10
Mar

Transito orientale

Pubblicato venerdì 10 Marzo 2006 alle 12:20 da Francesco

Mi vedo in una zona imprecisata dell’Asia. Deambulo tra animali da soma e teste coperte dalla kefiah. Sono circondato da tante parole rumorose dedite allo scambio di mercanzie nel polveroso bazar cittadino. L’architettura dell’urbe è ammantata dalla sacralità delle divinità aniconiche e dalla memoria di una ritualità ancestrale. L’aria è viziata dagli odori pesanti provenienti dalle cucine di donne stanche e rassegnate. Uomini anziani sbirciano le anime dei passanti, mentre i bambini, che un giorno prenderanno il loro posto, corrono senza una meta tra lo stridore delle voci coperte dall’ala della povertà. Il sole disegna ombre all’interno di vecchie automobili e fa risplendere i ricordi dei cofani arrugginiti. Uomini scuri, nel pieno del loro vigore, accennano melodie etniche e sussurrano imprecazioni contro le radiazioni solari. Donne troppe belle per l’umanità sperano che io non le guardi, e allo stesso tempo si augurano che io deluda le loro speranze per imboccare il loro ingenuo narcisismo; il volto della loro femminilità è avvolto dai colori del chador. Qua il cielo non è blu, è biblico. Io, feroce bestemmiatore maremmano, puro miscredente, non riesco a pofanare l’etere di questa incantevole valle di un passato presente.

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10
Mar

Another day

Pubblicato venerdì 10 Marzo 2006 alle 08:51 da Francesco

È nato un altro giorno. Pulsioni incontrollabili e noia tra i banchi di scuola, desideri repressi e serenità tra le pareti degli uffici, sguardi criptici in ogni angolo del mondo urbanizzato. Ogni giorno viene presentato un menù diverso al tavolo di ogni individuo; tragedie o eventi lieti, rivoluzioni personali o silenzio reazionario, fasce da nascituro o crisantemi da defunto. Il tempo è testardo e stacanovista, dietro di sé lascia rughe e libri di storia. Mi eccita il divenire di ogni cosa e sono felice di invecchiare senza fretta. Il mio lato infantile è ancora legato agli anime giapponesi e ai videogiochi, infatti il mio ludo fa perno sull’industria dell’intrattenimento del Sol Levante. Credo che il tempo perso sia quello dedicato al conteggio della perdita del proprio tempo. La mia scrittura è un po’ sconnessa perché non subordino immagini improvvise al rigore della logica. È una giornata stupenda, nonostante sia priva di qualcosa di speciale.

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9
Mar

Lo stato di grazia

Pubblicato giovedì 9 Marzo 2006 alle 17:35 da Francesco

Sono esaltato dalla mia esistenza. Difendo il mio senso dell’amore a spada tratta e seguo un mio codice morale che non ha radici in nessun credo religioso. Ho lasciato dietro di me molte persone melliflue e ho ucciso l’importanza delle loro carni. La mia katana è formata dalla parola e dall’azione. La lama del mio verbo ha trapassato legami consanguinei e rapporti longevi. Tutta questa violenza morale è dovuta al mio desiderio di dilaniare le maschere che insinuano la mia integrità. Non voglio essere sottomesso dalle orde della falsità e della comodità, non voglio compromettere né contrattare la purezza dei miei sentimenti solo per evitare la mano oscura della solitudine sine die. So che dipingo con tinte epiche il mio comportamento integralista nei confronti dei sentimenti e non posso farne a meno. Mi sono educato da solo in un isolamento prolungato, non temo più il silenzio e il vuoto, e so che la via giusta per i miei passi è rappresentata dallo sguardo di una mademoiselle di cui prendermi cura nel rispetto della sua individualità. Forse la mia età mi rende ancora troppo acerbo per addentrarmi così in profondità, ma non temo il tempo né la perdita della mia primavera. Sono armato di parole e pronto a essere concreto ipso facto. Sorrido con determinazione perché sono in stato di grazia.

