3
Apr

Il Tao della fisica

Pubblicato mercoledì 3 Aprile 2019 alle 21:37 da Francesco

Alcune mesi fa mi sono ritrovato in una libreria emiliana e in mancanza di meglio ho acquistato “Il Tao della fisica” di Fritjof Capra, attratto anche dal proposito del libro, ossia quello di esporre delle analogie tra la fisica moderna e alcune forme di esoterismo orientale, come se le seconde a loro modo fossero antesignane della prima, specialmente nei suoi sviluppi quantistici.
Si tratta di un libro ormai datato, pubblicato alla metà degli anni settanta, ma offre ancora qualche suggestione. Una prima e corposa parte è costituita da concetti che già m’erano noti in termini divulgativi, gli stessi impiegati dal testo, e di cui invece ignoro il formalismo matematico perché non ho i mezzi culturali né intellettuali per approcciarmici.
Lettura scorrevole, ma per me deludente dal momento in cui mi attendevo dei parallelismi approfonditi tra le frontiere della fisica e le esperienze mistiche: tutto troppo vago a mio avviso, un po’ tirato per i capelli e forzato sotto tale aspetto, inoltre, almeno per i miei gusti, manco avvincente in questa parte dell’esposizione. Come ho letto altrove, forse questo libro è stato anche un po’ figlio del suo tempo e come tale va inquadrato. Si è dimostrata l’ennesima occasione per rileggere cose che avevo già affrontato molteplici volte, però non si è rivelata un’opportunità per assimilarne di nuove.

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1
Apr

L’incompatibilità delle parti

Pubblicato lunedì 1 Aprile 2019 alle 00:00 da Francesco

Non ho mai investito molto tempo né energie nei rapporti interpersonali poiché ho capito presto come il loro andamento dipenda solo in parte da me. Il tempo mi ha dato ragione o forse io ho fatto in modo che me l’accordasse in virtù delle suddette premesse.
Il solipsismo è l’unica risposta sensata che abbia trovato all’assenza di una mutua risonanza, ma d’altro canto anch’io sono parte di un’assenza per qualcun altro in qualità di occasione mancata o mancante: ecco dunque l’unica, vera e vicendevole reciprocità possibile, quella del distacco dopo una conoscenza pregressa o l’autentica, inedita e totale estraneità delle parti.
Non ho mai sciolto certe questioni né i capelli di una ragazza, perciò ho lasciato insoluto l’enigma femmineo. La mia attrazione verso certe donne, quasi sempre scaturita a seguito di un loro primo passo, si è puntualmente risolta in silenzi inespugnabili, ma quegli esiti sterili hanno corroborato la mia individualità e dunque non so quale lettura darne. Ho avuto dei confronti, ancorché soltanto sul piano intellettuale ed emotivo, ma paradossalmente i loro effetti migliori non sono stati di matrice relazionale. Al netto di tutto e in virtù del senno di poi devo altresì ammettere come sia stata indifferente l’identità di quelle ragazze con cui ho avuto dei contatti platonici, siano essi stati epistolari o vìs-a-vìs: a rischio di piegarmi dalle risate mi chiedo se non sarebbe stato meglio se avessi optato per qualche test di Turing in luogo di tutto quel ciarlare. Il quadro è meno complicato di quanto possa sembrarmi, però devo ancora trovargli una bella cornice e non so davvero quando capiterò a un mercatino dell’usato.

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28
Mar

La muta degli accadimenti

Pubblicato giovedì 28 Marzo 2019 alle 23:51 da Francesco

Talora avverto in me una mancanza primigenia, ma non ho idea di come possa colmarla né se sia opportuno farlo. Nell’ultima decade la mia esistenza non è cambiata granché esteriormente, ma al mio interno si sono susseguiti degli sviluppi epocali.
Ho imparato ad andare al di là di certe dicotomie e ne ho preservate altre che secondo me hanno superato il vaglio del tempo. Tra dieci anni non mi vedo molto differente, ma non escludo che possa morire prima per le ragioni più disparate. Rispetto al passato riesco a godermi molti più momenti perché sono in grado di rallentare i pensieri. Non ho coltivato legami umani e mi sento equidistante da ogni cosa, ma non so ancora dire con certezza se abbia fatto bene a trascurare questo aspetto: il futuro me lo rivelerà. La mia natura non è solitaria, ma l’ho dovuta sviluppare e allenare in tal senso per questioni di forza maggiore: un po’ come un mancino che dopo un grande e costante esercizio sia diventato un abile destrimano. Immagino che anche molti oltre me abbiano fatto altrettanto con maggiore o minore riuscita.
Rispetto a qualche anno fa sono più forte, equilibrato e sicuro sotto ogni profilo, quindi ho speso bene il mio tempo, però non sono invulnerabile né tanto meno invincibile. Quello attuale lo reputo un periodo di spaesamento, tuttavia non mi fa né caldo né freddo. Gli eventi cambiano pelle. Non soffro di nostalgia e non mi domando cosa sarebbe accaduto in certi casi se io avessi preso scelte differenti, ma ogni tanto mi piacerebbe tornare al cospetto di certi situazioni per concedermi un altro giro di giostra.

