6
Set

Vaghezza

Pubblicato giovedì 6 Settembre 2012 alle 17:22 da Francesco

Devo decidermi a registrare delle nuove sedute di introspezione per confrontarle con le vecchie. Ultimamente sono più intimista del solito e sento il bisogno di riprendere il modus operandi che mi ha permesso di muovere i primi passi al mio interno. Trovo che il periodo attuale sia adatto a tale fine, difatti sono adagiato in una piattezza emotiva che rasenta l’asepsi e di conseguenza corro un rischio minore d’influenzare le traiettorie dei miei voli pindarici con slanci d’ogni risma. Mi sento pago di me stesso senza una valida ragione. In uno zoo può essere proibito dare del cibo agli animali, parimenti io non nutro speranze altrettanto ingabbiate in schemi tradizionali. Permetto la coesistenza della mia incompletezza con la consapevolezza della sua erroneità, ma in questo caso la tolleranza è una conseguenza incidentale del bisogno e delle circostanze.
Mi duole constatare come attorno a me non ci sia nessuno da cui io possa apprendere qualcosa che mi risulti propedeutico o perlomeno balsamico. Mi sono augurato molte volte d’incontrare chi potesse illuminarmi, però non ho mai beccato dal vivo un maestro, una figura autorevole, uno stregone, insomma, un archetipo; manco un padre. L’autodidatta è un limite ambulante e poco può un uomo solo, ma quest’è.

Categorie: Parole |

4
Set

Nei pressi dell’ultima pagina

Pubblicato martedì 4 Settembre 2012 alle 15:03 da Francesco

Mi trovo in dirittura d’arrivo con il mio quinto libro. Il saggio sarà più breve del previsto, infatti ho deciso di accorciarlo per non annacquarne né i contenuti né lo stile. In tutti questi anni ho depauperato la mia fantasia e ora attendo che emozioni piovane mi riempiano senza affogarmi. Non ho in cantiere altri testi e non m’illudo di pubblicare alcunché, ma provvederò ancora una volta a spedire la mia opera alla gentile attenzione dei cestini altrui. Se avessi avuto talento mi sarei già fatto strada nel mondo dell’editoria. Conosco i miei limiti e sono felice di chiudere i conti con le lunghe stesure. Dai libri che ho vergato io ho tratto molto materiale per l’autoanalisi e sarebbe stato un colpaccio se si fossero rivelati altrettanto validi al di fuori di tale indagine.
Per quanto possibile evito di identificarmi in quello che faccio e quest’inclinazione mi dà modo di mantenere un distacco salutare da molte cose, ma forse è anche la ragione per la quale io non eccello in nulla. Non sono ambizioso: tiro a freccette mentre Cupido mi sfiora con le sue e siamo tutti contenti o quasi. Ora che riaprono le scuole io invece mi sento prossimo all’ultimo giorno di lezione e sono felice di essere giunto al punto di non avere più nulla che richieda l’organicità di un libro. Non pongo l’accento sulla qualità dei miei scritti, bensì sulla quantità. In futuro potrei redigere qualcos’altro solo dietro un’improbabile remunerazione, infatti senza altra spinta non potrei che essere invogliato da promesse venali: ciò comunque rientra nel campo dell’utopia.

Categorie: Parole |

31
Ago

Nota di servizio

Pubblicato venerdì 31 Agosto 2012 alle 16:09 da Francesco

Avverto un profondo benessere nel corpo e nella psiche. Gli allenamenti da me effettuati con le alte temperature credo che siano alla base del vigore da cui mi sento compenetrato, anche in virtù di una frescura che può essere già considerata settembrina.
Non mi spiego invece l’altitudine del morale, ma immagino che anch’essa in parte sia dovuta allo stato fisico. Fatico a dare delle motivazioni di carattere psicologico che siano certe, ma azzardo a supporre che l’assenza di una gioia potenziale permetta alla mia mente di restarsene quieta. In altre parole è la mancanza di un nome al quale sovrapporre il desiderio di unità che mi evita tensioni e logorii. Qualche volta temo di essere troppo razionale e prossimo all’inaridimento, ma non credo di correre davvero questo rischio. Il vuoto è un luogo di transito che conosco bene e mi è caro perché ha ospitato i periodi migliori e più proficui della mia giovane esistenza, ma non ho mai pensato di comprarci una torre eburnea per trasferirmici in pianta stabile.

