7
Set

Il riassunto delle puntate precedenti

Pubblicato giovedì 7 Settembre 2017 alle 19:08 da Francesco

Se sul punto di morte la vita mi passasse davanti io probabilmente non vedrei facce conosciute, ma tutt’al più delle figure confuse a cui chiederei la cortesia di non disturbare la replica delle puntate precedenti. Non ho bisogno di un senso per guarnire l’esistenza e non cerco la cura di una malattia immaginaria, ma capisco come taluni vedano nella reciproca comprensione la panacea di tutti i mali. Coltivo le mie abitudini e i miei interessi sul giardino pensile di una torre eburnea poiché là nient’altro vi cresce, tuttavia non escludo che un domani possa provare a piantarci l’albero della conoscenza.
Nel mio bucato non ci sono mai bandiere bianche né tappeti rossi, ma d’altro canto non ho rese da segnalare né ingressi trionfali da esibire. Non so cosa dire ed è per questa ragione che faccio scena muta, però non proferirei parola neanche se facessi la comparsa in un film di Chaplin. Se qualcuno mi leggesse potrebbe ravvisare in me una certa predilezione per le sequenze di negazioni, come se talora volessi semplificare ulteriormente un valore booleano. Sono a digiuno di certe esperienze perché non seguo una dieta basata sul cianuro, eppure non sento i morsi della fame. Anche gli uragani hanno nomi attraenti e portano distruzione, tuttavia non temo nulla per la mia isola che non c’è. Esisto a prescindere dalle conferme altrui ed è su questa premessa capitale che svetta il simulacro della mia libertà interiore. Forse appaio scontato persino alla mia ghiandola pineale, ma non posso essere originale a tutti i costi per dare più sapore a una minestra riscaldata, manco avessi dodici apostoli più uno a cena: c’è chi vuole una prova di dio (uno qualunque) e chi guarda la prova del cuoco. Di vaghezza si muore perché di vaghezza si vive, o forse no. In Oriente è cominciata un’offerta lampo per una bomba all’idrogeno in forma convenienza e mi chiedo a chi verrà consegnata.

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27
Ago

Sesto a Roma, terzo a Sorano e quarto a Travale

Pubblicato domenica 27 Agosto 2017 alle 13:40 da Francesco

Ultime dai campi. Se volessi potrei scrivere di molte altre cose invece di fornire sterili resoconti del mio agonismo, ma al momento non avverto la necessità di spiccare qualche volo pindarico. Le parole si trascinano da sole, talora strisciando nell’inutilità che defecano esse stesse.
Venerdì mi sono recato nella capitale d'Italia per partecipare alla quarta edizione della Roma by Night Run, una mezza maratona che parte alle dieci di sera e si snoda in buona parte tra i quartieri Flaminio e Parioli. La mia prestazione è stata buona, ho conseguito il mio record personale sulla distanza con un'ora, diciassette minuti e trenta secondi, mi sono classificato sesto assoluto e primo di categoria, ma non sono stato premiato perché non appartengo a una società FIDAL: l'importante è che io mi sia imposto sulla strada. Malgrado la buona prova, la mia gara è stata viziata da due errori di percorso che hanno coinvolto anche altri atleti, tanto che a un certo punto ho pensato di ritirarmi, ma poi uno del gruppo di testa ha fatto prevalere la ragione sulla rabbia e ha convinto noi altri a continuare: non ricordo chi fosse costui, ma devo ammettere che in quel momento mi ha dato una bella lezione di vita. Chapeau. Non parteciperò mai più questa gara benché offra l'insolita e attraente possibilità di correre nottetempo a Roma per ventuno chilometri: vi trovo troppo pressapochismo di cui è conseguenza anche la scarsa illuminazione in certi punti del percorso.

