11
Giu

A spron battente

Pubblicato domenica 11 Giugno 2017 alle 02:05 da Francesco

In quarantuno giorni ho macinato all’incirca 530 chilometri e nell’ultima settimana ho cominciato a raccogliere i frutti dei miei sforzi. Venerdì ho ottenuto un record personale in allenamento riuscendo a completare il giro della laguna di levante (18,6 chilometri) con una velocità media di 3’49” al chilometro: ho tolto un minuto e sedici secondi al mio primato precedente che risaliva a ottobre dello scorso anno. Mi sento in grande forma e aspetto l’autunno per mettermi alla prova sulla distanza regina, ma ho anche intenzione di partecipare a qualche gara breve durante l’estate. Quest’inverno non ho corso molto nonostante sia riuscito comunque a chiudere la maratona di Ferrara sotto le tre ore: la voglia era poca e ero disturbato da forze contrarie di cui ho già dato conto su queste mie pagine virtuali. Adesso le carte in tavola sono cambiate.
In me si è riacceso un fuoco sacro e voglio custodirne le fiamme come se fossero mie figlie, perciò intendo proseguire sulla (lunga) strada che ho fatto finora. Ho ritrovato dentro di me qualcosa che avevo perso di vista col terzo occhio. Può darsi che in futuro io incorra in nuove incertezze, ma sono anche consapevole di come ogni volta la durata della loro efficacia si riduca sempre di più.   
Insguirò certi obiettivi agonistici, tuttavia anche se non dovessi riuscire nelle mie imprese potrò comunque considerarmi soddisfatto. In quanto dilettante sono contento dei risultati che ho raccolto fino a oggi e quindi posso instillare nelle mie ambizioni una certa tranquillità mentale: non c’è circostanza migliore per me! Mentirei se negassi come all’inizio della mia avventura agonistica io avvertissi la necessità di dimostrare a me stesso la capacità di realizzare certi tempi, ma ora che questi sono già miei la spinta verso nuovi orizzonti non può che provenire da un’altra fonte e io sito questa nella mia voglia di divertirmi sull’asfalto.

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6
Giu

Un altro genetliaco

Pubblicato martedì 6 Giugno 2017 alle 23:45 da Francesco

Adesso ho l’età di Cristo quando fu messo in croce, ma io non ambisco a riscattare l’uomo dai suoi peccati, infatti mi basta seguir virtute e canoscenza.
Ho festeggiato il mio compleanno con un intenso allenamento di diciannove chilometri e per cena mi sono preparato dei maccheroni di kamut con pomodoro e pezzi di branzino, inoltre ho invitato Jon Anderson a cantare tramite il mio giradischi tutto il suo “In The City Of Angels”.
Vivo in un’epoca di cambiamenti, come d’altro canto lo sono tutte e la condanna del presente è di essere sempre un’era premoderna rispetto a quella che verrà. Non me ne frega niente della mia età anagrafica e ammetto come il trascorrere del tempo mi faccia sentire sempre meno il peso di certe dinamiche, però con altrettanta sincerità non nascondo come talora il futuro sia per me fonte di piccoli timori a cui forse concedo più importanza di quanta in effetti abbiano.
Alla mia età Alessandro Magno concluse la sua esistenza in quel di Babilonia e consegnò alla storia le sue grandi imprese, io invece non ho raggiunto dei traguardi che siano degni di nota e dunque mi accontento di respingere le molteplici istanze di cui l’impero dei sensi si fa latore.
Assisto in differita allo scontro di civiltà che a giorni alterni avviene con assalti all’arma bianca o per mezzo di ordigni rudimentali, tuttavia il vero interesse che io nutro verso questi fatti è nell’implicito monito sulla precarietà dell’esistenza di cui sono indefessi diffusori.