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27
Mar

L’addio alle gare (in Italia)

Pubblicato mercoledì 27 Marzo 2019 alle 11:26 da Francesco

Quattro giorni fa ho chiuso la mia carriera agonistica con un terzo posto in una gara locale.
Domenica potrei partecipare alla maratona di Rimini dove mi attende il pettorale numero sei nella griglia top runner, invece me ne sbatterò altamente i coglioni. Per la maratona di Roma ho addirittura l’iscrizione gratuita, però mi manca la fantasia di andare incontro a quella che reputo un’organizzazione pessima.
Ci ho ragionato un po’ e mi sono chiesto per quale cazzo di motivo io continui a foraggiare nel mio piccolo un sistema che disprezzo, dove agli occhi della FIDAL il mio sudore non vale quanto quello di chi fa parte di una squadra, dove i dopati di merda subiscono pene ridicole e tornano a gareggiare dopo poco come se non fosse successo nulla, quasi fossero delle vittime, dove certi “atleti” disattendono puntualmente le regole e si fanno assistere da amici, parenti o da altri stronzi in bicicletta, dove non di rado le griglie di partenza sono organizzate ad mentula canis o non vengono fatte rispettare, dove ogni cazzo di anno devo pagare per un certificato medico che non serve a nulla e per una tessera che di fatto è soltanto una tassa. E tutto per cosa? Per vedere il mio nome su una classifica di merda? Per avere un riconoscimento da enti ed entità di cui non mi fotte una minchia? Fuck this shit. Ci ho provato a farne parte, ma è un mondo che non riesco più a tollerare. Continuerò ad allenarmi, a tratti anche più di prima, e magari farò qualche maratona all’estero.
Intanto fondo una mia federazione, la CCCV, ossia “Corro come cazzo voglio” e ne faccio presidente il gatto Heidegger, con l’auspicio che quest’ultimo un domani possa avere un doppio incarico in un governo fasciofelino. Ritorno davvero al puer che è in me: organizzerò delle gare in solitaria, sulla falsariga di quando, ancora imberbe, mi facevo la telecronaca mentre giocavo a pallone in giardino.

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23
Mar

Al Di Meola live a Ciampino

Pubblicato sabato 23 Marzo 2019 alle 11:53 da Francesco

Ho aggiunto un altro pezzo da novanta al novero dei grandi chitarristi che ho visto dal vivo, ma per me il concerto di ieri sera non è stato del tutto memorabile.
In quel di Ciampino ho assistito a un’esibizione acustica di Al Di Meola (in trio) che a tratti mi ha proprio frantumato le palle.
La colpa in parte è stata mia perché non mi sono assicurato che egli proponesse il repertorio elettrico, però non posso negare quanto la sola esecuzione di "Mediterranean Sundance" sia valsa il costo del biglietto: quella è storia.
Di Al Di Meola possiedo, adoro e ascolto regolarmente i primi cinque dischi, da "Land Of The Midnight Sun" (il mio prediletto di cui ho sia il CD che il vinile) a "Electric Rendezvous", oltre al leggendario "Friday Night In San Francisco" con McLaughlin e Paco De Lucia, però non riesco proprio a digerire le sue cose più orientate verso la world music: probabilmente è un mio limite e non cerco di superarlo fingendomi un intenditore.
Cosa fatta capo ha. Lo andrei a rivedere soltanto se si presentasse come quando suonava "The Wizard", ma gli anni passano e beata fusion che si fugge tuttavia.

