Già dopo pochi giorni sono riuscito a liberarmi dalle pastoie di coincidenze antagoniste, tuttavia ve ne sono ancora delle altre che pendono su di me come la spada di Damocle.
Continuo a guarire il mio spirito attraverso il corpo, difatti è dall’inizio del mese che corro molto e tengo la mente più attiva del solito. Confido nella prassi delle mie buoni abitudini e non temo ulteriori contraccolpi poiché mi sento pronto per contenerne la portata. Ci sono dei momenti in cui sono in balìa di pensieri controproducenti, veri e propri freni interiori che mi impediscono di procedere con la giusta velocità di crociera nel tragitto che separa la nascita dalla morte, ma non mi serve a molto riconoscerne le ingerenze quando ormai hanno sortito i loro effetti.
Devo allenare ancora molto la mente affinché sia in grado di intercettare e distruggere quelle subdole forme di pensiero che veicolano conclusioni venefiche. Ho la sensazione che nei periodi migliori io abbassi la guardia per troppo tempo e invece devo mantenere un livello d’attenzione che mi consenta di reagire prontamente alle prime avvisaglie d’inquietudine. La realtà è piena di segnali premonitori che talora mi sfuggono e non riesco a servirmene come dovrei perché la mia visione in quei frangenti è ristretta dalla bontà dei giorni migliori. Con il senno di poi constato sempre che certe dinamiche non si originano mai al di fuori della loro prevedibilità, almeno per ciò che mi riguarda, ma anche il radar più sofisticato risulta inutile qualora non se ne colgano i segnali. Nel frattempo recupero terreno senza che questo mi venga tolto da sotto i piedi.
Sono un po’ frastornato perché alcune forze contrarie mi hanno investito all’improvviso, ma se non si fossero presentate tutte insieme sarei riuscito a contenerle senza problemi.
Devo dare fondo a tutte le energie di riserva per resistere a quest’impatto emotivo e come al solito confido nell’opera cicatrizzante del tempo, però la cosa mi secca poiché avevo ripreso da poco a librarmi sopra una certa quota. Le influenze lunari cercano di trascinarmi verso il basso e sta a me impedire che abbiano la meglio, ma a volte si dimostra davvero aspro il confronto con gli eventi avversi e non sempre riesco a uscirne incolume.
Mi sento come se fossi al comando di una nave, costretto ad affrontare il mare mosso di notte e qualche avaria di troppo. Voglio tornare il prima possibile a fare cabotaggio in acque tranquille, quindi per adesso penso soltanto a tenere la barra dritta. Navigo a vista dove non si vede un cazzo, perciò mi riterrei già oltremodo fortunato se riuscissi almeno a scorgere il dito che punta alla Luna o alla stella polare.
Tutto ciò che mi occorre è dentro di me, però la mia tecnica estrattiva è ancora imperfetta e gli incidenti di percorso sono molteplici. Maggiore è la profondità, più spessi e duri sono gli strati che separano la vita vigile da quella inconscia. In questo ambito io non potrei stabilire alleanze (sante o meno) neanche se ne avessi la possibilità: lo sviluppo dev’essere autonomo.
Speravo davvero che l’estate mi si prospettasse rosea e infuocata, ma pure quest’anno non me la riuscirò a godere come vorrei e per quest’esito non posso incolpare altri al di fuori di me.
Un paio di mesi fa nella mia stanza rossa ho terminato le registrazioni di un album ambient e la sua realizzazione mi ha divertito molto, ma non so se oltre a me qualcun altro possa gradirlo. Ho realizzato questo progetto sotto lo pseudonimo di Izdubar e anche nel video sottostante i riferimento al Libro rosso di Jung sono molteplici, difatti è proprio la ripetuta lettura di questo volume che mi ha fornito l’ispirazione: per altro non escludo che questo insieme di suoni sia un esercizio di immaginazione attiva.
Poiché non ho un séguito io devo rendere conto solamente al mio gusto e quindi faccio quello che più mi aggrada, però se ne fossi capace proverei sempre a compiacere un mio improbabile pubblico. Il solipsismo offre il comodo sollevamento dalle responsabilità verso terzi, corrobora l’autoreferenzialità e fa venire meno il concetto stesso di feedback, ma non produce altra vanità né appartenenza che non siano quelle endogene: tutto sommato per me è conveniente.