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1
Giu

Al sesto mese dell’anno corrente

Pubblicato giovedì 1 Giugno 2017 alle 02:58 da Francesco

Nel mese di maggio ho corso 429 chilometri e ieri pomeriggio ho macinato gli ultimi venticinque, di cui dodici e mezzo in salita e altrettanti in discesa. Mi sento in forma e oltre a un’ottima condizione fisica verso anche in un ottimo stato mentale. È come se con la corsa mi fossi messo alle spalle per l’ennesima volta certi tumulti interiori, ma credo che anche la definitiva rottura di sciocche attese abbia favorito il mio affrancamento da una stasi inconcludente e ingiustificata.
Non ho tempo di aspettare qualcuno e anche se l’avessi non lo farei. Ognuno procede al proprio passo e si dirige dove vuole o laddove le circostanze abbiano deciso di trascinarlo, però nei deserti non ci sono soltanto carovane e talora le dune diventano le sabbiose testimoni di viaggiatori solitari. Per me è fondamentale l’accettazione del vuoto di cui la mia realtà è permeata e non devo mai darla per scontata, sennò rischio che qualche spiacevole monito me la rammenti con dei grossi dispendi di energie e tempo. Mi sento davvero me stesso allorquando il mio corpo e la mia mente mi trasmettano segnali di una ritrovata centratura nell’esistenza di cui sono artefice: quello attuale è uno di quei momenti. È incredibile di quali ribaltamenti sia capace la macchina umana, sia in un senso che in quello diametralmente opposto. Ammiro chiunque abbia contezza del proprio potenziale e sia in grado di asservirlo alla causa suprema, ossia la sua. Non pretendo una piena indipendenza dagli eventi, ma voglio arginare sempre di più l’influenza che esercitano su di me.
Mi dedico le parole più sentite e spontanee di cui anche questa notte si fa corvina suggeritrice: non mi serve altro per il momento. Ci sono spazi interiori che mi sono ignoti, paradisi inesplorati che mi porto dentro e di cui forse non sospetto manco l’esistenza, ma non mi limito a ipotizzarne la realtà come in un accesso di vacuo ottimismo e devo invece votarmi alla loro ricerca senza subire troppe distrazioni dalle innumerevoli inezie di cui ogni giornata è prodiga.
Sono di nuovo in una situazione tanto vantaggiosa quanto inaspettata per proseguire su certe linee evolutive, perciò non devo perdere quest’occasione. Nelle circostanze avverse temo sempre che mi occorra più tempo del necessario per superarle, ma tale sopravvalutazione è dettata spesso da un mio eccesso di prudenza.

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31
Mag

Parole in libertà, as usual

Pubblicato mercoledì 31 Maggio 2017 alle 03:39 da Francesco

In questa notte di fine maggio mi fa compagnia la voce di David Byron su un grande disco degli Uriah Heep, ma io nelle tenebre non mi rivolgo né a demoni né a maghi.
Il silenzio cittadino è pressoché assoluto e in un tale stato di cose la coscienza dispone di un’ottima acustica per eseguire le proprie orchestrazioni. Non so dove mi stia portando il tempo e non vedo  individui affidabili a cui chiedere indicazioni. Davanti a me scorgo soltanto orizzonti distratti che non si presentano come tali e alle mie spalle posso osservare dei lontani fantasmi che gesticolano in una maniera del tutto incomprensibile. Non capisco a cosa serva la mia lingua madre e mi chiedo se la Torre di Babele sia davvero servita a creare confusione tra i popoli o se invece sia stato un favore celeste per accontentare qualche palazzinaro. Non mi aspetto nulla dal futuro perché in passato ho fatto lo stesso e il presente che ne è seguito mi ha confermato la bontà del mio atteggiamento.
In ossequio alla verità devo ammettere che ogni tanto qualche speranza mi è caduta su terreni del tutto aridi, ma ovviamente non ne è nato nulla e così mi sono risparmiato la fatica di raccogliere ciò che avevo seminato, ossia una casuale vacuità di aneliti umani.
Mi piace l’insindacabilità di cui godono i verdetti del tempo: j’adore! Talora prendo posizione su certe faccende perché non voglio illudermi che l’indifferenza basti per fruire di una piena esenzione da tutto quello che mi succede attorno: preferisco un punto di vista a un miraggio.
Sono occupato a vivere quando non penso a ciò che vivere significhi e oggi come in passato mi va di trarre il meglio dal mio tempo, ma a volte ci sono dei momenti in cui desisto da questo proposito perché anche il disfattismo deve avere una sua piccola valvola di sfogo. Non condivido niente con nessuno, però sono atteso da tanti bei momenti che affondano le proprie radici in altrettante perle del passato, ancora rilucenti e candide nella stessa solipsistica essenza di sempre, da sempre.

