19
Lug

Un mancato rovesciamento

Pubblicato martedì 19 Luglio 2016 alle 14:56 da Francesco

Pensavo che i colpi di stato fossero dei fenomeni pressoché scomparsi, ormai appannaggio di qualche stato subsahariano, perciò il tentativo di golpe in Turchia mi ha sorpreso più dell'ennesimo attentato di matrice islamica. Da quanto ho letto mi è parso di capire che il putsch sia fallito perché i golpisti non sono riusciti ad avere l'appoggio della popolazione che avrebbe dovuto moltiplicare la potenza del loro esiguo numero, inoltre gli alti papaveri sono stati lasciati liberi di fuggire e lo stesso Erdogan ha avuto tempo per diramare un messaggio alla nazione che è risultato fondamentale affinché le strade turche si riempissero di gente su cui gli insorti, alla fine, non hanno avuto il coraggio di aprire il fuoco.
Non mi lancio in improbabili di disquisizioni geopolitiche, ma constato un certo compiacimento nel mio essere coevo di eventi che, in qualche misura, entreranno nella storia dell'umanità (da consumare preferibilmente entro…) e ravviso in tutto questo una sorta di schadenfreude per la quale nutro comunque degli scrupoli. Immagino che il meccanismo dietro a quanto ho sovraesposto sia simile a quello che innesca il voyeurismo dinanzi a incidenti di vario genere, stradali in particolare.
Non ricordo dove né quando, ma tempo addietro lessi qualcosa che mi fece intendere come talvolta il piacere di assistere a delle sciagure non provenga dalla suddetta schadenfreude, bensì dall'estraneità ai fatti e si manifesti dunque come una specie di sollievo. Da quest'ultima prospettiva mi vengono in mente le parole di un epicureo, Lucrezio, che nel suo De rerum natura scrive:

Bello, quando sul mare si scontrano i venti
e la cupa vastità delle acque si turba,
guardare da terra il naufragio lontano.
Non ti rallegra lo spettacolo dell'altrui rovina
ma la distanza da una simile sorte.

Considero questa citazione talmente esplicita da vedere in ogni altro tentativo di aggiungervi qualcosa solo il pericolo d'inficiarne la portata, perciò mi astengo da ogni ulteriore commento.

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15
Lug

Al di là del principio di piacere

Pubblicato venerdì 15 Luglio 2016 alle 10:54 da Francesco

Freud riteneva la pulsione di morte un'ipotesi irrefutabile e il proprio pessimismo un risultato, a differenza dell'ottimismo dei suoi avversari che invece egli considerava una premessa.
Il principio di piacere è volto alla gratificazione immediata e al mantenimento di un basso livello dell'eccitamento, ma talora gli subentra il principio di realtà che dilaziona la gratificazione e si fa carico di una temporanea tolleranza al dispiacere per questioni di adattamento alle circostanze.
La pulsione di morte pare che sia la tendenza al ritorno allo stato inorganico, ovvero a quella fase primeva dell'evoluzione in cui la vita si instillò in una sostanza inanimata; una concezione del genere mette in discussione quella visione della vita che verte sulla ricerca dell'evoluzione, come nel perseguimento del superuomo di nietzschiana memoria, tuttavia è lo stesso Freud a sottolineare subito quanto possa risultare dolorosa la rinuncia a una credenza così consolidata. Fatico ad accettare in toto un tale postulato, ma escludo che la mia ritrosia sia d'ordine emotivo e la ritengo invece propria di un sano atteggiamento dubitativo. Invero dalla mia prospettiva atea non sarebbe per me gravoso accogliere l'idea di riassumere la vita nello scopo di morire, ma forse non ci riuscirei lo stesso in quanto mi sembrerebbe troppo bella perché fosse vera.
Alle luce di cotanta foschia il richiamo alla filosofia di Schopenhauer è un moto spontaneo a cui anche Freud fa cenno in un passo del suo scritto, precisamente quand'egli riporta le parole del filosofo tedesco sulla morte quale "vero e proprio risultato, e, come tale, scopo della vita".
Mi domando se Thanatos, la pulsione di morte, sia davvero latente in ognuno di noi, ovvero in ciò che Jung chiama inconscio collettivo; mi chiedo inoltre se i capitoli più neri della storia della civiltà, non ultimo quello odierno del fanatismo islamico, siano da attribuire alla manifestazione di questo principio che, in determinate circostanze e presso certi gruppi, non trova gli ostacoli del principio opposto, cioè di Eros, la pulsione di vita. Ecco dunque che dietro ogni massacro può essere scorto il tentativo di riportare tutta l'umanità a ciò che fu in principio poiché "gli esseri privi di vita sono esistiti prima di quelli viventi".
Sono un uomo, mi ritengo empatico in un giusto grado e mi limito al mero esercizio speculativo di considerare la violenza senza fine come una mera coazione a ripetere, ma non faccio mia una tale veduta poiché non ne avverto l'autenticità; d'altro canto penso che sia importante lo sforzo di sospendere talvolta ogni tipo di emotività, blanda o parossistica che sia, affinché la lucidità possa operare nelle migliori condizioni possibili come un chirurgo in un ambiente asettico.

