16
Ott

Altri cento chilometri

Pubblicato mercoledì 16 Ottobre 2013 alle 00:41 da Francesco

Non ho ragioni valide né stimoli passeggeri per riprendere a seminare parole trascurabili qui o altrove, ma voglio traslare su queste pagine un ricordo che ho già vergato con innumerevoli falcate: forse sono più bravo a scrivere con i piedi che con le mani…
Sabato ho corso la cento chilometri delle Alpi, da Torino a Saint-Vincent, e mi sono classificato al sesto posto con un tempo di 9:00:14. Ho mantenuto un passo al chilometro di 5’24”. Siamo partiti in 180 e siamo arrivati in 127.
Non mi va di snocciolare troppi numeri né troppe parole: coi primi ho poca dimestichezza, alle seconde invece riservo una crescente indifferenza. Nella gara ho dato tutto me stesso e al traguardo sono crollato tra le braccia di un brav’uomo. A circa cinque chilometri dall’arrivo, sulla salita del Montjovet, ho compiuto il mio ultimo sorpasso ed è stato il momento più epico della mia vita da podista. Ho visto luoghi incantevoli e ho incontrato ottime persone, ma ancora una volta sono stato sorpreso dall’intensità dei moti interiori che mi hanno accompagnato fino a quando mi sono potuto concedere il lusso di non staccare la mente.
Io corro ancora per disperazione e vivo felicemente: quante buffe contraddizioni possono costellare la vita d’un uomo. Ho ancora margini di miglioramento, però mi mancano la stoffa e le ambizioni per fare il salto di qualità. Non ho alcuna chance di eccellere in questa disciplina, ma è meritocratica e trovo che sia l’esegesi migliore di “Essere e tempo” di Martin Heidegger: in altre parole un esistenzialismo più prometeico ed esuberante. Nella corsa non c’è potere discrezionale: chi è più veloce sta davanti, chi è più lento sta dietro.
A questo punto potrei spendere qualche parola sul percorso, sull’organizzazione e quant’altro, tuttavia preferisco avvalermi della proprietà di sintesi e la mia opinione in merito può essere facilmente intuita dall’auspicio di prendere nuovamente parte all’evento di cui sopra.

Ringrazio ancora una volta la redazione de Il Tirreno per il graditissimo articolo che mi ha dedicato nella cronaca sportiva del diciassette ottobre.

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5
Giu

La legge di Lavoisier

Pubblicato mercoledì 5 Giugno 2013 alle 02:37 da Francesco

Domani compirò ventinove anni e potrei approfittarne per lanciarmi in un volo pindarico sulla mia vita, però qualcosa è cambiato in me. Si è verificata la catarsi che avevo previsto qualora fossi riuscito a correre per cento chilometri. Non mi rivedo più in alcune cose che ho scritto su queste pagine e ormai mi sento lontanissimo da tante altre che ho letto nel corso di questi ultimi anni. Ho perduto la vena esistenzialistica e anche il gusto per le provocazioni sagaci. È come se lungo la strada avessi sparpagliato migliaia di pagine, milioni di parole: una liberazione. Non so né se né quando ritroverò la necessità o il piacere di scrivere.
Devo ancora dare il primo bacio e la notte continuo ad addormentarmi da solo, però mi risveglio bene perché ho rispolverato degli ottimi motivi per farlo. Mi sono procurato quello che Gurdjieff forse definirebbe shock addizionale e trovo buffo che un individuo come me citi costui. Anche se in maniera figurata, non mi resta che imitare Emilio Salgari, benché io non ne abbia il talento né tanto meno voglia emularne la fine: spezzo la penna. Non è del verbo che ho bisogno, bensì è nell’azione e attraverso il linguaggio del corpo che io posso diventare ciò che sono: Nietzsche (o Zarathustra per lui) e Jung me lo hanno suggerito ben prima che potessi comprenderlo davvero.

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26
Mag

Il mio Passatore 2013

Pubblicato domenica 26 Maggio 2013 alle 21:05 da Francesco

Fase tecnica

Tra sabato e domenica ho vissuto una della esperienze più belle ed epiche della mia intera vita. Arrivo a Firenze all’una di pomeriggio, sotto una pioggia copiosa. In Piazza Degli Strozzi ritiro il pacco gara e scambio qualche battuta con dei podisti romani mentre mi appunto il pettorale e lego il chip alla scarpa destra. Anche se corro da sette anni questa è la prima gara in assoluto a cui prendo parte e non potrei chiedere un esordio più avvincente.