Categorie: Parole |

29
Ago

Attrazioni: rettifiche

Pubblicato mercoledì 29 Agosto 2012 alle 14:56 da Francesco

Un po’ di tempo fa ho indicato una timida compaesana come possibile oggetto di attrazione, ma quando l’ho incrociata di nuovo ho avuto una sensazione sgradevole che l’ha fatta evaporare dalle mie elucubrazioni. Credo che di lei mi abbia disturbato il contrasto tra bellezza e mancanza di femminilità, oltre ad un’ostentazione innaturale delle sue forme in cui ho intravisto i segni di una forte insicurezza. Nel mio immaginario una vamp autentica non è la semplice somma di abiti succinti ed elaborato maquillage, ma consta anche e soprattutto di un’incantevole naturalezza. Non ho mai parlato con costei e di conseguenza potrei sbagliarmi, ma credo alle intuizioni e alle loro rettifiche. Nel mio cranio vagabondeggia ancora una puteolana nella quale ho ravvisato per lungo tempo un fascino che né l’astio né l’indifferenza hanno ancora estinto.
È normale che io incanali tutto il potenziale affettivo verso me stesso dato che per adesso non ho nessun altro in cui riversarlo e capisco che possa sembrare una rincorsa all’atarassia o una propensione all’isolamento, ma io mi limito ad aspettare un’occasione autentica e nel mentre mi prendo cura di me. D’altronde se non mi amassi come potrei amare qualcun altro? Certo, devo stare attento a non essere troppo autoreferenziale, però mi sembra di cavarmela su quell’esile filo che separa il proprio microcosmo da tutto il resto. Mi avvalgo dell’introspezione e dell’ironia per non prendermi eccessivamente sul serio e allo stesso tempo mantengo una linea che finora non mi ha mai deluso sebbene non mi abbia ancora dato modo di andare al di là di me stesso. Che il tempo si prenda se stesso.

Categorie: Intimità, Parole |

25
Ago

Caldane e seghe

Pubblicato sabato 25 Agosto 2012 alle 15:44 da Francesco

Mancano meno di trenta giorni alla fine dell’estate, ma posso già annotarne qualcosa. In questi mesi il grande caldo mi ha indotto a masturbarmi più del solito, ma penso che la frequenza con cui mi sparo attualmente le seghe avrà un netto ridimensionamento dopo l’arrivo del mesto autunno. Era dai tempi dell’adolescenza che non sborravo in maniera così assidua dinanzi alle esibizioni di succinte madonne, spesso bionde e procaci. Senza uscire dai confini stilnovistici, mi rivedo in un’aulica composizione che prende il nome di Pornografia unica via.
A parte le doverose facezie, è mia opinione che un incremento dell’attività autoerotica sia stato determinato sia da fattori ambientali, ovvero il caldo, che da un’accentuazione delle mancanze affettive. Forse la conservazione di liquido seminale in periodi diversi può essere utilizzata per fare dei confronti da cui ricavare dati sui livelli di stress e carenza emotiva, tuttavia io non sono attrezzato per mettere in atto una cosa del genere: mi manca qualche grado di perversione e non ho più spazio nel freezer da quando ho portato a casa il cadavere di un vecchio sacerdote. Forse sono un po’ esagerato e fuori luogo, ma tanto non devo presentarmi al Palazzo di Vetro per ricoprire una carica importante.

