6
Ago

Un pigro mattino

Pubblicato giovedì 6 Agosto 2020 alle 11:57 da Francesco

Questo caro amico ogni tanto mi viene a trovare e oggi ha deciso d’indossare una piccola striscia di luce solare. Si adagia dove meglio crede, talora sul mio letto, altre volte al cospetto delle persiane benché egli non abbia il pelo lungo. Vivo bene in mezzo ai gatti e per quanto posso cerco d’imitare alcuni dei loro tratti.

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2
Ago

Corsa e sincronicità

Pubblicato domenica 2 Agosto 2020 alle 14:14 da Francesco

Per una settimana mi sono allenato assieme a Luigi, un veloce podista del nord che è venuto dalle mie parti per una breve vacanza. Quando l’ho incontrato per la prima volta io mi trovavo già a quattordici chilometri di allenamento, ma appena l’ho scorto ho capito subito che era uno abituato a certi ritmi e così gli ho chiesto se potessi unirmi a lui: alla fine sono tornato a casa con ventotto chilometri sulle gambe a un ritmo di 4’34”, un’andatura non certo veloce che tuttavia al momento per me non è così scontata, anzi! Proprio quella mattina mi chiedevo quando sarei tornato a fare qualche “lungo”, ovvero degli allenamenti prolungati per incentivare resistenza e velocità, difatti non avevo in programma nulla del genere a breve. Per me questo è stato un ulteriore episodio di sincronicità, uno dei molteplici che ho esperito negli ultimi anni.
Mi ha stimolato molto questo sodalizio passeggero perché solo nella condivisione della fatica sportiva riesco a trovare talora una connessione umana che sia autentica, perciò farò tesoro di tutti quei momenti e difatti ho intenzione di dedicare il mio prossimo record in maratona al grande Luigi! Mi meraviglio sempre di come una passione comune possa ricordare a due esseri umani di appartenere alla stessa specie. Sono molto motivato, mi sento in crescita e al contempo sono conscio di quanto la strada sia lunga e impervia, ma la corsa mi sta aiutando ancora una volta a dare una quadratura a questi tempi incerti e cupi. Ho me stesso e il mio modesto potenziale, il mio mondo, le mie abitudini solitarie e autoreferenziali, ma è tutto ciò che mi serve e anche quando non sembra sufficiente io me lo faccio bastare.

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26
Lug

Archivio onirico: sogno n° 31

Pubblicato domenica 26 Luglio 2020 alle 02:08 da Francesco

Ieri i miei ritmi circadiani sono stati sconvolti e suppongo che questo brusco cambio di ritmi sia stato all’origine della raffica di sogni che ho esperito nel pomeriggio, ma di cui alla fine sono riuscito a conservare solo i frammenti di un singolo episodio.
Mi sono ritrovato in un sorta di mansarda e davanti a me v’era una vetrata triangolare su cui campeggiavano delle linee dorate, come se fossero state aggiunte con lo scopo di rendere fattibili certe misurazioni: attraverso questa finestra riuscivo a vedere i tetti della metropoli e all’orizzonte non scorgevo un edificio più alto di quello da cui lanciavo lo sguardo.
A un certo punto ho aperto una porta e ho messo piede in una sorta di corridoio esterno. Alla mia destra si trovavano le persiane di un’altra casa e davanti a me un’altra abitazione ancora: da una finestra di quest’ultima è apparsa in lontananza una donna nuda e appena l’ho vista in me è scattato un moto di pudicizia che mi ha fatto tornare all’interno della mansarda.
Mi sono messo a letto e dopo un po’ di tempo, non so quantificare quanto, ho ricevuto un colpo alla parte destra del petto che io ho pensato fosse una coltellata, ma in realtà è stato come un pugno fortissimo di cui per altro, non so come, ho intuito l’arrivo: appena è accaduto tutto ciò io mi sono svegliato immediatamente (per davvero) con un forte senso di angoscia.

