Pubblicato venerdì 1 Marzo 2024 alle 14:36 da
Francesco
Era da circa un paio d’anni che non riuscivo a trattenere nelle memoria elementi sufficienti per annotare un sogno, ma la scorsa notte ne ho fatto uno molto vivido che la lasciato alcune tracce nel mio stato vigile.
Nel sogno mi trovo disteso in un corso cittadino e accanto a me ci sono delle persone, anch’esse a terra. Capisco che la nostra posizione è dovuta alla minaccia delle armi, difatti siamo tenuti sotto tiro da alcuni banditi. Nel gruppo di criminali è presente anche una ragazza vestita con eleganza che d’un tratto, per intimorirmi, spara con un fucile da cecchino mentre dice: “Facciamo il tiro al piattello”. Dopo quest’ultimo colpo mi alzo in piedi e scatto via perché con la coda dell’occhio la vedo intenta a ricaricare, tuttavia lei fa in tempo a esplodere un altro colpo che non mi raggiunge. Riesco a trovare riparo in un edificio e a quel punto mi sento sollevato, però provo una pena per gli altri che sono rimasti alla mercé dei criminali.
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Credo che l’origine di questo sogno sia da ascrivere alla fine di un epistolario platonico che è intercorso per un po’ di tempo tra me e una signorina. Vi è un’evidente ambiguità perché, da una parte provo sollievo quando trovo riparo e ottengo una relativa sicurezza, ma dall’altra avverto un senso di pena per chi è rimasto indietro, ossia quegli ostaggi che secondo me rappresentano delle mie istanze psichiche ancora legate al rapporto platonico.
A mio parere la dinamica ricattatoria è stata affibbiata dal mio inconscio alla situazione giacché veniva da me esperita in quella maniera, ma ciò non implica che lo fosse realmente. Salvarsi da soli e l’impossibilità reale o presunta di conoscersi a vicenda: in ciò ravviso l’essenza del sogno.
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Pubblicato giovedì 22 Febbraio 2024 alle 18:21 da
Francesco
Nelle frequentazione postuma e cadaverica col pensiero di Georges Bataille ho trovato una certa consonanza, ma anche un ulteriore amico d’avello. Più che le carni, a me strappa un sorriso e un cenno d’assenso la sua visione della manducazione, della riproduzione sessuata e della morte come dei lussi: la prima perché evidenzia la maggiore complessità della catena alimentare ed energetica negli animali onnivori, la seconda in analogia col fenomeno della scissiparità e l’ultima, la morte, intesa quale maggiore tra i lussi in quanto dispendio rivelatore e trascendente. La cornice ovviamente non è quella della morale: è questione altra.
A mio parere ancor oggi si dimostra audace e suggestivo il concetto di dépense, così come attuali sono le implicazioni politiche ed economiche di cui è portatore, ma per me risultano più stimolanti le sue premesse etnografiche e la conclusione di Bataille col senso d’appartenenza a un certo misticismo. Mi vedo già fare un uso improprio anche di questo impianto speculativo per rivendicare e celebrare le beate distanze dai peggiori gravami dello zoon politikon.
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Pubblicato martedì 20 Febbraio 2024 alle 18:26 da
Francesco
Secondo me la domenica è un giorno da golpe, ma in quella appena trascorsa io ho finito per correre la mia quarantatreesima maratona, la trentesima sotto il muro psicologico delle 2 ore e 50 minuti. È stata anche la mia cinquantesima gara di lunga distanza (nel novero vi sono anche sette ultra). Me la sono presa “comoda” perché sono partito per farla a mo’ di allenamento, quindi con un’andatura tra i 4’ e i 4’02”/km, ma alla fine è venuto tutto un po’ più veloce come nei decorsi infausti. Il tempo finale è stato di 2 ore, 47 minuti e 38 secondi, ossia 3’58”/km: ottavo assoluto e un primo posto di categoria che non significa niente, assolutamente nulla, proprio zero, però la targa ha un design grazioso.
Nelle mie due precedenti partecipazioni alla White Marble ero riuscito a finire tra i primi cinque, quindi con modesti premi in denaro che non ho mai potuto ricevere perché ero, sono e sarò una Runcard, ovvero un atleta senza una squadra federale.
La mia condotta di gara è stata tranquilla e mi sono divertito assai. Ho girato lievemente più lento nella seconda parte del percorso, nondimeno sono riuscito a recuperare diversi atleti che forse erano partiti troppo forte.