Mi sono accorto che in me si sono estinti dei desideri irrealizzabili che ancora galleggiavano tra inconscio e stato vigile, ma ho percepito questo cambiamento spontaneo come un momento di maturità, quasi che fossero state spente delle candeline con il soffio vitale.
Non mi è dato sapere se l’attuale stato di cose sia definitivo o meno, può darsi che un domani quegli stessi desideri si ripresentino in una forma compatibile con la realtà e sanciscano con il loro ritorno un’altra tappa evolutiva. Ora come ora non mi frega un cazzo di niente, perciò ho la mente sgombra e posso trarne vantaggio per le mie passioni, ovvero quelle che ho modo di coltivare nel regno del solipsismo. Mi trovo su un rettilineo vuoto perché nessuno mi insegue e io a mia volta non inseguo nessuno, quindi posso spingere al massimo delle mie possibilità.
Mi sento libero dai lacci delle velleità, da tutte quelle cose o astrazioni che la mia esistenza non può fare né rendere sue, ma sono consapevole di quanto quest’affrancamento temporaneo non abbia la mia paternità e dipenda in larga misura dal libero corso degli eventi. So per certo che una condizione del genere può essere indotta di proposito, ma io non ne sono ancora in grado o perlomeno non riesco a contribuirvi in maniera apprezzabile. Conscio di tutto ciò, mi comporto come se fossi un esploratore e approfitto del bel tempo per salpare verso nuovi limiti.
Mi sto allenando molto in questo periodo. Solo negli ultimi cinque giorni ho corso centoquattro chilometri e non ho sentito affatto il peso d’un simile volume di allenamento benché abbia avuto diversi impegni. Voglio prepararmi per una nuova maratona e ho intenzione di spaccare tutto. Sono allettato dalle sfide che mi ripropongo e sento quanto in questo frangente della mia vita la solitudine abbia la forma di una vela col vento in poppa. Devo fare tesoro di simili momenti di grazia per affrontare eventuali inverni fuori stagione, ma spero che la mia interiorità rimanga in fiore il più a lungo possibile. Avrò tempo per lasciare le impronte sulla neve.
Nel weekend ho ricevuto un messaggio inaspettato da una ragazza che non sentivo da molto tempo e con la quale è poi seguita un’inconcludente conversazione telefonica.
Non so se si tratti di un’altra coincidenza da inserire nella mia già nutrita collezione, ma il giorno prima dell’inattesa chiamata io avevo pensato con un’insolita intensità alla persona che poi mi ha ricontattato. Non so se abbia avuto un esempio diretto del principio di nessi acausali, ma ne ho ricevuto uno chiaro della profonda incomunicabilità che può sussistere tra due individui.
La chiacchierata tra me e una delle mie rare conoscenti femminili si è arenata in vizi di forma e grotteschi paralogismi. Non ho mai avuto una relazione con nessuno, dunque non s’è verificato un ritorno di fiamma perché in primo luogo non è mai stato acceso un fuoco né vacuo né sacro. Ho parlato con costei sinceramente, come se in me operasse davvero quel maggiordomo che ha un significato peculiare nel linguaggio alchimistico, ma lei non ha compreso i miei intenti e li ha confusi pressoché subito con un malcelato disinteresse.
A quest’avvenente signorina, la quale per altro in origine mosse lei il primo passo verso di me, io ho ammesso di avere ancora una certa attrazione nei suoi confronti, ma ho anche precisato quanto ritenga che quest’ultima non sia corrisposta da parte sua, o perlomeno non abbia la medesima portata: in ragione di quest’idea le ho fatto un esempio, ossia ho paragonato la mia attrazione a una stella che prima o poi finirà il proprio idrogeno e si spegnerà per diventare una nana bianca: al contempo le ho confermato l’attualità della mia impraticabile attrazione e la caducità a cui la stessa è soggetta poiché non ha altro destino che quello autoreferenziale.