Lo start avviene puntualmente alle tre di pomeriggio in Via dei Calzaiuoli dopo lo sparo in aria di Matteo Renzi. Ho il mio classico abbigliamento, ma non sono pochi coloro che portano il kway o indossano dei teli con cui ripararsi dalla pioggia e dal vento. Più d’un corridore mi consiglia di coprirmi, tuttavia io sono abituato ad allenarmi con il freddo e dunque le condizioni atmosferiche risultano vantaggiose per me. Non mi fermo a nessuno dei primi tre ristori e faccio rifornimenti brevi ad alcuni dei seguenti, così guadagno posizioni di gruppo in gruppo fino a Borgo San Lorenzo dove arrivo in 2:42:35. Verso il punto più elevato della gara, ovvero Colla di Casaglia, mi esalto in un’ottima progressione e riesco ad avanzare ulteriormente, però non ho alcuna idea di quale sia la mia posizione in classifica e raggiungo la vetta in 4:17:00. Mi fermo per prendere la luce frontale che alla partenza avevo dato in consegna all’organizzazione e riparto. Raggiungo Marradi in 5:47:16 e comincio a rendermi conto che il mio passo è più sostenuto di quanto avevo previsto. Al 67° chilometro mi unisco ad altri due corridori, però soffro la loro andatura e la milza inizia a darmi dei fastidi che cerco di arginare con una respirazione diversa. Ci fermiamo al quattordicesimo ristoro, ma la coppia riparte e io mi trattengo qualche secondo di più per bere del tè caldo. Il buio avvolge i tornanti e per svariati chilometri non vedo nessuno davanti né dietro di me. Dopo Sant’Adriano un tizio mi comunica via SMS che sono trentottesimo su oltre millesettecento e non so se crederci o meno, però sono realista e so che non riuscirò a mantenere quella posizione fino alla fine. Dal 75° all’80° chilometro rallento il passo e m’accorgo che fatico più in discesa che in salita. Cerco di tenere a distanza colui che mi precede ed è qui che commetto l’unico errore di tutta la mia gara. Dovrei rallentare ulteriormente il passo poiché le energie sono sempre meno, però non ce la faccio e dopo l’85° chilometro costui mi sorpassa meritatamente. Accuso il testa a testa e così perdo qualche altra posizione, ma il peggio deve ancora venire. Al 90° chilometro sospetto una crisi ipoglicemica e così all’ultimo ristoro prima del traguardo faccio incetta di carboidrati e zuccheri. Supero il 95° chilometro e non ne ho davvero più: sono sfinito. Praticamente cammino per quasi tre chilometri e perdo altre posizioni, ma so che se provassi a correre troppo non finirei la gara e non ho intenzione di gettare i miei sforzi per ragioni di classifica, le quali, per altro, non riuscirei comunque a far valere. Ho i piedi divelti, un dolore alla schiena e uno all’interno coscia, ma a due chilometri dalla fine mi sento di fare un ultimo ed estenuante allungo, perciò supero l’uomo che mi precede e arrivo in Piazza del Popolo a Faenza a mezzanotte e quaranta in un tempo ottimo per me, 9:40:54, ben al disotto delle undici ore che avevo messo in conto di doverci spendere.
Ho corso per cento chilometri con una media di 5’49” al chilometro. Ho concluso all’82° posto nella classifica generale, al 78° in quella maschile e sono risultato 9° nella categoria amatori, ovvero quella di coloro che non avevano mai partecipato prima alla gara. Tutto questo a fronte di oltre 2000 iscritti, di cui ne sono partiti circa 1800 e ne sono arrivati 1451. Risultati definitivi.

