23
Lug

E altro non mi sovviene

Pubblicato venerdì 23 Luglio 2021 alle 00:42 da Francesco

Quali impressioni ricavo da questa estate che consta di allarmismi, tensioni vaccinali e fulgidi esempi di giustizia privata? Invero nulla d’inedito affiora alla mia mente e ogni evento infausto presenta il retrogusto vintage del paleolitico. Mi creo opinioni per diletto e, occasionalmente, per fini pragmatici, ma non sono un appassionato della ragione a tutti i costi (eccetto di quella che induce a… ragionare) e quindi mi arrogo il diritto di cambiare opinione quando ciò si profili come un dovere verso qualcosa di oggettivo o in ossequio alle mie intuizioni.
La profonda fiducia che nutro nella scienza non travalica i confini del fanatismo e io non mi considero un positivista tout court, perciò sono passato dall’idea iniziale di vaccinarmi alla ferma convinzione di non farlo. Ricorrerò a un oneroso tampone quando mi si presenterà l’esigenza di ottenere il salvacondotto verde. Ho maturato questa decisione sulla scorta di ragioni che non hanno (né possono avere) alcuna pretesa d’oggettività, difatti non ho titoli né competenze per esprimermi in materia, tuttavia mi è ancora data la facoltà di autodeterminarmi in base alle informazioni da me raccolte tramite soggetti che già si sono sottoposti alla vaccinazione con reazioni piuttosto diverse, nonché sulla base di un mio crescente pregiudizio dovuto a casi di morte la cui correlazione con l’inoculazione non è comunque provata.
Qualche anno fa non mi feci problema alcuno a firmare un consenso informato per il richiamo dell’antitetanica, ma oggi non mi sento di fare altrettanto per questa iniezione “salvifica”. È una lotteria a cui non voglio partecipare, tuttavia se a causa di questa mia scelta dovessi poi perire allora mi meriterei il seguente epitaffio: “Egli fu un coglione”. Così passa la gloria del mondo, com’ebbe a dire Berlusconi con una locuzione latina quando Gheddafi fu scannato dai ribelli libici dieci anni or sono.

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14
Lug

A ragion di nulla

Pubblicato mercoledì 14 Luglio 2021 alle 21:40 da Francesco

Non sono stato contagiato dal virus pandemico e quindi non sono stato nemmeno conteggiato nel novero dei positivi, però non ho contratto neppure l’isterico entusiasmo dovuto alla vittoria calcistica dell’Italia. Non m’interessa il disinteresse né la sua ostentazione benché in modo del tutto incidentale traspaia da queste stesse parole. Ancora mi sfugge la ragione per la quale un’intera specie si affaccendi tra le proprie ingiustizie e le sempiterne esigenze delle rispettive omeostasi, ma capisco come una volta nati sia difficile togliersi il vizio d’invecchiare.
Non so se debba sorprendermi per qualcosa, ma all’uopo posso fingere meraviglia e concitata partecipazione per ossequiare i formalismi della prevedibilità. Non incorro né ricerco spiegazioni ultime per la pertinace espansione della vita, ma esprimo trascurabili e silenti perplessità al cospetto della sua ostinazione imperativa. A trentasette anni non mi metto a disegnare nuovi orizzonti né coloro le figure, bensì mi limito a ricalcare le didascalie che descrivono lo stato dell’arte, o meglio, l’incessante decomposizione a cui è sottoposta ogni cosa nella sua intrinseca deperibilità.
Per mezzo di deliberati errori matematici, il vittimismo eleva a potenza le miserie umane e così ne snatura la portata affinché la loro percezione cambi in ragione delle esigenze personali. Non mi sembra che l’oggettività sia oggetto di desiderio, ma se anche lo diventasse, allora il suo eventuale possesso sarebbe sempre parziale, come quando un’opera d’ingegno finisce dalle mani dell’autore in quelle di un acquirente. Le idee sono ingombranti e aumentano di volume con la polvere che raccolgono quando indugiano nella stasi astrattiva che è loro propria.
Quindi, in ultima analisi, cosa bisogna fare? In generale nulla, ma credo che sia una buona abitudine quella di usare il plurale maiestatis il meno possibile. Oscillo tra il fatalismo e la sua trascurabile negazione perché di fatto frequento quasi sempre una noncuranza di fondo e tanto mi basta anche quand’essa non paia affatto abbastanza.