Per l’occasione ho indossato l’ottima canotta regalatami dal caro Emidio dell’Aurora Montale, perciò è a lui che dedico questa mia prestazione.
Qui i risultati: https://www.endu.net/it/events/white-marble-marathon/results
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Pubblicato martedì 13 Febbraio 2024 alle 19:56 da
Francesco
Mi sintonizzo sulle basse frequenze di questioni terra terra e sulle stesse potrei cominciare a scavare la fossa altrui prima di pensare alla mia, ma tenendo a mente che anche i becchini verrano seppelliti. Le guerre sono un po’ come le ciliegie, una tira l’altra mentre tutti si tirano addosso, però dei morti si fa una fredda conta a meno che non contino davvero per chi ne giudichi l’importanza.
L’ingresso nell’empatia degli altri è a numero chiuso, come in certe facoltà universitarie, quindi le vittime devono presentare determinati requisiti: è richiesta loro la patente di perseguitati, hanno sempre l’obbligo delle catene e non solo d’inverno, devono essere munite di tratti in cui la giuria si possa rispecchiare e poi, affinché venga sposata, la loro causa deve portare in dote un senso di eroismo che sia fruibile a parole.
Le guerre combattono tra loro per decidere quali siano le più gettonate e per gettare le altre nel dimenticatoio geopolitico. I conflitti minori, dove comunque i minori crepano, finiscono in un cesto delle offerte per i collezionisti d’ossa. Il pacifismo è sempre la moda del momento, il gran galà con le buone intenzioni al guinzaglio, ma la pace è una questione di convenienza anche se viene spacciata per convinzione: la vaga assonanza della seconda imbelletta la prima, proprio come accade nell’import-export della democrazia.
In ogni conflitto bellico posso simpatizzare per una parte in ragione di criteri arbitrari, una scelta à la carte di convenienza, tuttavia coloro che io sostengo davvero sono i disertori di ambo le fazioni. La prospettiva di una guerra su larga scala ha fatto tornare in auge l’articolo 52 della Costituzione con il suo roboante incipit: "La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino". Secondo te, signor Stato, vado a farmi ammazzare per te e per il tuo concetto anacronistico di patria? Nel 2024, la patria? Dov’è? Non ho mai avuto il milite ignoto come beniamino.
Ti vedo male in arnese signor Stato e se fossi in te non farei troppo affidamento sui coscritti, me compreso. Rifatti i conti. Le cose cambiano, le cartine geografiche si aggiornano, le lingue si evolvono, gli imperi cadono. L’Europa non si chiamerà così per sempre, nell’attuale Italia non si parlerà italiano fino alla fine dei tempi e l’egemonia mondiale, prima o poi, penderà da un’altra parte. Stacce, signor Stato.
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Pubblicato sabato 3 Febbraio 2024 alle 22:22 da
Francesco
Non so come le persone si rapportino tra loro giacché ne frequento poche e di rado, perciò non mi pongo certi problemi né posso identificarmici. Penso che certuni condurrebbero un’esistenza migliore se riuscissero a fare a meno delle loro relazioni umane, o almeno di quelle che vadano oltre la cordialità e la burocrazia. Mi chiedo: come mai individui incompatibili tra loro decidono di unirsi in vincoli di vario tipo, fosse anche solo una semplice amicizia? Mi rispondo: forse i più non riescono a definirsi che tramite quegli altri per i quali, a loro volta, anch’essi diventano altri; ne conseguono legami forzati tra gli associati di un circolo vizioso per i quali, tuttavia, risultano più tollerabili i problemi scaturenti da tutto questo rispetto all’assenza altrui e a quella propria in funzione di terzi. Simili dinamiche a me interessano solo nella misura in cui possa guardarmene e, in seconda battuta, anche come ulteriore tassello d’una mia vana polimatia.
Il più delle volte credo che io faccia bene a stare per i fatti miei, quindi rinuncio di buon grado a certe occasioni di cui sono l’involontario destinatario, ma può darsi che questa mia inclinazione sia dovuta in parte anche alla forza dell’abitudine. Talora mi sono chiesto come sarei diventato se fossi stato uno zoon politikon propriamente detto, insomma, più calato nella parte sociale: a mio parere ci avrei perso molto. È inevitabile che la prolungata permanenza in consessi di vario tipo levi qualcosa all’individuo sebbene quest’ultimo, al contempo, qualcosa riceva in cambio, quasi come indennizzo per la trasferta lontano da se stesso. Mi chiedo se il rapporto tra opera d’arte e fruitore sia da considerarsi una relazione umana tra l’autore e il pubblico, ma anche se lo fosse di certo non potrebbe essere equiparata al vago e, in sparuti casi, piacevole ciarlare de visu su questioni spesso più grandi di chi ne dibatta, convinto di qualcosa, come me.