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9
Mar

Frammenti d’oltralpe

Pubblicato giovedì 9 Marzo 2006 alle 06:40 da Francesco

Oggi Luis è un uomo abbastanza alto, sovrappeso e villoso. Sul suo cranio non fioriscono più i capelli e anche le sue speranze hanno smesso di sbocciare. È nato in Portogallo, ma da bambino si è trasferito in Francia, a Lione, per il lavoro del padre. Sua madre era una donna devota alla religione, mentre suo padre, nonostante un’apparente morigeratezza, era un habitué dei bordelli, e provava una forte attrazione per le prostitute minorenni. Un giorno ci fu una retata e suo padre venne arrestato, sua madre, nonostante conoscesse già le perverse abitudini del marito, cadde in depressione per lo scandalo e pochi mesi dopo si uccise con una forte dose di barbiturici. Luis lasciò Lione dopo la morte della genitrice e si trasferì a Parigi alla ricerca di una nuova vita. A diciassette anni iniziò a lavorare come barista in una bettola della banlieue parigina, conobbe personaggi pittoreschi e madame dagli abiti succinti. Trascorse tre anni tra i fumi dell’alcol e dei revolver. Una notte ci fu una violenta rissa e il suo capo venne ucciso a bastanote fuori dal locale, Luis capì che era ora di cambiare aria e se ne andò prima dell’arrivo dei gendarmi, portando via con sé l’incasso delle ultime serate. Durante quegli anni visse come squatter assieme a Jerome, il più grande figlio di puttana di tutta la parte est di Parigi, come egli amava definirsi. Un giorno Luis conobbe la sorella di Jerome, Juliette, che viveva a Bercy e lavorava come cameriera a Montparnasse. Lei era una bellissima ragazza, figlia della Parigi popolare. Longilinea. Aveva i capelli castani e lisci fino alle spalle, degli zigomi pronunciati che sottolineavano lo splendore del suo sorriso, una bocca meravigliosamente carnosa e un seno caratterizzato da una perfetta simmetria che le conferiva una profonda femminilità. Luis, grazie all’esperienza triennale nella bettola di periferia, trovò nuovamente lavoro come barista nei pressi di Saint Germain. Alcune sere staccava prima dal lavoro per accompagnare Juliette fino a Bercy, dove ella viveva con la madre. Le stagioni mutavano, i clienti andavano e venivano, la routine non accusava il peso degli anni e il rapporto tra il fuggiasco di Lione e la sorella del più grande figlio di puttana della parte est di Parigi continuava la sua ascesa. Luis e Juliette passarono la notte di un Capodanno imprecisato tra lenzuola di lino e fragranze d’incenso. Lei era stupenda, sorrideva con malizia e lasciava che i suoi capezzoli mostrassero tutto il loro vigore, lui la guardava con soddisfazione mentre la sua mano lusitana accompagnava un bicchere di Chardonnay alla bocca della sua raison d’etre. Passarrono gli anni, le sere, le scopate, e iniziò ad accumularsi il denaro, lo stress e l’adipe sui fianchi. Luis e Juliette ebbero alcune crisi durante la loro relazione e si separarono più volte, ma alla fine, in un giorno di giugno decisero di sposarsi. Nel frattempo la madre di Juliette era morta e questo permise a Luis di andare ad abitare nella casa della sua sposa. Anche Jerome era morto, era stato ritrovato disteso davanti ad alcuni vespasiani sporchi e maleodoranti; le sue braccia avevano così tanti buchi da sembrare alveari per le api drogate. Nonostante i lutti e il peso degli anni non mancarono nuove occasioni per i tumulti di gioia. Juliette dette i natali a una bambina, ma morì durante il parto senza che nessuno se ne accorgesse. Anche la bambina morì perché l’ostetrica che la teneva in braccio svenne e la piccola cadde come corpo morto cade. Fu una semplice tragedia, un dramma troppo essenziale per trovare un posto temporaneo tra i quotidiani. Luis non seguì le pratiche giudiziare, preferì la consolazione delle parole liquide dell’alcol. Vagò lungo ogni rue di Parigi per mesi e spese gran parte del denaro che aveva risparmiato per Juliette e per il frutto della loro passione. Trascorse alcune sere seduto nel buio, nei pressi di un ristorante, i pensieri erano offuscati e il vuoto dell’animo suo era scandito dalle note stonate di un ragazzino rom che suonava con la fisarmonica al collo in cambio dell’elemosina. La fin de sa vie.

