2
Mag

Il vago senso del presente

Pubblicato sabato 2 Maggio 2020 alle 23:56 da Francesco

Non risparmio a me stesso le sciocchezze e la superficialità, anzi, vi ricorro sovente per sfumare le mie giornate. Nel corso della quarantena non ho mai discusso con le pareti della mia stanza, perciò il nostro rapporto ha resistito alla convivenza: io carne, loro cemento.
In qualche attimo d’incertezza mi prendo troppo sul serio e solitamente per rimediare a tali esagerazioni sgonfio l’iperbole di turno, ma al contempo dentro di me si dispiegano spontanee l’esigenza e la ricerca di una coscienza più elevata. Sono sempre meno legato alla mie sembianze viventi, ma non le depreco e continuo a custodirle come se formassero un tempio sacro. Su questo mondo c’è ampio spazio per me, tuttavia non sono così convinto di volerlo occupare. A volte la migrazione spirituale mi tenta oltremodo, ammesso e non concesso che un’espressione del genere significhi qualcosa, ma non sono ancora pronto ad abbandonare questo pianeta e al momento neanche lo desidero. L’esistenza assomiglia a un limbo tra il nulla e il nulla o tra quest’ultimo e la sua vera antitesi, ma simili azzardi del pensiero sono destinati a restare astrazioni senza capo né coda, acefale per diritto di caducità. Areare prima di soggiornare: forse il buco dell’ozono andrebbe allargato di proposito prima dell’arrivo dei nuovi inquilini.
Mi rasserena l’ozio dei gatti e se fossi più saggio impiegherei tutte le mie risorse per adattarlo a quanto d’umano ancora porto in dote. Non voglio muovere un dito neanche per firmare la resa all’avvenire. Lascio che tutto o quasi accada, come se avessi organizzato le ferie cosmiche su una zattera alla deriva, ma ho come compagna di viaggio una forza sopita al cui risveglio non posso oppormi.

Categorie: Parole |

1
Mag

L’ottimismo nel suo contrario

Pubblicato venerdì 1 Maggio 2020 alle 11:57 da Francesco

La festosa atmosfera di questi giorni mi ricorda quella altrettanto vivace del video di "Hurt" di Johnny Cash.
Può darsi che alla fase due segua la fase terminale, in senso medico. Oltre alle mascherine dev’essere distribuita la morfina. Secondo me l’economia può essere rilanciata (nel baratro) sottraendo il business dell’eutanasia all’Olanda e alla Svizzera. Le file dinanzi al monte dei pegni si sposteranno ai piedi del Golgotha e l’Imago Christi monopolizzerà il mondo del cosplay. Un accordo tra regioni può riproporre le crocefissioni di massa a cui ricorse Crasso lungo la via Appia. Credo che il modo migliore per assicurare un futuro ai figli si annidi nella sterilità congenita o in quell’atto di pietà che risponde al freddo nome di vasectomia.
Dal crollo degli idoli di Nietzsche alla caduta degli idolatri. È tutto in diretta senza interruzioni pubblicitarie, ma solo di gravidanza. L’aborto è un atto di clemenza in contumacia.
Non riesco a capire quale sia la natura fisiologica della coscienza, se essa si risolva nelle modeste conquiste della neocorteccia o se preceda la vita biologica. Comunque vada sarà un decesso. Se fossi accomodante farei parte del mobilio. Un, due tre, stella! Anzi, supernova.
Un’opportuna citazione di Manlio Sgalambro:

"Io, contemporaneo della fine del mondo
non vedo il bagliore,
né il buio che segue,
né lo schianto,
né il piagnisteo
ma la verità
da miliardi di anni
farsi lampo".

