14
Gen

Archivio onirico: sogno n. 12

Pubblicato lunedì 14 Gennaio 2013 alle 09:04 da Francesco

La scorsa notte ho sognato una ragazza che conosco di vista e con cui ho parlato per un breve periodo circa sette anni fa. Tutto è avvenuto in un’abitazione, la sua suppongo. Nel sogno lei era più bella di come l’ho trovata quando l’ho rivista per caso questa estate; appesantita di qualche chilo, invecchiata di qualche anno e forse gravata da qualche delusione.
Non ricordo cosa mi abbia detto nella scena onirica. D’un tratto è arrivata sua madre a casa e dopo essersi presentata mi ha chiesto di andarmene perché aveva da fare con sua figlia, ma il suo invito è stato gentile. Prima mi sono ritrovato in un parcheggio riservato con una sbarra e poi di nuovo nella casa suddetta, ma nel frattempo quest’ultima era diventata un labirinto di pietra. All’improvviso un gruppo di artisti circensi ha incominciato ad inseguirmi per gioco mentre io ho preso a fuggire seriamente, del tutto impaurito. Non rammento altro.

Questo sogno è l’ennesimo messaggio col quale l’inconscio mi notifica la carenza affettiva della mia esistenza. Non c’è da parte mia un’attrazione latente per quella ragazza, ma quest’ultima è il simbolo (infatti essa appare con un’immagine decisamente migliore rispetto a quella reale) di un anelito che continua a scorrere sotto la soglia della mia coscienza. Interpreto la madre e la sua richiesta come la mia volontà, la quale si oppone ad un bisogno che non possa essere soddisfatto tanto in senso platonico quanto carnale, ma una parte di me che ha scarso potere vorrebbe appagarsi anche solo parzialmente ed è per questa ragione che si palesa il contrasto.
Il ritorno nella casa esprime la ciclicità del desiderio di amare e credo che la trasformazione dell’ambiente domestico in un labirinto sia la rappresentazione della difficoltà di conoscere una persona compatibile; la pietra di cui è fatto il labirinto probabilmente sottolinea il carattere improbo dell’impresa. L’inseguimento degli artisti circensi lo spiego con le distrazioni, gli impegni e le beghe che la quotidianità m’impone e a causa delle quali trascuro il mio deserto affettivo.

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12
Gen

Damnatio memoriae

Pubblicato sabato 12 Gennaio 2013 alle 23:40 da Francesco

Questo è l’esordio di un libro che non mi sono mai deciso a scrivere. L’ho ritrovato quest’oggi in mezzo ad altri appunti e ho scelto di riversarlo qua sopra poiché non ho alcuna intenzione di riprenderne la stesura.

Avevamo appena sfondato l’ultima lapide quando un lampo improvviso soppresse il buio del cimitero: quel bagliore fu caduco quanto lo era stata la vita del bambino che si trovava sepolto accanto al bersaglio finale dei nostri martelli. Coperti dai sibili del vento e col favore delle tenebre che ci eravamo procurati tramite il sabotaggio dei lampioni perimetrali, noi avevamo scelto quella notte di gennaio per profanare le tombe di alcuni politici. Indisturbati, fortemente convinti, meticolosi e al contempo feroci, per quasi un’ora ci eravamo impegnati anima e corpo a fare scempio di chi non aveva mai avuto la prima né ormai poteva più disporre del secondo. Scritte assai ingiuriose, colate di vernice, urina sui marmi divelti e volantini d’accusa: tutto questo eravamo riusciti ad allestire con caotica perizia. Prima di andarcene io assolsi il compito d’immortalare con la fotocamera del cellulare cotanto sfregio: in seguito le immagini e i filmati sarebbero stati diffusi con il duplice scopo di informare e d’istigare ad atti d’emulazione.
Sulla strada del ritorno tacemmo tutti e quattro per precauzione, però non fiatammo nemmeno una volta giunti alle moto. Senza la luce indiscreta della Luna e con dei rumori nembiferi sempre più prossimi, salimmo in sella e ripercorremmo le strade sterrate che avevamo studiato a menadito per scongiurare eventuali controlli di polizia o carabinieri. Lungo il tragitto pensai alle mosse successive, ai piani a cui la nostra cellula si era dedicata per oltre due anni e che erano in procinto di concretizzarsi nel più efferato dei modi. In cuor mio sapevo che presto avremmo imboccato una strada senza ritorno, d’altronde la nostra era diventata una scelta obbligata che volevamo condividere con quanto l’aveva resa tale. Il nostro tempo era contato, come quello d’ogni altro, ma a tratti veniva scandito a mo’ di lentissima tortura.

