14
Mag

Stelle cadenti ed emittenti

Pubblicato domenica 14 Maggio 2006 alle 05:48 da Francesco

Sono le cinque di mattina e su RTV38 c’è un simpatico programma erotico condotto da Maurizia Paradiso. I numeri delle linee erotiche campeggiano in sovraimpressione, mentre la suddetta conduttrice, spesso completamente nuda, intrattiene coloro che chiamano. Per me il programma non è eccitante, ma trovo molto divertenti le chiamate in diretta che a volte assumono sfumature grottesche. Come in ogni programma che si rispetti ci sono anche le vallette: due signorine rumene nude. Maurizia Paradiso è molto abile nella conduzione e talvolta si lascia al racconto di aneddoti della propria vita. Penso che questo programma, in onda quasi tutti i giorni da l’una alle sei di mattina, sia un mix tra le nudità del glorioso “Colpo Grosso” di Umberto Smaila e la semplicità popolare de “La Prova del Cuoco”. Dal dieci maggio Italia 1 ha sostituito l’irriverenza animata di “South Park” con l’ironia sessuale di un nuovo telefilm chiamato “Off Centre”. Penso che la televisione si avvalga del buio della notte per esprimere la parte migliore di se stessa. Probabilmente durante le prime ore di domenica dovrei fare qualcosa di più costruttivo, ma al momento non ho molte opzioni. Credo che tra pochi minuti mi accomoderò a letto e sorriderò.

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13
Mag

Polvere d’angelo

Pubblicato sabato 13 Maggio 2006 alle 17:00 da Francesco

Tutto ebbe inizio la sera del diciotto giugno 1996. Sedevo al solito bar ed ero impegnato a rovinare il mio fegato con alcol e fumo. A un tratto sentii una mano sulla spalla, mi volsi e vidi Romano. Non dissi nulla, lui sedé dinanzi a me e ordinò un bloody mary. Dopo cinque minuti di silenzio mi guardò e mi disse: “Devo parlarti”. Feci un cenno d’assenso con la testa e lui proseguì: “Mi è stato chiesto di andare a prendere un carico di polvere d’angelo a Cartagena e ho bisogno di un partner”. Ero appena uscito di galera per rapina a mano armata e avevo pochi soldi che spendevo in liquori: a trentasette anni non me la sentivo di diventare un muratore, per questo accettai l’offerta di Romano. Ci accordammo per la partenza e tornai a casa a preparare la valigia per l’ennesima volta. L’indomani raggiunsi Fiumicino con la mia Lancia Thema e mi incontrai con Romano al check-in: ce l’avevamo scritto in faccia che andavamo in Colombia a raccogliere grammi di polvere. Il viaggio in aereo non fu altro che un un viaggio ad alta quota dentro me stesso. Le immagini confuse del mio passato si diedero appuntamento a undicimila metri. Dopo tre ore di volo chiesi un bicchiere d’acqua alla hostess per idratarmi e sostenere la carrellata di ricordi: Irene, la nostra casa, quella figlia non riconosciuta, la mie rapine, i miei traffici e la prima e unica violenza sessuale subita tra le mura delle carceri; le sere passate a fottere il mio organsimo con l’ambrosia nociva, le botte date a mio padre e le scopate laide con prostitute extracomunitarie dai nomi impronunciabili. Romano mi disse che appena scesi all’aereoporto di Bogotà, l’El Dorado, avremmo dovuto prendere un autobus e cercare il nostro contatto per raggiungere i dintorni di Cartagena. Il traffico di droga in realtà non è romantico come nei film: non sono più i tempi di Pablo Escobar e le traversie dei trafficanti non durano due ore e mezza come in “Scarface”, ma perdurano tutta una vita. Appena usciti dall’aeroporto un tassista si offrì di portarci in città, ma non avevamo tempo per farci rapinare, così fummo costretti a declinare l’offerta. Aspettamo l’autobus per venti minuti: appena giunse salimmo e ci accomodammo in fondo, tra occhi neri e parole spagnole. Durante il tragitto ci addormentammo come due coglioni e al risveglio non trovammo più le nostre valigie né i nostri portafogli. Era il colmo: due trafficanti di droga derubati durante il sonno da ladri di galline analfabeti. Non avevamo più i nostri passaporti e non potevamo rivolgerci al consolato italiano. In Colombia si parlano due lingue: la lingua spagnola e la lingua di fuoco. Avevamo bisogno di armi per ottenere dei passaporti falsi, ma tutto ciò che avevamo era appena sufficiente per accontentare la mano tesa di un mendicante. Scendemmo dall’autobus e decidemmo di trovare qualcuno che potesse darci un paio di pistole semiautomatiche. Sciacquai la mia faccia con l’acqua sporca di una fontanella e poi rincorsi Romano che si era già avviato verso un vicolo sporco. Appena lo raggiunsi lui si voltò, mi diede una spinta e poi mi disse: “È colpa tua, lurida testa di cazzo”. Io risposi: “Che cazzo dici? Romano, vaffanculo”. A un tratto due ragazzini comparvero alle spalle di Romano e iniziarono a tirargli la giacca. Romano si volse e urlò: “Ehi pezzi di merda, fuori dai coglioni hijos de puta”. Alle parole di Romano uno dei due ragazzini digrignò i denti, tirò fuori una pistola nascosta sotto la t-shirt, la impugnò con due mani e sparò sei volte. Il ragazzino armato cadde a terra per il rinculo dell’arma dopo l’esplosione dell’ultimo colpo che raggiunse il mio polmone destro. Il mio tentativo di fuga fu inutile. I ragazzini iniziarono a raziare i nostri corpi che erano in preda agli ultimi spasmi. Ora sono riverso a terra, vedo il cielo macchiato dai tubi di scappamento e sento il sangue che ebolle dalle mie budella. La mia vita si conclude tra i rifiuti di un vicolo senza nome nelle viscere di Bogotà.