Categorie: Parole |

29
Apr

Hoka Hey, è un buon giorno per morire

Pubblicato mercoledì 29 Aprile 2020 alle 22:43 da Francesco

Adoro il silenzio dei giorni immobili, ma ne ho conosciuti di più intensi e rivelatori in altri angoli delle terre emerse. Mi sento sempre più affrancato dai vincoli dell’esistenza umana, come se fossi prossimo all’imbarco verso un viaggio ultraterreno. Forse la mia morte non è lontana, o forse è ancora distante e io ricavo la sensazione della sua vicinanza dalla possibilità di scorgerla meglio all’orizzonte: la diminuzione dello smog svela molte cose.
Sono affascinato dalla fine del mio tempo su questo pianeta, ma non la rincorro perché la mia indole non è autodistruttiva. I miei primi trentacinque anni sono trascorsi abbastanza bene. Ho viaggiato con il corpo e con la mente, sono andato allo scoperta di me stesso, sono stato il testimone oculare di immense meraviglie e ho vissuto piacevoli soddisfazioni.
Se domattina non mi svegliassi più non avrei nulla da rimpiangere per due ragioni: anzitutto perché ne sarei impossibilitato dal rigor mortis e poi per i motivi suddetti. Il suicidio è una scorciatoia verso la meta finale, la quale invero io credo che sia altrettanto temporanea, ma preferisco compiere il giro lungo e godermi il panorama, almeno finché mi andrà di farlo. Hoka Hey, è un buono giorno per morire! Accarezzo l’idea della morte, la frequento nelle mie astrazioni, la contemplo e medito su di essa perché solo la sua prossimità riesce a rendermi libero, ma non ne ho ancora una piena padronanza e devo continuare l’addestramento. Il dado è tratto, il destino è tracciato.

Categorie: Parole |

25
Apr

La fase di stallo

Pubblicato sabato 25 Aprile 2020 alle 06:35 da Francesco

"Pull up, pull up", di solito è questo l’allarme che risuona in una cabina di pilotaggio prima dello schianto di un aereo: trovo che l’insistenza della sua ripetizione sia angosciante anche in differita. In più occasioni ho digitato "black box recordings" su YouTube.
Conosco quasi tutte le registrazioni di scatole nere che si trovano su Internet, infatti è mia abitudine ascoltarle alla vigilia d’ogni viaggio nella troposfera affinché corroborino il mio grottesco fatalismo.
Una volta mi sono trovato a volare con una piccola compagnia (la Mokulele Airlines) di cui poco prima avevo visto il filmato di un disastroso ammaraggio nell’Oceano Pacifico. Il colmo per un pilota è quello di schiantarsi dalle risate. Prego, la claque.
Se scrivessi per qualcuno mi prenderei la briga di spiegare l’allegoria, ma il mio carattere autoreferenziale mi esonera da questo compito e ci penseranno i prossimi mesi a illustrarla con icastica precisione. "Pull up, pull up".

Categorie: Parole |

23
Apr

Il distanziamento sociale

Pubblicato giovedì 23 Aprile 2020 alle 07:27 da Francesco

Già prima dell’attuale pandemia ero abituato a mantenere una certa distanza dagli altri e da determinate situazioni, ovvero da contesti per me noiosi e nocivi. Mi reputo un individuo socievole, ma non vado di proposito alla ricerca di amicizie o conoscenze e questa mia mancanza d’iniziativa può restituire di me un’immagine misantropica, distorsione questa di cui non m’importa quasi nulla in quanto io non fornisco assistenza tecnica alle percezioni di terzi.
La quarantena non ha stravolto la mia esistenza perché sono abituato a prolungati periodi di isolamento e amo molto stare da solo. In passato, ad esempio, ho provato cosa significhi essere nei pensieri di una ragazza e l’inedito piacere di una risonante reciprocità, ma ho anche capito come io non abbia nulla o quasi da condividere seriamente con altri esseri umani.
Riesco a dare il meglio di me quando sto per i fatti miei e infatti le soddisfazioni più intense le ho sempre raccolte nel corso di attività solitarie, ma ciò non significa che in tono minore non conosca il gusto di intese sporadiche ed episodiche. Quando la pregressa quotidianità sarà ripristinata io ne riguadagnerò in libertà di movimento, la privazione della quale finora non mi ha pesato affatto, ma continuerò a mantenere un basso profilo in ambito sociale. Ci sono inoltre buone possibilità che io espatri a titolo definitivo in capo a qualche anno, perciò per il mio futuro intravedo un isolamento sempre più accentuato che spero sia seguito in parallelo da una tranquillità interiore di pari crescita. Le mie sono supposizioni figlie del momento e nipoti del passato, sono cosciente di come tutto possa rivoluzionarsi dalla mattina alla sera, ma al momento l’orizzonte degli anni venturi mi appare con queste forme e colori.