Fase psicologica

Durante la gara ho ripensato alla mia esistenza, agli errori commessi, alle occasioni sprecate e alle prospettive future. Mi ci sono voluti cento chilometri per capire che devo essere meno rigido e categorico. Passo dopo passo ho smaltito i miei risentimenti e ora mi sento più tranquillo, di nuovo in pace con me stesso. Stamani, risvegliatomi a Faenza, ho avvertito qualcosa di diverso nel mio modo d’interpretare la realtà circostante. Con questa gara mi sono fatto una iniezione di autostima che mi permetterà di farmi scivolare addosso più di quanto non abbia già fatto finora. Avevo previsto degli effetti del genere e forse è stata anche questa prospettiva a farmi vincere i miei limiti. Adesso mi appaiono grottesche ed esagerate tante delle reazioni che ho avuto negli ultimi mesi, alcune addirittura pericolose. Forse se certe situazioni fossero andate nel verso giusto io non avrei mai intrapreso un’avventura del genere.
Gli ultimi due giorni resteranno irripetibili perché lo sforzo fisico è stato speculare ad un cambio d’ottica. Anche se dovessi rifare una cosa del genere il risultato in quel caso sarebbe solo ed esclusivamente quantificabile da un cronometro. Devo ancora realizzare bene tutto quanto, ma provo una soddisfazione inaudita.

Note aggiuntive
Ringrazio la redazione de Il Tirreno per il breve articolo che mi ha dedicato nella cronaca sportiva del primo giugno.

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23
Mag

Preludio ad una introspezione semovente

Pubblicato giovedì 23 Maggio 2013 alle 14:54 da Francesco

Si avvicina il giorno de Il Passatore, ma vivo questa attesa come il preludio di un cambiamento. Ieri ho corso gli ultimi ventuno chilometri della mia preparazione e stamattina mi sono svegliato bene dopo un’ottima dormita. Non c’è tensione in me. Mi sento leggero e determinato, perciò se dovessi fallire non avrei scuse a cui aggrapparmi. Le previsioni meteorologiche sono infauste e indicano pioggia da Firenze a Faenza per tutta la durata della manifestazione, ma in parte ne sono contento perché se dovessero risultare corrette l’ammanterebbero di ulteriore epicità.
Sfido me stesso perché non mi nascondo nei lambiccamenti sui massimi sistemi, bensì cerco di guadare oltre le tenebre dei miei recessi, laddove l’invito al suicidio non manca mai. È il pericolo dell’introspezione che corro, e per il quale corro. Non c’è “la società”, non c’è “la storia”, non c’è “la politica”, non c’è “la morale”, non c’è “la filosofia”: gli unici presenti sono il sottoscritto e i suoi limiti, senza possibilità di riparo o dissimulazione. Sono i passaggi intimisti di Yukio Mishima che mi corroborano il morale. Per me la corsa è l’humus perfetto in cui prendere il polso della situazione, anche a costo di non sentire più il mio; è il punto ideale (poiché privo di stabilità) nel quale il dinamismo dell’azione porta su di sé la gravità del pensiero e soltanto la mia volontà  sceglie se quella zavorra debba schiacciarmi o alleggerirmi. Io cerco un ritorno all’archetipo, ai primordi, quando ancora il linguaggio non aveva sviluppato quello strato di viltà che non di rado compone i filamenti del velo di Maya. Non è attraverso l’uso della parola o il consumo d’arte che io posso diventare ciò che sono, bensì solamente tramite l’azione. Questo appunto è superfluo ed è dettato dall’abitudine a scrivere, ma può aiutarmi ad aumentare la pressione della prova a cui sto per sottopormi. Avrò tempo e modo per riprendere il logos della situazione, però questo sarà sempre il subalterno di quanto ritengo ineffabile.