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8
Mar

Testosterone

Pubblicato mercoledì 8 Marzo 2006 alle 19:56 da Francesco

Mi sono appena fatto una doccia e mi sento più rilassato del solito. Prima di lavarmi mi sono masturbato, permettendo così alle mie fantasie erotiche di liberarsi in un flusso di liquido seminale. Mi piace toccare i miei arti con delicatezza. Alcune volte mi sento scisso in due; da una parte io e il mio corpo, dall’altra io e il mio erotismo chimerico. In passato ho provato a elaborare fantasie omosessuali per tentare di spiegare l’assenza della mia attività sessuale, ma ne sono rimasto nauseato perché la mia natura è eterosessuale. A quanto pare il mio culo è destinato a rimanere sigillato, mentre le mie pulsioni sono destinate a proiettarsi sui caratteri somatici di una esponente del gentil sesso. Mi chiedo cosa si provi a sentirsi desidearti e mi chiedo se io abbia mai provocato desiderio nelle fantasie di qualcuno. La voluttà è un’amenità rispetto a ciò che sorregge la mia verginità, ossia la convinzione che per me una scopata deve essere un selvaggio atto d’amore. Sono un fautore della masturbazione, ma penso che passare un’intera vita a farsi le seghe debba essere deprimente. Ironizzo su me stesso perché mi fa ridere la mia goffaggine sessuale. Tra poco mangerò un po’ di yogurt e un po’ di prosciutto, berrò del succo tropicale e poi mi addormenterò sognando i gesti d’affetto che talvolta seguono una sana copulazione.

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8
Mar

Organi in vendita

Pubblicato mercoledì 8 Marzo 2006 alle 09:43 da Francesco

Ho letto una notizia piuttosto macabra sulle pagine di America Oggi. È stato scoperto, da circa un anno, un traffico di organi a Brooklyn, nella ridente metropoli di New York. I principali accusati sono un imbalsamatore e un dottore. Gli organi venivano estrapolati dai cadaveri e preparati per il trapianto all’insaputa dei pazienti e delle famiglie dei defunti. Probabilmente sono stati falsificati alcuni certificati di morte per presentare organi apparentemente sani e di conseguenza è stata messa in pericolo la salute dei malati. Forse anche in Italia è in atto una speculazione analoga sulla vita e sulla morte senza che nessuno lo sappia, d’altronde la malasanità è una delle peculiarità nazionali, al pari della pasta e del Colosseo. Nell’Europa orientale esiste un florido mercato nero, nel quale è possibile acquistare un rene per 3000 dollari. A quanto pare la Moldova detiene il primato della compravendita umana. Non riuscirei mai ad andare in un clinica dell’Est per un trapianto e non per un impedimento di natura morale, bensì per il timore dei bisturi slavi. Non c’è dubbio che la prevenzione è meglio della cura ed è per questo motivo che faccio una vita abbastanza sana, di modo che si allontani lo spettro della dialisi e l’ombra di qualsiasi patologia dovuta o favorita da una cattiva condotta di vita.

