19
Set

Nei paraggi del presente

Pubblicato mercoledì 19 Settembre 2018 alle 20:41 da Francesco

Non ho idea di quali eventi siano in avvicinamento, ma sono pronto a convergere verso quanto di meglio mi si prospetti. L’autunno fatica a prendere posizione e non capisco se il suo ritardo dipenda dall’espansionismo estivo o da un improvviso ritorno delle mezze stagioni, così come auspicano ogni dì turbe ottuagenarie nelle sale d’attesa dei medici di base.
Stamane ho visto l’inizio di un funerale, ma sono più curioso di assistere alla fine della morte. I miei pensieri mi portano laddove neanche un paio di ali funzionanti e abbondantemente piumate potrebbero consentirmi di giungere, però non trovo sempre delle radure dove atterrare per una breve sosta e talvolta le mie evoluzioni metafisiche hanno esiti rovinosi. Per quanto io mi libri in volo, rimango comunque confinato nell’atmosfera controllata dei miei stati di coscienza, ma essi costituiscono una minima parte delle mie possibilità più proprie. Mi godo la libertà di manovra di cui dispongo, tuttavia non m’illudo che costituisca il limite ultimo di quanto esiste. Vorrei conoscere quel linguaggio che si oppone a ogni fraintendimento, involontario o deliberato, ma non so chi lo insegni né se esistano dei corsi serali per assistere a nuove albe. Tendo ad alzare lo sguardo verso i nembi quando pare che siano sul punto d’assoggettare il cielo una volta per tutte, ma non ci vedo mai una macchia di Rorschach e in quest’ultima mai scorgo i primi. Cerco di non confondere le apparenze e non mi preoccupo che esse lo facciano tra di loro.
Vanto una bella distanza da qualunque richiamo della foresta e non corro neanche il rischio di sentire le sirene sugli scogli, ma non ho un biglietto per Itaca e anche se ne vincessi uno non lo userei: il mio viaggio di ritorno segue rotte cosmiche. Ogni tanto avverto una nostalgia di cui non colgo neanche i contorni e dunque non so da cosa dipenda, però ci riconosco una lontananza nel tempo e nello spazio che non sono in grado di ricondurre a un distacco esperito per davvero: v’è molto che non conosco di me, qualunque cosa io sia.

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17
Set

Eruzioni introspettive

Pubblicato lunedì 17 Settembre 2018 alle 20:21 da Francesco

A volte sono attraversato da una forza di cui non conosco né l’entità né la provenienza, come se fossi investito da un fulmine che trasforma la notte in giorno e squarcia il cielo prima di schiantare al suolo la sua elettrica possanza.
Faccio il possibile per sviluppare e mantenere attorno a me una carica che respinga tutto quanto non mi appartenga, ma sia al contempo capace d’assimilare ciò che di positivo e negativo risulti conforme alla mia natura. Conosco il carattere ondulatorio degli eventi, la loro perenne alternanza tra vette serafiche e abissi strazianti, ma io non faccio parte del corpo di ballo che va a tempo di un ritmo così lunatico e bipolare. Voglio essere un degno parigrado della mia parte più autentica, riconoscere la sua egemonia in ogni minimo atto e pensiero, così che mi sia dato di trascendere lo stato attuale invece di rimanerci da trascurabile osservatore di cose lontane. Mi domando se concetti quali inizio e fine abbiano davvero asilo nel cosmo o non siano invece dei difetti logici di prima necessità per una specie ancora sottosviluppata, primitiva. Dove finisce quello che non mi tange e subisce deviazioni? Ciò su cui solamente il calcolo probabilistico si può esprimere, nel pieno rispetto della tradizione quantica? Mi allarmano le certezze che non credono in loro stesse e di conseguenza rifuggo dalla loro cattiva compagnia.
Scrivo nel pieno possesso delle mie facoltà, ma nella totale assenza di ragioni valide. La mia interlocuzione è una strada interrotta da lavori che non sono affatto in corso, perciò non mi resta che mandare segnali nello spazio profondo per chiedere ragguagli sull’esistenza o per un breve saluto tra figli di galassie gemelle. Non riesco a capire se la ristrettezza terrestre sia figlia di mancanze ordinarie o scaturisca da aneliti che le prime hanno il pregio di porre sotto la giusta luce. Non può essere messo ai voti quanto di assiomatico superi in esattezza finanche l’aggettivo che pretenda vanamente di definirlo, ergo non vi è nulla da deliberare in pompa magna.