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1
Lug

Pubblicazione di Nuovo nichilismo solidale

Pubblicato venerdì 1 Luglio 2016 alle 23:59 da Francesco

A quattro anni dalla sua stesura ho deciso di rendere disponibile il mio ultimo libro in formato cartaceo e digitale. Non penso che nello spazio profondo o sul globo terracqueo qualcuno sia davvero interessato a ciò che scrivo, però ai miei occhi la mancanza di un qualsiasi seguito non toglie nulla al valore proprio della cosa: si tratta di aseità.
Mi preme ricordare come Nuovo nichilismo solidale fu scelto da una platea di cinquemila testi per concorrere in un talent letterario di dubbio gusto che andò in ondà su Rai Tre nell’anno di grazia duemilatredici; io stesso mi recai a Torino per prendere parte alla trasmissione e nonostante il consenso unanime dei tre giudici fui eliminato. Contro di me vinse una concorrente che manco poteva partecipare al concorso poiché aveva già all’attivo una pubblicazione e tale circostanza era espressamente vietata dal regolamento; regolamento al quale, come sovente capita nelle terre italiche, fu data scarsa importanza, tanto da sembrare quasi facoltativo.
Comunque poco male: pochi giorni dopo le registrazioni del programma partecipai alla cento chilometri delle Alpi e arrivai sesto, stabilendo il record personale di nove ore spaccate che non ho ancora battuto. Ah già, il mio cazzo di libro. Se qualcuno volesse azzardarsi a prenderne una copia a spese degli alberi può trovarlo qui; invece chi preferisse il formato digitale può trovare l’e-book su Amazon.

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24
Giu

Brexit

Pubblicato venerdì 24 Giugno 2016 alle 23:43 da Francesco

A differenze di molti altri io non sono un economista e non ho idea di cosa comporti realmente l'uscita della Gran Bretagna dall'Europa, ma sono contento che la vecchia Albione abbia votato in tal senso. Provo un moto di gioia e commozione ogni volta che un popolo ritrova l'amor patrio. Non so quali saranno le ripercussioni economiche sull'Italia, ma è nell'ordine delle cose che la storia condanni gli inetti e dunque mi preparo al peggio. Sulla stampa subodoro una faziosità che mi repelle anche quando sostiene idee simili alle mie, difatti sia in un senso che nell'esatto opposto mi annoia la pochezza con cui viene meno al suo compito precipuo, ovvero informare, ma può darsi che io veda del marcio dove invece c'è soltanto merda: non è cosa da escludere.
Il lento fluire degli eventi non lascia niente immutato e dubito che i confini attuali rimarranno gli stessi per sempre. Chissà tra alcuni secoli come cambieranno le carte geografiche e gli sguardi che i posteri vi poseranno sopra. La profonda incertezza del presente è essa stessa fondante d'ogni divenire che sia a portata d'uomo, ma è troppo breve l'esistenza media della mia specie affinché un singolo individuo possa apprezzare gli effetti sensibili di cambiamenti epocali; forse l'eccezione a quest'ipotetica regola può trovarsi in chi nasca e viva in una congiuntura talmente favorevole da permettergli di rendere una testimonianza diretta dei fatti suddetti.