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7
Mar

Reportage degli ultimi minuti

Pubblicato martedì 7 Marzo 2006 alle 15:46 da Francesco

La mia città è illuminata da una giornata stupenda, le condizioni atmosferiche sono impeccabili e non c’è nulla che possa turbare la pacatezza del mio ennesimo dì lagunare. Le casse amplificano i ritmi latini della chitarra di Marc Antoine e il mio udito ne approfitta per deliziarsene. Le mie giornate continuano a trascorrere tutte uguali e un po’ incolori, ciò nonostante sto bene. Nella mia vita non c’è nulla d’importante, ma non è grave. Sono rilassato, però il mio è un relax bizzarro; per me è come prendere il sole a Sarajevo durante la guerra dei Balcani, disteso su una sedia a sdraio in mezzo alle bombe, ai cecchini, alle rovine urbane e alle famiglie in lutto. Nella mia vita non c’è nulla che giustifichi lo strano sorriso che sorge spontaneo sul mio volto e sinceramente non sento il bisogno di trovare una ragione al mio piacevole stato di requie. È possibile che io abbia già raggiunto il nirvana? Non ho raggiunto la beatitudine, ma mi sento ugualmente beato. Nonostante il mio benessere sono consapevole dell’importanza di un sentimiento nuevo e non lascerò mai che la mia individualità mi neghi il tentativo di rendere felice un’altra persona. Ogni cosa a suo a tempo, ammesso che ci sia un tempo per ogni cosa.

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7
Mar

Le Antille

Pubblicato martedì 7 Marzo 2006 alle 10:58 da Francesco

Sono stato due volte nelle Antille e in entrambe le occasioni ci sono rimasto per un mese. Ero piccolo, avevo dieci anni e la fortuna di viaggiare con i miei. Nel primo viaggio caraibico ho raggiunto la Guadalupa e la Martinica, due isole appartenenti alla Francia. Ricordo l’interminabile volo transoceanico a bordo di un 747 della Air France, ricordo l’attesa all’aeroporto, il check-in e il contrasto di espressioni causato dalla frenesia dei passeggeri e dall’indolenza di alcuni lavoratori transalpini. La mia memoria non ha lasciato sbiadire il ricordo dello stupore che ebbi alla vista dell’imponenza degli aerei, indaffarati con decolli, atterraggi e intime comunicazioni con la torre di controllo. Non ho ricordi nitidi della mia permanenza sulle due isole, ma solo immagini frammentarie; uno di questi ritratti incompiuti rappresenta un bellissimo porto serale, costellato da luci economiche, ornato con le reti dei pescatori e profumato con un invitante odore di fritto proveniente da un ristorante sulla sabbia. Mi tornano in mente delle bellissime creole con un portamento sensuale e la strana eleganza delle loro vesti, le più semplici che io abbia mai visto. Il ricordo più profondo di quel mese centroamericano è la quiete scandita da tramonti lentissimi. Sono ritornato nelle Antille a distanza di un anno dal primo viaggio e sono restato un mese nelle Isole Vergini, più precisamente a Saint Thomas e a Saint John, entrambe appartenenti agli Stati Uniti. A Saint Thomas ho visto un poliziotto canuto, basso e tarchiato mettere le manette a un energumeno in canotta. Mi ricordo di essere stato ipnotizzato dalla volante perché aveva una foggia simile a quella delle auto del 911 tipiche dei telefilm polizieschi. I miei ricordi sono superficiali perché appartengono a un bambino italiano di dieci anni. Vorrei sporcarmi di nuovo i piedi con quella sabbia e degustare la cucina locale assieme alla mia inesistente compagna di vita.