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12
Mag

Spirali di frasi

Pubblicato venerdì 12 Maggio 2006 alle 12:20 da Francesco

Le mie giornate continuano a trascorrere tra la presenza zelante del relax e la mancanza perpetua di innovazione. Alle volte mi sento un outsider della vita e in altri momenti ho la sensazione di essere un ragazzo viziato che non sa come impiegare le tonnellate di tempo a sua disposizione. Non ho sensi di colpa né ambizioni, possiedo solo giacimenti di minuti e piantagioni di giornate immobili. La mia vita può sembrare atarassica, ma non lo è. Sono un nullafacente sereno e incompleto a cui piace scrivere sempre le stesse cose. Le mie parole sono ripetitive: è il solito spartito con qualche variazione. Le mie frasi escono dall’utero della mia piacevole monotonia esistenziale. Finora tutti i possibili cambiamenti che si sono affacciati sulla mia vita sono stati solo delle gravidanze isteriche, ma penso che il futuro, nonostante il suo ermafroditismo, possa ancora dare alla luce mutamenti inaspettati. Da qualche parte si stanno scatenando vortici di eventi positivi e negativi dai quali voglio farmi inghiottire senza paura: so che esistono infinite combinazioni di avvenimenti e mi allieta l’impossibilità di prevederli o decifrarli prima che accadano. Ogni tanto qualcuno dice che non c’è mai fine al peggio, ma credo che nemmeno il meglio abbia un limite. Adoro il mio equilibrio, ma sono disposto a renderlo precario per abbandonare la mia stasi estatica in favore di nuovi lidi sensoriali. Come sempre tento di sfiorare l’ermetismo per esprimermi, cerco di usare un linguaggio ampolloso, ma l’importante è che io sappia ciò che ho scritto.

