Alcune settimane or sono avevo in programma di assistere a un concerto per il quale mi ero procurato il biglietto mesi prima, ma alla fine mi sono presentato all’evento con un giorno di ritardo! Una leggerezza del genere per me è insolita, infatti sono molto scrupoloso e ho sempre organizzato da solo, senza intoppi né errori, i miei spostamenti in giro per il mondo!
Appena ho capito lo sbaglio mi sono messo a ridere e ho preso la gaffe con filosofia, però poco prima che realizzassi il tutto, quand’ancora ero convinto della mia puntualità, la mia attenzione era stata catturata da alcune parole. Mentre mi dirigevo presso il luogo del concerto avevo visto un annuncio funebre sul quale campeggiavano dei versi da cui ero stato attratto, quindi ne avevo cercato sul web l’autore e avevo scoperto che appartenevano allo stesso ragazzo di cui il manifesto commemorava la dipartita.
Subito dopo avevo compiuto un’ulteriore ricerca per sapere qualcos’altro di quel giovane che era morto in un incidente anni prima e avevo finito per stupirmi di fronte ai suoi molteplici talenti e interessi, tra cui la passione per la corsa, nonché alla sua visione del mondo.
Non so perché abbia avvertito l’esigenza di approfondire questa storia, ma se avessi assistito al concerto forse non le avrei dato quel peso che invece mi ci ha fatto riflettere nei giorni successivi e quindi ho vissuto il fatto in questione come un episodio di sincronicità, inoltre ho provato darne una interpretazione e ne ho ricavato un invito a mantenermi “centrato”, a rispettare l’ordine delle priorità interiori: mi auguro di riuscirci.
Goodbye July. La Federal Reserve è stata clemente verso le mie posizioni ribassiste e di ciò le sono grato (per una volta preferisco Powell a Trump), invece io resto sempre caustico nei riguardi di quelle ontologiche.
Oggi pomeriggio ho provato a spingere 10 chilometri e mi sono venuti a una media di 3’29”: 34’54” è risultato il tempo finale secondo il mio GPS. Poi ne ho corsi altri 5,6 di defaticamento a 4’43”. Per me è stata una prova significativa in quanto l’ho svolta a ventiquattro ore di distanza da un lungo di 32 chilometri che ho corso ieri sera a 4’01” di media, con gli ultimi 5 chilometri più veloci dei precedenti: 3’45”, 3’48”, 3’52”, 3’50”, 3’39”:
https://www.strava.com/activities/2576694131
Negli ultimi 61 giorni ho corso 1235,9 chilometri (651,3 a giugno, 584,6 a luglio) in 91 ore e 18 minuti, quindi a un’andatura media di 4’26” al chilometro: il dislivello totale è stato di 7510 metri.
Alla fine la lontananza dalle gare mi ha fatto soltanto bene, ma voglio tornare a misurarmi sulla distanza regina al di fuori dei patri confini. In questi due mesi mi sono divertito parecchio, ho giocato con la mia velocità di punta e l’ho migliorata, ho anche capito che sono ancora lontano dal mio limite genetico, ma come sempre il responso finale spetta alla strada e le prestazioni (o le smargiassate) su Strava contano nella misura in cui portino a dei risultati omologati.
Probabilmente non riuscirò a raccogliere subito i frutti di questi volumi e intensità, anzi, non do neanche per scontato di farcela, ma di sicuro mi divertirò a provarci: vediamo questo figlio di puttana che riesce a fare.
La realtà dell’essere di Jeanne de Salzmann
Pubblicato domenica 28 Luglio 2019 alle 00:12 da FrancescoAgli insegnamenti di Gurdjieff ho sempre riservato un’attenzione particolare (e questa espressione può strappare un sorriso a chi conosca l’argomento), difatti ne ho sempre riconosciuto ed esperito la validità per quanto finora sia stato nelle mie corde.
Parecchi anni fa fui fortemente influenzato dalla lettura di ”Frammenti di un insegnamento sconosciuto”, un libro di Ouspensky, anch’esso basato sul sistema del maestro armeno: quelle pagine di certo smossero qualcosa in me sebbene ancora a un livello grezzo e dozzinale.
Jeanne de Salzmann è stata una grande allieva di Gurdjieff e ho recepito il suo testo alla stregua di una interessante raccolta di appunti. Com’era giusto che fosse non vi ho trovato nulla di inedito poiché i concetti chiave rimangono sempre gli stessi: la legge del sette, in cui il lavoro su di sé è paragonato a un’ottava musicale con la difficoltà di superare i due intervalli tra mi e fa così come tra si e do, poi la legge del tre, secondo cui ogni fenomeno scaturisce dalla combinazione di una forza affermativa, una negativa e una neutralizzante; il ricordo di sé come pratica della presenza affinché automatismi e reazioni non tengano l’individuo addormentato, e lo sviluppo di un centro di gravità permanente (appannaggio dell’uomo cosiddetto numero quattro) con cui cominciare a separare quanto è reale da ciò che invece è immaginario.