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23
Giu

Archivio onirico: sogno n° 27

Pubblicato giovedì 23 Giugno 2016 alle 22:41 da Francesco

La scorsa notte ho sognato di entrare in una specie di arena che aveva una pavimentazione a scacchi e là ero atteso da un leone. Il felino mi ha detto qualcosa che non ricordo e subito dopo ci siamo scontrati; io ho avuto la meglio, ma appena l'ho ucciso ho provato un senso di pietà.

Il leone rappresenta emozioni e sentimenti latenti che non trovano spazio nella mia realtà e di conseguenza ho ragione di credere che il mio scontro con l'animale in realtà sia uno scontro tra l'Io e l'inconscio. V'è un fil rouge che lega questo sogno ai precedenti, ovvero la solita solfa che mi vede inadempiente verso le istanze dei miei recessi più reconditi.
In altre parole l'inconscio tuona contro la mia pressoché totale assenza di affetti e io non nego quanto ciò sia vero, però allo stesso tempo non posso farci nulla e cerco quindi di condurre al meglio la mia esistenza. Suppongo che sogni del genere siano destinati ad accompagnarmi per lungo tempo, come uno di quei film natalizi che compaiono puntualmente in televisione.

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19
Giu

A ritroso nella vita quotidiana (com’erano…)

Pubblicato domenica 19 Giugno 2016 alle 16:08 da Francesco

Una sera durante una ricerca su YouTube mi sono imbattuto nel filmato di una festa degli anni ottanta e ne ho persino guardato una buona parte con curiosità. Quelle immagini così remote mi hanno riportato ai tempi dell'infanzia, difatti raccontavano una quotidianità perduta.
Non sono un alfiere della nostalgia e provo una repulsione naturale verso chiunque idealizzi il passato senza addurre delle ragioni incontrovertibili a una simile canonizzazione, tuttavia devo ammettere che trovo interessanti le riprese amatoriali dei tempi che furono e vi ravviso un certo voyeurismo passatistico il quale, nel mio caso, è forse rafforzato dal desiderio di osservare con maggiore chiarezza un periodo di cui le mie percezioni, allora ancora acerbe, furono coeve.
Testimonianze del genere, custodite per lungo tempo in qualche VHS a sua volta custodita dalla polvere, sono preziose finestre su di un passato che sembra più lontano di quanto in effetti sia. Probabilmente un domani qualcuno guarderà con la mia stessa curiosità le innumerevoli riprese di cui oggi ogni smarthphone è prodigo, ma io credo che sussista una differenza sostanziale tra i filmati moderni e quelli delle scorse decadi, ovvero un carattere più peculiare dei secondi in ragione del minore ricorso che al tempo ne veniva fatto per i momenti di leggerezza.
Appena mi sono reso conto di ciò che potevo estrarre dagli archivi di YouTube, ho circoscritto le mie ricerche agli anni ottanta e in particolare alla seconda metà di questi. Ho visionato molteplici filmati e mi sono chiesto come poi si siano svolte le vite di alcune persone che vi comparivano. Davanti agli occhi mi sono ritrovato gli spaccati di un'Italia che sotto certi aspetti era diversa da oggi, in cui l'aggregazione pareva maggiore e il televisore ricopriva ancora un ruolo sacrale nel focolare domestico, ma per altri versi alcune cose sono rimase pressoché immutate.
L'assenza di mezzi per isolarsi forzava quell'interazione che ovviamente ancora sussiste, ma di cui oggi suppongo che ci sia una (a mio avviso salutare) maggiore frammentazione grazie alla tanto vituperata tecnologia contro cui talora sono mosse critiche da luddisti.
Mutatis mutandis, le impressioni che ho raccolto con la visione di un simile materiale mi hanno fatto pensare a un celebre lavoro documentaristico di Pier Paolo Passolini, cioè Comizi d'amore.
Per trovare i filmati di cui sopra sono ricorso a semplici chiavi di ricerca su YouTube, digitando un anno in cifre e poi una parola come "compleanno", "capodanno", "vacanza", "estate", "natale", “cenone” e così via; un esempio chiaro è "capodanno 1987".

