare di vivere nell’ora di ricreazione in attesa che il tempo se ne vada sconsolato. Rischio di essere troppo metafisico. Potrei piacere a qualche fricchettona, il prototipo di ragazza a cui non mi accompagnerei mai. Ho preso il largo, mi sono allontanato talmente dal principio che oltre ad andare fuori tema sono uscito anche fuori tempo massimo. Oramai non è più tarda notte, è già un nuovo giorno e chissà quando cazzo mi sveglierò, ma se non dovessi riaprire gli occhi allora ne approfitto per salutare tutti quelli che mi conoscono: in diretta da ‘sto cazzo, allegria signori! Comunque l’oggetto da me visto dovrebbe essere nient’altro che una lanterna cinese.

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2
Ago

Ben oltre il tempo delle mele

Pubblicato giovedì 2 Agosto 2012 alle 04:34 da Francesco

Qualche volta mi piace rendicontare i miei limiti perché mi permettono di restare con i piedi per terra mentre la mente vola più in alto di quanto potrebbe fare tra le correnti ascensionali di una boria ingiustificata. Non devo fare di me un polo di attrazione e sono già un parafulmini perché non credo ai colpi della folgore. Il giusto mezzo è quanto di più aristotelico io possa inseguire e per trovare la quadratura del cerchio ogni tanto devo tracciare dei triangoli isosceli, però non è raro che le mie parole mettano in evidenza il lato diverso invece degli altri due.
Mi sento bene e incompleto, un accostamento che non mi è nuovo e di cui ho esperito livelli più alti, tuttavia non ho nulla di cui lamentarmi a livello personale. S’è un po’ attenuata la linea della mia serenità, ma si mantiene su quote apprezzabili. Dovrei fare un salto di qualità, che io vedo come un salto nel vuoto, ma non posso farlo da solo. Suppongo che sia il caso di passare da un pavido condizionale ad un presente indicativo più severo. Ho sempre cercato di essere onesto con me stesso perché ho imparato ad apprezzare le comodità d’un atteggiamento simile, perciò devo riconoscere la mancanza d’amore come causa precipua della mia stagnazione umorale.
Uso un registro linguistico inappropriato, dovrei sguazzare nel sangue e nella merda per essere più diretto, tra l’altro sono in grado di farlo benissimo, anzi io ci nuoto in stile libero, ma forse mi trattengo in questa occasione: misero me! Non posso più intendere l’amore come un evento la cui comparsa può essere possibile, ma devo cominciare a facilitarne l’ingresso nella mia cazzo di vita: come, non m’è dato saperlo. Ho un atteggiamento attendista, ma non gioco in contropiede e riparto sempre dallo stesso punto per ritornarci. Forse in questi anni il mio umore ha campato della rendita delle sublimazioni a cui mi sono prestato, ma è bene che io guardi al futuro da una prospettiva diversa. Intanto mi lambicco.

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1
Ago

Limiti, sciocchezze e pazienza

Pubblicato mercoledì 1 Agosto 2012 alle 03:15 da Francesco

Ho cercato a lungo un talento nascosto in me, ma non sono riuscito a trovarlo. Non c’è campo in cui io eccella. Ho imparato a convivere con la mia pochezza senza attribuirne l’origine a qualche capro espiatorio: sarei stato una persona migliore se mi fossi impegnato di più.
Non mi attendo molto dal futuro e forse è proprio per questa ragione che vivo meglio di quanto riuscirei a fare se fossi così imprudente da scandire i miei giorni con delle aspettative esagerate ed esasperanti. Per fortuna ho dei passatempi che mi rendono più lieta la mediocrità di cui io mi considero un portatore sano, difatti non ne sfogo le frustrazioni sul prossimo: ho la scrittura, la corsa e la masturbazione per scaricarmi. Non voglio essere così banale da pretendere di vivere intensamente ogni istante, infatti non lo farei neanche se potessi perché reputo importanti le pause in una melodia, ma cerco di ricavare il meglio dai momenti che ritaglio per la mia serenità. Avrei voluto vivere determinate esperienze, ma nel migliore dei casi sono arrivato con un attimo di ritardo; teoricamente ho ancora molta vita davanti e non è detto che prendendo un respiro profondo io non possa cambiare il vento. Sono soddisfatto di me, anche se obiettivamente ciò che sono è poca cosa. Vedo il mio carattere come un un piccolo hotel ad una stella in cui però le varie parti di me stesso albergano piacevolmente. Avrei voluto dare a mia madre un motivo per giustificare i nove mesi d’affitto e il travaglio del parto, ma credo che le basti quel poco che sono e specialmente quello che non sono diventato. Ogni tanto la prendo in giro e le dico che forse avrebbe dovuto fare più selezione all’ingresso. Chissà tra una decina di anni con quale spirito rileggerò questo appunto agrodolce. È il primo d’agosto: il mare chiama e Francesco risponde.