Il sedici agosto ho preso parte alla gara più antica della Maremma, ovvero la quarantottesima edizione della Sovana Sorano in cui mi sono classificato al terzo posto. Ho corso la discesa dell’ottavo chilometro in appena tre minuti e due secondi prima di affrontare la salita finale, perciò sono rimasto molto soddisfatto della mia performance.
Il cinque agosto mi sono presentato alla partenza della gara de La Guaita in quel di Travale, un borgo piccolissimo in cui sembra che il tempo si sia fermato e dove la lingua volgare affonda le sue radici. Il percorso presentava discese ripide e salite dalle pendenze altrettanto importanti. Alla fine, malgrado il caldo asfissiante, mi sono classificato al quarto posto e primo di categoria.

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17
Ago

Evidenze autoptiche

Pubblicato giovedì 17 Agosto 2017 alle 22:31 da Francesco

Non faccio di cognome Voltaire e non sento mie le citazioni sulla tolleranza che gli vengono attribuite, perciò sono del tutto disinteressato all’altrui diritto di esprimere opinioni che non siano affini alle mie. L’unico confronto che abbia senso è quello armato, il resto è puro vaniloquio come questo mio trascurabile scritto.
A me piace il rigore con cui la realtà dei fatti (non quella quantica) si impone sulle erronee interpretazioni che di quest’ultima dànno uomini e donne privi di acume.
Non so ancora quantificare l’idiozia di chiunque postuli come ogni etnia e qualsiasi culto religioso possano convivere in un pacifico melting pot, magari adorno di arcobaleni, gessetti colorati e unicorni al pascolo.
Una società forte non ha paura degli stranieri né dell’Islam, ma fa in modo che i primi e il secondo temano lei. Le storture garantistiche del cosiddetto stato di diritto sono il risultato di un indebolimento dell’Occidente, flemma che tra l’altro fu profetizzata con largo anticipo da giganti del pensiero come Nietzsche e Cioran.
Non credo molto nella pena di morte come deterrente o giusto castigo, bensì nutro una fede smisurata nel ricorso alla tortura.
Lo scrivo in termini junghiani: in Europa lo spirito del tempo è improntato all’inettitudine e alla debolezza, in evidente contraddizione con lo spirito del profondo: questa sperequazione concede a fazioni allogene degli spazi per colpire gli occidentali e gli attentati terroristici sono soltanto il culmine di altre, quotidiane e spesso sottaciute angherie.
Soltanto la violenza può contenere la violenza, perciò intravedo una resistenza freudiana in ogni negazione di questa verità capitale di cui la storia è ancor oggi testimone.
Le utopistiche visioni di una pacifica convivenza dei popoli vanno in frantumi al cospetto della natura umana, scricchiolano e si sbriciolano come le ossa di chi finisce sotto i furgoni degli attentatori. Non ci si può liberare del retaggio atavico per decreto ed è bene che qualcuno se lo metta in testa, almeno fino a quando gli sarà concesso il lusso di averla attaccata al collo.

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10
Ago

Prima delle piogge

Pubblicato giovedì 10 Agosto 2017 alle 01:23 da Francesco

In questo torrido agosto non mi sciolgo al Sole, ma affronto la fotonica presenza della nostra stella col petto in fuori e il furore dei giorni migliori, difatti non mi risparmio con gli allenamenti e mi trovo dunque in piena sintonia col mio coach, che sono sempre io.
Ogni tanto mi riparo all’ombra del mio buonumore e riesco a godermi i posti a cui appartengo senza la minima gelosia per le fiumane di turisti che in questi giorni vi si riversano in maniera più o meno ordinata. Ancora rammento i foschi presagi che minacciavano la mia estate quand’io immaginavo quest’ultima dalle tiepide giornate di primavera, ma alla fine gli eventi hanno preso una buona piega e ho potuto girare pagina senza che sorgesse in me il bisogno irrefrenabile di strapparla. Non mi sovviene nulla di più piacevole del contrasto che si crea quando raccolgo la fatica alla fine di un allenamento e la getto nel refrigerio di cui sono capaci le acque cristalline dell’Argentario. Non amo contemplare il mare come chi vi ricerchi un po’ d’infinito, ma preferisco esserne un salmastro partecipe. Rimango a galla osservando come tutto il resto sprofondi e il buonsenso affoghi tra i vortici del buonismo.
Io mi godo un po’ di maestrale mentre nella penisola coreana spirano venti di guerra che non escludono la prospettiva di un inverno nucleare. Mi auguro che gli Stati Uniti tornino a fare gli sceriffi del mondo meglio di quanto abbiano fatto dall’inizio del millennio corrente.
A quest’ora taluni dormono già da un pezzo, qualcun altro sta morendo e per altri sta suonando la sveglia; qualcuno invece è appena nato sotto il segno del leone e forse quando sarà grande deciderà se dargli peso o meno rispetto alla precessione degli equinozi. Intanto io non aspetto Godot e non inseguo il treno su cui non sono riuscito a salire in tempo, ma attendo dei salvifici rovesci: secondo la citazione di un film dozzinale “non può piovere per sempre” e difatti a me basterebbe che un modesto temporale durasse un paio di giorni.

