7
Ott

Di senso compiuto

Pubblicato domenica 7 Ottobre 2012 alle 13:25 da Francesco

In testa non porto turbamenti né turbanti. Attraverso un periodo neutro, ma non si tratta di un appiattimento emotivo. La calma della mia vita interiore può essere confusa col disinteresse, ma in realtà è una grazia periodica che si presenta ogniqualvolta i miei desideri risultino sfitti.
Non ho un nome da caldeggiare nottetempo. Attorno a me noto molti comportamenti meccanici e anch’io talvolta ne assumo qualcuno a mia insaputa, però faccio il possibile per non entrare in tali ingranaggi. Mi riferisco a questioni prettamente affettive giacché scadrei in una ottusità fuori misura se prendessi in esame qualcosa di meno privato. Talvolta mi sento come un cane che tenta invano di mordere la propria coda quando invece vorrebbe scodinzolarla per un buon motivo. Faccio da mediatore tra i miei slanci naturali e la mia interpretazione della realtà, però non sono ancora riuscito a trovare un punto d’incontro, in senso lato. Spesso avverto troppo pressappochismo nell’aria. Ho la pressione bassa e il morale alto: la prima non mi dà problemi e il secondo mi restaura la quotidianità. Ho circa quarantaquattro pulsazioni al minuto: un cuore da atleta, ma forse non da spasimante. Il passaggio del tempo mi acquieta. Non sto sulle mie e non giro coi trampoli, ma evito le forzature per motivi di lungimiranza. Non mi preoccupo affatto dei fraintendimenti poiché il loro scavalcamento per me costituisce la precondizione di qualsiasi tipo di conoscenza: in altre parole si tratta di una prima scrematura che posso delegare al caso.

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4
Ott

Apologia di fascino

Pubblicato giovedì 4 Ottobre 2012 alle 19:31 da Francesco

Negli ultimi mesi la pochezza di certuni mi ha indotto ad affezionarmi alla figura di Nicole Minetti. Per me costei non avrebbe mai dovuto ricevere un incarico politico, ma io la considero soltanto un effetto e non la causa dell’infinita pochezza che pervade la res publica. Alla luce di questa considerazione mi risulta semplice intravedere nell’accanimento verso la consigliera regionale qualcosa in più della giusta critica al ruolo che ella occupa senza merito. A parziale riprova di quest’ipotesi adduco l’attenzione che le è rivolta in misura assai maggiore rispetto a chi invece l’ha scelta e contro il quale, secondo me, andrebbero puntate le dita, ma capisco quanto sia preferibile guardare queste rispetto al pallido spettacolo della Luna.
In Nicole Minetti taluni non vedono solamente un opportunismo deplorevole, bensì allargano il campo delle sue colpe per collocarci al vertice la sua avvenenza: in ciò io avverto il fetore di un retroterra cattolico su cui mi permetto di calare le braghe per cagarci sopra. Per certi uomini la consigliera rappresenta un traguardo irraggiungibile e in virtù delle sue vere colpe consente a costoro di sfogare le frustrazioni per i cessi ambulanti con cui stanno, però tale qualifica non giunge dall’arbitrarietà del mio giudizio che appunto qui per il gusto del turpiloquio, bensì viene dall’atteggiamento di maschi insoddisfatti. Parimenti certe donne prendono come pretesto gli ingiusti privilegi dell’igienista dentale per dissimulare la loro invidia in un’indignazione farlocca. Da tutto questo emerge la cultura cristiana e la misoginia che puntualmente l’accompagna, di conseguenza la bellezza femminile (che nel caso della Minetti non è manco del tutto naturale) è considerata da taluni l’aggravante d’ogni colpa e una colpa di per sé. Un’altra riprova di questa teoria la rintraccio in una persona del tutto diversa dalla Nicole nazionale, “colpevole” anch’essa d’avvenenza e bersaglio di critiche pretestuose: Beatrice Borromeo.
Una donna particolarmente bella deve sempre fare i conti con la sua immagine, al di là di quale sia la propria condotta. Se sei brutta ti tirano le pietre, ma se sei bella aspettati un’intera frana.