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26
Mag

Dischi che vanno, dischi che vengono

Pubblicato venerdì 26 Maggio 2017 alle 20:48 da Francesco

Tra il furore della guerra asimmetrica, le prospettive di una tassazione sempre più vessatoria e qualche altra spada di Damocle, a me non resta che aggiungere ulteriori piani alla mia torre d’avorio: gradirei oltremodo anche una campana di vetro (antiproiettile), fossati, muri con il filo spinato, cecchini, cani molecolari, uno scudo antimissile e un satellite spia.
Domenica sono andato a Roma per la fiera del disco e ho passato mezza giornata a cercare dei capolavori (o quasi) da portarmi a casa per un prezzo equo: insomma, il cosiddetto diggin’.
Per me il vinile non è un capriccio vintage né un semplice feticcio, bensì fa parte di un preciso rito di ascolto che ripeto quasi quotidianamente. Non sono un purista. Fruisco di musica liquida dalla fine dello scorso millennio, infatti ho vissuto tutti i due anni di Napster e il resto del peer-to-peer.
Ho avuto il mio primo lettore mp3 nel 2004, tredici anni fa, e per riempirlo mi sembrava che ogni volta dovessi dichiarare quali dischi mi sarei portato su un’isola deserta, infatti aveva 256 Megabyte di memoria (invero un po’ meno perché una parte era appannaggio del filesystem).
Ho imparato parecchio da certi personaggi delle fiere e alcune cose sono felice di averle apprese da loro invece che dalle mie pur numerose quanto asettiche ricerche su Internet.
Non di rado per trovare dei dischi di mio gradimento me ne devo sorbire parecchi che mi fanno cagare a spruzzo, però ogni volta che ne scopro uno buono il mio investimento di tempo è ampiamente ripagato. Queste le fonti a cui mi abbevero: le web radio, i continui salti di video in video con l’algoritmo dei suggerimenti di YouTube, il lurking di certi forum, qualche rivista e i consigli dei decani di cui sopra. Nei mercatini e alle fiere non cerco per forza tesori nascosti, ma talora mi piace prendere qualche classico che mi manca in trentatré giri.
In questa tornata sono incorso in una sorta di svendita, quindi ho avuto modo di rimediare ben sette vinili a poco più di sette euro l’uno.
L’occhio cade dove Miroslav Vitous non duole. Ho vari CD dei Weather Report e il mio preferito è “Black Market”, però di loro bramavo almeno un vinile e ho scelto “I Sing The Body Electric” poiché lo avevo soltanto in mp3.
Il primo degli It’s A Beautiful Day contiene “Bombay Calling”, un pezzo che sentii per la prima volta alle Hawaii mentre guidavo alle pendici del Mauna Kea: all’inizio pensai che fosse “Child In Time”, poi scoprii che i Deep Purple si erano “ispirati” a quella traccia per la loro hit.
Adorando i Renaissance e possedendo già l’unico album dei Sandrose, lamentavo la mancanza di un’altra band prog con una voce femminile, perciò era una questione di tempo prima che rimediassi il debutto omonimo dei Goliath.
Rory Gallagher mi piace più da solo che con i Taste, ma riesco ad apprezzarlo solo fruendone cum grano salis: “Blueprint” è un album che costituisce un’eccezione a questa posologia.
”John Barleycorn Must Die” è il mio album preferito dei Traffic e quindi non c’è da aggiungere molto: se avessi trovato anche una stampa economica di “Mr. Fantasy” l’avrei presa di sicuro.
”Cultösaurus Erectus” è un classico album alla Blue Öyster Cult, forse un po’ sottovalutato, ma per me godibilissimo dall’inizio alla fine.
Mi si sono illuminati gli occhi d’immenso quando tra i dischi a sette euro ne ho visti due di Kitaro e in particolare “From The Fullmoon Story”: in equilibrio tra ambient e new age è un album di una delicatezza straordinaria;  “The Light Of The Spirit” si mantiene sulle stesse sonorità, ma è più solenne, più epico, meno intimista e per me si completa a vicenda con l’altro.
”Lady Lake” degli Gnidrolog, è un album prog del 1972 e mi è stato consigliato da un tizio che con me non ha mai sbagliato un suggerimento, infatti gli sarò eternamente grato: ho per costui il rispetto che Carlos Castaneda aveva per gli sciamani. Il disco è un viaggio assurdo!
Lo stesso vale per “Mountains” degli Steamhammer, pubblicato nel 1971: prog dalle forti tinte blues e con diversi ricami psichedelici.
”Every Inch A Man” degli Zior è un platter che a tratti mi ricorda molto i migliori Led Zeppelin e anch’esso mi è stato suggerito dal suddetto medicine man: l’anno è il 1972.
“Hold The Line” dei Toto la conosce chiunque non sia nato sordo, dall’ultimo dei paninari al primo dei truzzi: questo classico l’ho preso perché dovevo trovare un settimo album per usufruire dell’offerta di sette euro a disco e quindi ho fatto di necessità virtù! Magari nella vita fossero tutte così le scelte obbligate.
Non sono un passatista, infatti seguo e supporto diversi gruppi emergenti, ma devo ammettere che la maggior parte dei miei dischi preferiti sono stati concepiti in quell’età dell’oro che io sito tra la fine degli anni sessanta e la fine dei settanta.
Trovo del buono persino nella trap italiana (lo stile di Tedua, le produzioni di Charlie Charles), vengo da varie plusvalenze con le prime stampe di dischi hip hop (su tutte quella del vinile de “L’attesa” di Kaos One che anni fa vendetti a cinquecento euro quando io lo avevo pagato ventuno), mi piace anche la vocal trance e conosco quasi a menadito i sottogeneri del metal, ma ho trovato la mia dimensione ideale nella golden age del prog.
In quella decade meravigliosa c’è stata un’abbondanza straordinaria ed è per questo motivo che alcuni dischi di allora hanno trovato soltanto di recente un riscontro, una seconda vita, il tardivo riconoscimento che non potevano ottenere a loro tempo per via di un’opulenza luculliana.

