12
Mar

L’evanescente flusso di un’astrazione inopinata

Pubblicato venerdì 12 Marzo 2021 alle 01:57 da Francesco

Nottetempo riesco a fare esperienze coinvolgenti in una posizione immobile, rilassata, con gli occhi chiusi e l’ausilio di determinati suoni. In cinque minuti posso ritrovarmi nel Caucaso di mille anni fa o da qualsiasi altra parte. Le ali dell’immaginazione aiutano questi voli pindarici, ma da sole non bastano e per descrivere il mezzo nella sua piena complessità non sono sufficienti delle suggestioni giustapposte.
La mia vita interiore non è mai stata florida e rivelatrice come in quest’ultimo periodo benché in passato abbia esperito più volte fasi d’intenso splendore. Quello di cui scrivo non si presta alla parola perché quest’ultima lo sminuisce e lo banalizza, ne distorce i contorni e ne sabota gli intenti, però io vi ricorro ugualmente per giocare con l’impossibilità stessa grazie alla quale la sua essenza resta impermeabile a tutto il resto. Credo che sia necessario perquisire l’intero universo per restare a mani vuote, ma ciò esattamente cosa significa? Probabilmente niente, è soltanto una facezia dal retrogusto iperbolico, però da una sua prima lettura scaturiscono un’immagine spontanea e un’associazione d’idee che sanno farsi entrambe latrici di piccoli indizi personali. Non c’è nulla di oggettivo qua in mezzo, tuttavia può darsi che io non sappia né possa captarlo in quanto non sussistono pre(te)se di universalizzazione.
Per qualcuno altrove non vi è un altrove e la mia ripetizione lo vuole sottolineare, io invece mi chiedo laggiù quale sia la stella del mattino e con quali colori la ionizzazione dell’atmosfera ivi regnante dipinga i crepuscoli. Forse si possono sentire tutti i sapori del cosmo tramite lente e ripetitive cucchiaiate di un riso bianco che sia stato cotto sul fuoco sacro di tutti i millenni a disposizione. Non posso restare attonito dinanzi a niente, anzi, non posso proprio restare più del dovuto perché con la mente ho già fatto le valigie per la prossima incarnazione. Attendo sereno un passaggio o l’ultima corsa per il primo passo di un ennesimo ciclo.

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6
Mar

Gli evidenti limiti dell’empatia

Pubblicato sabato 6 Marzo 2021 alle 18:33 da Francesco

Le incessanti e multiformi sciagure umane offrono occasioni innumeri per indossare i panni altrui, ma quanto può durare l’identificazione in una tragedia che non sia privata? Ogni giorno l’umanità si macchia di ingiustizie sempre nuove e fa crescere con cura quelle ormai radicate, ma anche i più volenterosi alfieri dell’empatia in quale misura riescono davvero a identificarcisi? Forse la psiche umana possiede un meccanismo di difesa che le impedisce di fare propria la sofferenza di qualcun altro quando l’assimilazione di quest’ultima, oltre un determinato grado, risulti troppo nociva per chi se ne faccia carico? Mi pare che spesso le parole si dimostrino la massima espressione di vicinanza ai drammi di terzi, ma talora lo sono in quanto nulla di diverso risulta possibile e altre volte, invece, lo diventano in ragione di una fervente ipocrisia.
Non azzardo un’improbabile disamina dal tono vago e generale, bensì accenno l’analisi della questione sulla base della mia esperienza ed entro quest’ultima la circoscrivo. Seguo con una certa assiduità le notizie di geopolitica e dunque sono avvezzo alle storture delle società umane, ma non riesco a esperire una vera e propria partecipazione emotiva ai fatti di cui leggo. Anche i filmati più cruenti non destano in me intensi moti d’empatia benché talora veda apparire nella mia mente uno spontaneo senso di pietà. Non avverto il dolore altrui come se fosse il mio e mentirei se sostenessi il contrario, difatti quest’ultimo non attecchisce sulla mia interiorità, non vi lascia segni e tutt’al più può ingenerare una fugace impressione dovuta spesso più alla forma che alla sostanza.
Posso trovare aberranti le morti legate alla contesa di un lembo di terra come il Nagorno Karabakh, posso definire atroce l’ennesimo massacro di civili in una provincia irachena, posso considerare inumani gli efferati omicidi e le torture di cui i cartelli messicani si rendono protagonisti, ma alla fine tutte queste legittime opinioni a me sembrano soltanto un espediente autoreferenziale per alleggerire la coscienza da altre sue beghe. I pensieri hanno di sicuro un loro peso, ma in questo ambito credo che siano del tutto inutili quando il loro sviluppo si arresti a una forma scritta, mentale o verbale, quando insomma non concorrano a qualsiasi titolo per ispirare un intervento concreto. Provo a distinguermi da certi soggetti già nel momento in cui soppeso la questione, ma finirei per omologarmi alle loro edificanti illusioni se pensassi di esserne estraneo solo per la formulazione di interrogativi siffatti.