Categorie: Parole |

16
Ago

Record personale

Pubblicato giovedì 16 Agosto 2012 alle 20:53 da Francesco

L’altro ieri ho stabilito il mio record personale sui dieci chilometri col tempo di trentasette minuti e ventiquattro secondi: 37’24”. Sono riuscito a mantenere una media al chilometro di tre minuti e quarantaquattro secondi: 3’44”. Non corro spesso i diecimila metri e ogni tanto adotto questa distanza per fare le cosiddette ripetute. A ottobre dello scorso anno avevo fatto registrare un tempo di trentanove minuti e due secondi: 39’02”. Il progresso di un minuto e trentotto secondi credo che sia avvenuto soltanto in minima parte grazie al cambio di allenamento a cui mi sono sottoposto recentemente. Ho accusato la prestazione di cui sopra, infatti questa mattina sono andato in stallo dopo diciassette chilometri e ho camminato negli ultimi quattro così da coprire i ventuno che avevo deciso di affrontare a passo lento: ho sbagliato all’inizio perché sono partito troppo veloce rispetto a quanto potevo dare.
Ho intenzione di calzare di nuovo delle scarpe A1 benché non sembri una buona idea: ‘sti cazzi. Potrei guadagnare un po’ di fiducia se riuscissi a fare la mezza maratona con un passo inferiore ai quattro minuti al chilometro, ma per adesso non intendo neanche provarci. Mi sono allenato in salita oltre che nelle ripetute da tre minuti e trenta alternate con recuperi di quaranta secondi in più. Non mi entusiasmano queste sessioni, ma le trovo meno gravose di quanto immaginassi. Comunque spero che il trip per l’aumento della velocità sia una cosa passeggera. Potrei anche limitarmi a camminare dato che non mi corre dietro nessuno, in senso lato. Ah!

Categorie: Parole |

14
Ago

Imparare a morire

Pubblicato martedì 14 Agosto 2012 alle 05:41 da Francesco

Qualche settimana fa ho letto Lezioni spirituali per giovani samurai di Yukio Mishima, una raccolta di scritti che comprende anche il proclama con cui egli tentò di risvegliare lo spirito giapponese prima di suicidarsi col rito del seppuku. Anche se in passato ho cercato di entrare nell’esercito io mi considero lontano dal militarismo e non scarificherei mai la mia vita per un ideale, però trovo qualcosa di affascinante nella coerenza di Mishima. Qualche volta mi chiedo se egli si sia ucciso per rispettare davvero il suo pensiero e dare un esempio o se invece egli abbia colto l’occasione in modo da mascherare con l’eroismo una sofferenza insopportabile.
Vorrei appropriarmi dell’essenza del bushido perché credo che soltanto una piena accettazione della morte possa consentire di vivere davvero, ma non ne sono all’altezza, almeno non ancora. Per quanto io mi sforzi, la mia è e resta una mente strutturata in modo occidentale, perciò non posso pretendere di cambiarla con l’autoconvinzione. Non mi spaventa la morte di per sé, ma il dolore che può precederla. Non temo di assecondare quella pulsione che secondo Freud vuole ripristinare lo stato inorganico, ma è il passaggio che temo, ovvero l’attraversamento di quella che qualcuno ha descritto come la porta dello spavento supremo. In tutto questo c’è anche un richiamo al nichilismo, più al concetto di superuomo che all’inclinazione distruttiva, infatti vi vedo la necessità di superare sé stessi per accettare serenamente di superarsi. Malgrado il mio forte ateismo, ho ragione di sospettare che a livello inconscio agisca ancora in me qualche elemento della cultura cristiana, forse interiorizzato in tenera età e sedimentatosi contro la mia volontà. Quando mi confronto con il pensiero della morte mi rendo conto di quante attività diurne siano svolte con l’unico scopo di scacciarlo, però io non voglio consolazioni né distrazioni così forti da negarmi un disagio talmente propedeutico per la dissoluzione.
Non elogio la morte, non ne faccio un totem adatto alle provocazioni adolescenziali, ma la porto al giusto grado d’attenzione per non farmi trascinare via dalle futilità quotidiane a cui talvolta io cedo troppo terreno. Non ho fretta di raggiungere la fine, ma non voglio illudermi che non ve ne sia una. Nella sua apparente mancanza di senso, nella sua antica efferatezza, forse anche nella sopravvalutazione stereotipata di cui è stata vittima, la cultura giapponese, più d’ogni altra, mi ha offerto una visione in cui in tempi passati hanno saputo unirsi bellezza, morte e lucida follia. Un altro accostamento che sono solito fare è quello legato ad un certo satanismo, nel quale il suicidio è una libera scelta a cui ricorrere una volta che sia stato raggiunto il momento apicale della propria vita, perciò ne consegue un esercizio del libero arbitrio lontano dalla disperazione. Mi domando tuttavia come si possa certificare l’autenticità di un gesto del genere, infatti il mio sospetto è che talvolta dietro scelte apparentemente lucide e ammirevoli (almeno dal mio punto di vista) vi siano ragioni più prosaiche. Io vorrei invecchiare bene e vivere oltre i cent’anni, ma potrei rinunciare all’eventuale longevità se in me dovesse farsi strada la capacità di vivere al di sopra della mediocrità in cui sguazzo assieme al resto della ciurma. Un discorso del genere pare contorto e contraddittorio, ma io cerco di andare al di là di quanto mi è stato insegnato, al di là di quanto non ho avuto l’accortezza di disimparare, al di là di dell’attaccamento parassitario alla vita a cui sono omologato. Non è facile esporre un tema del genere senza essere inquadrati in una spirale depressiva, in una sterile provocazione o in un esercizio di stile, ma fortunatamente tutto ciò è autoreferenziale e ha un fine migliore dei preconcetti di cui può essere bersaglio, più precisamente ha una fine.