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23
Mag

Chiodi ed esplosivo

Pubblicato martedì 23 Maggio 2017 alle 23:03 da Francesco

Non credo all’esistenza di un Islam moderato, difatti nessuno mi toglie dalla testa (ed è invece possibile che qualcuno possa recidermi quest’ultima) quanto una parte dei musulmani approvi gli attentati terroristici benché non lo affermi esplicitamente.
Alcuni governi vogliono la sicurezza e l’integrazione di certe etnie, ma tale pretesa è identica a quella di colui che esige la botte piena e la moglie ubriaca. È normale che faccia più rumore una strage compiuta rispetto a tutte quelle che sono state sventate, ma d’altro l’intelligence non può tenere sempre sotto controllo tutti i soggetti attenzionati. L’Europa è condannata a vivere con una spada di Damocle sul capo e questa minaccia perenne si annida tra coloro che sono stati accolti dagli stati occidentali. Persino in Svezia l’integrazione ha fallito e questo buco nell’acqua ne ha creati a sua volta molti in zone urbane dove de facto vige già la Sharia.
A mio modesto avviso occorrono misure draconiane, finanche la sospensione della democrazia e la promulgazione di leggi speciali che permettano alle forze dell’ordine una più ampia manovra. Purtroppo il sonno della ragione produce mostri e le sinistre europee sono in preda a una sorta di sindrome di Stoccolma, difatti simpatizzano umanamente per i loro potenziali carnefici.
È normale che taluni reagiscano al di fuori della legge quando non considerino più quest’ultima in grado di tutelare la loro esistenza. Le moschee incendiate, i pestaggi su base etnica e altre sortite di questo genere sono un chiaro richiamo agli archetipi dell’essere umano che trova un nuovo spazio laddove si fa assordante il silenzio della giustizia ordinaria.
La religione è un veleno di cui il fanatismo e il dogmatismo sono gli effetti peggiori, però questi tratti sono particolarmente accentuati tra le fila dei sunniti. Sono sempre stato un anticlericale e non ho mai lesinato invettive contro il cristianesimo, tuttavia vorrei che oggi al soglio pontificio ci fosse qualcuno come Papa Innocenzo III: il nemico del mio nemico è mio amico.
Mi domando quante volte ancora gli europei dovranno rimettere insieme i pezzi dei propri figli prima che una forte volontà popolare legittimi una politica di tolleranza zero. Lo ripeto: io non credo a quei musulmani che fingono di condannare gli estremisti islamici e difatti quest’ultima espressione è per me un semplice pleonasmo.