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4
Mar

Bagno di sangue davanti alle Andamane

Pubblicato giovedì 4 Marzo 2021 alle 03:02 da Francesco

Sto seguendo gli sviluppi del bagno di sangue che è in corso in Myanmar. All’inizio il golpe mi aveva fatto sorridere perché ne avevo visto soltanto un filmato buffo e grottesco, poi diventato virale, ossia quello di un’istruttrice di fitness che, registrando la propria lezione, senza volerlo aveva catturato il momento in cui un gruppo di militari si stava avvicinando alla zona del parlamento per mettere in atto il colpo di stato.
Nei giorni seguenti non ho più prestato molta attenzione alla vicenda perché sapevo che in passato l’ex Birmania era stata sottoposta a una giunta militare per parecchio tempo, inoltre negli ultimi anni, almeno nel consesso internazionale, la figura di Aung San Suu Kyi ha subito delle forti critiche per la posizione di quest’ultima nei confronti della minoranza Rohingya e quindi, sommando questi elementi, pensavo che il paese si avviasse a una sorta di rassegnata restaurazione, un ritorno all’ancien régime.
Poi ho visto un’immagine che credo sia destinata a diventare iconica, ovvero quella di una suora in ginocchio davanti a un gruppo di soldati, ma prima di prenderla per buona ho fatto qualche ricerca e alla fine mi sono convinto della sua autenticità. Ho rovistato in certi angoli del web per trovare delle testimonianze filmate su quanto stia davvero accadendo nel paese e ho scovato delle immagini piuttosto cruente, ma nulla che non abbia già visto in scenari simili a diverse latitudini: la morte e la sofferenza si vestono quasi sempre allo stesso modo.
Nelle ultime ore mi ha colpito la storia di una giovane manifestante di diciannove anni, il cui nome pare che fosse Ma Kyal Sin: in varie immagini brandisce una bottiglietta di Coca Cola contro i soldati e sfoggia una t-shirt con su scritto Everything will be OK. In un’altra foto, che suppongo sia sta scattata poco dopo le altre, è ritratta con un buco in testa procuratole da un cecchino durante una protesta a Mandalay. Non so come si risolvano certe questioni di diritto internazionale e sono altri i soggetti che ricevono laute prebende per esercitare la medesima incertezza, però mi pare che si stiano formando tutte le premesse per l’avvio di una guerra civile simile a quella siriana. Già girano varie istruzioni a tema su come fabbricare bombe Molotov e su come mettere in difficoltà i cecchini.