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26
Lug

Quella timida compaesana (o del pettegolezzo enigmatico)

Pubblicato giovedì 26 Luglio 2012 alle 04:34 da Francesco

Mi piace giocare con la curiosità altrui, ma questa volta ne approfitto per scavalcare dei limiti che mi vengono attribuiti. Per mia madre non ho mai avuto una ragazza perché non l’ho mai voluta davvero, ma un’idea simile in gergo tecnico si etichetta come stronzata sesquipedale: succede. Puntualmente le faccio notare che forse lei non riesce ad accettare la mia incapacità seduttiva, come se in me riscontrasse una propaggine della sua parte maschile e non potesse tollerarne i limiti; alla luce di ciò ella potrebbe ricorrere alla spiegazione sopraesposta per inquadrare la mia bizzarra condizione nella cornice di una libera scelta, decisamente più sostenibile da parte di quella che io definisco la sua virilità per interposto segaiolo. Forse ho frequentato troppo le pagine di Freud e di tutta la raggiera di quest’ultimo? In realtà un’interpretazione plausibile non si trova nelle parole di mia madre né in quelle arzigogolate a cui ricorro per dileggiare le sue. Considero la mia verginità come il frutto di una joint venture tra una scelta e una cogenza, però quest’ultima scaturisce dal bisogno di soddisfare determinate precondizioni affinché io mi senta in grado di donarmi ad un’altra persona. Ho bisogno d’amore, il solo sesso manco m’incuriosisce e il rapporto platonico lo trovo altrettanto incompleto, perciò non posso prescindere dall’unione di corpo e psiche. Trovare una tale sintesi che mi sia compatibile non è semplice, infatti questa è la ragione precipua per cui mi massaggio il pisello dai tempi pionieristici della seconda media. Non credo al colpo di fulmine né all’astrologia, ma lascio che la ragione subappalti all’istinto tali questioni. In altre parole, di grazia meno astruse, io non sono il tipo che può innamorarsi di una che attraversa la strada: non ne so nulla! Tutt’al più può colpirmi la bellezza estetica, che per me è ha un’importanza pari a quella caratteriale, ma di signorine avvenenti è pieno il mondo e ogni anno ve ne sono altre che tagliano il traguardo della maggiore età: questo parametro non è sufficiente per farmi gridare al miracolo! Io, miscredente del maschilismo! Ah! Devo comunque precisare che secondo me non c’è nulla di male nei rapporti occasionali, e questo lo scrivo per tutelarmi dalle associazioni degli sventrapassere: ho solo bisogno d’altro, sennò andrei a troie. Ripeto una sottolineatura prima di procedere: non avverto neanche la necessità di un rapporto platonico e infatti non ho nemmeno un’amica, fatta eccezione per la mano sinistra.
Nella mia cittadina v’è una ragazza timida (almeno io presumo che lo sia), più giovane di me di cinque anni. La rimembro perché l’ho incrociata più volte a debita distanza: all’epoca era acerba e fidanzata. In seguito è sbocciata, come se da un giorno all’altro avesse trovato la femminilità. Costei non è bionda: le prime due lettere del suo nome si ripetono all’inizio del suo cognome. Secondo un’informativa dei servizi deviati lei dovrebbe avere una certa dimestichezza con le lingue straniere, però sulla velina (intendo quella cartacea e non un’aspirazione mediatica da parte della ragazza in questione) non è riportato se ella abbia altrettanta confidenza con il cunnilingio. Parto sempre bene, ma perché poi mi devo perdere in una volgarità da osteria? Probabilmente perché le frequenterei nottetempo se ne conoscessi qualcuna particolarmente prodiga di bestemmie e trivialità. Per quanto m’è dato sapere, l’ex fidanzato di questa donzella era un coglione, infatti qualche volta mi domandavo cosa cazzo avessero in comune: no, non giustificavo quell’unione con quella traslazione impropria della fisica classica secondo cui gli opposti si attraggono.
Cosa trovo in lei? Un’intuizione da confermare. Non ne sono innamorato dato che non ne so nulla. Il suo aspetto è gradevole, ma nulla di trascendentale: sì, ci so proprio fare con le donne. In realtà io sospetto che in lei vi sia una personalità molto interessante che, sommata alla sua corporeità, la rende attraente ai miei occhi. Se la conoscessi potrei innamorarmene o ricredermi sul suo conto: eh, dal momento che lei non leggerà mai queste righe (e anche se lo facesse saprebbe riconoscercisi?) presumo che non lo sapremo mai, cari sguardi indiscreti: accettatelo! Non mi farei problemi a ripeterle con calma il concetto che qui ho espresso in maniera cotanto prolissa per mera birichineria, ma non mi sorprenderei se alla fine le sembrassi troppo freddo e mi rimandasse a settembre o direttamente a fare in culo. Non temo il rifiuto, anzi, quest’ultimo ha sempre un posto dentro di me: mi casa es tu casa! Nulla mi vieta di fare ipotesi, manco il disfattismo al quale per altro non concedo asilo. Se quella timida compaesana mi conoscesse bene forse troverebbe in me ciò che non può rinvenire in quanti nutrano tutt’al più l’ambizione di sodomizzarla. Come mai non posso fare a meno di un linguaggio inappropriato? Se costei un giorno diventasse la mia ragazza io le scriverei lettere d’amore con il sangue del suo mestruo. Quest’ultima frase non rispecchia un’intenzione reale, bensì è un piccolo omaggio alla scurrilità…