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11
Mag

Il pallone sgonfio

Pubblicato giovedì 11 Maggio 2006 alle 16:22 da Francesco

Sono entusiasmato dagli scandali calcistici degli ultimi giorni. Credo che molti italiani possano sopportare il rialzo dell’inflazione e il ridimensionamento dei loro diritti, ma non penso che siano disposti ad assistere impassibilmente al crollo del sistema calcistico. Mi piacerebbe sentire le impressioni più colorite dei frequentatori dei bar peninsulari riguardo alle accuse di corruzione che pendono su alcuni club. Questi scandali non sono delle grandi novità; già negli anni ottanta il calcio fu scosso dalle scomesse clandestine. Doping, droga, festini e mazzette: credo che lo sport sia il compendio dell’epoca in cui si svolge. Ci sono scheletri negli armadietti degli spogliatoi, ci sono retroscena divertenti degni della migliore commedia all’italiana e ci sono persone come me, disinteressate da anni allo sport nazionale, che attendono di assistere a un’altra vicenda di costume. Un lunedì prenderò coraggio e cercherò di guardare “Il Processo di Biscardi” per farmi un paio di risate con la veemenza dialettica degli opinionisti sportivi: mi fanno scompisciare dalle risate coloro che sbraitano come assatanati per sostenere le proprie tesi calcistiche. Mi annoiano le interviste di ogni dopopartita: sono decenni che giocatori e allenatori ripetono le stesse frasi fatte ai microfoni di giornalisti anonimi. L’unica cosa che ancora apprezzo del calcio italiano è la sforbiciata di Silvio Piola stilizzata sui prodotti della Panini.

Silvio Piola

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11
Mag

Durante il buio di maggio

Pubblicato giovedì 11 Maggio 2006 alle 02:08 da Francesco

È notte e sono solo a casa. Il televisore nella mia stanza è sintonizzato su Rete 4: il canale di Mediaset sta trasmettendo un film di qualche anno fa con Michael J. Fox. Durante il pomeriggio ho dormito un po’ per compensare le poche ore di sonno raccolte negli ultimi giorni. A quest’ora mi piacerebbe preparare un piatto di spaghetti con la mia compagna, ma non ho fame né una ragazza. Mi piacciono queste notti silenziose e lente. Domattina dovrò svegliarmi presto per andare a scuola guida, ma me ne frego. Credo che sia vana la mia speranza di concludere presto l’iter per la patente. Uno di questi giorni deforesterò il mio pube: non ne posso più della peluria che nasconde e irrita le minuscole dimensioni dei miei genitali. Ieri sono salito sopra una bilancia: peso sessantadue chili con i calzini. Devo trovarmi un hobby notturno. A quale attività ludica posso dedicarmi durante le mie notti insonni? Fino a qualche mese fa ero solito aggirarmi per le strade della mia cittadina per trascorrere alcune delle ore prive di luce solare, ma non mi sento più ispirato a percorrere traiettorie senza fine con le cuffie nelle orecchie. Mi mancano gli abbaglianti delle auto e il puzzo di merda della laguna accentuato dal vento: che dolce amarcord. Mi sento tremendamente bene e spero che nessuna cellula neoplastica riesca ad assalire il mio organismo. Sono nato nel 1984, vivo nel 2006 e spero di fare il mio debutto prima della prima decade del secondo millennio.

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10
Mag

Un piccolo obitorio online

Pubblicato mercoledì 10 Maggio 2006 alle 14:30 da Francesco

Mydeathspace.com è un sito che raccoglie le segnalazioni riguardanti il decesso degli utenti di MySpace.com. In questa pagina è possibile osservare le foto degli utenti trapassati e leggere le cause della loro morte. Ho osservato un po’ di facce, ho letto molti profili e ho notato una forte incidenza di suicidi e overdose. Mi ha colpito la storia del diciottenne Michael Kennedy, il quale è stato ucciso durante un conflitto a fuoco con alcuni agenti dopo aver teso un agguato, alla centrale di polizia, nel quale è rimasta uccisa un’investigatrice. Kennedy era fuggito da una clinica psichiatrica il diciotto aprile. Nel momento in cui scrivo i decessi riportati dal sito sopraindicato sono 171 e i casi di morte violenta non sono rari. Mi stranisce un po’ quella galleria di immagini e parole, ma la ritengo attendibile, poiché spesso nelle descrizioni sono citati gli articoli di giornali locali online che descrivono i fatti legati alle scomparse segnalate nel sito. Ci sono molti giovani tra le vittime: il novero dei morti comprende anche un’attrice porno e un condannato a morte. Da piccolo ero abituato a vedere il ricordo dei defunti in foto sbiadite e asettiche, mentre oggi sono gli scatti digitali a ritrarre i volti di alcune persone che hanno cessato di vivere. Credo che la nitidezza delle immagini di quei ragazzi favorisca la mia empatia.