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17
Mag

Giocare d’anticipo

Pubblicato mercoledì 17 Maggio 2017 alle 20:24 da Francesco

Già dopo pochi giorni sono riuscito a liberarmi dalle pastoie di coincidenze antagoniste, tuttavia ve ne sono ancora delle altre che pendono su di me come la spada di Damocle.
Continuo a guarire il mio spirito attraverso il corpo, difatti è dall’inizio del mese che corro molto e tengo la mente più attiva del solito. Confido nella prassi delle mie buoni abitudini e non temo ulteriori contraccolpi poiché mi sento pronto per contenerne la portata. Ci sono dei momenti in cui sono in balìa di pensieri controproducenti, veri e propri freni interiori che mi impediscono di procedere con la giusta velocità di crociera nel tragitto che separa la nascita dalla morte, ma non mi serve a molto riconoscerne le ingerenze quando ormai hanno sortito i loro effetti.
Devo allenare ancora molto la mente affinché sia in grado di intercettare e distruggere quelle subdole forme di pensiero che veicolano conclusioni venefiche. Ho la sensazione che nei periodi migliori io abbassi la guardia per troppo tempo e invece devo mantenere un livello d’attenzione che mi consenta di reagire prontamente alle prime avvisaglie d’inquietudine. La realtà è piena di segnali premonitori che talora mi sfuggono e non riesco a servirmene come dovrei perché la mia visione in quei frangenti è ristretta dalla bontà dei giorni migliori. Con il senno di poi constato sempre che certe dinamiche non si originano mai al di fuori della loro prevedibilità, almeno per ciò che mi riguarda, ma anche il radar più sofisticato risulta inutile qualora non se ne colgano i segnali. Nel frattempo recupero terreno senza che questo mi venga tolto da sotto i piedi.

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13
Mag

La convergenza di forze contrarie

Pubblicato sabato 13 Maggio 2017 alle 20:30 da Francesco

Sono un po’ frastornato perché alcune forze contrarie mi hanno investito all’improvviso, ma se non si fossero presentate tutte insieme sarei riuscito a contenerle senza problemi.
Devo dare fondo a tutte le energie di riserva per resistere a quest’impatto emotivo e come al solito confido nell’opera cicatrizzante del tempo, però la cosa mi secca poiché avevo ripreso da poco a librarmi sopra una certa quota. Le influenze lunari cercano di trascinarmi verso il basso e sta a me impedire che abbiano la meglio, ma a volte si dimostra davvero aspro il confronto con gli eventi avversi e non sempre riesco a uscirne incolume.
Mi sento come se fossi al comando di una nave, costretto ad affrontare il mare mosso di notte e qualche avaria di troppo. Voglio tornare il prima possibile a fare cabotaggio in acque tranquille, quindi per adesso penso soltanto a tenere la barra dritta. Navigo a vista dove non si vede un cazzo, perciò mi riterrei già oltremodo fortunato se riuscissi almeno a scorgere il dito che punta alla Luna o alla stella polare.
Tutto ciò che mi occorre è dentro di me, però la mia tecnica estrattiva è ancora imperfetta e gli incidenti di percorso sono molteplici. Maggiore è la profondità, più spessi e duri sono gli strati che separano la vita vigile da quella inconscia. In questo ambito io non potrei stabilire alleanze (sante o meno) neanche se ne avessi la possibilità: lo sviluppo dev’essere autonomo.
Speravo davvero che l’estate mi si prospettasse rosea e infuocata, ma pure quest’anno non me la riuscirò a godere come vorrei e per quest’esito non posso incolpare altri al di fuori di me.