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31
Lug

Sesto a Venturina Expert Run, terzo a Gradoli

Pubblicato lunedì 31 Luglio 2017 alle 00:57 da Francesco

Il ventitré luglio sono andato a Venturina per partecipare a una gara di 9,5km e sono riuscito a classificarmi sesto assoluto su centodiciotto arrivati nonché secondo di categoria. Il percorso consisteva in un iniziale falsopiano a cui poi seguiva una lieve discesa: il tutto da ripetere due volte. Per tagliare il traguardo ho impiegato 34 minuti e 29 secondi, ossia 3’37” al chilometro.
Sabato invece sono tornato nella splendida Tuscia, precisamente a Gradoli e ho partecipato alla terza edizione della locale dieci chilometri (ancorché alla fine il mio GPS abbia segnato 9,6km). Avevo sentito parlare della durezza di questa gara, la quale si snoda prima con una forte discesa e poi, dopo un passaggio in pianura su una strada bianca, risale verso il centro urbano con pendenze impegnative. Alla partenza mi sono ritrovato un po’ dietro ai primi poiché mi sono presentato sotto l’arco all’ultimo momento, ma non ho faticato a riguadagnare posizioni e così ho trovato il mio posto nel gruppo di testa. Non ho fatto da battistrada e ho lasciato che gli altri dettassero il ritmo. Quando i primi due sono fuggiti per giocarsi la vittoria io mi sono ritrovato a lottare in salita con un forte marocchino, probabilmente non in giornata, e alla fine sono riuscito a guadagnare il gradino più basso del podio su centotrentuno partecipanti. Il mio tempo finale è stato di 37 minuti e 19 secondi. Spero che le buone prestazioni di queste gare brevi si riverberino sulle mie maratone venture, difatti non vedo l’ora di cimentarmi per la decima volta sulla distanza regina.
Senza nulla togliere ad altri territori e società sportive, devo tuttavia confessare che trovo sempre molto ben organizzate e premiate le gare della Tuscia, inoltre ogni volta vi respiro un’atmosfera piuttosto distesa e gioviale.