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26
Set

Ipertrofia junghiana

Pubblicato mercoledì 26 Settembre 2012 alle 09:44 da Francesco

È un po’ di tempo che ho tra le mani “Il mito dell’analisi” di James Hillman, un libro nel quale la psicologia del profondo viene messa in discussione. Vi sono critiche al linguaggio psicologico e al modus operandi dei terapeuti, ma questo allievo di Jung (a cui egli fa spesso riferimento) non si limita a contestare l’analisi e ne propone una lettura archetipica per opporsi al primato della razionalità. La mia esperienza mi obbliga a riconoscere l’importanza della mitologia e dei simboli nel mondo interiore, ma, pur consapevole di tutti i suoi limiti, prediligo l’approccio più scientifico e illuminista di Freud che Hillman contesta apertamente.
La psicologia del profondo è per sua stessa natura indefinita, maculata di zone d’ombra, perciò guardo con circospezione tutto ciò che possa confonderne ulteriormente le acque. Non mi piace uscire dai ridotti confini dello scibile a meno che non si tratti di una gita fuoriporta nei dintorni del mondo onirico o della fabulazione. Non mi appartiene alcuna spiritualità, però al contempo non mi reputo né un materialista né tanto meno lascio una porticina aperta con l’agnosticismo. Mi guardo bene da usare un termine come “anima” in luogo di “psiche” perché ho l’impressione che possa prestarsi ad ambiguità svianti, talvolta persino volute. La preminenza del mito non mi convince e trovo parimenti limitativa la scientifizzazione della psiche, ma credo che quest’ultimo approccio abbia ampi margini di miglioramento con il progresso delle neuroscienze. Purtroppo è pressoché impossibile trarre conclusioni definitive in un processo che è in continuo divenire e di conseguenza non c’è modo d’imbrigliare l’epistemologia. Io ho riscontrato più volte il concetto di inconscio collettivo che Jung propone nella psicologia analitica, credo inoltre che non sia difficile trovarne conferma qualora si abbia la possibilità di entrare in contatto con culture diverse dalla propria, ma non riesco a reputare il ruolo degli archetipi più importante di quanto già lo ritenga. Non porto l’organicismo sul palmo della mano perché è assodata l’efficacia di approcci antitetici a quest’ultimo (altrimenti non mi sarei mai interessato alla psicodinamica). Mi domando se la mia ritrosia ad accogliere pienamente l’interpretazione archetipica dipenda dalla mia avversione per ogni pantheon o se, invece, scaturisca da un moto verso quell’obiettività a cui tendo senza però mai illudermi di poterla raggiungere. Per me non è un problema stracciare le convinzioni, infatti queste sono quasi sempre valide per intervalli di tempo ristretti nonostante in proporzione alla durata della vita umana sembrino sfiorare l’eternità: io non mi faccio stregare dalle clessidre. Hillman non mi convince e mi pare che a tratti scada nella sterilità della teologia, però la lettura del suo libro non mi tedia e anzi, mi dà modo di pormi qualche dubbio.
Ho dato una scorsa ad un approfondimento generale del suo pensiero e mi è rimasto impresso un punto in cui la cultura italiana è chiamata in causa. Egli domanda per quale ragione i suoi colleghi italiani cerchino la psicologia al di fuori della loro tradizione quando le loro psiche sono legate al Rinascimento su cui ancor oggi vive tutta l’Europa. Dal punto di vista di Hillman ciò non fa una piega in quanto egli dà un valoro assoluto alla cultura classica che nell’epoca suddetta fu riscoperta, ma potrei obiettare che forse quei mitologemi avevano bisogno di altri interpreti per essere riproposti in chiave moderna, ovvero di qualcuno che fosse estraneo a quella tradizione. Per me quest’ultima questione è una faccenda di mero colore, ma la trovo simpatica. C’è invece una citazione di Hillman che ha catturato la mia attenzione sebbene non riguardi direttamente il tema di questo appunto ed è la seguente: “Anche coloro che credono nella pace e nella nonviolenza si radunano, marciano, manifestano. La fede è la miccia che accende la forza archetipica di Marte e avvia l’imprevedibile, rovinoso corso della guerra”.