Categorie: Parole |

19
Apr

Verso la riapertura delle gabbie: avanti, bestie!

Pubblicato domenica 19 Aprile 2020 alle 10:02 da Francesco

Non sono in grado di prevedere cosa comporterà il graduale ripristino di certe attività nei primi giorni di maggio, tuttavia non mi aspetto nulla di buono. A mio parere un congruo numero di italiani non conosce mezze misure e non sa comportarsi bene a meno che non sia costretto a farlo sotto la costante minaccia di un forte deterrente, perciò non mi sorprenderei se vi fosse un’improvvisa marcia indietro: mi auguro di no.
Mi attendo uno sfogo violento delle frustrazioni che molti minus habentes hanno di certo coltivato con cura nel corso della quarantena, ma spero che in quest’anomala primavera l’idiozia non sbocci più del dovuto.
Sono passati oltre quaranta giorni dal mio ultimo allenamento su strada, ma non mi manca l’attività fisica all’esterno e se dipendesse da me la proibirei quasi del tutto per un altro po’ di tempo. Detesto le dipendenze d’ogni genere, infatti in più occasioni, sotto il profilo psicologico, non ho riscontrato differenze sostanziali tra certi sportivi e alcuni tossici di mia conoscenza, almeno nella misura di quanto mi sia dato cogliere e soppesare.
Mi alleno in casa come posso per mantenere un minimo di forma: mi disgusta l’eccessivo sovrappeso quando dipenda dall’indolenza e non sia invece espressione di un disturbo serio.
Per fortuna ho molti interessi su cui già prima dirottavo una parte di quegli investimenti di tempo che sottraevo proprio alla corsa. Nell’arco della mia giovane esistenza ho fatto bene a trascurare la vita sociale per concentrarmi su me stesso: il tempo mi ha dato ragione.
A me dispiace soltanto che debba condividere una parte della mia sorte con quella di alcuni subumani. È la democrazia, bellezza!
Se certe dinamiche non influissero sulla mia esistenza non me ne interesserei affatto e riserverei loro la stessa noncuranza che già riservo alle logomachie calcistiche, ai simposi delle comari e alle diffamazioni da bar, o forse ne leggerei qualcosa solo per affrontare meglio la bicromia di un cruciverba.
In parte apprezzo le misure restrittive perché hanno conferito un minimo d’ordine a questo cesso di repubblica e so già che quando verranno meno un po’ mi mancheranno, ma confido nell’idiozia e nell’egoismo di certuni affinché il governo si veda costretto a ripristinarle.