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5
Lug

Tra i due litiganti il terzo… ode

Pubblicato lunedì 5 Luglio 2021 alle 23:36 da Francesco

Ieri notte, all’improvviso, la mia attenzione è stata richiamata dal vibrante litigio di una giovane coppia. Lui voleva lasciarla perché a suo parere erano incompatibili, inoltre non sopportava gli amici di lei. Secondo la giovane invece loro due si completavano a vicenda, ma ogni volta che lo ripeteva il ragazzo dissentiva con crescente fermezza. A un certo punto lei ha detto: “Abbiamo atteso nove mesi questo momento!”. Praticamente un parto. Ho immaginato che la loro fosse stata per un po’ di tempo una relazione a distanza nella quale, a un certo punto, la distanza era venuta meno e aveva finito per svelare certe incongruenze.
Mi pisciavo addosso dalle risate mentre ascoltavo le argomentazioni della coppia, ma d’altro canto io non stavo origliando né spiando nessuno giacché la loro conversazione mi giungeva nella stanza come se l’avessi richiesta tramite un servizio on demand.
Non conosco bene questo tipo di tensioni perché non ho mai avuto legami sentimentali, tuttavia, in un passato ormai remoto, mi sono ritrovato a interloquire con alcune ragazze e ho puntualmente esperito un disincanto analogo a quello che lamentava il tizio succitato: quante inutili discussioni, fini a loro stesse e scevre d’ogni senso. In tutta onestà talora mi chiedo cosa proverei se condividessi certe cose con un’improbabile compagna, ma poi finisco sempre per pensare a tutte le implicazioni e quindi corro tra le braccia dell’avvenente solitudine a cui devo più di quanto io dia. Comprendo il bisogno di reciproca risonanza, difatti in grado minore esso alberga anche in me per via della mia natura umana, ma io trovo che sia più facile e proficuo sublimarlo che assecondarlo.
Non so poi come sia andata a finire tra quei due, però auguro buona fortuna a quel ragazzo poiché mi è sembrato piuttosto lucido nella sua analisi e spero che egli riesca a fare sue tutte quelle energie sopite di cui è l’ignaro custode, come chiunque altro.

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4
Lug

Appuntato il quattro luglio

Pubblicato domenica 4 Luglio 2021 alle 01:15 da Francesco

Non cerco lo scontro né l’incontro e cedo il passo agli eventi perché nei loro riguardi non ho quell’atteggiamento infantile che talora un genitore possessivo riserva alla propria prole. Vivo a latere persino di queste stesse lettere e non so se esista una condizione migliore sul piano della deperibilità organica. Non ho entusiasmi che si accendano a comando, però non so se in una parte di me debba inserire le pile o se invece la batteria sia già presente e scarica. Per fortuna l’universo non ruota attorno al sottoscritto, giacché se così fosse io proverei un certo imbarazzo per cotante e immeritate attenzioni.
Non so neanche se mi manchi qualcuno, ma di sicuro ci sono tanti vuoti incolmabili in qualche mio vecchio album di figurine. Il tempo opera senza destare sospetti, ma l’invecchiamento di tutto e tutti è un fenomeno curioso al quale assistere. Insomma, mi sono costruito un balcone sul quale tendere i sudari e da cui guardare istanze che un tempo mi sembravano soverchianti. Quasi ogni problema è un falso problema, tutto è transitorio e, in ultima analisi, non scorgo altra priorità oltre a quella di grattarmi le palle quando mi senta in dovere di prevenire un prurito infondato. Certe volte mi sembra di assistere a una rievocazione storica del presente, ma inscenata con intenti parodistici e senza troppe pretese di esistere davvero. Tra le particelle elementari credo che possano trovare posto anche le banalità, difatti esse compongono affermazioni apodittiche e ovvie a mo’ de “la giustizia non esiste”.
Secondo me la realtà si regola da sé, senza l’attivo concorso dei singoli né delle masse che comunque traggono significati e stimoli da quest’illusoria partecipazione, tuttavia la mia visione non è fatalistica e se volessi delinearla meglio dovrei spendere un po’ di parole a cui, invece, non intendo attingere giacché preferisco accingermi alla visione di un episodio di Star Trek Voyager. Lunga vita e prosperità.