La mia disamina, quasi stucchevole e odiosa nella sua parvenza di asettica razionalità, non è dipesa da un meccanico ricorso alla parte emozionale del centro intellettivo, bensì ha goduto di un certo distacco da me in quanto io non mi sono lasciato sopraffare da ciò che legittimamente posso desiderare senza che il desiderio possieda me. Le mie esternazioni sarebbero state di diverso tono e genere se tra le parti in causa vi fosse stata comunione d’intenti e convergenza in un punto qualsiasi dell’universo, ma la lontananza non può essere colmata dall’illusione.
Da una parte mi è dispiaciuto molto che io abbia perso per sempre un’eterea presenza di cui per lungo tempo ho caldeggiato l’ipostasi, ma sono contento di come almeno in questo caso sia riuscito a praticare una certa attenzione, nella speranza poi che sia stata davvero autentica.
Per me le immagini della sonda Cassini hanno un duplice fascino perché oltre a quello scientifico ve ne ravviso anche uno esistenziale. Il viaggio interplanetario tra la Terra e Saturno è poca cosa rispetto alle distanze dell’universo, infatti concerne lo spazio di un semplice sistema solare alla periferia di una galassia che ne contiene altri miliardi di simili, eppure riesce lo stesso a destare in me un certo stupore. Purtroppo o per fortuna la vita umana è troppo breve rispetto ai tempi che il cosmo impiega per mostrare cambiamenti apprezzabili di ciò che lo compone, ma proprio in ragione di quest’appurata inconoscibilità finisco per provare un certo imbarazzo nei confronti della prosaica routine di cui sono correo.
Una mia utopia vuole che il mondo si mantenga diviso in nazioni e al contempo sia unito nella vocazione per la scoperta dell’universo, circostanza che in parte già sussiste nel comune lavoro di NASA ed ESA. Sono innumerevoli le beghe di cui i governi terrestri devono occuparsi per le faccende interne, perciò vi sono innumerevoli risorse che non possono essere distratte verso l’esplorazione spaziale, ma confido che un domani, qualora il genere umano non abbia cura di estinguersi prima, sarà ancora una volta le téchne (nella sua accezione greca) a risolvere tutto e di certo non qualche culto monoteistico che già oggi dovrebbe essere considerato al pari di una malattia mentale. C’è qualcosa di poetico, malinconico, titanico, prometeico, futuribile e avvincente nell’ultima immagine con cui la sonda Cassini ha immortalato la Terra mentre si trovava tra gli anelli di Saturno. È facile che l’immaginazione voli quando la mente si trovi a ragionare sul futuro dell’esplorazione spaziale, però io credo che la realtà superi sempre la fantasia e vorrei che tale superamento avvenisse con la propulsione a curvatura.
Appena ho visto l’immagine qui sopra me ne è venuta in mente subito un’altra, ovvero quella che la sonda Voyager 1 catturò nel 1990 mentre usciva dal sistema solare e su cui Carl Sagan ha speso delle parole memorabili: “Guardate ancora quel punto. È qui. È casa. Siamo noi. Su di esso, tutti quelli che amate, tutti quelli di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L’insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di presuntuose religioni, ideologie e dottrine economiche, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e suddito, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni "superstar", ogni "comandante supremo", ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì, su un granello di polvere sospeso dentro un raggio di sole”.
Quest’oggi sulle testate online di alcuni giornali ho letto degli articoli catastrofistici in merito al numero di laureati in Italia, tuttavia non credo che il titolo di studio in questione sia poi così importante e difatti neanche l’attuale ministro dell’istruzione (il maschile è voluto) ne dispone.
Le lauree non godono tutte del medesimo peso e ve ne sono certe piuttosto risibili che hanno come sbocco preminente quello del precariato. L’iter universitario comporta un investimento che non è sempre facile ammortizzare e immagino che taluni lo evitino di proposito benché siano intellettualmente attrezzati per affrontarlo. Tra i miei conoscenti ve ne sono diversi che hanno conseguito una triennale in tempi biblici e sono poi finiti a svolgere delle mansioni da cui altri loro coetanei, forti della sola terza media, già traggono reddito da svariati anni.
Non ho mai messo piede in un ateneo e il tempo mi ha dato ragione per questa scelta, difatti la laurea non ha più il valore di alcuni decenni fa poiché si è inflazionata e al contempo è cambiato il mondo, ma pare che quel pezzo di carta abbia conservato l’appeal borghese, come se fosse ancora un traguardo obbligatorio per una vita migliore. Col senno di poi a diciannove anni avrei dovuto tentare l’arruolamento nella Legione Straniera con la ferma minima di un lustro, ma al tramonto dell’adolescenza non mi rendevo conto che mi trovavo all’alba della vita.