Categorie: Parole |

16
Apr

Il signore degli anelli di J. R. R. Tolkien in inglese

Pubblicato giovedì 16 Aprile 2020 alle 01:38 da Francesco

Finalmente, dopo vari mesi, ho concluso la lettura de Il signore degli anelli in inglese e così ho affinato ulteriormente la mia familiarità con la lingua della vecchia Albione, ma è stato un altro lo scopo principale che mi ha indotto a un simile investimento di tempo.  
Non amo il fantasy né i romanzi, tuttavia in molteplici occasioni e in vari contesti mi sono trovato di fronte a citazioni più o meno dirette dell’opera di Tolkien, perciò avvertivo da tempo la necessità di colmare tale lacuna. Le oltre mille pagine di questo librone sono pervase da archetipi con la foggia di un preciso retaggio culturale e folcloristico, quindi veicolano un immaginario che affonda le sue radici nell’inconscio collettivo e ciò mi ha reso più gradevole l’esperienza. Sono contento che io mi sia avvicinato tardi a un testo del genere, difatti se vi avessi posato prima gli occhi ne avrei trascurato il ricco simbolismo e avrei rischiato di ridurne la portata a una semplice forma d’intrattenimento letterario.
Per me il dualismo de Il signore degli anelli non è dicotomico né manicheo, ma molto sfumato e ambiguo, perlomeno fino a quando i postumi del finale non fanno virare la narrazione verso un esito quasi idilliaco, intaccato soltanto da un lieve struggimento dei suoi protagonisti per l’allontanamento di uno di essi.   
Ho incontrato delle difficoltà a tradurre certi passaggi a causa di arcaismi o di espressioni peculiari, quindi ho sovrapposto le faticose peripezie dei personaggi ai miei sforzi cognitivi e questa circostanza, in un modo piuttosto bizzarro, mi ha fatto immergere viepiù nella storia.
Purtroppo nel corso degli anni ho sviluppato una forte insofferenza verso la narrativa e quindi non ho intenzione di cimentarmi di nuovo in una lettura analoga, perlomeno non a breve, e difatti ho già compiuto un celere ritorno alla saggistica. Non leggo soltanto ciò che mi attrae e per questa ragione, talora, mi sciroppo cose di cui farei a meno, ma esse alla fine si rivelano utili e propedeutiche per allargare il raggio dei miei interessi: un male necessario, un atto dovuto, il tedio delle trivellazioni per la ricerca del petrolio o dell’acqua, insomma, qualcosa del genere.

Categorie: Letture, Parole |

15
Apr

Reminiscenze dal ponte Regina Margherita

Pubblicato mercoledì 15 Aprile 2020 alle 05:36 da Francesco

La notte è finita, ma io devo ancora dormire e allora improvviso come se non potessi più farlo, come se le circostanze avessero lanciato un ultimatum alla mia immaginazione. Attorno a me il silenzio rasenta la perfezione mentre al mio interno vige una certa serenità. Mi sento allineato con il presente e contemplo le sue incertezze come stupende decorazioni.
Un paio d’ore fa sono stato sul punto d’inviare un messaggio a una ragazza, ma poi ho chiesto udienza a cinquanta centesimi e il verdetto mi ha sconsigliato di procedere: alla fine ho seguito il suggerimento della moneta e ho tenuto per me qualcosa che invece volevo condividere. Non so se io abbia sbagliato a non lottare contro il fato o se invece, proprio attenendomici, l’abbia sfidato. Le combinazioni possibili sono molte, compresa quella che non subisce modifiche.
Il pensiero è un atto di creazione e lascia tracce, ma come esse si misurino e quali forme assumano, non mi è dato saperlo. A volte la mente rinnega la sua natura nomade e si ritrova stanziale in qualche angolo di un passato remoto o recente, ma il viaggio continua e passa anche attraverso banalità come quest’ultima. Forse non ho granché da dire e di certo ho poco da condividere. Lascio molto spazio al fatalismo mentre mi occupo di me stesso. Non vado in cerca di qualcosa da cui posso essere soltanto trovato: il gioco dei ruoli è questo, piaccia o meno. Sicuro nella mia latitanza, tutt’altro che ascoso, per adesso mi congedo.