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16
Mag

Pettorale numero 1846

Pubblicato giovedì 16 Maggio 2013 alle 21:07 da Francesco

Corro da sette anni e non ho mai preso parte ad alcuna gara, ma una manifestazione ha fatto breccia nel mio interesse ed è quella de Il Passatore: si tratta di una corsa di cento chilometri che parte da Firenze e si conclude a Faenza. A causa della burocrazia ho impiegato un po’ di tempo per completare l’iscrizione, ma adesso ho tutte le carte in regola per potervi partecipare. Non ho mai coperto in un solo giorno una distanza così grande. Il mio allenamento più lungo è avvenuto un paio di settimane fa ed è stato propedeutico per l’evento di cui sopra: sessanta chilometri in cinque ore e quarantuno minuti di cui ho scritto qualcosa su queste stesse pagine. Mi sento pronto fisicamente e anche la mia mente è preparata. Punto a completare il percorso in undici ore, tuttavia non mi lamenterei se alla fine dovessi impiegarne un paio in più.
Ho cominciato a correre per disperazione e forse nel corso degli anni la ragione non è cambiata. Ci sono dei momenti nei quali avverto la necessità di sottopormi ad uno shock e la corsa mi dà la possibilità di farlo attraverso il processo di sublimazione. Cento chilometri sono molti e per me sarà interessante guardare quali pensieri mi si pareranno davanti. Mi appresto a partecipare a questa gara in un momento della mia esistenza tutt’altro che roseo, però se riuscissi a finirla sono certo che dentro di me rovescerei tutto il parossismo in cui navigo a vista da un po’ di tempo a questa parte. In una distanza del genere le insidie sono molte, ma è anche questo che mi alletta. Dispongo di una buona dose di rabbia che centellinerò a dovere, tuttavia non ne ho abbastanza per farne la mia unica risorsa ed è per questa ragione che mi affiderò più che altro alla lucidità. Mancano nove giorni alla partenza; diminuirò progressivamente il chilometraggio in allenamento e riguarderò un paio di volte Chariots of Fire.

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10
Mag

Nessun apoftegma

Pubblicato venerdì 10 Maggio 2013 alle 23:36 da Francesco

Il sole mi brucia le carni senza annerirmi l’umore, laonde ragion per cui non m’incupisco anche se le circostanze m’invitano a farlo. Se Eraclito fosse stato mio contemporaneo forse avrebbe sostenuto che non ci si può bagnare due volte con lo stesso acido muriatico. L’amore violento è un ossimoro in cui ravviso una conferma ulteriore dell’autolesionismo umano. Per me è da sminare qualunque area che contenga ossessioni ed è per questa ragione che non ho ancora messo piede in certi campi…
Non ho bisogno di fare esperienze negative in quanto non credo che la sofferenza sia una maestra insostituibile benché in parte le riconosca una valenza istruttiva. Ho la sensazione che il tempo mi stia dando ragione, ma di quest’ultima non me ne faccio nulla. Non ho la pretesa d’ingabbiare il globo terracqueo in considerazioni personali poiché queste non sono abbastanza larghe per cingerlo in modo obiettivo; se m’illudessi di possedere un’apertura alare talmente ampia allora rientrerei di diritto nella schiera dei filosofi della domenica, tuttavia da cotanta stoltezza io sono assente anche nei giorni infrasettimanali. Non posso che calibrare il pensiero sulla mia esistenza e guardo al mondo quanto basta per non sofisticare il legame che mi fa esserne una parte infinitesima. Qualche volta quando mi guardo dentro non vendo il fondo: l’introspezione è una pratica pericolosa. Mi domando se la staffetta delle necessità termini con l’esalazione dell’ultimo respiro. In realtà sono altri gli interrogativi che in questi periodi frappongo tra me e il presente. Attualmente non sono nelle condizioni di cogliere l’attimo fuggente perché vivo un po’ sospeso, però conto di riprenderlo a piene mani. Per quanto trascurabili, le parole che scrivo mi aiutano a parlare a me stesso e così ho modo di trovare quella comprensione che altrimenti non saprei davvero a chi chiedere. Non mi sento solo anche se di fatto lo sono e non ho bisogno di restarlo anche se una tale evenienza mi sembra plausibile. In me ospito paradossi e imparo dalle loro relazioni improbabili. Mi fido delle mie intuizioni, ma per adesso non mi resta che accettarne il silenzio in quella che è diventata quasi una piacevole abitudine.

Categorie: Parole |

5
Mag

Andy Timmons a Roma

Pubblicato domenica 5 Maggio 2013 alle 14:03 da Francesco

Ieri sera mi sono recato a Roma per assistere ad un concerto di Andy Timmons all’ex Palacisalfa. È stata una grande serata: ingresso gratuito e ottime vibrazioni. Prima dello statunitense si è esibito il trio di Ciro Manna che avevo già visto dal vivo in un concerto di Kiko Loureiro e anche questa volta ne ho applaudito la performance, in particolare nei pezzi marcatamente più fusion. Timmons ha suonato quasi due ore e ha iniziato con il proprio repertorio prima di riproporre a suo modo i pezzi di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, pezzi verso i quali nutrivo un certo scetticismo in quanto a me non è mai piaciuto il quartetto di Liverpool, ma alla fine ne sono rimasto pienamente soddisfatto. Per me è stato un live davvero coinvolgente, al punto da indurmi a considerare Timmons come il chitarrista che mi ha esaltato più d’ogni altro suo collega. La conclusione è avvenuta con Crossroads, suonata con Ciro Manna e con Alessandro Benvenuti in una pioggia di assoli piacevolissimi.