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Pubblicato giovedì 25 Gennaio 2024 alle 22:35 da
Francesco
Mi reputo quasi pronto per partecipare a una nuova maratona e quindi approfitto di questa lieta circostanza per compiacermi di me stesso: non sia mai che io sprechi l’occasione! Dall’inizio di gennaio (e quindi dell’anno) ho corso 356 chilometri a un ritmo medio di 4’07”/km, inoltre negli ultimi undici giorni ho inanellato quattro sessioni produttive: il quindici gennaio una da trenta chilometri al ritmo di 4’14”/km, il diciassette una da trentadue chilometri al ritmo di 4’11”/km, il ventitré una di trenta chilometri al ritmo di 4’02”/km e quest’oggi, venticinque gennaio, un’altra di trenta chilometri al ritmo di 3’59”/km: ovviamente ho fatto anche delle uscite più brevi e più intense al fine di variare le andature per sottopormi ai giusti condizionamenti.
Non mi trovo nella migliore forma atletica di sempre, ma sto molto bene e mi piace la prospettiva di cimentarmi per l’ennesima volta sulla distanza regina. Per me la corsa è una forma di amor proprio e continua a darmi più di quanto io dia a lei, perciò la mia intenzione è di continuare a praticarla finché il corpo me lo consentirà, a prescindere dalle gare, ma la mia età biologica mi consente ancora di migliorare i miei record personali e io voglio provarci perché è un gioco divertente. Forse alla corsa potrei affiancare altre attività non così solipsistiche, ma il mondo è molto complesso e, laddove mi sia possibile, opto per le cose più semplici e autoreferenziali.
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Pubblicato domenica 21 Gennaio 2024 alle 01:21 da
Francesco
È domenica notte, non se fuori tutto taccia, ma le mie casse diffondono a basso volume il ritmo giusto al cospetto di neuroni unificati. Mi trovo in piacevole compagnia di me stesso e ratifico alcuni pensieri che affiorano di loro sponte alla coscienza.
Rischio di riscrivere cose che nel corso degli anni ho già vergato a più riprese, ma non temo le ridondanze né i ritorni d’ogni genere. La ciclicità è fattuale e io mi limito a prenderne atto com’è consuetudine che faccia. Non voglio che le cose mi scivolino addosso perché lo trovo poco igienico, bensì preferisco stare a debita distanza dal loro passaggio e, laddove risulti possibile, ridurne a zero o al minimo il coinvolgimento con la mia caduca persona.
Non ho una grande voglia d’immergermi laddove l’oggettività non tocchi sul fondo e non riesca a ergersi con le proprie gambe, quindi tendono a farmi cacare tutte quelle situazioni e circostanze site all’ombra d’ogni doxa: per carità di Dio o di chiunque ne faccia le veci, vi sono anche delle rare eccezioni a conferma di questa mia tendenza. Il tempo che passa non lascia dietro di sé l’amaro retrogusto delle occasioni perse? Io non ne ho idea perché probabilmente ho mancato anche quello e non me ne importa nulla: preferisco i dolci, le cose zuccherate, i saltuari (ma non salutari) picchi glicemici. La malinconia altrui forse è un po’ di tutti, una sorta di fondo comune, ma con una punta di altruismo lascio la mia quota a chi abbia demoni d’affezione e fatichi ad arrivare alla fine del mese senza rattristarsene a sufficienza: io prediligo i gatti.
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Pubblicato mercoledì 10 Gennaio 2024 alle 21:55 da
Francesco
L’attuale crisi ecuadoregna comprova una volta ancora quanto di buono e miracoloso abbia fatto Nayib Bukele in El Salvador, risultati che ai più continuano a restare ignoti, ma da cui io traggo indefessa ammirazione per questo giovane leader.
Se Bukele avesse ceduto alle pressioni internazionali e alle organizzazioni non governative allora il suo paese avrebbe fatto la fine dell’Ecuador, dove l’annuncio di misure simili a quelle salvadoregne ha scatenato la furia dei narcotrafficanti e questa, a sua volta, ha fatto evadere figure di spicco dei cartelli. Uno stato smarrisce la sua ragion d’essere e la sua esse maiuscola appena una forza eversiva riesca a subentrargli o a comprometterne i presupposti.