La lotta contro l’identificazione, la sofferenza volontaria come unico principio attivo per una certa trasformazione (benché poi l’uomo cosciente non soffra più) e l’intensificazione dei centri inferiori quale via regia per un contatto con quelli superiori: queste idee importanti mi erano altresì già note, tanto quanto la necessità di una solitudine autentica e di una morte a quanto è conosciuto come precondizioni per un vuoto che non dev’essere riempito.
In realtà (si fa per dire, o per scrivere) non credo molto nella forza discorsiva di un tale approccio, difatti vedo quest’ultimo come un male necessario per consentire, a chi se ne dimostri in grado, di prendere l’abbrivio sul piano dell’esperienza; d’altro canto la stessa de Salzmann ricorda come l’attenzione arrivi quando sia chiamata da un sentimento di necessità e quanto la vita ordinaria remi contro la conoscenza di possibilità più alte.
Mi sto allenando a dovere, ma non sento il peso dei carichi né della loro intensità perché amo quello che faccio e in questa fase della mia vita ne sento forte il richiamo. Riesco a convogliare tutte le mie energie nelle prove verso cui la mia volontà si volge con tutta se stessa e traggo ulteriore forza dalla diretta testimonianza di cotale concentrazione.
La corsa mi permette di verificare sul piano della materia quanto in me si origina altrove, perciò sotto questo aspetto essa si presta a un impiego che trascende (in ogni senso) le sue caratteristiche ordinarie, quelle ludiche, salutistiche e agonistiche.
Non so come vivano gli altri né quali obblighi impongano a sé stessi oltre a quanto già esige la sciagura di ogni esistenza terrena, ma in buona sostanza credo che siano cazzi loro: io sono e resto un solipsista convinto.
Negli ultimi tre giorni ho messo in fila degli ottimi allenamenti, tuttavia non ne avevo programmato neanche uno: essi sono sbocciati spontaneamente, come i fiori di campo o le guerre civili.
Sabato ho corso 24 chilometri a 3’55” più altri 6 di recupero.
Domenica 22 chilometri a 3’54” più 3,5 di recupero.
Ieri 22 chilometri a 3’51” e ho tirato il nono (è venuto a 3’07”!)
Le tracce di queste sessioni sono sul mio profilo di Strava (sul quale condivido pubblicamente solo certi allenamenti).
E qualcosa ricadde sulla mia transitorietà
Pubblicato martedì 16 Luglio 2019 alle 03:09 da FrancescoPremo una mano contro il vuoto e così arresto il cuore pulsante della notte per fermarmi sulle sue pareti, incurante della giovinezza che gli attribuisce chiunque s’illuda di allungargliela con il ricorso a siffatte adulazioni.
Ho bisogno di conferire in privato con l’universo e posso farlo ovunque perché in questo periodo mi sento di nuovo tutt’uno con esso. Le mie parole, le mie azioni e i miei pensieri non hanno incertezze e si muovono con reciproco rispetto delle dovute precedenze. Non posso aspettarmi che questo stato duri per sempre, ma posso fare il possibile per continuare ad alimentarlo e sulla consapevolezza delle sue intermittenze devo coltivare l’abilità di affrontare i futuri scontri con le forze contrarie. Forse proprio il mio attaccamento verso questa condizione di grazia dimostra come io non sia ancora all’altezza di trattenerla o d’esserne trattenuto. Mi sento rapito da un principio superiore che si origina da me e in me ricade, ma non è una suggestione passeggera né un inganno dei sensi: ne conosco la natura in quanto essa ha già permeato le fasi migliori della mia esistenza e pare che adesso la ammanti di nuovo.
Non so come si conservi ciò che è intangibile e al contempo avulso dai processi mentali, ma compirei già una grande impresa se riuscissi a descriverlo con la povertà delle parole. Non c’è modo di condividere ciò che in potenza già appartiene a tutti e di cui ognuno può fare solo una personale esperienza, o almeno questo è quanto intuisco.
Gioia e commozione risuonano e prorompono dal plesso solare, infine si allargano come se fossero dischi planetari a misura d’uomo, ma cosa mai posso scriverne? Forse la durata di certi fenomeni ha importanza fintantoché sussiste il concetto stesso di durata. Non cerco artifizi nelle elucubrazioni e il mio vandalismo diaristico si è protratto sin troppo.