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27
Feb

Un’attuale parentesi di particolare magnitudine

Pubblicato sabato 27 Febbraio 2021 alle 02:10 da Francesco

Sono pervaso da tali quantità di energie e creatività che fatico a canalizzarle. In me v’è un surplus che posso sfruttare solo entro un certo arco di tempo e di conseguenza corro il rischio di sprecarne una parte. Non sono in grado di stipare simili risorse per usarle all’uopo, tutt’al più posso allungare la durata della loro efficacia ed è infatti quanto mi riprometto di fare. L’attuale circostanza è dovuta alla conclusione di certi impegni che ho assolto con un po’ di lentezza, perciò ora ho modo di agire sulla scorta di una ritrovata libertà e di un giustificato entusiasmo sul quale non metto zavorre né pesi da novanta.
Plano sulla cupa atmosfera dei tempi correnti come se le disgrazie del mondo non fossero di mia competenza, anche perché di fatto non lo sono: io posso soltanto incidere sul mio modo di interiorizzarle e tutt’al più m’è data la facoltà di non esserne compartecipe nella mia trascurabile misura. Non ho assistenti di volo né ancelle devote, il mio è uno stupendo viaggio in solitaria tra questioni metafisiche e inezie prosaiche. La beltade è una costellazione che talora ammiro da lontano, ma non mi ci avventuro perché ne conosco i pericoli. Sono sulla strada maestra di una meta ignota e non carico di significati il mio soggiorno sulla Terra, inoltre non ne sento sulle spalle il peso planetario e avverto soltanto la sua peculiare forza di gravità.
Le mie iniziative personali sono solipsistiche, si riflettono in me, non hanno velleità esogene e non mi si palesano mai con l’illusione d’una permanenza che oltrepassi la caducità di cui sono interpreti. Di cosa mai dovrei parlare con qualcuno? Posso anche scambiare le parole, ma sono tutte doppioni che ho già incollato su significati più profondi di quanto possa darne conto. Anche al silenzio spettano delle ferite e allora che si discuta d’ogni cosa per non concedere il dominio assoluto a ciò che fu quando nulla era.

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21
Feb

Due maratone in tre giorni

Pubblicato domenica 21 Febbraio 2021 alle 21:40 da Francesco

Negli ultimi tre giorni ho corso 84 chilometri suddivisi in due maratone con ventiquattro ore di riposo tra l’una e l’altra: entrambe da solo ed entrambe a stomaco vuoto. La prima l’ho fatta il 19 febbraio in 2 ore e 55 minuti, ma non mi sono piaciuto e ho accusato l’invadenza dello scirocco, presente anche oggi seppur in tono minore. Qui la traccia Strava: https://www.strava.com/activities/4813520157
La seconda l’ho provata questo pomeriggio ed è andata meglio, difatti l’ho conclusa in 2 ore e 49 minuti faticando di meno e sentendomi più padrone del mio passo. Di seguito la traccia Strava: https://www.strava.com/activities/4826746218
Se lo avessi voluto davvero avrei potuto asservire queste energie per una vendetta di sangue in ossequio allo ius naturale, ma la mia è un’indole costruttiva e sovente ricorro alla cosiddetta sublimazione perché ciò prevede la mia via solipsistica.Febbraio mi ha regalato delle belle soddisfazioni. Le ultime due settimane ho messo in cascina rispettivamente 129,3 e 126,8 chilometri. Il carico mensile per adesso si attesta sui 370 chilometri a una media 4’08” al chilometro, probabilmente il mio mese migliore di sempre.
In questi ventuno giorni ho fatto anche altri test, sempre da solo.
5K: 16’58”
10K: 35’17”
15K: 53’03” (il test migliore secondo me)
Due mezze, una in 1h18’38” e un’altra in 1h19’24”
Mi diverto come il puer che de facto sono ancora e, a scanso d’equivoci, della maggior parte delle cose non me ne fotte proprio un cazzo.