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25
Set

Aspirante egoarca

Pubblicato martedì 25 Settembre 2012 alle 05:48 da Francesco

È l’idea della morte che mi conferisce una vitalità estrema. Seggo su un trono di ossa dal quale osservo la decadenza della mia epoca, ma non sono così ingenuo da credere che a quest’ultima non ne seguirà una di segno opposto. Non limito la mia visione del futuro fino al punto in cui mi è possibile immaginare di raggiungerlo biologicamente. Sono momenti evocativi come questi che ammantano d’incanto e crudeltà il vuoto in cui risiedo. L’avanzata del tempo mi semplifica la vita e rafforza il dominio parziale che ho su di me. Posso mostrare il pollice verso con meno indugi e nei rifiuti più grandi esercito quella volontà di potenza che mi esalta oltremisura.
Non agogno un controllo assoluto e sarei molto stolto se pensassi di poterlo conseguire, però mi piace lottare con certi desideri nella prospettiva di scomodare qualcosa che possa fare a meno della loro mediazione. Le mie carenze sono anche una risorsa. Sfuggo al fuoco incrociato dell’edonismo e della morale religiosa per deriderne le mire che vorrebbero fare mie. L’angoscia altrui non è di mia competenza e mi limito a salutarla dal finestrino quando le passo accanto con la condotta di cui mi avvalgo. Sono manchevole sotto molti aspetti, però tra questi ne figurano anche alcuni che mi sforzo di lasciare alla desertificazione senza compromettermi le primavere.

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19
Set

Tutti i numeri del mondo

Pubblicato mercoledì 19 Settembre 2012 alle 11:55 da Francesco

Qualche giorno fa sono passato vicino ad una chiesa e ho notato due bambini che giocavano a calcio. Per un momento ho dimenticato il sogno ricorrente che carezzo quando mi trovo vicino ad un edificio ecclesiastico, ovvero quello in cui i carri armati si accomodano in piazza San Pietro, e di conseguenza ho potuto ascoltare le ciarle dei marmocchi.
Ad un certo punto il rigorista ha sfidato il portiere a scommettere sulla sua realizzazione e ha detto qualcosa del genere: “Scommetto tutti i numeri del mondo, scommetto tutto l’infinito più uno”. Mi sono rivisto in quei bambini, infatti anch’io quando avevo la loro età giocavo allo stesso modo e dicevo cose simili. In queste iperboli ho ravvisato l’incubazione di un esistenzialismo che avrà tutto il tempo per corrodere o espandere il futuro Io del moccioso suddetto. L’infinito è una ciliegia metafisica che tira un tema dietro l’altro. Non di rado l’infanzia trabocca di spontaneità e credo che talvolta le domande o le esternazioni ingenue dei bambini siano rivelatrici in quanto dànno modo a certi adulti di ricordare l’origine degli interrogativi più intimi e remoti.