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17
Set

Maratona dell’Alzheimer 2018

Pubblicato lunedì 17 Settembre 2018 alle 10:51 da Francesco

Ieri ho tagliato il traguardo della mia dodicesima maratona in dodici mesi, ma è stata una corsa folle che malgrado tutto mi è valsa il terzo posto assoluto. Caldo nella seconda parte, percorso nervoso e soprattutto un’andatura pretenziosa, però io amo la distanza regina proprio perché punisce severamente la hybris.
Alla fine ho chiuso in 2h53’07”, un tempo altino in relazione alle mie prestazioni nell’ultimo anno, ma comunque indice di una buona forma perché è stato conseguito in una gara già difficile di per sé, su cui io ho poi avuto cura di mettere il peso da novanta dell’arroganza.
Alla vigilia predicavo prudenza, però appena mi sono trovato in seconda posizione mi sono lasciato prendere la mano come gli americani a My Lai.
Ho tentato di guadagnare il massimo vantaggio possibile sull’atleta che in quel momento era terzo, ma quest’ultimo ha avuto una condotta di gara migliore della mia e mi ha ripreso meritatamente a poco meno di settemila metri dal traguardo.
Fino al ventinovesimo chilometro ho viaggiato sui 3’39” di media e ho anche stabilito il mio record sui trenta, 1h51’36”, ma poi sono esploso come un sunnita durante l’Ashura degli sciiti.
In pratica ho fatto un lungo specifico con sette chilometri di defaticamento che invero sono stati una lenta agonia.
È stata la mia maratona più dura e avrei potuto fare meglio faticando di meno se non avessi osato troppo, ma in parte sono contento che sia andata così perché è stata una prestazione molto allenante. All’arrivo non sono neanche riuscito a rispondere allo speaker e mi sono dovuto sdraiare sul prato per un quarto d’ora mentre bruciavo come Londra nel 1666.

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12
Set

A latere d’ogni cosa

Pubblicato mercoledì 12 Settembre 2018 alle 16:05 da Francesco

La calma segue la tempesta e lascia quest’ultima a elaborare il lutto per la fine della furia cieca, come una madre mancata che si chiuda in se stessa dopo l’interruzione di gravidanza. La vita riprende il proprio corso quando la morte cessa e durante la stagione delle piogge si può entrare in sintonia con tutti gli altri elementi oltre a quello che più fu caro a Talete. Se avessi un paio di occhi sulla nuca potrei scorgere il ritorno del passato senza distogliere lo sguardo dal futuro, ma la mediocrità del presente e l’anatomia della mia specie non mi consentono di operare più di quanto prevedano i loro limiti. Ho ragione di credere che non sentirei la nostalgia di casa se riuscissi a trovarmi al di là di me stesso, come se all’improvviso mi scoprissi straniero in patria.
Nei paraggi della fantasia si profilano le stesse cose di cui le sue frontiere estreme già traboccano, perciò il concetto di limite ne spiega ogni altro, incluso il concetto in quanto tale. La proprietà di linguaggio non è mai privata perciò non v’è nessuno che sia in grado di espropriarla, ma le afasie possono cagionarle qualche guaio. Taluni avanzano sfrontatamente la pretesa di essere capiti e con le loro istanze inflazionano il già biasimevole uso della parola, inoltre mi chiedo se a forza di battere i piedi per terra costoro non inducano gli inquilini dei piani inferiori, gli spiriti ctoni, a protestare con l’amministratore dell’abominio. Scorgo fortissime similitudini tra l’universo tolemaico e l’idea più modesta, ma proporzionalmente simile, di chi si ritenga il centro del mondo. Se i meridiani e i paralleli esistessero davvero forse il sole a scacchi non sarebbe appannaggio dei carcerati, ma in quel caso le prigioni rimarrebbero le stesse e quindi continuerebbero a prescindere dalle sbarre. La reciproca comprensione è sempre ardua, e non solamente quando si affidano i messaggi ai piccioni viaggiatori nel pieno della stagione venatoria.