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10
Gen

Analogie forzate

Pubblicato giovedì 10 Gennaio 2013 alle 00:00 da Francesco

La scorsa notte ho oltrepassato la quarantottesima ora di digiuno e ho interrotto quest’ultimo con un pasto che ho consumato davanti ad un vecchio film con Charles Bronson protagonista. Mi è piaciuto il finale tragico di “Città violenta”, però ne auguro uno migliore per il sottoscritto.

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8
Gen

Verso la fine del digiuno

Pubblicato martedì 8 Gennaio 2013 alle 23:48 da Francesco

La scorsa notte, prima di addormentarmi, ho avuto un giramento di testa che mi ha ricordato lo stato di ipoglicemia al quale andai incontro un giorno che pedalai a stomaco vuoto per ottanta chilometri. Sono comunque riuscito a prendere sonno senza problemi e mi sono svegliato bene. Per buona parte delle giornata non ho avvertito fastidi e per fare un affronto alla mia volontà mi sono recato a fare la spesa in un grosso supermercato di una cittadina limitrofa.
Stasera ho cominciato a risentire delle fitte alla testa sempre più forti che la volta precedente si erano fermate dopo le prime ventiquattro ore. Resterò in piedi fino alle tre e mezza di notte per chiudere il secondo giorno di digiuno e per interrompere l’astensione dal cibo: la testa mi duole troppo. Avrei voluto protrarre l’esperienza per quattro giorni, ma obiettivamente non sono in grado di farlo. Nelle attività fisiche come in quelle di ristoro io ascolto il mio corpo, almeno nella mia misura in cui ciò mi è possibile, perciò non faccio mai nulla di avventato e questo stop imminente ne è la dimostrazione. Assieme allo strazio ho raccolto dei brividi intensi che m’hanno condotto verso riflessioni di cui ogni mia nota non saprebbe rendere l’idea: forse avrei bisogno di un corrispondente dall’interno.
Questa volta, proprio come la precedente, ho avvertito la bellezza e la crudeltà d’una sensibilità maggiorata… Ad esempio, ieri e oggi ho visto le stesse cose che vedo quasi sempre, ma le ho contemplate in maniera diversa. Le luci d’un treno mi hanno fatto pensare ad una bestia munita di occhi lungo tutto il suo corpo, ma anche alle lampade accese di quelle case in cui le vite sono condotte con la stessa monotonia, come se corressero sul posto invece di snodarsi lungo posti che appaiono identici nella notte. Ho avuto vari di questi parallelismi spontanei, quasi di matrice surrealista, ma forse dovrei essere in grado di dipingere per poterne abbozzare l’entità: con la scrittura, o almeno con il mio stile di scrivere, non posso che fornirne rappresentazioni smorte.

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7
Gen

Verso le prime ventiquattro ore di digiuno

Pubblicato lunedì 7 Gennaio 2013 alle 21:11 da Francesco

Inizio a sentire i morsi della fame e in particolare il bisogno di carboidrati. Conosco questa parte del digiuno perché l’ho già affrontata in passato, ma la considero ancora l’anticamera di quella piena esperienza di privazione nella quale voglio tuffarmi come nell’oceano calmo di un pianeta disabitato. Ci sono immagini fantasmagoriche che già cominciano ad accavallarsi in me: escono dalle dita e in ebollizione dalla ghiandola pineale.
Ho bisogno di distrarmi per superare questa fase e per me il modo migliore consiste nel guidare a vuoto ascoltando della musica adatta allo scopo. È l’ultimo album degli Hammock che mi terrà compagnia nelle prossime ore, ovvero Departure Songs. Un’accentuata percezione del freddo e un senso di leggerezza mi compenetrano come già ho avuto modo di esperire anni addietro, ma so per certo che il meglio devo ancora accoglierlo. Lo stomaco e la mente si scambiano accuse come se fossero genitori divorziati. Contraggo il ventre. Penso che sarò sveglio alle tre di notte per superare il primo giorno di astinenza dal cibo.