Una maratona da solo per allenamento
Pubblicato giovedì 11 Luglio 2019 alle 23:05 da FrancescoDal primo di giugno a stasera, undici luglio, ho corso 819,4 chilometri, una media di quasi venti al giorno. Giovedì quattro luglio ho corso una maratona da solo su un circuito cittadino piuttosto impegnativo, infatti ho ripetuto per venticinque volte il giro più lungo delle mura medicee di Grosseto.
Alla fine ho chiuso la mia prova solitaria in 3h06’36” e ho deciso di svolgerla sul percorso di cui sopra perché un paio di settimane prima mi era stato proposto dagli organizzatori della Sei ore della Maremma, un’ultramaratona che vedrà la sua prima edizione a gennaio: io dovevo fare un allenamento lungo e loro volevano fare un test del percorso, quindi abbiamo unito l’utile al dilettevole e per me è stata una bella esperienza!
Ho trovato il tracciato abbastanza duro in quanto vi sono due strappi corti che, malgrado la loro brevità, alla lunga si fanno sentire e finiscono per richiedere una prova muscolare, inoltre il tasso di umidità mi ha rallentato fortemente dopo la prima metà, ma ho sfruttato quest’ultimo per svolgere quello che i maratoneti anglofoni chiamano “poor man’s altitude training”.
Ad agosto volerò qualche giorno in Finlandia per prendere parte alla maratona di Helsinki e quella sarà un primo banco di prova su cui valutare i netti miglioramenti a cui sono pervenuto nelle ultime settimane. Sono riuscito a ottenere un’iscrizione alla gara a titolo gratuito in virtù dei miei tempi di merito e lo status di élite che mi permetterà di partire con i primi, quindi farò il possibile per onorare tutta questa considerazione!
Anche se la maratona non dovesse concludersi bene (punto a fare almeno 2h38’) ne proverò almeno altre due in Europa prima della fine dell’anno, poi deciderò su cosa fare.
Non mi sono mai sentito in forma come in questo periodo e anche la mia mente è salda, lucida, il mio spirito forte e determinato: ho voglia di fare del mio meglio e basta. Seguo la mia via.
Diavoli stranieri sulla Via della Seta
Pubblicato martedì 2 Luglio 2019 alle 18:51 da FrancescoHo da poco concluso la lettura del testo in oggetto che ha costituito il mio primo approccio con la saggistica di Peter Hopkirk, tuttavia sono già in procinto di iniziare “Il grande gioco” e in futuro conto di procurarmi almeno uno dei suoi tre libri in inglese per i quali non v’è mai stata una traduzione in italiano.
Secondo me Hopkirk ha il merito di ripercorrere le gesta di grandi archeologi con uno stile avvincente, più da romanziere che da saggista puro, e da quanto ho avuto modo di constatare mi sembra che quest’ultima sia un’opinione abbastanza diffusa. In ”Diavoli stranieri sulla Via della Seta” ho colto una retrospettiva su quei pionieri occidentali (più le spedizioni nipponiche del conte Otani) che all’alba del secolo breve riportarono alla luce il passato delle civiltà centroasiatiche, ma nei toni di quelle cronache ho ravvisato un’epicità sui generis, specialmente nel titanismo dei protagonisti al cospetto del Takla Makan.
Ho trovato icastiche e suggestive le descrizioni dei luoghi che non sono state ridotte a una fredda sequela di dettagli, bensì snocciolate di pari passo con i progressi di coloro che vi si stagliarono. Per me un altro ausilio al ritmo dell’esposizione è scaturito da certi aneddoti e dal profilo di figure minori, quale per esempio quella del furbo Islam Akhun, ma anche dalle feroci lotte tra accademici, come nell’imbarazzante caso di Hörnle sul quale Sir Aurel Stein non inferì o nella campagna diffamatoria che certi francesi operarono ai danni dell’arrogante Pelliot.
Al netto di quanto ho appreso non mi sento di condannare chi portò in Europa resti e manoscritti di culture che, se fossero rimaste in situ, con buona probabilità sarebbero caduti sotto la ferocia iconoclastica dei musulmani, tuttavia, sempre alla luce di questa lettura, riconosco come tutto quel patrimonio per lungo tempo non sia stato valorizzato in Occidente.
Chilometraggio mensile: un nuovo record
Pubblicato domenica 30 Giugno 2019 alle 23:29 da FrancescoNei miei anni efebici ho sempre vissuto giugno come il momento di una ritrovata libertà dall’inutile tedio dell’istruzione obbligatoria. A scuola ho perso tempo e basta, assiso com’ero ad ascoltare rumori di fondo da cui non imparavo nulla. Io ero uno studente svogliato e nei miei insegnanti vedevo spesso reificato il concetto di sinecura, perciò ci completavamo a vicenda. Non ho vissuto attimi fuggenti e nei corridoi non ho mai incontrato Robin Williams (o forse non l’ho riconosciuto).