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21
Mar

Un mercoledì da incendiari

Pubblicato giovedì 21 Marzo 2019 alle 08:49 da Francesco

Il multiculturalismo non può funzionare a meno che non sia sottoposto a regole certe e a numeri contenuti, ma tali paletti fanno stringere il cuore a quanti lo vivano da lontano e lo reputino un valore imprescindibile. Credo che tutti gli esseri umani siano davvero uguali solo al cospetto della morte e nella riverenza verso l’istinto di sopraffazione, perciò nutro un realistico disincanto verso ogni utopia di fratellanza. Il razzismo non c’entra nulla, tuttavia lo si può imboscare in questa grande festa dell’equivoco dove i pesi e le misure si moltiplicano all’uopo come i pani e i pesci nel cenacolo. Non si possono cancellare per decreto secoli e millenni di archetipi, però nulla vieta a qualcuno d’illudersi in merito a quest’impresa.
Ieri l’autista di un bus ha dato fuoco al mezzo che guidava, ma prima d’incendiarlo è stato così didascalico da minacciare una strage. Il protagonista di questa vicenda risponde al nome di Ousseynou Sy, un senegalese con cittadinanza italiana e un paio di precedenti che non gli hanno comunque impedito di svolgere per lungo tempo un lavoro di cotale responsabilità, ma d’altro canto ciò è stato possibile perché in Italia, malgrado la selva di leggi e norme inutili, vi sono lo stesso lacune legislative come in altri paesi in via di sviluppo suoi parigrado. Il tizio di cui sopra pare che abbia motivato le  sue azioni con la vendetta per i morti in mare, ma non ho capito se nel novero vadano inclusi anche coloro che non sono mai più tornati dalla pesca in apnea.
Che sia il limes romano o una frontiera europea poco importa: qualunque popolo che non sappia difendere i suoi confini è votato all’estinzione e non è detto che quest’ultima evenienza sia da rifuggire. Ho ragione di pensare che l’appuntamento con l’orrore in Italia sia soltanto rimandato in attesa di attentatori più scaltri e fortunati. È davvero un peccato che i processi di combustione e l’energia cinetica delle pallottole non sappiano riconoscere l’innocenza, ma talora mi sembra che anche gli esseri umani difettino in codesto discernimento.

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18
Mar

Il primo ritiro sulla maratona

Pubblicato lunedì 18 Marzo 2019 alle 08:21 da Francesco

Ieri sulle umbre e umbratili sponde del lago Trasimeno avrei dovuto completare la mia trentesima maratona, invece ho finito per celebrare il primo ritiro sulla distanza regina: sono saltato in aria senza che siano intervenuti gli amici dello Stato Islamico. Ho stravolto le mie abitudini e ho commesso un errore alimentare, quindi mi cospargo il capo di cenere e m’iscrivo al Partito Democratico.
Mi sono alzato alle quattro di notte per partire alle cinque verso il luogo della gara e come mio costume non ho mangiato nulla, perciò mi sono presentato al via delle nove e un quarto con quasi quattordici ore di digiuno, infatti l’ultimo pasto risaliva alle sette e mezza della sera precedente.
Avevo messo in conto l’evenienza di un ritiro in quest’occasione perché a marzo ho corso poco a causa della trasferta nipponica, appena centoventisette chilometri compresi i ventinove di ieri, quindi temevo fastidi muscolari e invece il mio ritiro è stato dovuto a una fame nera che ha iniziato a presentarmisi al diciottesimo chilometro.
Quando sbaglio lo ammetto senza problemi e a ‘sto giro non ci ho capito proprio nulla, ma d’altro canto in ventitré mesi ho completato con buoni tempi diciannove maratone e una cento chilometri oltre a tante gare minori, quindi un ritiro lo inquadro nell’ordine delle cose e non escludo che a breve possa persino essercene un secondo. In ogni caso mi presento alla partenza e cerco di divertirmi, poi vada come deve andare. Non ho pressioni né ansie da prestazione.

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15
Mar

La strage in diretta di Christchurch

Pubblicato venerdì 15 Marzo 2019 alle 09:42 da Francesco

Sono riuscito a recuperare il filmato integrale della strage in Nuova Zelanda: è la cosa più allucinante che abbia mai visto.
In certe parti del mondo è troppo facile accumulare degli arsenali e produrre massacri.
L’attentatore guida verso la zona della moschea mentre ascolta il motivetto allegro di "British Grenadier". Una volta giunto a destinazione apre il bagagliaio e prende un secondo fucile semiautomatico oltre a quello che già porta a tracolla: entrambe le armi sono ricoperte di scritte bianche che non sono riuscito a leggere.
È tutto trasmesso in streaming e la visuale dà l’idea di un videogioco in prima persona. Il tizio si avvia in tenuta d’assalto verso i suoi obiettivi e una volta all’ingresso della moschea apre il fuoco contro le prime persone che incontra: ne uccide alcune e getta a terra il primo fucile. Imbraccia la seconda arma e riprende a sparare colpi singoli. È freddo e preciso. Avanza ancora e a un certo punto cambia modalità di fuoco passando alla raffica. È impressionante il momento in cui un ragazzo tenta di scappare e finisce per andargli incontro: lui gli spara a bruciapelo.
Cambia diversi caricatori. I corpi a terra sono molti e non essendoci più bersagli mobili i proiettili sono indirizzati ai cadaveri o a chi tenta di salvarsi fingendosi morto.
Esce così com’è entrato dirigendosi verso l’auto e sulla via del ritorno spara in testa a una donna riversa sul marciapiede che chiede aiuto: "Help me, help me". Si rimette alla guida e se ne va mentre dall’autoradio esce "Fire" di Arthur Brown.
Prima di fuggire effettua qualche drive-by e uccide almeno un altro paio di persone. Alla fine del filmato, che dura quasi diciassette minuti, commenta la strage e in lontananza si sentono delle sirene.