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23
Lug

Serata leggendaria di progressive rock italiano

Pubblicato lunedì 23 Luglio 2012 alle 04:13 da Francesco

Sabato mi sono recato nel viterbese per assistere ad una manifestazione di progressive rock italiano che è durata quasi sei ore. Sul palco si sono alternati nomi importanti per il genere, ma ci è salito anche Paul Whitehead, un disegnatore che ha creato copertine storiche per gruppi come Genesis e Le Orme. La serata è stata un crescendo continuo e diverse formazioni hanno celebrato il quarantennale di qualche caposaldo delle loro discografie. Io mi sono esaltato molto più di quanto mi potessi aspettare e per qualche ora ho avuto la sensazione di trovarmi in una successione di momenti che s’è già cristallizzata nella mia memoria. Forse in queste righe rischio di non riportare l’ordine corretto delle apparizioni, però sono certo di tutto quello che mi hanno lasciato. Gli Analogy sono stati i primi a suonare, tuttavia non avevo mai ascoltato nulla di loro. Da quanto ho capito hanno proposto i pezzi del loro album omonimo del settantadue, dato che i membri, in parte italiani e in parte tedeschi, dopo l’esordio hanno preso strade diverse e dalle ceneri della band sono nati gli Earthbound in Inghilterra. A me sono piaciuti sebbene non mi abbiano fatto gridare al miracolo e provvederò a recuperare il loro debutto discografico.
Ho accolto con moltissima curiosità l’esibizione della Nuova Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, storico gruppo di Roma che conserva soltanto un membro della formazione originale, ovvero il vocalist. Se qualche appassionato mi leggesse potrebbe tacciarmi di blasfemia, però in qualche acuto di Luciano Regoli io ho risentito Ian Gillan! Mi sono piaciuti gli inserimenti del soprano e in generale non c’è nulla che mi abbia fatto storcere il naso: ottima prestazione.
Sono poi giunti gli UT, l’anima prog dei New Trolls, e hanno ricevuto una grande risposta da parte del pubblico, me compreso. Lo stile di Claudio Cinquegrana alla chitarra mi ha davvero esaltato, ma anche le parti vocali eseguite da Alessandro Del Vecchio hanno contribuito molto a farmi apprezzare lo spettacolo e, ovviamente, le fughe del leggendario Maurizio Salvi.