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7
Gen

L’inizio del digiuno

Pubblicato lunedì 7 Gennaio 2013 alle 04:22 da Francesco

Non riesco proprio a prendere sonno perché in questa notte d’inverno sento e seguo il richiamo irresistibile della mia parte migliore. Porto in grembo il rigoglio di una commozione profonda che di tanto in tanto emerge all’improvviso e mi rapisce: qualcuno potrebbe ritenerla solamente una manifestazione ipomaniacale. Sfortunatamente la psichiatria non è ancora una scienza esatta. Alla soglia della terza decade ho chiuso tanti capitoli, alcuni cartacei, altri esistenziali. Non sento la necessità di voltare pagina né di riscrivere ciò che il tempo ha già dissolto nell’indifferenza del suo passaggio. In momenti come questi il mio vuoto assume una compattezza estatica, quasi mi avvolgesse come gli anelli di Saturno.
Per protrarre questa sensazione devo praticare il digiuno, perciò da stanotte mi limiterò a bere acqua fino a quando non cederò alla fame. Non ho una dimensione spirituale e tali esplosioni di gioia le attribuisco a cause fisiologiche di cui io non sono in grado di tracciare l’eziologia. Voglio trarre il meglio dall’arco di tempo lungo il quale saprò astenermi dal cibo e intendo annotare le riflessioni di quest’esperienza per documentarne e sostenerne lo svolgimento.
Il mio ultimo digiuno risale a due anni fa e durò settantadue ore. Non m’importa di perdere un po’ di massa muscolare: in seguito mi allenerò e mangerò in modo tale da poterla recuperare. Mi sento all’inizio di un viaggio. Il mio ultimo pasto risale alle tre e un quarto di questa notte.

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1
Gen

Le risposte dell’organismo

Pubblicato martedì 1 Gennaio 2013 alle 23:52 da Francesco

Per me l’anno è finito molto bene, infatti ieri sono riuscito a ottenere un buon tempo sui diciotto chilometri e mezzo: precisamente un’ora, diciassette minuti e venti secondi. In pratica ho tenuto una media di quattro minuti e undici secondi al chilometro. Ho deciso una volta per tutte di non puntare al miglioramento della mia velocità, ma prima o poi correrò ugualmente una maratona. Mesi fa m’ero proposto d’iscrivermi ad una società sportiva qualora fossi riuscito ad avere un passo di tre minuti e venti secondi al chilometro sulla distanza summenzionata, perciò adesso posso farne a meno. La mia andatura è buona e per le mie esigenze andrebbe bene anche se fosse più lenta di venti secondi, infatti tengo una media di quattro minuti e trenta secondi sul mio percorso di allenamento: per me l’importante è restare sotto i cinque minuti e dunque non posso che essere soddisfatto quando nelle mie prestazioni migliori mi veda più vicino ai quattro. Grazie al periodo di riposo che ho dovuto osservare a causa di un lieve infortunio, ho ricevuto l’ulteriore conferma che anche dopo sessanta giorni di pausa le mie prestazioni aerobiche non subiscono riduzioni significative. Tra l’altro questo dato ho il piacere di poterlo sommare ad un aumento di peso di due chili sebbene io non sappia in quale misura dividerlo tra massa magra e massa grassa. Sia nella corsa che nella crescita muscolare le temperature basse costituiscono un fattore importante, infatti l’estate ho un calo di prestazione per l’una e per l’altra nonostante la definizione risulti agevolata. Comunque sul piano fisico sono intenzionato a sviluppare la strada che ho intrapreso, senza più oscillare da fasi prettamente aerobiche ad altre in cui invece tendo a dare più spazio agli esercizi a corpo libero e a quelli con i pesi.