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11
Mag

Izdubar – Alone In The Red Room

Pubblicato giovedì 11 Maggio 2017 alle 18:27 da Francesco

Un paio di mesi fa nella mia stanza rossa ho terminato le registrazioni di un album ambient e la sua realizzazione mi ha divertito molto, ma non so se oltre a me qualcun altro possa gradirlo. Ho realizzato questo progetto sotto lo pseudonimo di Izdubar e anche nel video sottostante i riferimento al Libro rosso di Jung sono molteplici, difatti è proprio la ripetuta lettura di questo volume che mi ha fornito l’ispirazione: per altro non escludo che questo insieme di suoni sia un esercizio di immaginazione attiva.
Poiché non ho un séguito io devo rendere conto solamente al mio gusto e quindi faccio quello che più mi aggrada, però se ne fossi capace proverei sempre a compiacere un mio improbabile pubblico. Il solipsismo offre il comodo sollevamento dalle responsabilità verso terzi, corrobora l’autoreferenzialità e fa venire meno il concetto stesso di feedback, ma non produce altra vanità né appartenenza che non siano quelle endogene: tutto sommato per me è conveniente.

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6
Mag

Nuovi orizzonti

Pubblicato sabato 6 Maggio 2017 alle 15:05 da Francesco

Mi sono accorto che in me si sono estinti dei desideri irrealizzabili che ancora galleggiavano tra inconscio e stato vigile, ma ho percepito questo cambiamento spontaneo come un momento di maturità, quasi che fossero state spente delle candeline con il soffio vitale.
Non mi è dato sapere se l’attuale stato di cose sia definitivo o meno, può darsi che un domani quegli stessi desideri si ripresentino in una forma compatibile con la realtà e sanciscano con il loro ritorno un’altra tappa evolutiva. Ora come ora non mi frega un cazzo di niente, perciò ho la mente sgombra e posso trarne vantaggio per le mie passioni, ovvero quelle che ho modo di coltivare nel regno del solipsismo. Mi trovo su un rettilineo vuoto perché nessuno mi insegue e io a mia volta non inseguo nessuno, quindi posso spingere al massimo delle mie possibilità.
Mi sento libero dai lacci delle velleità, da tutte quelle cose o astrazioni che la mia esistenza non può fare né rendere sue, ma sono consapevole di quanto quest’affrancamento temporaneo non abbia la mia paternità e dipenda in larga misura dal libero corso degli eventi. So per certo che una condizione del genere può essere indotta di proposito, ma io non ne sono ancora in grado o perlomeno non riesco a contribuirvi in maniera apprezzabile. Conscio di tutto ciò, mi comporto come se fossi un esploratore e approfitto del bel tempo per salpare verso nuovi limiti.
Mi sto allenando molto in questo periodo. Solo negli ultimi cinque giorni ho corso centoquattro chilometri e non ho sentito affatto il peso d’un simile volume di allenamento benché abbia avuto diversi impegni. Voglio prepararmi per una nuova maratona e ho intenzione di spaccare tutto. Sono allettato dalle sfide che mi ripropongo e sento quanto in questo frangente della mia vita la solitudine abbia la forma di una vela col vento in poppa. Devo fare tesoro di simili momenti di grazia per affrontare eventuali inverni fuori stagione, ma spero che la mia interiorità rimanga in fiore il più a lungo possibile. Avrò tempo per lasciare le impronte sulla neve.

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