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17
Set

Marduk a Roma, ancora una volta

Pubblicato lunedì 17 Settembre 2012 alle 01:37 da Francesco

Venerdì, ad una settimana esatta dal live di Veruno, mi sono recato nella capitale per assistere ad un concerto dei Marduk. Già tre anni fa avevo visto le leggende svedesi del black metal, però questa volta ho vissuto l’esibizione sotto il palco, con tutto ciò che ovviamente ne è conseguito. Forse è stato il concerto più devastante e violento a cui io abbia mai preso parte: una guerra a cui mi sono unito come imponeva la t-shirt di Panzer Division Marduk che indossavo.
Fatte eccezione per Temple Of Decay, dalle mie parti, ovvero tra la seconda e la terza fila, c’è stato un pogo continuo a cui ho risposto con spallate, gomitate e quant’altro, ma sono riuscito nell’impresa di filmare anche un altro pezzo oltre al suddetto, ovvero Nowhere, No-one, Nothing il cui risultato è a piè di pagina. Per tutto il tempo ho avuto Morgan e Mortuus a pochi centimetri e a quest’ultimo sono riuscito a dare anche la mano, inoltre ho avuto modo di vedere da vicino come il primo scorreva sul manico della sua ESP mimetizzata. Non conosco tutta la discografia dei Marduk, però la scaletta mi è sembrata varia e ho avuto conferma di questa impressione quando sono andato a ricercarla. Come tre anni fa per me il momento più esaltante è consistito nell’esecuzione di Baptism By Fire e della title track di Panzer Divsion Marduk, infatti io nutro una piena venerazione per quel breve ma intenso album che mi ha fatto conoscere il gruppo quasi dieci anni fa. Per quanto riguarda il black metal credo che solo gli Immortal potrebbero darmi qualcosina in più dal vivo, perciò non m’illudo di rivivere le stesse sensazioni in un altro concerto dello stesso genere. Comunque alla fine delle danze macabre (questa citazione è per pochi, ma tanto qua non c’è nessuno) ho dato una pacca sulla spalla e ho stretto la mano al tizio con cui ho lottato per lungo tempo, là in trincea. Devo menzionare l’intensa attività di sollevamento di gentiluomini a cui ho partecipato, infatti verso metà del live lo stage diving è stato continuo. Insomma, in quell’atmosfera di violenza relativamente controllata mi è sembrato di rivivere una cerimonia ancestrale, persa nei tempi, “quand’ancora non si distingueva l’aurora dal tramonto”.

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13
Set

Oltre le pulsioni aggressive

Pubblicato giovedì 13 Settembre 2012 alle 03:34 da Francesco

Questa estate ho avuto modo d’interloquire con uno psicoterapeuta francese che si trovava in vacanza dalle mie parti. Non conosco la lingua transalpina sebbene abbia finto di studiarla per anni durante l’inutile e disdicevole periodo della scuola media superiore. Ho disquisito in inglese con quest’uomo di mezza età che segue l’insegnamento freudiano. All’inizio abbiamo scherzato sulla psicologia del profondo con uno scambio di citazioni e siamo finiti a parlare del concetto di sublimazione. Secondo il suo indirizzo l’attività sportiva consente di spostare soltanto le pulsioni aggressive, tuttavia in base alla mia esperienza mi sento in grado di affermare che anche quelle sessuali possono esservi sublimate. D’altronde come farei ad essere vergine se non avessi lo sport come valvola di sfogo? La mia attività intellettuale non è abbastanza profonda e forte da essere qualificabile come surrogatoria dell’erotismo. Ho una cultura media che qualche volta può sembrare più grande di quanto sia in realtà, perciò se la considerassi tale commetterei un atto di superbia e se fosse qualcun altro a cadere nello stesso errore di valutazione allora egli dovrebbe rammentare che anche un gatto può generare l’ombra di una tigre: è una questione di luci. Insomma, non dispongo di un livello culturale talmente alto da contenere in sé tutte le mie pulsioni sessuali, infatti una buona parte trova impiego nella corsa e l’altra emigra tramite la masturbazione. Non nego che anche nel mio caso siano coinvolte delle attività intellettuali nel processo di sublimazione, come ad esempio la lettura o la scrittura che alla fine si riducono ad un becero accumulo di nozioni, alla stregua di una collezione di francobolli, ma trovo che il ruolo di queste sia davvero minoritario per me. Se la mia capacità d’apprendimento fosse stata assai superiore forse avrei potuto essere d’accordo con lo psicoterapeuta francese, infatti non avrei avuto la mia esperienza per confutare il suo postulato. Non m’interessa mettere in discussione una scuola né tanto meno ambisco a sentirmi l’eccezione che conferma la regola, però resta il fatto che nell’esercizio fisico io sublimo le pulsioni sessuali: questo è poco ma sicuro.