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16
Feb

Gli yogin del Ladakh e Odio, rabbia, violenza e narcisismo

Pubblicato martedì 16 Febbraio 2021 alle 20:30 da Francesco

Le mie ultime letture in ordine cronologico attengono ancora una volta alla saggistica, campo dal quale ormai fuoriesco di rado. Odio, rabbia, violenza e narcisismo è un testo brevissimo, non raggiunge neanche le cento pagine, però è molto denso ed è rivolto a chi abbia già un po’ di confidenza con le tematiche psicoanalitiche. Io non vi ho appreso nulla di nuovo, ma al suo interno ho trovato utile il breve riepilogo delle moderne teorie degli istinti e delle emozioni con l’accostamento allo storico approccio freudiano, tutto volto a particolareggiare gli sviluppi delle prime: interessanti ed esplicativi i casi clinici di esempio. Il tratto preminente di queste pagine a me è sembrato quello della relazione oggettuale, tanto come terreno d’indagine quanto strumento terapeutico a mezzo transfert. Ottima l’esposizione di Otto F. Kernberg. Ormai gli impianti teorici della disciplina mi sono noti da anni, perlomeno nei loro termini essenziali, perciò in futuro proverò a cercare delle opere che pongano maggiormente l’accento sui casi clinici.
L’altro testo in esame l’ho affrontato sul mio fido Kindle 4 (quasi dieci anni d’onorata carriera, con buona pace del consumismo sfrenato) e l’ho scelto per due ragioni: un interesse metafisico e la curiosità verso quei territori nei quali, almeno in parte, già Hopkirk mi aveva condotto tramite un paio di suoi saggi storici, ossia Diavoli stranieri sulla via della seta e Il grande gioco.
Gli yogin del Ladakh è al contempo un resoconto della dimora delle nevi dal punto di vista paesaggistico ed etnico, ma consta anche di molteplici disquisizioni su certe tecniche di meditazione e sul concetto stesso di Dharma, oltre alle divergenze dei vari indirizzi dottrinali, tra l’altro a opera di due uomini (James Low e James Crook) che già erano adusi a determinate pratiche e le cui esposizioni nel testo mi hanno trasmesso la loro esigenza di approfondire le rispettive vie.
Ho trovato un po’ complicato ricavare una visione d’insieme delle scuole e dei lignaggi, perciò la lettura di alcune parti l’ho integrata con delle ricerche sul web. Un passaggio del testo sembra giustificare la moltitudine delle varie tecniche in quanto afferma che esse sono espedienti per persone con diverse capacità e realizzazioni. A livello meramente semantico ho chiarito a me stesso vari termini, tra i quali i titoli di “rinpoche“, “lama” e “geshe“, mentre sotto il profilo storico ho scoperto la figura di Machig Labdron, di cui non sapevo nulla, e la severità di Marpa verso Milarepa che spinse più volte il secondo sull’orlo del suicidio; interessante anche l’aspetto aneddotico che riguarda i personaggi coevi delle peregrinazioni descritte, quindi a metà degli anni ottanta del secolo breve: squarci d’un vivere dove il tempo s’era arrestato da secoli. Una menzione va a Tenzin Palmo, la quale è citata di sfuggita perché nel suo nome s’imbattono Low e Crook mentre lei è in ritiro da anni in una caverna: si tratta di una donna inglese fattasi monaca (bhiksuni) che in seguito sarà costretta a lasciare l’Asia per problemi di visto e finirà in Italia, ad Assisi: quest’ultima circostanza l’ho appurata con una mia ricerca personale.
È un libro che oscilla tra il sacro e il profano, dove al primo è ascritta una ricerca spirituale e al secondo le prosaiche avversità di cui ogni viaggio incerto sa essere prodigo, ma a mio parere questa natura ibrida giova al ritmo dello scritto. Gradito e utile è anche il testo di Padma Karpo su cui gli autori si soffermano verso la fine dell’opera.