Da un mostro sacro all’altro: dopo Salvi le tastiere sono state protagoniste sotto le mani altresì mitologiche di Joe Vescovi, leader dei Trip, con i quali è risalito sul palco Fabrizio Chiarelli (questa volta alla chitarra e alla voce) che aveva suonato poco prima con gli UT (ma al basso e alla voce): insomma, doppio turno per questo giovane esponente del prog italiano: complimenti. La serata ha dato anche modo di salutare Jon Lord ed è stato proprio Joe Vescovi a ricordarlo. Uno dei miei momenti preferiti è stato quando agli Osanna (che hanno preso posto dopo i Trip) si è aggiunto il grandissimo Gianni Leone de Il Balletto di Bronzo la cui sola esibizione sarebbe valsa il costo del biglietto: io l’ho filmata e me la sono goduta! Devo anche sottolineare la prova straordinaria del giovane chitarrista degli Osanna che ha citato alla grande l’assolo di Stairway To Heaven, un’idea davvero riuscita: spettacolare!
Questa fantastica maratona ha avuto il gran finale con il Banco del Mutuo Soccorso. Prima di prendere posto, all’entrata, ho incontrato Francesco Di Giacomo, però non gli sono andato a rompere le palle e gli ho semplicemente rivolto un cenno di apprezzamento. Comunque non c’è molto da dire sulla performance del Banco perché ogni parola è scontata. Ho sentito i pezzi che mi attendevo dai miei album preferiti, in particolare da quel Darwin! che porta benissimo i suoi quarant’anni. Udire dal vivo pezzi come L’evoluzione, E 750.000 anni fa… l’amore, Io sono nato libero e Cento Mani, Cento Occhi mi ha fatto un certo effetto…
Per me è stato un viaggio onirico e solitario nel tempo, in quegli anni settanta che hanno visto il concepimento di dischi ai quali io mi affido tanto nei momenti migliori quanto nei periodi funesti. Quando sento i pezzi della Locanda delle Fate, de Le Orme, del Banco del Mutuo Soccorso, dei Metamorfosi o del Museo Rosenbach, mi sembra quasi che si rivolgano a me, come se più che un ascoltatore io diventassi un interlocutore. L’elenco dei gruppi sarebbe biblico: in ogni caso ho un grande debito nei confronti del progressive rock italiano. Ci sono generi che ascolto nella stessa misura o anche maggiormente, alcuni mi aiutano addirittura a correre più di quanto potrei fare con le mie sole forze, tuttavia il rapporto d’intimità che ho con il progressive rock è unico. Alla fine del concerto, prima di rincasare ho passato un po’ di tempo ai banchetti e finalmente ho trovato il vinile de Il Tempio delle Clessidre, una giovane band di Genova (con un “ragazzo” della vecchia guardia alla voce) a cui auguro tutto il bene possibile e della quale ho scoperto il talento in un altro grande concerto alla Casa del Jazz di Roma, quando ho avuto l’occasione di vedere dal vivo anche la Locanda delle Fate.

Sono rincasato tardi e felicissimo, con le orecchie affaticate ma ancora pronte ad ascoltare altra roba lungo il tragitto. Mi sono addormentato benissimo, ma forse devo ancora svegliarmi, o no?

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