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15
Giu

Il Mein Kampf in edicola

Pubblicato mercoledì 15 Giugno 2016 alle 16:26 da Francesco

Ho approfittato di un'iniziativa editoriale de Il Giornale e lo scorso sabato mi sono procurato l'edizione del Mein Kampf di Adolf Hitler che è uscita in allegato con il quotidiano.
Avevo già avuto tra le mani il testo che l'artefice del nazismo redasse durante il suo periodo di blanda prigionia, ma non ne avevo mai completato la lettura perché la copia non era mia e non ero ancora in grado di comprenderne pienamente i contenuti. Ho udito aspre polemiche verso la proposta de Il Giornale, ma le ho trovate stucchevoli, faziose, infantili, pretestuose e improntate a un becero buonismo. Per me la nota dolente non è stata affatto la lodevole pubblicazione di un libro dal forte interesse storico, bensì l'ho riscontrata in quanto sterile riproposizione di quest'ultimo nell'edizione del trentaquattro a opera di Bompiani: refusi sparsi, accenti invertiti e una qualità della stampa davvero dozzinale. Avrei preferito una nuova traduzione in un formato migliore e così, a fronte di tali condizioni, non avrei storto il naso neanche se il prezzo finale fosse stato un po' maggiorato. Mi sono comunque cimentato nella lettura e ho piazzato dei segnalibri adesivi nei punti che più di altri hanno catturato il mio interesse: al momento ho superato le prime centodieci pagine e conto di raggiungere l'ultima entro un paio di settimane.
Di certo non mi lancio nel tentativo di proporre un'analisi critica del manifesto politico di Adolf Hitler, tuttavia voglio qui annotare dei rimandi a quanto ho letto sinora affinché possa sostenere come, dal mio punto di vista, in ogni yang ci sia un po' di yin. Non intendo politicizzare questo appunto e mi auguro che nessuno lo faccia, ma tendo a credere che me ne sbatterei i coglioni se una tale e remota eventualità dovesse trovare compimento.

  • Non amo il parlamentarismo, di conseguenza mi si sono illuminati gli occhi quando ho letto che il movimento nazionalsocialista partecipava all'istituto parlamentare con il solo scopo di distruggerlo dall'interno poiché vi ravvisava "uno dei peggiori fenomeni della decadenza umana".

  • Sposo la critica secondo la quale le regole democratiche esistono solo affinché taluni se ne possano servire per il loro profitto e abbiano la facoltà di dimenticarsene all'uopo.

  • Per determinati individui l'esistenza stessa dello Stato fonda già la sua invulnerabilità e dunque quest'ultimo non serve gli uomini, bensì sono essi a servirlo con "una canina adorazione dell'autorità statale". In altre parole il mezzo si trasforma in fine e io non mi sento a disagio a condividere una tale opinione benché sia stata la stessa di Hitler.

  • Non credo che una nazione consista nel sangue e non penso che una mescolanza di cosiddette razze possa nuocerle, anzi, considero piuttosto ridicola una concezione così distante dalla realtà, ma ammetto che riconosco una certa valenza a tale aberrazione ideologica dalla prospettiva del mio senso estetico (nel quale, per altro, io stesso non rientro e di cui, di fatto, me ne fotto).