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11
Feb

Simmetrie e asimmetrie degli impedimenti

Pubblicato giovedì 11 Febbraio 2021 alle 00:51 da Francesco

Se nei supermercati fossero in vendita dei sorrisi a strappo io ne comprerei diversi rotoli da elargire a certuni, ma il denaro non è la migliore moneta di scambio nel campo della metafisica e l’accesso alle astrazioni di prima necessità è molto selettivo.
Non ho niente da condividere e l’ultima fabbrica di consolazione l’ho chiusa anni fa, però rivolgo i miei sinceri auguri a chiunque non se la stia passando bene. Mi risulta che anche la panacea di tutti i mali sia fuori produzione mentre le repliche cinesi del vaso di Pandora vanno per la maggiore. Taluni aspettano con ansia di vedere la luce in fondo al tunnel, ma io auguro loro di raggiungerne la fine prima che la galleria crolli e poco importa se ciò avvenga nottetempo, senza la trascurabile e invadente testimonianza dei raggi solari.
La maggior parte dei problemi sono falsi e il loro smercio non avviene d’estate sulle spiagge a opera di uomini subsahariani, bensì ogni singolo individuo si occupa della propria contraffazione e dunque coltiva da sé dei fardelli a chilometro zero. La stupidità e l’autolesionismo sono legali, anzi, a me sembrano persino incentivati e incensati, perciò chi vi si dedichi tutt’al più può finire per ottenere il patrocinio di qualche autorità. D’altro canto c’è chi ama le montagne russe e chi sogna di vedere da vicino le Pleiadi. Io conosco le soluzioni adatte al mio caso specifico ed esse si basano su leggi che io considero generali, ma non spetta a me enunciarle perché a malapena riesco a dimostrare le loro applicazioni su di me; sulla vita di terzi non m’è dato esprimermi né lo voglio, inoltre non faccio di cognome D’Alembert e quindi non possiedo velleità enciclopediche. In ragione di tutto ciò sono la persona meno indicata come empatico confidente poiché conosco le autentiche misure delle distanze tra individualità distinte ed esse sono incolmabili.

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9
Feb

Vizio di forma in un cielo grigio

Pubblicato martedì 9 Febbraio 2021 alle 21:21 da Francesco

Ieri, nel tardo pomeriggio, mi sentivo stanco e svogliato per degli impegni improvvisi che mi avevano colto nelle ore precedenti, ma alla fine, verso l’ora dell’imbrunire e in ragione della mia autodisciplina, ho deciso di allenarmi lo stesso. La giornata era ventosa e plumbea, tutt’altro che invitante o consolatoria, però appena ho avuto modo di perdermi con lo sguardo verso settentrione mi sono sentito rinvigorito e sono stato pervaso da un’energia intensa che si è irradiata in tutto il mio essere. Mi è bastato vedere in lontananza uno squarcio di cielo terso affinché al mio interno, senza la mediazione della volontà né di chi ne fa le veci, s’innescasse una strana forma d’entusiasmo con un rapido effetto a catena.
A tutta prima quella circostanza si è rivelata benefica e l’ho sfruttata per svolgere una buona prestazione, ma qualche ora dopo ci ho ripensato e non me ne sono compiaciuto. Poco importa che il condizionamento sia positivo o negativo, difatti è esso in quanto tale a costituire un problema benché talora possa sembrare un fortuito ausilio. Non avrei avuto nulla da ridire su quest’episodio se mi fossi limitato ad apprezzare un’apertura di luce tra le nubi del crepuscolo, ma quella visione ha rivoluzionato il mio stato d’animo in un istante e ha quindi dimostrato un potere che io non voglio accordare così facilmente a tali dinamiche.
Non posso controllare ogni singola influenza e se ci provassi le altre passerebbero in secondo piano perché le riassumerei nella costante illusione di sottometterle tutte al mio dominio, ma di sicuro ho modo di assurgere a un grado ancora più alto di controllo e consapevolezza per contenere quelle situazioni in cui, in misura variabile, posso trovarmi alla mercé di dettagli apparentemente secondari. Innumerevoli e mimetizzati tra le molteplici inezie della quotidianità, i condizionamenti assumono forme, modi e schemi di difficile catalogazione, ma io credo che la banalità di tutto ciò a livello concettuale sia inversamente proporzionale rispetto alla difficoltà di tenerne conto nella vita pratica.