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6
Mar

Vivisezione visionaria

Pubblicato lunedì 6 Marzo 2006 alle 06:44 da Francesco

Non ricorda il suo nome né la natura della sua lingua madre. Osserva le sue braccia, le ruota, le analizza con attenzione certosina e le ripone nella loro posizione naturale. Capovolge nuovamente il suo avambraccio destro, ma il risultato è il medesimo; non vede più le vene del suo corpo, ma solo radici vischiose che nutriscono il suo organismo con un terrore senza nome. La sua pelle cade come fosse una chioma autunnale e lascia nudi gli arti d’ottone. Le sue sembianze hanno assunto la forma di un homo sapiens forgiato dai libri dell’alchimia. Si trova in una stanza oscura e ovattata, in cui aleggiano polveri viola che emettono luci tenui e inquietanti sorrisi amorfi. Le pareti sono tappezzate di porte; ai lati, sul pavimento e sul soffitto. Ogni porta ha tre maniglie e ognuna di esse apre una realtà diversa. Esistono combinazioni infinite con le quali osservare le varibili infinite degli eventi infiniti che si alternano tra genesi e distruzione nella crescente infinità della concezione di spazio e tempo. Le dinamiche dell’eternità restano proibitive per le menti delle razze primitive assorte nel ludo del livello primordiale dello scibile: altalene di eternit, risate al monossido di carbonio ed eruzioni radioattive. Lui, la forma di vita antropomorfa, corre per la stanza, ma essa adatta la sua posizione al movimento del folle maratoneta e rende vano ogni suo tentativo di fuggire dalla scelta di una realtà. Egli deve scegliere una porta e girare una delle tre maniglie. Lui non vuole aprire nessuna realtà perché teme ciò che si trova al di là di ogni parete, ma non ha altra scelta, se non quella di trascorrere la sua breve eternità tra i riflessi accuminati delle serrature. Adesso è tutto fermo: sono immobili sia la stanza che l’ennesimo protagonista di una storia mai scritta. Alcune gocce di sudore cadono e rimbalzano prima di toccare una qualsiasi delle sei facce della stanza cubica. Egli se ne accorge ed è intimorito dal moto indipendente del liquido espulso dalla sua cute. Le gocce di sudore si moltplicano e tracciano traiettorie elittiche ad altà velocità, il timore cresce parimenti e permette anche alle lacrime di iniziare la loro evasione dal corpo per aggregarsi alla ridda del sudore; la stanza è affollata dalla rapidità liquida. La danza delle secrezioni umane si chiama angoscia, ma è anche conosciuta come tormento o pena e costringe ogni affittuario ad agguantare una maniglia della stanza dalle mille porte. Spesso una scelta dettata dalla tempesta di lacrime e sudore è pari a una morte consenziente dentro quelle quattro mura traboccanti di scelte. È indispensabile ponderare la scelta con attenzione e comportarsi come un meditabondo invece di agire come un aspirante moribondo. L’imperfezione della razza dalla quale egli proviene, quella umana, è originata dall’incapacità di fondere la ragione e il sentimento per creare una lega metallica decisionale. La ragione è l’alfiere del sentimento e solo il connubio tra questi due elementi permette di indicare alla mano su quale pomello posarsi. Ed egli? Egli non è. Talvolta è utile sostituire egli con la seconda persona singolare di una lingua neolatina.

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5
Mar

Torpore

Pubblicato domenica 5 Marzo 2006 alle 22:23 da Francesco

Ho passato l’intero pomeriggio all’interno di una forte attività onirica svoltasi durante un costante dormiveglia. Tra poco mi rimetterò a letto e probabilmente mi sveglierò domattina. Se riuscirò ad alzarmi presto uscirò e andrò a correre, altrimenti rimarrò in casa e mi dedicherò al vogatore e alla lettura. Provo un piacevole torpore. Se mi volto vedo il materasso che ammicca, con malizia ed esperienza, alla mia schiena. Il mio letto mi vuole supino e rilassato, e non riesco a dirgli di no. Quando sono stanco mi sento molto dolce e pervaso dal desiderio di condividere le coperte con la ragazza che non ho. Il mio desidero venereo è più intenso che mai. Da alcune settimane un ingiustificato senso di benessere, che ho accennato più volte nelle righe precedenti, acquieta ogni mia frustrazione e mi rende invulnerabile da ogni attacco dell’impulsività. Credo che sia importante mantenere il contatto con la realtà, anche quando essa è terribile e angosciosa. Penso che sia pericoloso nascondersi dentro le chimere e vivere esclusivamente di fantasie e deliri. La realtà può essere stupenda, anche quando ogni sua sfaccettatura appare un vicolo cieco dal quale sembra impossibile uscire. Sono giunto al termine del mio stato di coscienza domenicale e concludo con un sorriso.

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