Mi avventuro in una delle possibili interpretazioni di questo sogno, ma come al solito lo faccio senza alcuna pretesa e con lo scopo precipuo di non lasciare nulla d’intentato.
La mansarda forse rappresenta una sorta di torre eburnea, un luogo di ritiro al di sopra del mondo, un simbolo di isolamento, e lo inquadro in questo modo poiché trascorro molto tempo da solo, immerso tra i miei interessi solipsistici. La porta che a un certo punto apro, quella che dà su un corridoio esterno, secondo me dev’essere intesa come gli sporadici affacci sulle altrui esistenze su cui però non mi trattengo. La donna in vesti adamitiche, quindi nuda, è l’oggetto di un desiderio archetipico, immanente alla mia natura, ma anche motivo di repulsione per ciò che può implicare. Il colpo che ricevo nel sonno è quello dell’inconscio, come se mi punisse poiché non ne assecondo a sufficienza le istanze, difatti mi colpisce a destra e non a sinistra (dove risiede il cuore) perché comunque io gli servo vivo, ma nel sogno per un attimo mi sembra di morire e quindi di essere assassinato.
In buona sostanza la storia è sempre la stessa. Rigetto i bisogni naturali d’affetto e contatto muliebre poiché il loro soddisfacimento è rischioso, precario e inconcludente, ma la mia natura d’essere umano reclama se stessa laddove può farlo, ovvero in una dimensione onirica su cui io non posso avere controllo e forse quest’ultimo è rappresentato dalle linee dorate che si trovano sulla vetrata della mansarda, quasi vi fossero state apposte per misurare qualcosa.

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24
Lug

Un gusto superiore

Pubblicato venerdì 24 Luglio 2020 alle 01:53 da Francesco

Avverto in me un rinnovato vigore, un potenziale accresciuto, e anche le pareti della mia interiorità appaiono sempre più adamantine. Mi sento all’inizio di una fase espansiva, come se tutte le mie facoltà psicofisiche fossero sul punto di estendersi più di quanto abbiano mai fatto finora. Ho già provato qualcosa del genere molti anni fa e fu il preludio a un cambiamento che si dimostrò assai intenso e repentino, però al contempo fu importante e proficuo. È come se all’improvviso mi fossi ritrovato a maneggiare degli elementi instabili, perciò devo agire con cautela. Ho sviluppato una profonda conoscenza di me stesso e della macchina biologica che mi ospita, ma non ne conosco ogni ingranaggio né mi sono noti tutti i suoi automatismi e commetterei un errore madornale se peccassi di superbia.
Le forze contrarie non sono sparite perché sono immanenti e la prospettiva della loro estinzione rasenta l’utopia o la sciocchezza, però ho la sensazione che in questa fase la loro presenza non abbia la minima presa su di me. Riesco a sentire un gusto superiore quando la mia attenzione risulti costante e sia coltivata con cura, ma non mi è facile rendere durevole e longevo tale dinamica poiché talora la mia concentrazione viene meno.
Non posso creare a mio piacimento occasioni del genere e non ho idea di quale concorso di circostanze ne causi l’avvento, tuttavia posso profondere i giusti sforzi affinché quella presente non risulti un epifenomeno a latere di un’esistenza ordinaria. Devo mantenere una certa centratura, senza eccessive distrazioni, almeno fino a quando non riuscirò a fare lo stesso senza un cospicuo dispendio di energie.

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16
Lug

Per i futuri ricordi da emerodromo

Pubblicato giovedì 16 Luglio 2020 alle 15:44 da Francesco

Ho registrato un filmato autoreferenziale nel quale ripercorro in maniera un po’ scanzonata i miei primi sette anni di agonismo podistico. Si tratta di una testimonianza che forse riguarderò con piacere e un po’ di nostalgia quando i miei telomeri si saranno accorciati di molto.
Al di là delle gare, la corsa per me è una sorta di via iniziatica, un modo con il quale ancor oggi scandisco la mia esistenza, un mezzo per affrontare ogni cosa e quindi intendo restarle legato finché le circostanze tanto esogene quanto endogene me lo permetteranno.