Categorie: Parole |

14
Apr

Un giorno di ordinaria follia

Pubblicato martedì 14 Aprile 2020 alle 06:37 da Francesco

L’altra sera mi sono goduto Un giorno di ordinaria follia, un film del 1993 di Joel Schumacher. Ne ricordavo solo una scena, vista forse tanti anni fa, probabilmente di notte, ma ho deciso di guardarlo perché tempo fa un tizio me l’ha citato mentre parlavamo di tutt’altro. Per me questa pellicola racconta la rapida escalation di un uomo medio verso il baratro, ma lo fa con un’ironia amara, a tratti grottesca, e quindi molto gradita al sottoscritto.
Michael Douglas veste i panni di un padre al culmine della frustrazione che cerca di andare a casa dell’ex moglie per rivedere la figlia, ma il suo tragitto si trasforma presto in una sorta di catabasi, ovvero una discesa nell’oltretomba che nel suo caso è costituito dalle ingiustizie, dalle prepotenze e dalle discriminazioni di cui è vittima e carnefice. Alcune scene sono violente e divertenti, ma secondo me mettono sempre in luce le contraddizioni della società di riferimento e questo particolare, a mio avviso, fa oscillare continuamente il protagonista tra il bene e il male. Un poliziotto prossimo alla pensione è il primo tra i personaggi minori, ma nello svolgimento dei fatti diventa quasi un deuteragonista e alla fine tutta la faccenda influenza una sua scelta che pareva definitiva. 
Per me la storia ha un ottimo ritmo, è incalzante e non c’è neanche un passaggio che mi annoi. Molto poetico il finale, almeno per i miei gusti, ma non ne scrivo per evitare che io lo sveli all’improbabile lettura di qualcuno. Questo film ha un unico problema: il rischio d’emulazione! La tentazione è forte…

Categorie: Parole |

12
Apr

Una corsa contro il tempo

Pubblicato domenica 12 Aprile 2020 alle 01:49 da Francesco

Al di là delle sempiterne polemiche politiche mi pare che il governo italiano sia in grave ritardo sull’emergenza economica. L’Europa è un concetto astratto da cui nessuno può aspettarsi un aiuto concreto, ma molti dei suoi stolti sostenitori la difendono a spada tratta per partito preso, dimostrando così l’aspetto autolesionista della disonestà intellettuale e un’accettazione acritica dello status quo.
Il primo ministro italiano mi imbarazza oltremodo e per il bene della nazione mi auguro soltanto che dietro di lui vi sia qualche figura competente. In Italia manca quella liquidità a fondo perduto a cui in altre nazioni invece è già stato dato libero corso, ma al momento le uniche misure di una certa importanza prevedono per le imprese dei prestiti da restituire nell’arco di sei anni, ovvero un ulteriore indebitamento per quell’esigua platea che riesca ad accedervi.
Nelle prime settimane dell’emergenza ho voluto concedere il beneficio del dubbio ai dilettanti che siedono nelle stanze dei bottoni, ma il tempo ha confermato i miei timori nei loro riguardi e adesso onestamente non ho idea di come possa finire tutta questa vicenda.
La democrazia non facilita la gestione di eventi simili e il cosiddetto stato di diritto ci mette sopra il peso da novanta. Dal mio punto di vista l’intera nazione doveva essere militarizzata con misure draconiane appena è stata dichiarata zona rossa, invece per gli innumerevoli trasgressori della quarantena non sono state previste punizioni esemplari, deterrenti efficaci, ma soltanto multe e denunce penali di scarso impatto. Mi aspetto un’evoluzione esiziale di quest’emergenza e un disastro economico che farà da orrendo sfondo alla macelleria sociale. La classe media rischia di essere spazzata via dall’indolenza governativa così come un’intera generazione di anziani è già stata decimata dalla virulenza pandemica.  
A me pare assurdo e preoccupante che dopo tutto questo tempo dall’inizio del contagio l’Italia non sia ancora riuscita a trovare contromisure decise, capaci di dare un contorno a qualche vaga speranza. Il meccanismo del MES per la spesa sanitaria, vincolato al 2% del PIL, è ambiguo, difatti chi lo ha caldeggiato sostiene che servirà a quei paesi che ne faranno richiesta e al contempo ha negato che l’Italia sarà tra questi, ma Sassoli, attualmente presidente del parlamento europeo, ha invece asserito che l’Italia non deve escludere la possibilità di ricorrere a quella linea di credito poiché potrebbe rivelarsi utile: io a chi devo credere? È tutto così aleatorio, incerto, precario, contraddittorio e confuso. Sento odore di Grecia, ma con tragedie che per intensità e diffusione supereranno di gran lunga le penne di Euripide e Sofocle.

Categorie: Parole |