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19
Lug

Yes a Roma

Pubblicato mercoledì 19 Luglio 2017 alle 02:06 da Francesco

Lunedì mi sono recato nella Città Eterna per assistere a un concerto che agognavo da tempo, ossia quello degli Yes con Jon Anderson e Rick Wakeman in formazione: per me la loro presenza era conditio sine qua non per acquistare il biglietto!
Ho avuto la fortuna di rimediare con largo anticipo un ottimo posto a ridosso del palco e mi sono persino ritrovato Wakeman a meno d'un metro quand'egli ha lasciato il suo impero di tastiere per suonare il keytar in mezzo al pubblico!
Inoltre sono contento che il live sia stato tenuto nella cavea dell'Auditorium di Renzo Piano: è proprio là che vidi il Museo Rosenbach assieme alla Premiata Forneria Marconi.
Questo concerto per me è stato uno spartiacque tra il possibile e l'impossibile: mi sono trovato davanti a ciò che musicalmente considero il limite estremo, come se il mondo finisse davvero alle Colonne d'Ercole. A differenza di quelle di altri gruppi, questa reunion degli Yes per me ha avuto molto senso e non ci ho pensato due volte appena ho saputo che avrebbe fatto tappa a Roma.
La voce di Jon Anderson è ancora stupenda e ipnotica, inoltre il suo gioviale magnetismo è di immediata percezione. Wakeman sfoggia sempre il suo mantello e un'espressione regale: è un po' imbolsito ma le mani sono quelle di sempre! Lo ammetto sottovoce, ma Trevor Rabin alla chitarra non mi ha fatto rimpiangere Steve Howe. Certo, sarebbe stato bello se ci fossero stati anche Bill Bruford (o Alan White) e Chris Squire, ma alla fine non importa: la vita va avanti!
La scaletta ha pescato un po' in tutta la discografia del gruppo e io ne sono rimasto soddisfatto, in particolare con "Roundabout" come bis perché non riesco a immaginare un modo migliore di terminare un concerto, ma è anche vero che per essere appagato al cento per cento dovrei rivedere gli Yes almeno cinque volte con scalette sempre diverse. In quest'occasione a me è mancata "Close To The Edge", ma ripeto: va bene lo stesso perché ho visto la storia del prog!
Sono stato davvero bene e ho vissuto uno di quei momenti in cui ho ringraziato il cielo d'essere solo, però se anche avessi avuto qualcuno accanto (emotivamente) probabilmente mi sarei isolato lo stesso per godermi lo spettacolo: e vorrei vedere!

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12
Lug

Maratonina di Bolsena e Corri Orte

Pubblicato mercoledì 12 Luglio 2017 alle 01:15 da Francesco

In quest’afoso luglio, per il cui prosieguo mi attendo un po’ di clemenza dal maestrale, ho preso parte a due gare della Tuscia. Anzitutto il primo luglio sono tornato a Bolsena per la decima edizione della locale maratonina, una gara di nove chilometri che si snoda prima in pianura, poi presenta una salita e infine una discesa: il fondo è prevalentemente di asfalto e soltanto certi punti sono sterrati. Sono arrivato settimo su 225 atleti e ho sfiorato la vittoria di categoria, ma non sono riuscito a tenere il cambio di passo di colui che alla fine mi ha dato cinque secondi.
Mi sono divertito e ho respirato una bella atmosfera come già mi accadde la prima volta, però il mio GPS mi ha dato una distanza complessiva di 9,05km, oltre mezzo chilometro in meno della distanza dichiarata dall’organizzazione.

L’otto luglio sono tornato nella Tuscia per partecipare alla prima edizione della Corri Orte.
Il percorso di questa gara era stato pubblicizzato come interamente pianeggiante e non so se a rigor di misurazione lo sia davvero, almeno sulla carta, però la partenza è stata in lieve discesa, poi ci sono stati un po’ di pianura e di falsopiano sino a una piccola salita su sterrato alla cui fine è comparsa una discesa di asfalto; infine il traguardo in pianura è stato preceduto da un breve strappo: questo giro è stato ripetuto due volte per una distanza finale di nove chilometri.
Credo che una descrizione meno formale e più efficace di  un percorso simile si riassuma con l’aggettivo “ondulato”.
Altimetria a parte, mi sono divertito e mi sarei iscritto comunque a questa prima edizione anche se avessi avuto una più fedele descrizione del tracciato. Ho tagliato il traguardo come nono assoluto su 275 partecipanti, ma non sono riuscito a vincere la categoria e difatti in quest’ultima mi sono classificato secondo. Alla manifestazione ha preso parte anche il leggendario Giorgio Calcaterra con il quale ho avuto modo di scambiare qualche parola.