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10
Lug

La percezione divisoria del vuoto

Pubblicato venerdì 10 Luglio 2020 alle 01:56 da Francesco

Mi aggiro nottetempo tra le miriadi di possibilità che ognuno annovera nelle ore di cui dispone, ma non ne trovo neanche una che sia alla mia reale portata, come i beni di lusso per chi conferisca loro un ulteriore valore oltre a quello di mercato. Talora una prolungata indecisione costituisce il più grande dei privilegi, ma sovente non si dimostra tale finché le circostanze non ne rivelino la sua preziosa irripetibilità sulla fredda linea del tempo.
Non so a quale inseguimento votarmi, verso cosa proiettare la mia coscienza, ma soprattutto non ho idea se sia opportuno che qualcosa del genere avvenga. Davanti a me si staglia un vuoto sconfinato del quale non riesco ad ammirare i contorni invisibili, ma di cui percepisco l’avvolgente presenza: perché mi pongo il problema di provare a riempirlo quando invece, per buona creanza, non dovrei gravarlo nemmeno con lo sguardo? Eppure sono combattuto tra la volontà dell’affermazione e il gusto superiore della rinuncia: questo vuoto c’è e i sensi ordinari me ne restituiscono una minima parte, non contiene nulla e soltanto un mio capriccio vuole oberarlo con qualcosa di cui neanche dispongo; non mi chiede niente e io invece cerco di estorcergli dei vaticini.
Forse il dualismo autoreferenziale nel quale verso costituisce uno scoglio imprescindibile che ostacola quanto dev’essere ostacolato affinché sia sì di difficile ottenimento, ma gravido di conseguenze e di un senso apparente qualora venga raggiunto, come se la sua stessa essenza dipendesse dal tragitto sull’impervia via in cui alberga. Tali considerazioni sono di una banalità sconcertante, ma non le discrimino per questa ragione e riservo loro l’angusto spazio che meritano, inoltre sono adeguate alla miseria con cui mi dibatto nel conflitto anzidetto tra un’istanza creatrice e una contemplativa, laddove invero la seconda può svolgere su un altro livello anche le funzioni della prima ma non viceversa.

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5
Lug

Chi s’inginocchia e chi si piega

Pubblicato domenica 5 Luglio 2020 alle 22:00 da Francesco

Assisto senza troppo entusiasmo agli attuali sconquassamenti delle società occidentali, difatti essi seguono la classica circolarità che caratterizza i ricorsi storici e dunque non presentano nulla di nuovo sotto questo Sole, al cospetto del quale, immagino, per taluni sia bello pedalare. Guardo distrattamente le accese proteste di questo periodo così come, con la medesima superficialità, talora seguo l’ennesima replica di un vecchio film.
Da qualche parte è sorto l’obbligo morale d’inginocchiarsi e come al solito l’ipocrisia fa in modo che i più pavidi tra gli indifferenti ottemperino a tale diktat. In alcune etnie e culture vi è una tendenza al vittimismo che anche nelle sue istanze più autentiche viene mortificato dai secondi fini con cui qualcuno cerca di cavalcarlo per i propri scopi o per giustificare azioni sbagliate come quelle contro cui asserisce di protestare. A mio modesto parere nella quasi totalità delle società multietniche le tensioni sono destinate ad aumentare sempre di più, fino a quando non sfoceranno in un conflitto aperto, in una costante oscillazione tra la guerriglia urbana e l’orlo della guerra civile. Io non m’inginocchio per nessuno e provo un totale disprezzo per l’iconoclastia a prescindere da chi la ponga in essere. Se tutto dipendesse da me autorizzerei chi di dovere a sparare ad altezza d’uomo per difendere le statue e non già per queste in quanto tali, bensì come prova di forza e monito del potere ai suoi sottoposti. Le società umane sono intrinsecamente violente e dunque solo la grave minaccia di una punizione irreversibile può mantenerle in una relativa quiete, ma tutto ciò non sarebbe necessario se a monte prevalesse nei più una forte morale che invero è peculiarità di pochissimi popoli.
Auguro alle generazioni future pace e prosperità, ma se dovessi scommettere cinque euro sull’avvenire allora metterei il denaro su un esito nefasto, oscuro, efferato e crudele, una Babele con differenze e conflitti insanabili dove una parte della cosiddetta “intellighenzia” continuerà a negare l’evidenza in nome delle sue bieche utopie e dei suoi sordidi interessi. Detesto tutto ciò che è politicamente corretto e non mi diverte quanto gli si oppone per partito preso: le due facce della stessa medaglia.