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1
Mag

Distanze e sintesi

Pubblicato mercoledì 1 Maggio 2013 alle 05:17 da Francesco

Domenica ho corso per sessanta chilometri e ancora ne risento un po’. Non avevo mai fatto un allenamento così lungo. Sono arrivato al quarantaduesimo chilometro dopo tre ore e trentanove minuti, al sessantesimo in cinque ore e quarantuno minuti.
Ho ripetuto un percorso circolare per cinque volte e così ho potuto fare rifornimento ogni dodici chilometri in auto: acqua, Gatorade e pezzi di dolciumi per prevenire gli effetti dell’ipoglicemia. Sono rimasto soddisfatto dalla performance. In quasi sei ore ho avuto modo di pensare in una maniera che solo la corsa sa offrirmi, tuttavia con una durata assai maggiore rispetto alla solita. Prima o poi dovrò smettere di correre: è inevitabile. Non so che incidenti mi attendano né tanto meno conosco i programmi dei miei geni. Talvolta ripenso ad un ragazzo che correva davvero forte, un atleta eccezionale che è deceduto a febbraio per un tumore: aveva trentanove anni. Paradossalmente nel mio slancio per la vita mi capita spesso d’immaginare il modo in cui morirò e oltre che a tarda notte di codesti pensieri sorgono in me anche durante gli sforzi più intensi. Apprezzo la persona che sono diventato, tuttavia la morte improvvisa, l’invalidità permanente e l’indigenza sono prospettive che non escludo mai. Non mi sento immortale sebbene la mia età si presti ad una illusione del genere. Mi sento giovane perché di fatto lo sono, però ammetto che anno dopo anno vivo sempre più pacificato con l’idea della fine, senza abbrutirmi. Penso che a tempo debito sostituirò il podismo con una meditazione confacente alle mie necessità, tutt’altro che spirituali. Vivo tra autolesionisti, sadici e repressi, ma ci sono anche persone che solo con la loro esistenza costituiscono per me motivo d’ispirazione. Conosco individui da cui imparo senza che essi se ne rendano conto; d’altronde se costoro fossero consapevoli del loro operato forse quest’ultimo oltre che di spontaneità perderebbe anche d’efficacia. Per banale che sia, mi pare che il Tao (non nella sua versione statica) sia una riproduzione in scala uno a uno d’un tutt’uno.

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27
Apr

Spleen stagionale

Pubblicato sabato 27 Aprile 2013 alle 01:57 da Francesco

Ho incrementato le mie sessioni di corsa e negli ultimi sei giorni ho coperto centodue chilometri. Il mio corpo risponde bene alle sollecitazioni e mi sento in ottima forma, ma a questo stato fisico si contrappone una malinconia di fondo alla quale io comunque lascio fare il suo corso.
Ogni primavera rinnova in me l’intensità dell’assenza d’amore, ma in cambio mi dà giornate più lunghe e piacevoli. Anche qualche vago frammento dell’attività onirica mi ricorda con una certa assiduità la voragine emotiva che si trova al mio interno, tuttavia non mi lascio inghiottire da me stesso e non nascondo l’evidenza. Considero l’amor proprio una precondizione irrinunciabile per ogni rapporto, però mi domando se non mi sia concentrato troppo su me stesso in questi anni. Qualche volta ho la sensazione che una parte di me sia diventata così passiva da non prendere neanche più in considerazione l’ipotesi che il sottoscritto possa instaurare un legame, ma io non sono un fatalista e di conseguenza metto in riga questa stortura cognitiva. Di tanto in tanto la stanchezza cerca di adulterarmi i pensieri, ma ormai conosco i suoi sotterfugi e quando mi sento spossato non prendo decisione alcuna né mi cimento in lambiccamenti fuorvianti. Attraverso un momento senza infamia e senza gloria, però continuo ad aspettarmi sia di meglio che di peggio. C’è qualcosa che mi riscalda le interiora, niente di metafisico comunque, e manco il colon irritato.