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27
Giu

La fisica dei perplessi di Jim Al-Khalili

Pubblicato domenica 27 Giugno 2021 alle 13:03 da Francesco

La lettura de “La fisica dei perplessi” di Jim Al-Khalili mi ha fatto capire che i volumi di semplice divulgazione non riescono più ad avvincermi come solevano fare, ma l’approfondimento della meccanica quantistica nei suoi formalismi richiede delle basi matematiche che al momento non possiedo. Purtroppo i testi accessibili tendono inevitabilmente a ripetersi: la storia della fisica classica, i pionieri del primo Novecento, l’esperimento della doppia fenditura, il concetto di funzione d’onda e quello del suo collasso, il principio di esclusione di Pauli, l’interpretazione di Copenaghen, la cantonata di Einstein sulle implicazioni della meccanica quantistica in concorso con Podolski e Rosen, i concetti di non località e decoerenza, gli stati di sovrapposizione, le quattro forze e, ovviamente, l’astrazione più pop di tutta la fisica, ossia quella del gatto di Schrödinger. Tutte cose che ho letto molteplici volte in saggi piuttosto chiari, piacevoli e simili tra loro, ma di cui comincio ad avvertire le inevitabili semplificazioni. Il testo di Al-Khalili è ottimo, ironico e dettagliato per quanto lo può essere un volume del genere, ma per me non contiene nulla che non abbia già incontrato e soppesato in letture analoghe. Ho comunque preso appunti amanuensi in doppia copia benché il senso di déjà-vu sia stato costante: si tratta di una buona abitudine che non voglio abbandonare. Ho ancora un libro divulgativo di George Musser da leggere, ma quando l’avrò completato eviterò scritti con questo tipo di approccio, perlomeno su tali argomenti.
O mi metterò d’impegno a colmare le mie lacune matematiche, per un primo avvicinamento alla fisica classica da cui poi tentare, a tempo debito, di capire matematicamente almeno qualche concetto di meccanica quantistica, o rivolgerò il mio interesse ad altri campi dello scibile umano. La mia capacità di apprendimento ha chiari limiti, ma siccome cerco una conoscenza fine a se stessa non ho ansie da prestazione. In ogni caso sul punto di morte (e forse anche prima, magari a fronte di una patologia neurodegenerativa) dovrò abbandonare tutte le nozioni incamerate. Fico.

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23
Giu

Matteo Mancuso Trio a Terni

Pubblicato mercoledì 23 Giugno 2021 alle 12:42 da Francesco

Se ne avessi la possibilità vivrei tra la Nuova Caledonia e il Giappone, ma finché risiedo in Italia, la quale lotta con il Ruanda nell’indice di percezione della corruzione, cerco di trarne il meglio. È in ragione di questo pragmatismo che ieri sera mi sono recato a Terni per vedere uno dei primi concerti del nuovo trio di Matteo Mancuso, un giovane chitarrista che ha già rivoluzionato l’approccio allo strumento e di cui attualmente non so se esista un parigrado nel resto del mondo. Lo seguo da vari anni, da quando caricava sul suo canale YouTube le cover di pezzi complicatissimi e faceva sembrare tutto facile. Per scattare quest’immagine ho dovuto levare un vecchio biglietto da una cornice economica dell’IKEA, un’incombenza di cui non mi sarei mai fatto carico se non l’avessi ritenuto doveroso.
Oltre ad alcuni suoi inediti (mi è piaciuto molto “Drop D”, un pezzo dal titolo provvisorio), questi tre fenomeni hanno suonato Jeff Beck, Weather Report, Wayne Shorter e soprattutto “Fred” di Allan Holdsworth, del quale Mancuso ha ricordato l’importanza e la recente scomparsa in sordina (io lo vidi nel 2007). Ecco, ieri sera, davanti a quel trio poco più che efebico, mi sono reso conto che per la fusion (e non solo) si sta aprendo un nuovo capito, un salto di qualità. Anni fa pensavo che Guthrie Govan avesse alzato l’asticella al massimo, ora non ne sono più così sicuro.