Più volte mia madre mi ha implorato col cuore in mano di iscrivermi a una qualsiasi facoltà per coltivare dei rapporti sociali, ma a differenza di altri non sono mai stato attratto dalla vita delle metropoli e ho preferito rimanere laddove sono cresciuto. Forse se avessi frequentato un polo universitario avrei trovato una ragazza e sarei entrato in una cerchia di amicizie, ma se le cose fossero andate davvero così avrei finito per apprendere meno nozioni di quante me ne sono procurate da autodidatta e avrei poi scontato con un malessere esistenziale la pochezza di quelle vacue socializzazioni, senza per altro contare l’esborso economico che un simile scempio del mio tempo avrebbe richiesto.
Psicologia e alchimia di Carl Gustav Jung
Pubblicato mercoledì 19 Aprile 2017 alle 13:32 da FrancescoSono giunto alla fine di Psicologia e alchimia di Carl Gustav Jung, un libro di cui per lungo tempo avevo rimandato lo studio e la lettura. La concezione dell’alchimia come semplice antesignana della chimica mi dà l’idea della stessa confusione che sussiste tra l’aurum vulgi, ovvero l’oro del volgo, e ciò a cui invece punta davvero il processo di trasmutazione, ossia l’aurum nostrum.
Jung ha cura di sottolineare l’aspetto psicologico del processo alchemico ed equipara la prima materia (in quanto base dell’Opus) a un contenuto psichico autonomo il quale, in ragione del suo carattere soggettivo, sfugge a ogni definizione, inoltre egli precisa come la proiezione di questo contenuto sia inconscia. Le considerazioni di cui sopra fanno il paio con i due aspetti fondamentali dell’alchimia, ovvero la pratica del laboratorio e il processo psicologico che è in parte conscio, in parte inconscio. Per Jung la nigredo (cioè la prima fase dell’opera alchemica) ha una corrispondenza psicologica con l’incontro della cosiddetta Ombra; la sostanza trasformante ha la duplice qualità di materia vile (resa da allegorie diaboliche) e allo stesso tempo presenta un carattere prezioso, persino divino: è questa che conduce dall’infimo, al supremo, dall’animale infantile e arcaico all’homo maximus mistico. Oltre a simili idee e alle loro più precise implicazioni v’è un’ipotesi che ha catturato il mio interesse: mi riferisco a quella secondo la quale così come vi sono stati giacenti al di sotto della coscienza, ve ne possono essere altri al di sopra di essa.
Ho trovato stimolanti i parallelismi tra il Lapis e Cristo benché il concetto del primo affondi le sue radici ben più in profondità rispetto alla figura del secondo, e ho appreso con ancor maggiore interesse la differenza tra lo scopo dell’alchimia e il fine del cristianesimo: la prima non ha come priorità la redenzione dell’uomo, caratteristica che è invece preminente nel secondo, ma vuole redimere la divinità che è perduta e dormiente nella materia. Sempre in merito al rapporto tra l’alchimia e la dottrina cristiana mi ha fatto sorridere una piccola verità di Jung sulla nascita dei Rosacroce, ovvero che la ragion d’essere delle società segrete è quella di mantenere in vita la forma di un segreto a cui sia venuta meno la sua sostanza: ho incontrato quest’affermazione nella parte conclusiva del libro, precisamente quando Jung scrive del declino dell’alchimia e ne colloca l’inizio al diciassettesimo secolo.
Mi sono poi imbattuto in utili considerazioni a corredo della tematica principale; il concetto di Sé, ribadito ancora una volta come comprensivo di coscienza e inconscio di cui è, appunto, il centro così come l’Io è il centro della coscienza, tuttavia anche l’assunto per il quale una conoscenza che sia soltanto intellettuale non basti a liberare il soggetto dall’infanzia e di come per tale scopo sia necessario un approccio in cui il ricordare sia anche un rivivere. Ancora in merito al Sé mi ha colpito una critica che viene rivolta a chi lo inquadri entro i limiti della psiche individuale: per Jung questa è una riduzione arbitraria e non scientifica.