Il potere può ricamare su di se belle parole e retorica, ma in ultima istanza si fonda e preserva se stesso soltanto con la capacità di reprimere, prevenire o annullare i suoi nemici: il resto non è altro che grammatica istituzionale, salamelecchi da cerimonieri e simboli inutili a cui immolare parole vuote. Ogni dominio è destinato a fiaccarsi e perire, la storia dell’uomo sociale è fatta di un costante avvicendamento ai vertici di schemi piramidali e qualunque equilibrio ha una data di scadenza, perciò la realtà si articola nella piena osservanza di queste dinamiche.
Nella mia nazione immaginaria i narcos vengono messi a morte e vige un forte proibizionismo, inoltre i tossici non sono considerati delle vittime e vengono trattati come complici di un sistema criminale: fantasticare non costa nulla ed è anche un’innocua valvola di sfogo.
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Pubblicato giovedì 4 Gennaio 2024 alle 23:53 da
Francesco
Non ho una grande propensione a fidarmi del prossimo e mi aspetto lo stesso approccio nei miei confronti. Ovunque io mi volti subodoro faziosità e forse, malgrado la scomparsa delle cabine telefoniche, è più facile incontrare Superman intento a cambiarsi d’abito che una persona super partes avulsa da favoritismi d’ogni risma.
Dubito che io riesca a essere sempre imparziale, però mi pongo il problema e talora lo aggiro rendendo esplicito il mio atteggiamento interessato. Provo a evitare quanti si presentino come fedeli alla terzietà quando invece non posso né vogliono esserlo, però a mio parere tra costoro i più pericolosi sono coloro che, non rendendosene conto, finiscono per credere alle loro stesse menzogne. Per non confondere le acque basta confondersi poco con gli altri, ma non è detto che quest’opera di prevenzione sia sufficiente: beh, per una copertura completa sarebbe meglio non nascere proprio. A me diverte prendere scelte in maniera autonoma, così in caso d’errore posso consegnarmi subito tutte le bestemmie del caso: blasfemia a chilometro zero.
Talora le consulenze sono inevitabili giacché l’onniscienza non è possibile, ma in quei mesti casi la differenza viene fatta da un certo talento, ossia quello di capire quali opinioni siano affidabili, cosa nient’affatto semplice poiché v’è da pesarle senza tara: per questo fine, nottetempo, col favore delle tenebre, andrebbe sottratta la bilancia alla giustizia per uso personale.
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Pubblicato mercoledì 27 Dicembre 2023 alle 23:45 da
Francesco
Non so cosa resti in me di quest’anno ormai prossimo alla fine né ho idea di cosa io gli lasci, ma suppongo che il più finisca tra gli oggetti smarriti, negli sconfinati spazi della dimenticanza o in qualche oblio limitrofo. Voglio forse attribuire dei propositi al prossimo futuro affinché debba renderne conto a me stesso? Diamine, no! L’avvenire non è mio figlio, perciò non sono tenuto a crescerlo né ad accudirlo. Tutto va come deve andare e dunque liquido la faccenda così, con un determinismo di cui io per primo mi dichiaro poco convinto, ma lo chiamo in causa per fornire una spiegazione di comodo che serve perlopiù a dare aria alla bocca.
Irroro quest’ultimo mercoledì con una ricercata selezione di pezzi soul e reggae roots sebbene i miei generi d’elezione siano altri. Sono rilassato e soddisfatto per i miei allenamenti in solitaria: sento ancora le endorfine in circolo che ho prodotto quest’oggi con una corsa vespertina di ventuno chilometri in un’ora e ventitré minuti. Se devo rivolgermi a qualcuno mi porto davanti a uno specchio o a una qualunque superficie riflettente che possa farne le veci. Imparo molto da me stesso, tanto che a volte mi chiedo se io sia davvero io. Tutto passa e ci mancherebbe altro che non fosse così: questa è una di quelle banalità a cui non nego mai un po’ di ridondanza.
Al momento non c’è nulla che mi faccia stare sulle spine e non intendo usarle in una simpatica corona con cui farmi trovare pronto per un’eventuale crocifissione: la mia indole è un’altra e preferisco altri ruoli rispetto a quello della vittima o di un suo estimatore. Mi piace bere l’acqua per ragioni che vanno al di là del suo carattere indispensabile ai fini della vita: ora ne sorseggio un po’ con dell’anidride carbonica e chiudo.
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