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8
Feb

Le paure

Pubblicato lunedì 8 Febbraio 2021 alle 01:25 da Francesco

Qualche ora fa, mentre correvo sotto i minacciosi nembi di un inverno mite, mi sono chiesto quali siano i miei timori più profondi e in quale misura mi condizionino. Non sono riuscito a darmi risposte convincenti e non ho proprio idea di cosa mi spaventi davvero, però immagino che certe paure siano sopite al mio interno, ascose, pronte a uscire allo scoperto appena si presenti l’occasione per un agguato, a mo’ di vietcong nella giungla.
Non ho mai esperito attacchi di panico e credo che almeno in parte ne abbia scongiurato l’insorgenza grazie all’introspezione, tuttavia ho visto quale egemonia sanno ottenere quei disturbi su altre persone e ne sono rimasto sorpreso. Di cosa dovrei avere apertamente paura? Della mia morte? O di quella di mia madre, l’unica persona a cui voglio bene? Della povertà? Della malattia? Dell’invecchiamento? Di perdere un’identità che non ho né cerco? Del ritiro improvviso del burro di arachidi dai supermercati?
Vivo con un ricercato senso di abbandono che mi facilita l’esistenza, perciò sono poche le cose a cui tengo e forse anche di quelle alla fine non m’interessa poi tanto. Non sono un terreno fertile per certe inquietudini perché in me mancano le premesse necessarie al loro compimento, ma anche nel mio sottosuolo qualcosa dev’esserci e io continuo a scandagliarne le profondità.
Mi sento davvero di passaggio su questo pianeta, non ho ambizioni vere e almeno a livello conscio non cerco niente di particolare, però non mi sento immune da certi moti dell’animo. Oltre al corpo alleno la mente affinché si renda terza rispetto a quanto l’attraversa, ma talvolta gli sforzi non mi sembrano adeguati o forse io non riesco a coglierne gli effetti. Di questi miei anni, i quali per me rientrano in pieno nella tarda gioventù, non so cosa conservare perché anche i cimeli mnestici non mi appassionano molto, tuttavia sono contento di trovarmi su un mondo del quale non m’importa quasi niente. Vada tutto come deve andare e il resto lo segua di buona lena.

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6
Feb

Pagina 777 del Televideo

Pubblicato sabato 6 Febbraio 2021 alle 15:54 da Francesco

Di certo animato da buone intenzioni e da un’ingenuità di fondo, qualche giorno fa un conoscente di vecchia data mi ha detto: “Scusa, ma perché tutta l’energia che usi per la corsa non la investi in qualcos’altro? La vita poi passa, guarda me che ho già sessant’anni”.Non ho trovato affatto peregrina quell’esternazione, tuttavia, come spesso accade in questo genere di cose, l’altra persona in realtà si stava rivolgendo a se stessa.In quel momento, mentre parlavamo, probabilmente mosso da un’insoddisfazione di fondo, egli ha visto nella mia età (ancora relativamente giovane) una panoplia di possibilità inespresse, di vie non battute e l’inspiegabile preminenza da me accordata a qualcosa che per lui non conduce a nulla, irrazionale e insensato; forse ha provato in se stesso un fastidio inopinato per le sue occasioni mancate, come se tra sé e sé si fosse detto: “Ah, se avessi i tuoi anni, io farei questo e quello”.Ci sta, rientra nel cosiddetto e consunto ordine delle cose, ma la mia visione della realtà differisce dalla sua e io ricerco un gusto superiore, dove “superiore” non risponde a un sistema gerarchico, piramidale o verticistico, ma è cosa altra da questo tipo di categorizzazioni e anzi, la sua essenza verte sulla loro costante elusione.La mia reazione sarebbe stata più sbrigativa e inautentica (miope, limitata, fuorviante) se mi fossi risentito per quella frasetta, come se l’avessi presa per un atto di lesa maestà nei confronti di qualcosa a me caro, ma verso cui invece, anche e soprattutto nella pratica, devo mantenere un certo distacco proprio per ossequiare la ricerca di quel gusto superiore. Su tante cose soprassiedo perché non posso mettere sempre i sottotitoli, quindi lascio a terzi l’onere di andare alla pagina 777 del Televideo.


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