Or bene, quest’ultimo giugno invece è stato proficuo sotto molteplici aspetti, ma, tra le tante questioni a latere, ho riservato quasi tutto il mio entusiasmo per l’esperimento podistico a cui ho deciso di sottopormi.
Negli ultimi trenta giorni (di cui ventiquattro consecutivi) ho corso 651 chilometri, 162,5 a settimana, per un totale di 48 ore e 7 minuti, quindi a un passo medio di 4’26” al chilometro. Ho svolto diversi lavori di qualità a ritmi a cui non ero molto abituato (dai 3’30” in giù) e ho ritrovato il piacere di sondare i miei limiti.
Probabilmente a luglio non riuscirò a ripetermi in quantità, ma intendo mettere in cascina almeno 500 chilometri con maggiore enfasi sulle andature veloci. Questi volumi per me non costituiscono sacrifici in quanto amo correre e mi considero un privilegiato, inoltre so che tutto quello che ho fatto finora mi servirà per quando non potrò più farlo.
Ad agosto avrò un paio di occasioni per giudicarmi come atleta e come allenatore di me stesso, ma senza scadere in velate ambizioni ipostatiche.
Ormai sono cominciate le grandi manovre e spero di condurle fino alla fine. È previsto anche un rendez-vous con un amico maratoneta che sta recuperando da un incidente di percorso, ma tutto ciò a patto che una morte prematura non mi colga.
Nelle prime ore di questo venerdì equinoziale mi trovo ad ascoltare un vecchio disco mentre mi rilasso davanti alle deboli radiazioni di un monitor. Fuori quasi tutto tace e il silenzio subisce i soli affronti di qualche marmitta o l’uso improprio di un clacson. Nella mia stanza rossa aleggia una pace archetipica e nel mio cerebro non si abbatte nulla d’incongruo.
Non ho immagini di me stesso che alberghino nella mente di qualcun altro, non sono oggetto dei pensieri di terzi o trini, non ho una mia proiezione di stanza in menti lontane e quindi non mi può essere ascritta alcuna complicità né ingerenza. Mi immergo nella mia individualità perché sono in grado di farlo e quindi sfrutto questo grande privilegio per fabbricare bei ricordi. Perseguo ciò che mi fa stare bene ancorché talora gli effetti dei miei sforzi non siano immediati e non abbiano valore al di fuori del mio microcosmo, ma d’altro canto ogni semina richiede un certo tempo e l’importanza delle cose non si annida mai nelle cose stesse. Non posso mettere i sottotitoli alle mie intenzioni, anche perché non sono in grado di tradurre dalla lingua del fraintendimenti. La stabilità di un’intesa trova le proprie conferme nei suoi sviluppi, quindi la prova di sé risulta ancora più autoreferenziale delle parti che coinvolge, come se ne trascendesse non solo la singolarità ma anche la somma: qui sorge spontaneo il più celebre dei principi olistici. Credo che in ogni fase della vita vi siano delle priorità a cui una mente poco addestrata non sappia conferire la dovuta importanza e io non voglio pagare dazio per la mia stupidità, perciò mi seguo. Tempo al tempo.
In merito alla natura della coscienza non so se debba rivolgermi al positivismo o a certa metafisica che talora finisce per scadere in derive new age: le aporie sono fastidiose.
Nelle ultime due settimane ho corso 287,5km in 21h49′, quindi a una media di 4’33”. Continuo a vedere progressi grazie al calo di peso e di massa grassa: poco meno di 65kg il primo, stabile al 15% la seconda.
Il mio fisico sta rispondendo bene ai molti chilometri e a qualche lavoro di qualità. A forza di correre si è estinto anche un dolorino che avevo allo psoas sinistro o forse l’ho perso per strada, only God knows. La scorsa settimana sono riuscito a correre i 10km in 36’19” durante una sessione di 21km, il giorno dopo li ho fatti in 36′ netti (3’36”) sempre all’interno di un totale di 21km: per me non sono tempi stellari, ma trovo significativo che mi siano venuti di seguito e in giornate di forte scirocco. Ieri ho corso 26km facili ma con un buon tremila (3’21”, 3’19”, 3’19”) e oggi 22,5km con un tremila simile (3’22”, 3’23”, 3’22”), ma all’interno di 15km a 3’44” (l’allenamento in oggetto): sono numeri che mi dànno fiducia. Non faccio vere e proprie ripetute brevi, però di tanto in tanto un po’ di fartlek in salita. Al momento mi sento in grado di battere i miei record personali su qualsiasi distanza, dai cinquemila metri ai cento chilometri. Sono curioso di vedere quali responsi avrò ad agosto durante qualche test di velocità che svolgerò per i fatti miei a mo’ di gara.