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28
Giu

Un sabato italiano

Pubblicato domenica 28 Giugno 2020 alle 22:50 da Francesco

Ieri mi sono recato nella culla del Rinascimento per fare un giro nella mia amata Toscana e così ho portato un bacione a Firenze, però l’ho lasciata con un paio di vinili che ho acquistato in un negozio di dischi a cui mi sono affezionato e dal quale in quest’occasione sono uscito con Lord of the rings di Bo Hansson del 1970 e una compilation dei Casiopea (una band nipponica di fusion) intitolata The soundgraphy, uscita nel 1984. Il primo è un album di progressive rock che ruota molto attorno alle atmosfere e scorre lentamente sull’immaginario della più celebre opera di Tolkien, della quale per altro sono di fresca lettura in inglese, il secondo invece l’ho acquistato nonostante io non ami le raccolte perché di rado m’imbatto in dischi di fusion giapponese e quindi ho deciso di accaparrarmelo anche a fronte del prezzo esiguo.
All’imbrunire invece di rincasare mi sono recato a Prato per cenare con un vecchio amico e altra gente simpatica in una bettola cinese dall’igiene discutibile, ma dove ho mangiato bene e in cui ho anche avuto un’ampia scelta di piatti vegetariani. È stata una giornata davvero piacevole e nel viaggio di ritorno ho ascoltato un paio di repliche di Totem, un programma radiofonico un po’ datato e molto interessante, tra il visibile e l’invisibile, per usare un’espressione cara alla trasmissione, la cui conduzione era affidata a Giorgio Medail e che per svariati anni è andata in onda sulle frequenze di RTL 102.5. Talora guidare di notte mi rilassa molto, specialmente l’estate e ogni tanto mi piace mettermi al volante senza una meta precisa in testa, ma preferirei farlo con un’auto elettrica se ne avessi la possibilità.

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24
Giu

Divertirsi da soli

Pubblicato mercoledì 24 Giugno 2020 alle 22:51 da Francesco

Nella parvente normalità dell’esordio estivo io continuo ad alimentare i miei interessi e le mie passioni in una campana di vetro che circonda la realtà di cui sono interprete. Sono riuscito a minare e minimizzare l’importanza del futuro, perciò me ne preoccupo sempre di meno, ma non conto di estinguerne l’idea e dunque soppeso tale astrazione nella misura in cui basti a non rendere troppo precario il mio presente.
Non cerco di espandere le mie conoscenze per uno scopo preciso, ma la raccolta di nozioni mi allieta e mi fa stare bene in compagnia di me stesso. Privilegio da molti anni tutte quelle attività per il cui svolgimento non sia indispensabile il concorso di altri individui e questa mia preferenza non è dovuta alla misantropia, la quale tra l’altro manco mi appartiene, bensì scaturisce dall’esigenza pratica di avere la costante possibilità di trovare diletto e appagamento senza che io debba dipendere da terzi: ecco perché in me hanno preminenza le occupazioni solitarie. Forse se i passatempi collettivi fossero facili da approntare come le controparti individuali riserverei più spazio alla socialità nella mia esistenza, ma sono perfettamente consapevole di quanto sia difficile mettere d’accordo molteplici teste, spesso in conflitto con loro stesse ancor prima che con le loro omologhe, insomma si tratta di un’impresa davvero improba, a meno che esse non siano disciplinate come quelle degli orchestrali sul posto di lavoro.
E quali sono dunque questi diletti che tanto arricchiscono il mio tempo libero: più o meno sempre i soliti, ovvero la corsa, la lettura, la scrittura, la musica, ma più in generale qualunque cosa concorra a fare del bene al mio stato psicofisico. Seguo ancora una linea a cui ho aderito molto tempo fa senza che me ne rendessi conto e non me ne sono mai pentito. Non credo che si possa avere tutto nella vita, anche perché certe cose ne escludono forzatamente delle altre, ma io sono contento del mio punto di arrivo e tengo sempre a mente come quest’ultimo possa rivelarsi all’improvviso un nuovo punto di partenza.