  • Sono un aperto sostenitore dell'eugenetica, ma probabilmente io poggio su motivazioni assai diverse da quelle che ispirarono il Terzo Reich. Anch'io credo che "chi non è sano e degno di corpo e di spirito, non ha diritto di perpetuare le sue sofferenze nel corpo del suo bambino", tuttavia tale punto di vista non può che restare un'astrazione poiché non è possibile fornire una valutazione oggettiva dei canoni suddetti; inoltre la storia e il consesso civile hanno conosciuto figure eminenti che sono scaturite da genitori di tutt'altra risma. Sostengo lo stesso una tale idea per la tutela del nascituro, affinché possa avere pressoché le stesse possibilità di sviluppo psicofisico dei suoi coetanei.
    È indubbio che talora degli svantaggi congeniti possono fornire la propulsione adatta affinché l'individuo raggiunga notevoli risultati di compensazione, e su ciò ci si può appoggiare a certi studi di Alfred Adler per corroborare (qualora ce ne fosse davvero bisogno) la validità del concetto di "inferiorità d'organo". Qual è dunque la strada da seguire e, soprattutto, può essere che uno zoppo la percorra meglio dei normodotati?

  • Mi trovo d'accordo in modo preoccupante con una precisa critica che Hitler muoveva al sistema scolastico del suo tempo. Per egli l'insegnamento dell'epoca prevedeva troppe cose e, giustamente, si rendeva conto che d'un tale bagaglio culturale rimaneva poco agli studenti e, dunque, auspicava che fossero impartite nozioni più essenziali: esse difatti erano eccessive per il tedesco medio ed esigue per quello che vi ci si doveva poi specializzare; tale ridimensionamento della didattica prevedeva inoltre un aumento del tempo da dedicare all'educazione fisica. Anche in questo caso posso fare mia una tale idea benché io la ritenga giusta per ragioni diverse da quelle funzionali al regime.

  • È innegabile che "un giovane contadino può possedere assai più talento che il figlio di genitori occupanti da molte generazioni un alto posto", però la "superiore cultura di quest'ultimo non ha, per sé stessa, nulla a che fare col talento più o meno grande, ha la sua radice nella maggior copia di impressioni che il fanciullo riceve in grazia della sua varia educazione e dell'ambiente che lo circonda". A ciò, anch'esso presente tra visioni più o meno deliranti del Mein Kampf, non posso obiettare nulla, ma d'altro canto non so quanto sia corretto decontestualizzare i punti ai quali mi sono rifatto: può darsi che commetterei lo stesso sbaglio se riservassi un identico trattamento a quanto ho scritto finora tra il serio e il faceto…


Letture parallele e analoga serietà. Sturmtruppen di Bonvi e il Mein Kampf di Hitler.
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5
Giu

Scampoli di primavera

Pubblicato domenica 5 Giugno 2016 alle 02:44 da Francesco

L'estate incombe come la più gradita delle condanne e io spero che mi sia concesso di scontarla fino all'ultima goccia di mare. Mi districo facilmente tra la routine delle cose da fare e la certezza di quelle che non possono accadere, però ve ne sono anche altre da cui traggo sommo gaudio. Sono pervaso dalla tipica tranquillità che segue la moria delle speranze superflui, perciò vivo l'attuale congiuntura come se un'antichissima età dell'oro mi si stesse ripresentando nella più inaspettata delle recrudescenze. Ci sono galassie lontane in cui si stanno verificando eventi di portata inimmaginabile, ma per me altrettanto distanti nonché ignoti risultano i problemi dei miei simili e quindi non m'è dato immedesimarmi né in una stella di neutroni né in un cuore affranto.
Non vivo il distacco come se fosse una sorta di merito atarassico, bensì mi limito a prenderne atto in quanto dinamica contingente e talora mi chiedo se debba temere o meno una modifica in tal senso. E cosa cazzo posso mai saperne? L'intuito dice una cosa, l'istinto controbatte, altre entità prendono la parola e altre ancora la ripudiano. Per adesso va tutto bene com'è e cerco di non prestare ascolto alla frammentazione del Sé, ma d'altro canto io non potrei dare udienza a cotante istanze neanche se lo volessi e per questa mirabile impossibilità devo rendere grazie alle circostanze favorevoli di questo periodo. Mi trovo a debita distanza dalla distanza stessa.