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22
Giu

Umido e fuggevole, il tempo

Pubblicato martedì 22 Giugno 2021 alle 01:57 da Francesco

Al momento non riesco a figurarmi nulla di rilevante nelle immediate vicinanze del presente, ma non cerco novità particolari perché la mia esistenza non è affetta da una sindrome di accumulo. Oltre l’apparente stasi degli eventi le cose mutano in continuazione, ma in modo quasi del tutto impercettibile per il mio intelletto e io non potrei rendermene conto se ogni tanto non ci riflettessi per il gusto di conoscermi un po’ di più.
Forse certuni si oberano di compiti per accelerare il ritmo dei cambiamenti affinché quest’ultimo risulti più evidente alle loro osservazioni, io invece il tempo cerco di rallentarlo, o almeno sono convinto di operare così verso la sua mendace e soggettiva percezione. L’orizzonte della morte prospetta la fine dell’identità e suppongo che qualcuno provi a sfuggire dall’accettazione della propria finitudine tramite l’ausilio di molteplici distrazioni: queste possono essere lavorative, affettive, edonistiche, dissolute, politiche, esoteriche, futili, immaginarie, metafisiche, truffaldine, artefatte, spontanee, passeggere, idilliache…
Non ho mai imparato a ricamare sebbene la certosina abilità di mia nonna mi abbia più volte incuriosito e allettato, perciò non sono in grado di confezionare risposte su misura per altre persone e anzi, se ne fossi in grado, mi spoglierei di quelle che già possiedo. In questi giorni la nudità è una risposta appropriata al clima umido, ma io credo che vada bene anche come saluto agli eoni passati e futuri.

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21
Giu

Un paio di gare in Tuscia

Pubblicato lunedì 21 Giugno 2021 alle 16:54 da Francesco

Ieri mattina ho salutato lo scirocco e mi sono accertato che avessi ancora tutte le mie convinzioni malthusiane, poi in buona compagnia mi sono recato alla volta della Tuscia dove ho partecipato a una gara di circa 9600 metri.
Ho chiuso al secondo posto, dietro l’inarrivabile vincitore, in 33’52”, a una media di 3’31” su un percorso piuttosto nervoso.
Nella foto spero che si evinca il mio modesto omaggio a Paul Pogba, precisamente quand’egli, all’inizio della sua conferenza stampa dopo la vittoria della Francia sulla Germania, ha spostato delle bottigliette di birra: lui lo ha fatto perché è musulmano, io perché credo che molti problemi di ordine pubblico siano dovuti al consumo di alcolici. Ovviamente non ho toccato neanche gli insaccati. È tutto haram.
I capelli e il modo di portare la fascia invece sono liberamente ispirati alla magistrale interpretazione di Bolo Yeung in Bloodsport, una pellicola grazie a cui ho imparato la differenza tra il bene e il male.
Invero ho gareggiato anche la scorsa settimana in quel di Orte, una dieci chilometri ostica e con un buon livello che ho chiuso al nono posto in 35’23”, ma dove soprattutto ho avuto modo di rivedere Re Giorgio.
Aggiungo la mia personale testimonianza di quello che è stato un gesto d’altri tempi.
Il quarto classificato avrebbe potuto contendermi il secondo posto e, in tutta onestà, se ci avesse provato secondo me ce l’avrebbe fatta, invece ha preferito compiere un lavoro di squadra per il suo compagno.