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12
Set

A pezzi e bocconi

Pubblicato mercoledì 12 Settembre 2012 alle 02:25 da Francesco

Ne scrivo di rado, però continuo a studiare il giapponese da autodidatta. Ho imparato dei nuovi ideogrammi e qualche altra nozione della grammatica, ma non ho notato grandi miglioramenti nella comprensione della lingua parlata. Fatico parecchio a distinguere le parole in un contesto che non sia quello di un video didattico e in particolare non riesco a riconoscere le particelle.
Mi sono concentrato sulla scrittura e ho trascurato sia la lettura che la conversazione, tuttavia in questi anni il mio studio è stato incostante e non ho ragione di credere che possa cambiare. Se almeno vedessi gli anime o leggessi i manga potrei essere più motivato a dare una maggiore regolarità all’interesse per la lingua, però non sono mai riuscito ad appassionarmene in quanto trovo entrambi piuttosto noiosi. Ogni tanto sorge in me la brama d’approfondire la conoscenza dell’idioma nipponico, ma spesso l’entusiasmo finisce per ridursi ad un esercizio mnemonico che potrebbe essere un’appendice de La Settimana Enigmistica. In molte cose arrivo ad un punto in cui dovrei prendere lo slancio per tuffarmici, ma puntualmente mi fermo sul trampolino al fine di spararmi una bella sega. In ogni caso lo studio non rappresenta mai del tempo perso, o almeno mi piace pensare che sia davvero così. Alleno la mente per non farle frequentare pensieri poco raccomandabili: il mio è nient’altro che un piano di recupero.

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9
Set

Festival progressive a Veruno

Pubblicato domenica 9 Settembre 2012 alle 23:13 da Francesco

Il sette settembre mi sono recato a Novara e precisamente in quel di Veruno per assistere alla prima giornata di un festival progressive. Sono stato in piedi per venti ore, di cui quattordici le ho passate al volante, ma adesso posso affermare che ne è valsa la pena! Sono stato sotto il palco per tutto il tempo, appoggiato alla transenna dalla prima all’ultima nota.
Prima dell’inizio ho passato in rassegna i vinili in vendita e mi sono fermato alla bancarella della Black Widow Records, la stessa da cui quest’estate ho comprato l’album de Il Tempio delle Clessidre in occasione di un evento analogo a Bagnaia. Questa volta ho acquistato i primi due vinili de Il Bacio della Medusa che sono già fuori catalogo. La mia militanza è stata plaudita da altri avventori, ma per me viaggi del genere non sono mai un sacrificio.
I primi a suonare sono stati i Court, una band locale di vecchia data che non avevo mai sentito e che ho applaudito con convinzione: ne rimedierò qualche album perché è stata davvero una bella scoperta. È venuto poi il momento dei Wicked Minds che non mi hanno catturato benché suonino alla grande: mi sono piaciute molto le parti di Hammond, le rullate del batterista e ho apprezzato qualche assolo, ma niente di più. Dopo i gruppi suddetti, entrambi italiani, sul palco di Veruno sono saliti i Pain of Salvation, osannati dall’inizio alla fine. Per fortuna nella scaletta hanno prevalso dei pezzi datati, infatti le ultime produzioni non sono state di mio gradimento. La band è stata impeccabile, anche se verso la fine il tastierista ha avuto un problema e Daniel ci ha scherzato su prima di ricominciare il pezzo daccapo. Insomma, è stata una bella esibizione che per qualcuno è stato il momento più alto della serata. Io invece sono andato in estasi con i Flower Kings che hanno esordito con un pezzo di venticinque minuti, ovvero Numbers, la prima traccia del loro ultimo album: per me è stata un’esperienza lisergica, forse onirica o chissà cosa. Sono state suonate anche perle come Stardust We Are e What If God Is Alone? che volevo udire dal vivo, ma tra i tanti pezzi proposti io sono andato davvero in un altro mondo con la chiusura, fatta anch’essa con un pezzo dell’ultimo album, Rising The Imperial: penso che questa traccia mi accompagnerà in tante sere solitarie, tra luci soffuse e speranze fiaccate, ma quel tocco sulle sei corde, quelle voci alternate e il lavoro del basso mi faranno sembrare tutto meno amaro.