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22
Giu

Archeologia della mente di Jaak Panksepp e Lucy Biven

Pubblicato lunedì 22 Giugno 2020 alle 22:53 da Francesco

Il ritorno alla saggistica l’ho compiuto con un corposo scritto di Jaak Panksepp e Lucy Biven intitolato Archeologia della mente: origini neuroevolutive delle emozioni umane. In me alberga da tempo immemore il naturale e vano bisogno di capire cosa muova gli esseri umani, quali siano le cause prime di sua maestà la coscienza e del cosiddetto libero arbitrio, perciò a intervalli più o meno regolari investo del tempo su letture che indaghino tali questioni dalle prospettive dei rispettivi campi. La visione di Panksepp poggia anzitutto sulla suddivisione delle regioni sottocorticali in sette sistemi affettivi: ricerca, paura, collera, desiderio sessuale, cura, panico e sofferenza (accomunati), gioco. In ragione di questa ripartizione l’accento è posto sui processi primari, ossia quelli della cui espressione dà conto l’attività neuronale di base che sorge dalle strutture cerebrali più antiche e profonde; i processi secondari invece ruotano attorno all’apprendimento e quindi alle interazioni del soggetto con l’ambiente. I processi terziari sono i più sofisticati della triade e secondo l’approccio del testo occupano una posizione di eccessivo rilievo nella comunità scientifica, quantomeno per ciò che concerne l’esatta localizzazione dei sentimenti emotivi. A sostegno delle proprie posizioni Panksepp espone una mappatura dei sistemi suddetti e ricorda al lettore che la coscienza affettiva è indipendente dal linguaggio come dimostrano pazienti afasici o colpiti da ictus, ma fa anche notare quanto si dimostrino emotivi quegli esseri umani e quegli animali ai quali manchi o venga rimossa la neocorteccia. Sono molteplici e doverose le digressioni sui ruoli dei vari neurotrasmettitori, anche e soprattutto per chi come me ha bisogno di un costante ripasso poiché non è un addetto ai lavori. Lungo queste cinquecento pagine ho scoperto con un po’ di sorpresa l’importanza del grigio periacqueduttale per quelle funzioni che io invece attribuivo primariamente all’amigdala e infatti in merito a quest’ultima il testo ne chiarisce l’esatta posizione gerarchica.L’esposizione di Panksepp non è risolutiva poiché nessuna trattazione di questo genere può esserlo, ma risulta molto interessante anche per un profano quale io sono ed è arricchita da alcuni drammatici aneddoti dello stesso Panksepp (la prematura morte della figlia in un incidente stradale e la sua neoplasia) che egli riesce a impiegare a favore della propria indagine. Nonostante ne fossi già edotto, ho riletto con piacere la spiegazione degli oppiacei endogeni poiché con l’attività fisica ne faccio esperienza da molti anni e ancor oggi non mi capacito della stoltezza con cui taluni ricerchino quegli stessi effetti tramite mezzi venefici. Altri due punti che ho apprezzato molto sono le cosiddette omologie sulla scorta di cui anche agli altri animali (in particolare al resto dei mammiferi) viene riconosciuta una vita affettiva, ma oltre a ciò pure la possibilità di rendere malleabili i ricordi a scopi terapeutici tramite quel processo che risponde al nome di riconsolidamento, e quest’ultimo punto a dispetto delle pregresse convinzioni che in passato andavano per la maggiore in tale ambito.

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