Categorie: Parole |

12
Ago

Una maratona asiatica

Pubblicato domenica 12 Agosto 2012 alle 05:50 da Francesco

Ho intenzione di correre la mia prima maratona e mi sto adoperando affinché accada in Oriente. Qualche giorno fa mi sono candidato per ottenere un  pettorale a quella di Tokyo, ma tenterò d’iscrivermi anche a quella di Shangai per avere più possibilità di essere estratto qualora le richieste fossero maggiori dei posti disponibili. Non ho mai corso per quarantadue chilometri: al massimo ne ho fatti trentasei e di solito ne macino almeno diciotto. Ho la resistenza necessaria per fare una maratona, perciò il mio obiettivo è quella di completarla entro le tre ore e trenta.  Più volte ho ricevuto l’invito ad allenarmi con un’associazione sportiva della mia zona, ma non mi sono mai deciso a farne parte perché io sono individualista del cazzo e mi crogiolo nel ruolo di outsider. In realtà non mi sento sufficientemente competitivo per gareggiare e i miei tempi lo dimostrano, ma riconosco di avere un grande margine di miglioramento. Non sono disciplinato perché non seguo un piano di allenamento e invece di un podista sembro uno di quei vietnamiti che erano soliti fuggire dal napalm americano.
Se riuscissi a correre sulla mezza maratona a 3’,20” al chilometro allora chiederei io di entrare in un’associazione sportiva, ma attualmente un tempo del genere lo riesco a tenere soltanto per duemila metri. Come cazzo faccio a protrarre quella prestazione per altri diciannove chilometri, possibilmente senza pisciare sangue e mantenendo l’uso d’entrambi i reni?
Vorrei aumentare la velocità senza perdere massa muscolare, che è un po’ come pretendere la botte piena e la moglie ubriaca, ma tanto io sono astemio e vergine, dunque devo sborrarci su. In questo periodo viaggio sui 4’,16” al chilometro, però è un’andatura che riesco a mantenere in varie condizioni, di conseguenza suppongo che in me vi sia un blocco mentale, come se mi fossi adagiato sugli allori e gli sforzi coscienti non fossero abbastanza intensi da oltrepassare i limiti stabiliti a livello inconscio. Ho ragione di credere ciò poiché la scorsa settimana ho riscontrato il tempo summenzionato in una condizione precaria, infatti avevo mangiato tre ore prima, mi ero fatto due seghe e avevo un po’ di sonno arretrato. Non credo che mi basterebbe sbloccare il freno mentale per abbassare i tempi quanto vorrei, però mi fornirebbe lo slancio motivazionale per fare il passo seguente. Non ho velleità agonistiche, ma voglio capire il perché dei miei limiti.