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11
Giu

Culture dimenticate di Harald Haarmann

Pubblicato venerdì 11 Giugno 2021 alle 15:46 da Francesco

Con l’eccezione dei mirabili scritti di Hopkirk, negli ultimi anni ho prestato poco interesse ai saggi storici poiché in passato (e quando, sennò?), a fronte di letture plurime e costanti (tra cui circa cinquemila pagine di Storica, un mensile di National Geographic), il mio interesse per la materia ha raggiunto un punto di saturazione, tuttavia questo volume di Harald Haarmann mi ha incuriosito per il suo riguardo verso episodi meno gettonati dell’antichità.
È un testo nel quale la descrizione di culture dimenticate implica l’ipotesi che vi siano ancora scoperte da compiere e altre da rivedere, come la suggestione iniziale per cui, sulla base di elementi linguistici peculiari (quelli delle lingue algonchine) in relazione con le espressioni della cultura Clovis e con certe particolarità genetiche, possa esservi stata una migrazione dall’Europa al Nord America già da parte dei cacciatori dell’era glaciale.
Altre scoperte in Asia Minore (i siti di Gobleki Tepe e Catalhoyuk) lasciano intendere che un insediamento urbano non fosse per forza la premessa per un’architettura monumentale e potesse sorgere senza una differenziazione tra edifici pubblici e privati, con una società priva di gerarchie: anche l’analisi della cosiddetta civiltà danubiana depone a favore di quest’ultima ipotesi.
Ho poi incontrato di nuovo la questione etimologica del termine “amazzone”, il quale pare che non indicasse l’assenza di un seno per agevolare l’uso dell’arco da parte di queste guerriere, bensì una congettura più plausibile in merito si annida nel nome di Ameza, una regina delle amazzoni di cui parlavano alcune storie circolanti nel Caucaso tra i circassi.
Infine, tra gli appunti vergati a mano (e, come prassi, riversati poi in un file di testo per godere dei benefici della ripetizione) ho segnato un passaggio inerente gli antichi abitanti dell’isola di Pasqua: rammentavo costoro tanto per le celebri statue ivi erette quanto per il film Rapa Nui (nome dell’isola nella lingua autoctona). A un certo punto pare che la comunità di quest’insediamento nell’Oceano Pacifico sia stata coinvolta da guerre intestine tra fazioni e, spinta dal bisogno di sanare i conflitti, abbia istituito delle competizioni sportive i cui vincitori facevano guadagnare ai rispettivi gruppi la guida della comunità per un anno.
Un’ulteriore e breve menzione è riservata all’importanza degli etruschi per il mondo romano, dal cui nome deriva Tirreno giacché gli storiografi greci si riferivano a loro come tyrrhenoi o tyrsenoi, termini le cui origini invece risultano ancora sconosciute.

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7
Giu

Nell’arbitraria presenza di me

Pubblicato lunedì 7 Giugno 2021 alle 22:18 da Francesco

Se mi prendessi troppo sul serio mi prenderei in flagranza di reato. Di cosa discetto stasera e, soprattutto, al cospetto di quali ombre? Qualche parola la voglio dedicare alla memoria di un signore che ha lasciato il corpo da pochi giorni. Costui per buona parte della sua ultima incarnazione è stato un musicista, ma poi una malattia neurodegenerativa lo ha costretto ad abbandonare la propria carriera.
Conobbi Lino, questo il suo nome, alcuni anni fa grazie a mia madre, e una sera gli regalai un vinile del gruppo nel quale aveva miliato negli anni settanta. Era un tipo simpatico, estroso e spero che le sue prossime esistenze si svolgano nel migliore dei modi. Un paio di anni fa ci eravamo ripromessi di fare un’altra cena a casa sua, con quella famiglia che gli voleva tanto bene, ma poi la pandemia e questa vita di merda ce lo hanno impedito. Ciao Lino, bon voyage.
A casa non ho una lavapiatti né un’asciugatrice, ma nemmeno una macchina per elaborare i lutti giacché non ne ho bisogno: la morte è una fase intermedia e questa mia intima certezza non ha contorni consolatori né religiosi. Il tempo sottrae ogni cosa dalla rispettiva attualità ed è come una danza di cui taluni non conoscono i passi o non sanno seguire la cadenza. La nostalgia è un difetto di fabbricazione del presente, così come per altri versi lo è la noia, ma quale autorità ho io per affermare certe cose? In realtà le ripeto a me stesso, così sgombro il campo dai dubbi e lo metto a disposizione per le mine antiuomo. C’è chi si toglie la vita e chi vorrebbe averne ancora un po’: buffo questo mondo, vero? Io continuo a cercarmi dentro perché le scoperte più stupefacenti a cui abbia mai assistito sono sempre state endogene. Forse non sono comprensibile, la mia acqua non è potabile, ma anch’io non capisco altri individui né posso abbeverarmi alle loro stesse fonti. Ognuno si disseti come vuole, però che almeno la manna dal cielo sia uguale per tutti, certificata dall’Europa o dall’Iperuranio.

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