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9
Mag

Aspirante suicida

Pubblicato martedì 9 Maggio 2006 alle 20:11 da Francesco

Una notte d’estate di alcuni anni fa una mia vicina, abbastanza giovane, corse sul proprio terrazzo e si accomodò sulla ringhiera minacciando di buttarsi di sotto. In breve tempo sopraggiunsero i suoi genitori e poco dopo alcune persone si alzarono in volo dalle sedie di alcuni bar del centro per presenziare allo spettacolo ricco di pathos. Le lacrime e le grida abbondavano. Io avevo una visione perfetta della scena perché la mia finestra si trova in linea d’aria con il terrazzo in questione. Non ricordo le parole esatte della ragazza, ma credo che accusasse il padre di picchiarla. Speravo che si buttasse e sarei solo un ipocrita a sostenere il contrario; il mio voyeurismo era in agguato. Prima di allora non avevo mai visto un’aspirante suicida in azione, ma se la ragazza si fosse gettata nel vuoto avrei visto per la seconda volta in vita mia un corpo esanime. La situazione si risolse in mezz’ora, senza l’intervento delle forze dell’ordine. Mi chiedo cosa avesse indotto la ragazza a minacciare il suicidio e inoltre mi domando se in quel momento ella fosse realmente intenzionata a uccidersi o se il suo sia stato semplicemente un gesto dimostrativo nei confronti dei genitori adottivi. Ho usato il ricordo di questa vicenda, così come il ricordo di altri eventi, solo per riempire qualche riga: questi scritti potranno aiutarmi a ricordare gli accadimenti della mia vita nel caso io contragga il morbo di Alzheimer o nel caso un’amnesia decida di papparsi la mia memoria.

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9
Mag

Il solito concetto

Pubblicato martedì 9 Maggio 2006 alle 13:27 da Francesco

Sono in piedi da poche ore e, come spesso accade, mi sento in forma. Stanotte mi sono regalato poche ore di sonno, tuttavia ho dormito bene. Non ho nulla di particolare da scrivere, ma voglio occupare ugualmente queste righe. Tra meno di un mese compirò ventidue anni. Trascorrerò l’anniversario della mia nascita in compagnia di Federica, la mano amica. Non mi piacciono le feste di compleanno e nemmeno le scritte “happy birthday”. Penso che ventidue anni siano pochi per me. Spero di vivere a lungo senza che la comparsa improvvisa di un tumore o di un’altra patologia stronchi la mia vita. Ogni tanto l’ipocondria trova spazio nel mio relax. In questi giorni mi sono accorto che alcune persone hanno una visione distorta di me. Taluni confondono la mia accondiscendenza con la pigrizia, confondono le mie parole con l’incapacità di agire, confondono la mia affabilità con il bisogno di contatto umano e confondono il mio relax con la passività. Un’ampia fetta delle mie esigue conoscenze crede che io sia gay, ma io non lo sono e non ho intenzione di sforzarmi per convincere gli altri della mia eterosessualità: taluni confondono il mio romanticismo moderno, e quindi la mia verginità e la conseguente assenza di chiavate sanguigne, con l’omosessualità. Qualcosa non è chiaro a certi esseri umani: la mancanza di vita sessuale non significa omosessualità, ma al massimo può indicare una condizione asessuata che tuttavia non si confà al mio caso. Penso che molte persone abbiano paura dell’omosessualità e credo che costoro tentino di allontanare i loro dubbi sessuali proiettandoli su altre persone. Non temo l’omosessualità e non ho difficoltà a parlarne, ma io non sono frocio: almeno non in questa vita. Forse in un’esistenza passata sono stato una checca cortigiana? In questa vita ho voglia di lineamenti femminili: occhi chiari, capelli biondi, arti esili e cervello funzionante. A me piacciono le valchirie, ma posso sorvolare sopra la bellezza nordica a patto che il cerebro funzioni.