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21
Apr

Senza spargimenti di sangue

Pubblicato domenica 21 Aprile 2013 alle 22:11 da Francesco

Ieri pomeriggio, dopo la riesumazione del cadavere di Giorgio Napolitano, mi sono recato nella capitale per prendere il polso della situazione in prima persona, senza filtri. Ho lasciato l’auto ai margini della città e mi sono mosso con la metropolitana. Lungo la strada per Montecitorio mi sono unito ad un gruppo di attivisti del Movimento Cinque Stelle, gente del frusinate alla cui testa v’era un ragazzo con una bandiera del movimento che incitava tutti a seguirlo; quando l’ho sentito gli ho detto: “E annamo va!”.  Strada facendo altri ragazzi si sono accodati e nel giro di pochi minuti siamo arrivati davanti alla porcilaia, al cospetto dell’obelisco di Psammetico II, il cui vertice a mio avviso dovrebbe ospitare i culi di buona parte dell’arco parlamentare.
Per un paio di ore molti hanno atteso che Beppe Grillo giungesse a Montecitorio, ma ad un certo punto un tizio mi ha chiesto di memorizzare un numero di cellulare e di ripeterglielo poiché aveva un problema con WhatsApp, così ho assistito alla chiamata e ho appreso da lui che Grillo ci aveva ripensato per motivi di sicurezza. In effetti ho immaginato che se il suddetto si fosse presentato anche l’Italia avrebbe dovuto aggiungere una festa nazionale simile al quattordici luglio francese e, invero, io contavo proprio su questo: in parte credo che sia stata un’occasione mancata. Nel corso della sera ho parlato con un po’ di persone, tra le quali un deputato del Movimento Cinque Stelle, mio coetaneo, che mi ha lasciato un’ottima impressione. Ovviamente tra i presenti non sono mancati gli squinternati e il passaggio di alcuni personaggi pubblici ha prodotto momenti goliardici. Indossavo una maglietta di Antigua, con un teschio e delle spade, perciò qualcuno mi ha scambiato per un membro del Partito Pirata (al quale comunque guardo con curiosità) e alla fine ho incontrato un tizio vestito da bucaniere che ne fa davvero parte, perciò gli ho chiesto una foto insieme: chissà che in futuro non si riveli un’immagine profetica.

Ad un certo punto ho sentito i morsi della fame e l’impellenza della vescica, così ho socializzato con dei debosciati, gente simpatica, sempre disposta a condividere cose che tuttavia io non ho mai usato né cercato e in cui vedo solo conformismo, ovvero droghe, alcolici e presunti ideali. Sono andato a mangiare un pezzo di pizza con costoro e, una volta rifocillatici, abbiamo saputo che s’era formato un corteo. Nelle vicinanze del Quirinale siamo arrivati da soli a ridosso di un cordone della polizia e io ho preso a intonare la canzone dell’Armata Brancaleone appena un maresciallo si è mosso in controtempo rispetto ai colleghi, esibendosi in un movimento davvero goffo. Uno dei quattro ragazzi era ubriaco fradicio, teneva in mano una bottiglia di Peroni e ogni tanto chiamava al cellulare un suo amico che era nel corteo e che ci doveva dare indicazioni precise su come raggiungerlo. Abbiamo girato a vuoto come degli stronzi e in questo lungo peregrinare abbiamo incontrato un prete davanti ad una chiesa. Ho fatto il segno della croce al sacerdote e gli ho detto: “Ego te absolvo!”; chissà se poi ci è andato a puttane! Una volta raggiunto il corteo c’è stata un po’ di tensione, però nulla di che. Divertito ma un po’ deluso ho lasciato Roma verso l’una di notte. Non che avessi bisogno di conferme, ma ho capito che non cambierà mai un cazzo fino a quando non vi sarà un sano ricorso alle armi e io purtroppo sono già impegnato con la mia rivoluzione interiore, l’unica che m’interessa davvero.

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