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3
Set

Allenamenti specifici e gare

Pubblicato lunedì 3 Settembre 2018 alle 06:55 da Francesco

Nelle ultime settimane ho svolto alcuni allenamenti specifici per la maratona e in particolare me ne sono imposti due dai quali ho tratto dei buoni responsi in merito alla mia attuale forma. Sono dunque soddisfatto per la mia duplice natura di atleta e di allenatore di me stesso. Anzitutto ho eseguito quello che tecnicamente rientra nella categoria dei lunghi specifici, ovvero 35km corsi a 3’55” di media su un tracciato pianeggiante ma che presentava dodici chilometri di strada bianca. Non ho avuto modo di bere durante questa sessione e quindi dopo venticinque chilometri ho accusato parecchio la sete, ma alla fine sono rimasto soddisfatto; riporto di seguito il tracciato GPS: https://www.strava.com/activities/1798381815
Tre giorni dopo l’allenamento di cui sopra mi sono cimentato in una mezza maratona solitaria su un circuito asfaltato e oltre ad abbattere il mio record sulla distanza ho infranto (di pochi secondi) anche quello sui dieci chilometri. Ho completato i 21097 metri in 1h14’40”, coprendo i primi diecimila in 35’53”, i secondi in 35’03” e chiudendo il ventunesimo chilometro in 3’14”! A seguito di questa prestazione mi sono riposato alcuni minuti e poi ho fatto nove chilometri a 5′ di media per scaricare un po’ le gambe.
Qui il tracciato GPS: https://www.strava.com/activities/1804940887
Ieri mattina invece mi sono recato a Orte per prendere parte al Trofeo delle sette contrade. Sono arrivati al traguardo 287 atleti e per la quarta gara di fila mi sono classificato al quarto posto, ma sono soddisfatto per il riscontro cronometrico difatti ho completato i tredici chilometri di saliscendi del percorso in 46’14”, quindi a una media di 3’33”, riuscendo persino a correre i primi due chilometri sotto i 3’15” grazie alla complicità della discesa: https://www.strava.com/activities/1814123141

Foto di A. Lucchi
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24
Ago

Fedone

Pubblicato venerdì 24 Agosto 2018 alle 03:28 da Francesco

Attendevo il kairos per leggere il “Fedone” di Platone e il momento opportuno è giunto in una notte di mezza estate senza ingerenze shakespeariane. Il dialogo mi ha trasmesso una balsamica accettazione degli eventi e certe arguzie maieutiche mi hanno strappato più di un sorriso. Non ho mostrato grande interesse per le questioni dell’anima, quelle in cui Sìmmia e Cebète avanzano dubbi sulla natura e l’indistruttibilità di quest’ultima, bensì mi sono deliziato con l’imperturbabilità di Socrate dinanzi all’imminenza del suo aperitivo di cicuta.
Secondo me il clima di questo scritto costituisce un esempio primevo della “destinazione tanatologica della filosofia”, così come riporta una nota del testo, ovvero quella che io ancor oggi reputo la meta capitale di tale pratica: imparare a morire. Gli spunti ivi presenti non hanno nulla di esoterico, quantomeno non nella degradata accezione degli ultimi decenni, ma neanche in quella letterale poiché con una esse in più al massimo possono essere essoterici, cioè di pubblico dominio; una scrematura avviene invece con la sua comprensione: quand’essa risulti soltanto scolastica o accademica credo che in qualche misura ne vada persa la parte migliore, quella di cui in certe condizioni si può persino fare esperienza.
Già edotto da me stesso anni fa in merito ai molteplici concetti di Platone, non ho quindi trovato stimolante la rilettura di quanto riguarda l’Iperuranio, l’anamnesi, l’analisi dei contrari e il tentativo di conciliare l’impianto eracliteo con quello di Parmenide, però mi è piaciuto il rimando alla dottrina pitagorica della metempsicosi in quanto conferisce un ulteriore slancio a quella tensione spirituale di cui il Socrate platonico è reso sommo interprete.