Il tempo ordina alla vecchiaia di distruggere la bellezza, di Pompeo Girolamo Batoni, 1746
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29
Mag

Un’accettabile resa

Pubblicato domenica 29 Maggio 2016 alle 23:17 da Francesco

Sabato mi sono recato a Firenze per prendere parte alla mia terza edizione del Passatore, ma ho sbagliato a interpretare la gara e mi sono ritirato al quarantottesimo chilometro, in cima al Passo della Colla, il punto più alto del percorso: non me ne sono pentito affatto!
Quest'anno il caldo torrido ha provocato molti ritiri, ma nel mio caso non è stato determinante e se avessi impostato correttamente la prestazione sarei riuscito a contenerne gli effetti, quindi non accampo la scusa delle alte temperature! Ho sbagliato io perché ho deciso di non portarmi l'orologio e ho voluto farne a meno per non avere l'assillo cronometrico, ma in questo modo mi sono affidato solo alle sensazioni (che la prima volta mi fecero fare una grande gara) e non mi sono reso conto di quanto il mio passo fosse troppo veloce per le mie capacità. Ho transitato a Borgo San Lorenzo, a circa trentuno chilometri e mezzo dalla partenza, in due ore e trentadue minuti, perciò con un passo di quattro minuti e quarantanove secondi al chilometro: un vero e proprio suicidio. I polpacci sono diventati di marmo poco dopo il quarantesimo e ho fatto bene a ritirarmi prima che sopravvenissero i crampi: non ero nelle condizioni di terminare la gara.
L'ottimo risultato della mia prima sei ore e tutti i chilometri che ho macinato negli ultimi mesi mi avevano dato un'iniezione di fiducia, inoltre alla partenza mi sentivo bene ed ero fiducioso, ma ho vanificato tutto e, per quanto tenessi a questa gara, è anche vero che un secondo dopo il ritiro non me ne è fregato più nulla. Gioisco per i successi e faccio spallucce ai disastri.

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20
Mag

Quando le nubi si addensano e tutto resta com’è

Pubblicato venerdì 20 Maggio 2016 alle 00:43 da Francesco

Sono trascorsi più di dieci anni da quando vaticinavo al mio avvenire una decade d'isolamento emotivo, perciò le mie previsioni si sono rivelate giuste oltre ogni più rosea o tetra aspettativa. Talora ho udito il lontano richiamo di qualche sirena, tuttavia non mi sono mai infranto su una scogliera né su un seno e di quelle voci sibilline non mi è rimasta neanche un'allucinazione.
Ho vissuto da solo i momenti più intensi ed estatici della mia giovane esistenza, ma più volte mi sono ritrovato a domandarmi se una tale condizione sia stata davvero un privilegio e ogni volta qualcosa d'ineffabile mi ha risposto di sì.
Ho cercato dentro di me ciò che non sono mai riuscito a trovare fuori di me e, anche grazie alla proverbiale benevolenza della fortuna verso gli audaci, mi sono imbattuto in un fuoco interiore che sporadiche folate hanno affievolito solo in quei momenti bui di cui il dualismo stesso è fatto.
In alcune zone di questo pianeta la vita vale poco e anche lontano da quegli inferni terrestri le sue quotazioni non sono certo alle stelle, perciò sono contento che il mio unico bacio sia stato quello della summenzionata fortuna. Ho assistito alla caduta di parecchi individui e il fiume non sembra ancora pago di cadaveri; poco importa che certi morti sembrino ancora vivi.
Io penso a me stesso senza nuocere agli altri e sto riguadagnando il dovuto distacco da certe pretese del cuore per le quali evidentemente non ho ancora le spalle abbastanza larghe, però tutto questo non mi suona nuovo e quindi non mi resta che migliorare l'esecuzione di un vecchio spartito. Non voglio imparare niente da nessuno e non mi faccio un bagno di umiltà, ma intendo sporcarmi le mani per risvegliare le forze che in me sono sopite e della cui presenza non potrei dubitare neanche se lo volessi. Le mie parole sono autoreferenziali, ma d'altronde io esisto (per così dire, o qualsiasi cosa voglia dire) soltanto in relazione a me, perciò non spetta loro l'onere di alcuna spiegazione di cui non siano già munite: ecco le comodità del solipsismo.

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