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9
Lug

D’estate, al caldo e in pace

Pubblicato domenica 9 Luglio 2017 alle 00:31 da Francesco

Sto vivendo una piacevole estate e in parte ne sono sorpreso poiché qualche mese fa, in primavera, per me non si profilava una stagione particolarmente rosea. Adesso mi sento equidistante da tutto e talvolta mi pare che io abbia trovato l’orbita ideale attorno a un pianeta desolato.
Riconosco dentro me una forma di serena accettazione per l’impossibilità di certe dinamiche, come se avessi firmato una resa e non mi fossi neanche tenuto la penna per dispetto, ma in realtà tutto ciò è avvenuto in maniera spontanea e d’altro canto dubito che avrebbe sortito gli stessi effetti se fosse successo in maniera diversa. Il tempo ha una grande pazienza ed è per questa ragione che risolve tutte le questioni umane, ma la sua efficacia richiede se stesso: ergo, tempo al tempo.
Mi chiedo quali turbolenze mi aspettino in avvenire, quali campi gravitazionali rischino di modificare il mio moto attuale e quanto acume mi sia dato di stipare negli interstizi sinaptici, ma non temo il futuro e conto d'affrontarlo coi simpatici presenti di cui l’esperienza mi ha fatto dono. Alla mia età Cristo fu messo in croce e Alessandro Magno morì a Babilonia dopo una spedizione nella valle dell’Indo, tuttavia io non sono chiamato a grandi imprese e non rischio di finire sui libri di storia. Talora sono pervaso dalla sensazione che la mia percezione del tempo sia rallentata, come se fossi in grado di apprezzare o anche solo di assistere più attentamente alla successione degli istanti, però tale impressione non mi è inedita e già in passato ho vissuto periodi di analoga lucidità.
C’è un vuoto al mio interno, ma io lo considero alla stregua di un buco nero che si trovi al centro di una galassia e quindi non vivo male la sua presenza: esso è parte del mio microcosmo. Ogni tanto mi chiedo come siano certe sensazioni e in particolare quelle che derivino da un’intima complicità, ma al contempo io detengo il sapere di una solitudine positiva che forse ad altri è del tutto ignota. Mi ritengo fortunato, mi sento forte e attualmente anche in piena forma, perciò non v’è nulla di cui mi possa lamentare per quanto concerne la mia esistenza sotto l’aspetto individuale; se invece dovessi esprimermi sugli eventi che mi circondano allora sarei prodigo d’immancabili strali.

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30
Giu

Corpus hermeticum e Pentirsi di essere madri

Pubblicato venerdì 30 Giugno 2017 alle 00:51 da Francesco

Dopo la lettura de Il Kybalion mi ero ripromesso di andare a ritroso nella letteratura ermetica, perciò ho scelto di recuperare il Corpus hermeticum di Ermete Trismegisto, o meglio, dei vari autori che in tempi diversi hanno partecipato a questa silloge.
Non è stata una lettura sorprendente poiché dei molteplici concetti ivi presenti avevo già recepito gli echi negli scritti di Jung e in altre opere dal tenore vagamente esoterico.
Di questo testo sapienzale ho vergato a mano solo uno sparuto numero di appunti sul mio pregiato quaderno, perciò ne allego qui ancor meno e di più sintetici a mio uso e consumo.
Primo: l’uomo terreno è un dio mortale, il dio celeste è un uomo immortale. Il possesso del Logos può consentire a certi uomini di subire il destino in modo diverso rispetto ad altri: su questo punto, con un salto d’oltre mille anni, mi vengono in mente delle analogie con l’amor fati di Nietzsche. Nei vari trattati v’è poi la presenza a più riprese di una cosmologia emanatistica che rimanda al neoplatonismo (o viceversa? Misteri della datazione).
“La verità rivelata non può essere divulgata senza che venga automaticamente screditata e calunniata”: non ricordo se abbia sintetizzato questo concetto o se sia proprio un virgolettato, ma si tratta di un monito ricorrente e spesso sotteso a più insegnamenti.
Infine: la preminenza del Nous nel contatto divino e quindi la superiorità dell’intelletto sull’anima la quale, invece, svolge un ruolo di intermediaria ed è suscettibile alle passioni poiché si ritrova circondata dal corpo.