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17
Ago

Nulla succede per caso

Pubblicato venerdì 17 Agosto 2018 alle 21:40 da Francesco

Ho smesso di credere al caso quasi un lustro fa e in seguito il susseguirsi di coincidenze più o meno significative mi ha prospettato la sua eventualità come ulteriormente risibile.
Mi sono avvicinato alla corsa anni or sono poiché è uno sport individuale e può essere praticato senza l’ausilio di terzi, ma paradossalmente è in seno al suo agonismo che ho avuto modo di conoscere tanta bella gente. Certo, anche il podismo possiede un’inevitabile quota di teste di cazzo, ma è decisamente minore rispetto ad altri àmbiti e sono convinto che tale peculiarità dipenda dalla sua caratteristica preminente: la fatica.
Tra i tanti individui con cui ho allacciato i rapporti in quest’ambiente figura anche un melomane come me e proprio ieri, dopo che per la terza volta di fila sono arrivato al quarto posto in una gara locale, ho ricevuto in regalo da costui un disco potentissimo del quale valutavo da tempo l’acquisto in vinile! Se non è sincronicità junghiana questa!
Prima di cotanto dono, io dei Dream Theater avevo solo tre album in CD, ossia “Images & Words”, “Awake” e “Metropolis Part 2”, perciò quando ho aperto il regalo e mi sono trovato di fronte il doppio vinile di “A Change Of Seasons” sono stato felice come quando Donald Trump è diventato il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti. Se per la prima comunione avessi ricevuto un omaggio del genere forse mi sarei risolto a fare la cresima.
Tra l’altro v’è anche un’altra ragione per la quale il disco di cui sopra mi risulta significativo, difatti il suo concept si sposa bene con l’attuale fase della mia esistenza. Ho imparato come l’ottenimento di certa musica incida sulla fruizione della medesima e di sicuro ogni mio ascolto di “A Change Of Seasons” godrà sempre di un valore aggiunto.
Grazie di cuore! Ricambierò appena possibile! È davvero difficile farmi un regalo azzeccato, per tale ragione suggerisco sempre un buono benzina come cadeau, ma questa volta l’impresa è riuscitissima!

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10
Ago

Un’estrema e improvvisa lucidità

Pubblicato venerdì 10 Agosto 2018 alle 23:28 da Francesco

Talora mentre corro mi trovo a vivere dei momenti di estrema lucidità. In quei frangenti mi sembra che io riesca davvero a percepire quanto mi circonda, come se ogni cosa non si limitasse a comparire nel mio campo visivo e io a mia volta vi entrassi dentro per ricambiare la visita ricevuta dalla mia vista. Non so da cosa dipendano queste fulminee esperienze né in quale misura scaturiscano dalle reazioni biochimiche di un’attività fisica piuttosto intensa, ma in ogni caso non me la sento d’inquadrarle in una cornice esclusivamente organica. Secondo il mio modesto parere le percezioni di ogni individuo hanno un’ampiezza variabile e credo che alcuni stimoli corporei siano in grado di affinarne il potenziale, mi chiedo tuttavia quanto sia arduo discernere l’autenticità di certi accadimenti dai moti dell’autosuggestione e se l’eventuale partecipazione di quest’ultima debba per forza inficiare la prima, tanto da snaturarla.
V’è una parte della cosiddetta realtà di cui i cinque sensi dell’essere umano intercettano soltanto segnali deboli e confusi, perciò mi domando se certe frequenze un tempo fossero alla portata della mia specie e se la sua evoluzione le abbia via via estromesse dalla sensibilità comune per questioni di adattamento, o se invece l’umanità tutta si stia ancora muovendo verso una maggiore ricettività. Ho sempre la sensazione che qualcosa mi sfugga, come se l’avessi sotto il naso o me lo attraversasse da parte a parte. Mi sono interrogato più volte sulle ragioni di cotali impressioni e sono arrivato persino a chiedermi se io ammetta una realtà più estesa di quella esperibile poiché insoddisfatto da quest’ultima, ma invero non v’è delusione alcuna per quanto rientri nelle mie corde e quindi ho finito per non mettere in discussione la genuinità della mia premessa. Sono curioso di sapere cosa si trovi in certi stati di coscienza, come se volessi arrampicarmi sul tetto di una torre eburnea per godermi il colpo d’occhio.