A conclusione di questi miei sparuti appunti ricorro a una citazione di Maria Prophetissa che mi ha sedotto a prima vista: “L’’Uno diventa Due, i Due diventano Tre, e per mezzo del Terzo il Quarto compie l’Unità”.
Non ho frequentato la bottega del Verrocchio e non sono mai stato un appassionato del fai da te, ma volevo mettere alla prova la mia manualità e così nell’arco di un paio di mesi ho realizzato un vecchio cabinato da sala giochi.
Non avevo mai tagliato il legno con un seghetto alternativo, quindi sono rimasto tanto soddisfatto per il risultato quanto per la conservazione di tutte e dieci le dita.
Le proporzioni non rispecchiano proprio la sezione aurea, ma è il mio cabinato, l’ho fatto io e dunque, a fronte dei suoi difetti, gli voglio bene come se fosse un figlio per il quale percepissi un assegno di accompagnamento.
Ho utilizzato un Raspberry Pi 3 Model B, Retropie come sistema operativo e dei comandi arcade Xsource per i quali ho forato gli opportuni alloggiamenti; poi un vecchio monitor da quindici pollici (rimediato su eBay) con un adattatore da VGA a HDMI (difatti il Raspberry ha solo quest’ultima uscita video), un paio di casse alimentate via USB da 7,99€, legno dell’OBI, una tastiera riciclata e un paraspigoli di gomma. Per una questione di predilezione cromatica ho poi verniciato il tutto di rosso.
Per adesso ci faccio girare il MAME con le ROM del set 0.78 perché come emulatore ho scelto la stabilità del lr-mame2003.
La prossima volta conto di progettare un’autobomba.
Errata corrige: ho detto “of improvement” invece di “for improvement”.
A differenza di altri io non nutro certezze granitiche sugli eventi di geopolitica. Qualche giorno fa non ero a Idlib, in Siria, ma a Grosseto per acquistare delle cialde al ginseng, quindi non ho assistito in prima persona all’attacco col gas sarin e quanto ho letto non mi ha fornito elementi sufficienti per comprenderne la paternità.
Bashard al-Assad ha il physique du rôle del dittatore novecentesco, Donald Trump invece mi sembra più una pop star al potere, ma il mio immaginario trova del buono in entrambi e quindi è un po’ come se fossi lacerato per la lite di due buoni amici. A dire il vero il mio leader prediletto nell’epoca attuale resta Rodrigo Duterte, ma questa è un’altra storia. Per me il solo guaio della guerra è costituito dalle vittime innocenti, ma non traduco questa banalità in un’accoglienza a braccia aperte per ogni disgraziato che s’incammini verso l’Europa, tanto meno per i cosiddetti migranti economici. Rispetto molto i curdi in quanto a differenza di altre etnie non scappano in massa, ma rivendicano un territorio che manco esiste sulle carte geografiche e combattono nel fuoco incrociato di Turchia, Siria e Daesh: persino le curde (sotto la sigla YPJ) affrontano gli uomini di al-Baghdadi e i jihadisti le temono in quanto la morte per mano di una donna nega loro l’accesso al paradiso.
Mi domando se l’iniziativa statunitense sia il principio di una rapida escalation verso la Terza guerra mondiale, magari con l’ausilio di armamenti nucleari; per Einstein la Quarta si combatterà coi bastoni e forse sarà l’occasione per riscoprirsi bambini ancorché orfani. Non parteggio per gli alti valori che traboccano dai trattati internazionali o dalle costituzioni, ma spero che l’Occidente prevalga e rivaluti i suoi nazionalismi europei per difendersi dalle ondate migratorie.
A me pare evidente come il ritrovato clima da guerra fredda suggerisca un revival degli anni ottanta, perciò sarà mia cura rivedere tutti gli episodi di Miami Vice e i tanti film che il machismo di Hollywood ha donato all’umanità.
La storia insegna quanto il limes sia importante, difatti l’Impero Romano cadde proprio quando tentò d’integrare i popoli barbari per affrontare il problema della natalità, ma è anche vero che essa tende a ripetersi. Non m’illudo che i confini attuali restino inalterati in saecula saeculorum, ma confido comunque in una loro longevità.