Il libro di Orna Donath è un saggio di sociologia su un tabù che forse è più sentito nella società israeliana (sulla quale è imperniato l’approccio) che in quella italiana, ossia il pentimento di alcune donne per le loro maternità.
Non si tratta di un’analisi viziata da un femminismo fuori tempo massimo benché a mio parere un po’ ve ne sia (cum grano salis).
Il rimpianto materno non si traduce necessariamente in un desiderio infanticida e anzi, a volte presta il fianco al paradosso per cui certe madri amano i propri figli ma al contempo vorrebbero che essi non fossero mai venuti al mondo. Mi sembra del tutto demenziale l’idea che ogni donna sia più o meno predisposta al ruolo di madre e abbia addirittura in sé questa vocazione, perciò non mi sorprende che vada per la maggiore in certe tradizioni millenarie.
Cosa non si fa per la specie.
Indagare le ragioni prime di alcuni concepimenti è un po’ come mettere il dito nella piaga mentre l’altra mano scoperchia il vaso di Pandora, ma d’altro canto l’ammissione di un errore tanto grave è difficile.
Le madri che si sono prestate allo studio (sotto una falsa identità) appartengono a fasce d’età e contesti diversi, a riprova di come talora la ritrosia (quando non la repulsione) per tale figura non sia una questione squisitamente economica, lavorativa o affettiva.
Tra le molteplici testimonianze ve ne sono alcune piuttosto caustiche che mi hanno persino fatto ridere di gusto.
Io stesso ho chiesto conto alla mia genitrice di un suo eventuale pentimento per la mia procreazione e lei ha risposto negativamente, ma chissà se altrettanto sinceramente.
Non avrei appreso a malincuore il possibile rimpianto di mia madre per la mia nascita, difatti sono un cultore dell’aseità e credo che il vero banco di prova dei rapporti umani si svolga nel regno dei legami non consanguinei (o laddove la consanguineità risulti ignota), ma questo è un altro discorso.

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22
Giu

La mia prima vittoria assoluta

Pubblicato giovedì 22 Giugno 2017 alle 01:18 da Francesco

Lo scorso sabato in quel di San Casciano Dei Bagni ho vinto in 1h09’22” la prima edizione di un piccolo e incantevole trail da 15,5 chilometri, ovvero il Trail2Valli. Alla partenza ho cercato qualcuno che mi aiutasse a dettare il ritmo, ma ho valutato le andature altrui troppo caute e così mi sono portato subito alla testa della gara con un passo piuttosto forte per le mie possibilità.
Non avevo il GPS e ho impostato l’andatura in base alle mie sensazioni, ma d’altro canto su gare del genere il ritmo viene continuamente spezzato dai frequenti saliscendi e almeno per me in tali contesti l’orologio può essere più un freno psicologico che un aiuto. Ho voltato più volte la testa per controllare eventuali inseguitori, il classico errore di Orfeo con Euridice.
Fino a cinquecento metri dal traguardo ho pensato che avessi maturato un vantaggio considerevole, ma poco dopo ho visto spuntare dietro di me  il secondo e ho interpretato la sua apparizione alla stregua di un attacco, perciò ho accennato la volata finale per stare tranquillo e il cambio di passo mi è riuscito piuttosto bene.
Tra i cinquantaquattro presenti mancavano i top runner, ma per ogni gara vale sempre la solita regola: chi c’è, c’è. Non mi è piaciuto l’inedito ruolo di battistrada, troppo stressante, ma di sicuro mi ha aiutato a spingere al massimo e infatti ho avvertito gli effetti dell’acido lattico per due giorni di seguito come non mi accadeva da tempo.
Ho partecipato a questo trail per fare un test con cui valutare il mio stato di forma, difatti sulla scorta di nuove convinzioni ho cambiato  il mio allenamento negli ultimi quarantacinque giorni e ho privilegiato maggiormente il fondo lento. Oltre a quest’ultimo test agonistico ne avevo fatto un altro su uno dei miei percorsi di riferimento e già là mi ero reso conto dei progressi.


Non conosco l’autore della foto.
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