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6
Ago

Le fantasmagorie della quotidianità

Pubblicato lunedì 6 Agosto 2018 alle 00:21 da Francesco

La scorsa notte ho visto “Risvegli”, un vecchio film con Robin Williams e Robert De Niro che è basato su dei fatti realmente accaduti a Oliver Sacks, un noto neurologo e uno scrittore di successo che ha lasciato il corpo qualche anno fa. Forse la mia scelta cinematografica è stata viziata in parte dalle mie recenti riflessioni su chi è degente in un letto di ospedale e si vede precluse tutte quelle possibilità che io invece do per scontate, dunque non aspetto di ritrovarmi in condizioni critiche per apprezzarle davvero e così scriverne, seppur brevemente, si rivela un modo per celebrarle: un piatto di pasta integrale con un sugo di peperoni e noci, il santo refrigerio dell’acqua salmastra, il soffio del maestrale, la sana stanchezza di una corsa, l’appagamento di una lettura, il rilassamento che segue la masturbazione, un sonno serafico e gli effetti galvanizzanti di un pieno riposo.
Talora mi chiedo come saranno i miei ultimi gironi su questo pianeta, però simili interrogativi non mi incupiscono mai e scaturiscono da una curiosità che secondo me verrà meno quando comincerà a profilarsi una risposta o non ve ne sarà alcuna per l’eventuale immediatezza della dipartita. A causa delle recenti temperature potrei quasi concordare con quanti ritengono che l’inferno sia già sulla Terra, ma certi impianti teologici mi sono indigesti e vi preferisco una dieta mediterranea.
Non so cosa mi resti da fare né tanto meno se io abbia mai iniziato a combinare qualcosa, ma nutro la certezza di fregarmene e così campo bene. Per fortuna non mi sono mai appropriato delle altrui aspettative e la mia astensione da simili furti mi ha permesso di concentrarmi su quanto ancor oggi reputo importante benché tutto ciò non offra margini di condivisione. Raccolgo quello che trovo lungo le distese di giorni sempreverdi e quindi ribadisco il mio gusto per le piccole cose ancorché quest’ultimo non sia loro appannaggio: incenso l’ovvietà con le ovvietà e tanto alla prima quanto alle seconde riconosco un valore maggiore di quello apparente.

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3
Ago

Corse, libri, varie ed eventuali

Pubblicato venerdì 3 Agosto 2018 alle 22:13 da Francesco

In questi giorni torridi riesco a correre molto perché divido in due parti i miei allenamenti. Vado un po’ più veloce il pomeriggio e macino più distanza la sera. Ieri, per esempio, quando il sole era già vòlto all’occaso, sono uscito di casa per fare una bella e rilassante sgambata di quasi diciannove chilometri nel buio. Durante il tragitto mi sono goduto la volta celeste come se fosse stata il maxischermo di un multisala, inoltre avevo il frinire dei grilli in dolby surround: insomma, uno scenario bucolico privo d’inquinamento acustico e luminoso, rivestito dall’oscurità e a mia completa disposizione.
Ultimamente sto leggendo il Fedone di Platone e l’Inferno de La Divina Commedia, perciò durante la corsa alcune delle riflessioni estemporanee di cui mi rendo autore risentono di tali letture e circoscrivono su un piano cartesiano le rotte dei miei voli pindarici. Sebbene al momento vi dedichi un’attenzione meno frequente rispetto alle opere anzidette, tra i libri di cui dispongo v’è anche Fisica quantistica per poeti, un altro saggio sulla fisica quantistica che può essere fruito anche da chi come me non abbia un retroterra scientifico per affrontare trattazioni più tecniche sull’argomento. Mi dilettano e mi arricchiscono oltremodo certi testi, ma penso che nel mio caso il loro denominatore comune scaturisca dalla mia intima esigenza di saperne il più possibile sulla cosiddetta realtà e sulle sue implicazioni.
Alla luce di tutto ciò avverto un certo brio nella mia disposizione d’animo e mi sento pervaso da un’iperattività assai positiva. Non ho una vita sociale e non frequento nessuno, tuttavia ho delle grandi passioni che mi forniscono vigore e buone motivazioni con estrema regolarità. Non ho idea di come ci si apra in modo spontaneo al mondo a meno che non si capiti sotto i ferri di un chirurgo, ma per adesso godo ancora di buona salute e i miei interessi non prestano granché il fianco a nuove conoscenze.

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