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14
Mar

Constatazione in astratto

Pubblicato giovedì 14 Marzo 2019 alle 18:43 da Francesco

Mi sento sospeso su un’ulteriore fase di transizione, ma non riesco ancora a capire quale piega stiano per prendere gli eventi. Non temo il futuro e me ne curo solo nella misura in cui la mia premura mostri un’attendibile efficacia. Nella mia mente è vietato l’ingresso alle fisime e in effetti almeno a livello conscio non ve ne transita alcuna, però non è sempre stato così e quindi so apprezzare l’attuale ordine in cui versa la suddetta. 
Ricordo come anni fa già attraversai alterni periodi di tranquillità interiore e di come essi si rivelarono l’humus ideale su cui mi fu dato di sviluppare vari aspetti della mia persona in una beata solitudine, ma all’epoca tale condizione non ebbe modo di assumere una piena stabilità poiché in quanto individuo non ero risolto in un certo grado e presentavo difetti strutturali: ero ancora un prototipo.
Oggi la mia visione d’insieme è più completa e la mia esistenza ha un baricentro più saldo benché la sua matrice sia strettamente endogena. Spesso mi addormento bene e la mattina scendo dal letto col piede giusto, qualunque esso sia. Ho quasi trentacinque anni,  però non so cosa significhi quest’età né cosa comporti: non le appartengo così come il mio nome non appartiene a me.
A volte incontro al mio interno la latente e naturale inclinazione di riscoprirmi nella reciprocità con una ragazza, però mi limito a osservare l’occasionale passaggio di questa istanza e non faccio nulla per darle seguito poiché le premesse sono insufficienti persino per la più innocua delle fantasie. Anche la mia inazione è cambiata col tempo ed è divenuta più autentica sebbene i suoi effetti distanziatori siano gli stessi di sempre, come in una sorta di prossemica relazionale. Avanti, march.

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10
Mar

Un omikuji nefasto

Pubblicato domenica 10 Marzo 2019 alle 13:25 da Francesco

È giunto il momento di tornare a Zante, ma prima di rimpatriare ho preso un omikuji dal tempio di Asakusa per intuire cosa il futuro abbia in serbo per me da una prospettiva scintoista. Ne è scaturito un momento di incontro tra culture, quella oracolare nipponica e quella apotropaica italiana, infatti appena ho letto il responso mi sono toccato i coglioni.
Io penso che ogni sventura sia figlia di ciò con cui Emil Cioran titolò una sua silloge aforistica, “L’inconveniente di essere nati”, ma questo è un altro discorso, vacuo e trascurabile come sa essere ogni parto.
Non idealizzo il Giappone, non potrei mai viverci per molteplici ragioni, e posso immaginare quali motivi concorsero ad acuire la depressione di Tiziano Terzani quand’egli soggiornò a lungo da queste parti, però a me piace tornarci dopo che sia intercorso un congruo lasso di tempo dall’ultima volta.
Ho avuto il privilegio di nascere e ho ancor oggi quello di vivere in un posto magnifico, al quale di certo non appartengo in ragione di vincoli umani poiché “come uno straniero non sento legami di sentimento”, per usare le parole di Camisasca, ma la mia fortuna più grande è stata quella di rendermene conto presto e di non rinunciarci.
Invero non credo al caso. Qualche giorno fa in metropolitana mi è caduto l’occhio su un libro inglese di un autoctono dove ho scorto i nomi di Derrida e Heidegger: nei giorni precedenti il secondo era stato oggetto di mie riflessioni itineranti.
Ammetto le coincidenze solo quando si possano dire significative: questa non è stata la prima volta in cui ho esperito sincronicità junghiane.

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