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28
Dic

Alla tavola degli elementi

Pubblicato venerdì 28 Dicembre 2012 alle 12:58 da Francesco

A novembre ho completato la stesura di un saggio che l’anno venturo sottoporrò all’attenzione di qualche casa editrice. Non ho una sensazione di déjà-vu, bensì mi rendo perfettamente conto della ciclicità in cui mio malgrado scivolo con regolarità: sono ripetitivo come una cura inefficace. In questo periodo mi sto sforzando di ottenere un’infarinatura di chimica e fisica per sopperire ad un handicap che non mi è mai andato giù. Se non fossi andato a scuola oggi saprei qualcosa in più e sarei una persona migliore perché la mia curiosità avrebbe fatto un uso più proficuo di tutto il tempo ch’io sono stato obbligato a perdere nelle terze classi dei treni persi in partenza. Mi allieta il recente conseguimento di qualche concetto basilare della chimica inorganica, tuttavia attendo il momento di affrontare il carbonio per apprendere qualcosa in più della vita che risulti meno noioso di tante nenie metafisiche. Vorrei che la mia velocità di apprendimento fosse assai maggiore, ma forse se questa subisse davvero una tale miglioria ad un certo punto potrebbe indurmi ad auspicare una durata altresì celere della mia esistenza: il cane che si morde la coda, o il serpente, per i più propensi al simbolismo alchemico.
A metà gennaio vorrei riprendere il progetto di introspezione filmata, già troppo volte ritardato. C’è anche qualcos’altro che ho in serbo per me stesso e che al momento giusto appunterò qua.

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24
Dic

A debita distanza

Pubblicato lunedì 24 Dicembre 2012 alle 20:57 da Francesco

Il clima natalizio non mi tange. Non impacchetto regali né spedisco buste all’antrace, tuttavia le luminarie mi ricordano le vacanze scolastiche che da bambino anelavo più d’ogni altra cosa: già allora preferivo il tempo a qualunque oggetto in grado di consentirne l’uccisione o l’inganno, per usare espressioni popolari ancor oggi in voga tra gli adepti dell’accidia.
Se avessi avuto una compagna probabilmente il venticinque dicembre l’avrei trascorso con lei e con la sua famiglia, inimicandomi quest’ultima col solo scopo di mettere in risalto l’esclusività dei miei sentimenti per l’amata donzella. Tortuose, inconsuete e umbratili sono le vie più sincere del mio cuore! Forse certe esternazioni non mi rendono appetibile, ma fortunatamente le cannibali non mi piacciono: preferisco di gran lunga le mantidi religiose.
A proposito di cibo: qualche ora fa mi sono recato ad un supermercato per fare un po’ di spesa e all’uscita un bambino mi ha chiesto l’euro che avevo messo nel carrello. Il fanciullo non era che il tentacolo di una madre perfida, convinta di riuscire a fare leva sul senso di pietà in forza delle feste e del tenero aizzamento della prole, però io ho fissato la donna con disprezzo e non ho badato alle richieste del bambino istruito per l’accattonaggio. D’altronde quel tipo di carità non serve mai a procurare cibo né vestiario a cui gli indigenti hanno modo di accedere grazie ad associazioni di vario tipo, specialmente nei piccoli comuni, bensì quell’infida questua è spesso messa in scena per scopi del tutto diversi dai bisogni di prima necessità: altrettanto spesso vi sono uomini e donne che cadono nel tranello per ripulirsi un po’ la coscienza con una cifra inferiore a quella con cui lavano la propria auto.

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20
Dic

Riscossioni mnemoniche

Pubblicato giovedì 20 Dicembre 2012 alle 16:47 da Francesco

Cerco di essere al di sopra delle parti, come la testa di un tetraplegico. Mi voglio talmente bene che sarei pronto a morire per me stesso. Vorrei affrancarmi da qualsiasi tipo di identificazione. Ogni tanto provoco faglie insanabili, ma queste non mi allontanano mai da nulla né da nessuno da cui io non sia già separato.
”L’abitudine è in tutte le cose il miglior maestro”, ciò sosteneva Gaio Plinio Secondo. Non me la sento di sposare in toto questa affermazione, tuttavia credo che spesso corrisponda a verità. Sono passati cinque anni da quando ho iniziato a pasticciare un po’ con la lingua giapponese e malgrado la discontinuità dello studio ho aumentato il mio bagaglio di nozioni. Mi sono accorto dei progressi quando non ho avuto alcuna esitazione all’atto di scrivere “hikouki” in kanji: un terzetto di ideogrammi che tempo addietro mi sembrava del tutto proibitivo per le mie capacità mnemoniche benché di fatto non presenti un grande coefficiente di difficoltà. Più che la costanza credo che di quest’ultima sia importante una costante: la velocità d’apprendimento. Per me è un sogno quello d’assimilare tutto alla prima, svogliata e incerta scorsa. Alcune volte vi sono delle anomalie cerebrali, ai confini dell’autismo, che permettono di imparare in modo celere concetti e procedure. Chissà qual è invece l’origine dell’estro e a quali dinamiche risponde.

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