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8
Mag

Sigarette del cazzo

Pubblicato lunedì 8 Maggio 2006 alle 19:17 da Francesco

In passato ho già scritto qualche parola riguardo alla mia avversione nei confronti del tabacco. I fumatori mi disgustano, mi fanno schifo. Per me è aberrante vedere persone lavate e ben vestite che si dilettano con le boccate di fumo: il contrasto tra la pulizia esterna del loro corpo e il lercio dei loro organi mi provoca spesso un conato di vomito. Che ribrezzo, che orrore, che raccapriccio! Tendo a evitare chi fuma. Talvolta ciò che mi infastidisce, oltre al puzzo e allo sporco, è il movimento che taluni compiono con il mozzicone. In certi momenti vorrei avere una mazza chiodata per fracassare il cranio di chi appesta l’ambiente in cui mi trovo con la propria nube di sporcizia. Mi consolano i gravi problemi di salute provocati dal fumo. La drasticità del mio punto di vista è sicuramente dettata dalle schifezze che ho respirato da piccolo; sono contento che oggi molte delle persone che hanno appestato i miei polmoni, seppur occasionalmente, si ritrovino in una condizione di salute precaria. Di solito non accetto consigli e in particolare non li accetto da chi fuma. Mi domando quanto occorra essere coglioni per iniziare a fumare. Facce di culo fumanti, talvolta adornate con occhiali del cazzo che sporgono da visi prossimi al decadimento. Preferirei abitare in una baracca alla periferia di Nuova Delhi piuttosto che dividere un loft nel centro di Milano con un fumatore. So che ci sono altre fonti di inquinamento che attentano alla salute, ma nessuna riesce a infastidirmi tanto quanto l’accozzaglia formata da sigari, sigarette, pipe e altre amenità simili.

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8
Mag

Aurea mediocritas

Pubblicato lunedì 8 Maggio 2006 alle 04:22 da Francesco

I giorni trascorrono e io continuo a guidare il mio lento calesse con una spiga in bocca e un cappello di paglia in testa. Passo le giornate a guardare sottecchi la coda del quadrupede che mi traina lungo le strade sterrate di questa contrada senza nome. Non tocco mai le redini e tengo sempre le mani incrociate dietro la nuca. Ogni tanto qualche passante mi dà il buongiorno e la buonasera, ma la mia pigrizia mi vieta di ricambiare. Mi riposo ventiquattro ore al giorno, senza sosta. Ho scordato molte cose: una mappa, una meta da segnare sulla mappa e il colore dei miei occhi. Un giorno mi ribellerò alla pigrizia e chiederò a un passante di descrivere il colore dei miei occhi. Ogni giorno prometto a me stesso di fermarmi alla prima locanda, ma la mia è solo una promessa da marinaio rurale che si ripete ogni dì. Non ho tappe da seguire, ma solo toppe da cucire sopra la mia valigia invisibile. La mia calma detta la velocità del calesse: il mio somaro raglia annoiato davanti a me, il suo sforzo lento e ondulato fa muovere le due ruote in legno che sbriciolano piccoli frammenti di terra rossa. Ci sono solo distese di grano noiose e bellissime che la mia vista potrebbe scorgere se la tesa del mio cappello non la oscurasse. Mi sembra che ogni versta percorsa sia un movimento immobile. Non ricordo l’inizio del viaggio e sono convinto che non ricorderò nemmeno la sua fine. Abbasso il cappello e mi riposo un po’.

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