Categorie: Parole |

10
Ago

Fragilità e comari

Pubblicato venerdì 10 Agosto 2012 alle 12:03 da Francesco

Mi ha colpito la conferenza stampa di Alex Schwazer. Qualcuno non accetta che anche un atleta olimpionico sia un essere umano. Per me un dopato merita la squalifica a vita e questa è anche l’opinione dell’altoatesino, però la crocefissione andrebbe riservata ad altri personaggi, rei di colpe ben più gravi. È nell’ordine delle cose che lui si prenda insulti da ogni dove, ma quelle dita che lo indicano con riprovazione io credo che non siano sempre mosse dallo sdegno quanto invece dal gusto di ficcarle nelle piaghe. I campioni sono invidiati perché hanno talento, denaro e bellezza, perciò quando commettono un passo falso, o persino fatale, allora ogni detentore di un complesso d’inferiorità può vantare un credito al cospetto delle proprie frustrazioni.
Non credo che lo sport sia mai stato del tutto pulito, ma lo considero l’attività più meritocratica che esista e se fossi più giovane cercherei di praticarlo a livello agonistico. La spiegazione data da Schwazer, rotta a tratti da pianti che ho percepito più liberatori che disperati, mi è sembrata a metà strada tra quella che avrebbe potuto dare un personaggio di Dostoevskij in una cornice kafkiana. Ennio Flaiano sosteneva che gli italiani corrono sempre in soccorso dei vincitori e io non posso che sottoscrivere questa boutade. Reputo limitato qualcuno che al cospetto di una vicenda simile si contenti d’esternare il proprio biasimo. Il travaglio di un uomo è un ottimo promemoria per sé stessi o può diventare addirittura un’occasione d’apprendimento, ma è pura epifania quando non è filtrato dall’arte né edulcorato dalla vergogna del protagonista o da altri fattori. Forse certe persone vogliono delle figure impeccabili che siano ciò che loro non potranno mai essere, d’altronde una identificazione così infantile avviene anche in altri campi. Non sono abilitato a provare delusioni di questo genere perché credo che ogni individuo sia imperfetto per definizione, perciò non mi creo idoli paradigmatici dato che già ne martello altri, millenari. Auguro ad Alex Schwazer una vita serena.

Categorie: Parole |

8
Ago

Archivio onirico: sogno n. 10

Pubblicato mercoledì 8 Agosto 2012 alle 23:57 da Francesco

In questo sogno mi ritrovai a girovagare in un un palazzo rinascimentale ai cui piani alti era in corso una festa. Il vertice della struttura ospitava una stanza enorme dai vetri scuri che davano su una terrazza in cui si trovava una piscina. Mi allontanai quasi subito dal party e scesi lungo le scale, attraverso stanze gigantesche e pianerottoli interminabili. Quando raggiunsi l’ingresso mi ritrovai in un’atmosfera lugubre e plumbea che strideva fortemente con i fasti che m’ero appena lasciato alle spalle. Uomini e donne portavano maschere tribali, battevano continuamente i loro martelli per lavorare oggetti da vendere e ogni tanto scuotevano la testa con vigore. Là ebbi la sensazione che presto sarebbe venuto qualcuno ad uccidermi con un fendente alla schiena.
La luce non penetrava quell’ambiente che sembrava la banchina di un porto. Fuliggine, nebbia o non so cos’altro dominavano l’atmosfera tetra che io avevo varcato senza una valida ragione. Risalii le scale, però non tornai in cima al palazzo e mi fermai in un piano che dava su una specie di portico nel quale m’addentrai. Là una signora assisa mi fece cenno di avvicinarmi al tavolino piccolo, bianco e circolare che le era riservato. Una volta raggiunta, la donna prese a parlarmi di fede. Io non mi scomposi e le dissi più volte qualcosa del genere: “Non ti credo, neanche tu ci credi. Ti racconti storie per stare meglio, mi dispiace”. All’improvviso mi parve che dai suoi occhi azzurri le lacrime si pugnalassero a vicenda prima di gettarsi nel vuoto. Lei chinò lo sguardo e mise una mano sopra l’altra: non dissi altro e me ne andai come se non fosse successo nulla. 

Categorie: Archivio onirico, Parole |