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9
Set

Quanta pazienza…

Pubblicato domenica 9 Settembre 2012 alle 03:11 da Francesco

Seguo la politica italiana perché è una fucina di vicende surreali e grottesche grazie a cui talora rido senza posa fino al punto di scoppiare in pianti di ilarità. Nei palazzi del potere circolano persone così piccole, insignificanti e nocive alle quali auguro puntualmente il cancro, però devo riconoscere a costoro dei meriti per l’attività giullaresca, quest’ultima davvero a loro insaputa. Non voglio perdermi nella solita intemerata contro le teste di cazzo dei politici benché io nutra sempre la speranza di vederle rotolare lungo l’Altare della Patria.
La mia intenzione di voto non è cambiata, infatti se non ci fosse il Movimento Cinque Stelle non saprei davvero a chi dare la mia preferenza. Negli ultimi giorni c’è stata molta polemica attorno alla formazione di cui sopra, difatti pare che una lotta intestina possa inficiarla completamente. Una parte dell’elettorato del Movimento Cinque Stelle è composto da dietrologi e complottisti i cui deliri per fortuna vengono puntualmente confutati dalla competenza e dall’ironia di persone come Paolo Attivismo, tuttavia certi detrattori del movimento non sono migliori dei fanatici che lo sostengono e sarei felice se i due schieramenti si annichilissero a vicenda.
Non ho la tessera di un partito, non ho ideali da sventolare per riempire i vuoti della mia vita e di conseguenza cerco di comprendere quale possa essere la soluzione migliore per l’Italia, ma non pretendo neanche di riuscire a trovarla e di conseguenza il mio interesse per la politica è asettico: in questo ambito mi fa ribrezzo la passione perché di solito scavalca il bene comune. L’informazione italiana è irritata dallo snobismo che le riserva il Movimento Cinque Stelle, perciò ricerca la polemica al fine di debellarne lo sprezzo. Sulle edizioni online del Corriere della Sera e de La Repubblica sono innumerevoli le stoccate faziose, però a differenza di altri sostenitori del movimento io non ci vedo lo zampino del Mossad e mi sembra che si tratti di un film già visto: le solite campagne di stampa. D’altronde non posso aspettarmi un’informazione che non presenti qualche macchietta rossa o nera (figlie d’arte, s’intende) fino a quando ai giornali verranno dati  finanziamenti pubblici. Nella stampa italiana prediligo le pagine de Il Fatto Quotidiano poiché vi vedo il maggiore sforzo verso l’obiettività, tuttavia non ne considero infallibile la linea editoriale. A me pare che soltanto Matteo Renzi abbia capito come contrastare il Movimento Cinque Stelle e ciò mi lascia un po’ perplesso mentre prendo il polso della situazione. Il sindaco di Firenze sa che basta fare propri alcuni punti del movimento suddetto per avere indietro un po’ di voti, però il Partito Democratico non se lo può permettere perché è l’altra faccia di una medaglia in cui campeggiano i subumani del Popolo della Libertà, infatti anche tra le sue fila figurano cattolici ingerenti, vecchi scaldabanchi del parlamento e altri stronzi di  tal fatta a cui io offrirei un giro di garrota. In realtà la democrazia è esercitata nella misura in cui Andy Warhol aveva previsto un quarto d’ora di celebrità per tutti, ma qui si tratta di mera vanità perché spesso tutto si riduce al gusto di dire la propria. A me interessa che le cose funzionino meglio. Se il Movimento Cinque Stelle dovesse fallire allora lo cestinerei e tornerei all’astensionismo in attesa di qualcos’altro in grado d’ispirarmi un po’ di fiducia. Non m’interessa che prevalga il mezzo, bensì che il fine sia ottenuto ed è per questa ragione che vorrei vedere distrutti tutti i simboli dei partiti; insomma mi auguro una iconoclastia che annienti tutte le dicotomie anacronistiche per rendere la politica nient’altro che una macchina empatica: i bambini cresciuti tornino ai giardinetti o vadano a farsi inculare negli oratori. Se anche uno scenario del genere dovesse verificarsi, io non potrei vivere abbastanza a lungo per vederne gli effetti, infatti penso che mi romperei i coglioni a campare per più di mille anni. Mi definisco qualunquista perché mi va bene qualunque modo a patto che il benessere comune prevalga e non ho grandi citazioni con cui addobbare questa chiusa, nulla che possa campeggiare sulla facciata di qualche palazzo delle istituzioni, ma preferisco ricorrere ad uno stile più europeista: “O Francia o Spagna, purché se magna”.

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