8
Ott

La cura del tempo

Pubblicato domenica 8 Ottobre 2006 alle 00:10 da Francesco

Sono inciampato su una bellissima illusione e sono caduto con la faccia nel fango. Mi sento un po’ affranto, ma so che questo momento buio è una tappa inevitabile per vedere di nuovo la mia ombra in equilibrio. Sono straziato da sensazioni contrastanti e attendo che il tempo mi accarezzi con la sua mano guaritrice. Penso che la vita sia stupenda e credo che la mia inclinazione misantropica mi impedisca di apprezzarla in ogni suo aspetto. Alle volte ho paura di me stesso ed evito di guardarmi allo specchio. Sono attratto dai sentimenti e dalla loro fisicità, ma non sono ancora in grado di viverli. Immagino che molti esseri umani abbiano attraversato le mie stesse difficoltà e mi piacerebbe leggere i ricordi che si trovano sulle rughe della loro vecchiaia. Sono un habitué dell’isolamento e non so che forma abbiano certi legami. Ogni tanto il mio vuoto esistenziale fa la voce grossa per tentare di annerire la mia attitudine a vivere. In certi momenti penso alle pessime condizioni in cui versa una buona parte della popolazione terrestre e mi rendo che la mia collezione di fallimenti è un privilegio. Sono bravo a stare da solo. Stanotte luciderò i miei vecchi tormenti e sorriderò timidamente alle nuove angosce. Mi preparo a lasciarmi alle spalle l’ennesimo anno di transizione, ma i prossimi trecentosessantacinque giorni non si prospettano molto diversi. Ho tante emorragie interne, ma credo che sopravviverò. Lo spettacolo è troppo interessante per abbandonarlo adesso e mi auguro che duri ancora molto. Sere più buie del solito mi aspettano nel futuro e spero di riuscire a sostenere il loro carico nevrotico. Il tempo mi ha sempre aiutato ed è per questo motivo che io lo amo.

Ivan Mitev - Still-life With A Clock

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7
Ott

Il solito copione

Pubblicato sabato 7 Ottobre 2006 alle 20:20 da Francesco

Vizi moderati uccidono con lentezza e danno una mano all’equilibrio demografico dell’Occidente. Obesi, cocainomani, alcolizzati e fumatori incalliti pregano divinità inventate dall’antropomorfismo e alcuni di loro si aspettano che qualcuno cada dal cielo per salvare l’umanità come in un fumetto della Marvel. Le fedi collusive proteggono le menti in cambio di un pizzo esistenziale. Grandi gite nei luoghi di culto ed esplosioni ad alta quota costellano la grottesca sacralità delle dittature morali. La spiritualità investe in armi e pretende guadagni ingenti. Una nuova minaccia nuclare si è affacciata sul mondo, ma d’altronde non si può fermare la tecnologia. La Guerra Fredda è lontana, ma mi chiedo se l’agitazione politica del globo non preluda a un nuovo periodo di tensione. Alcuni scienziati prevedono un futuro apocalittico per l’umanità a causa dei cambiamenti climatici, altri scienziati dissentono dai primi e io mi chiedo quale tra i due schieramenti sia il più abile nella chiaroveggenza. Taluni si divertono a lanciare gavettoni pieni di allarmismo contro la suscettibilità di talaltri. Alle volte mi sembra che coloro che si occupano di informazione diano un risalto eccessivo alle profezie della domenica e alle opinioni di qualche gruppetto di eminenti studiosi. Forse qualcuno vuole che la gente scosti le tende e veda solo rovine. Sono troppo piccolo per avere veramente a cuore questo mondo transitorio, ma ogni tanto mi diverto ad attingere qualche parola dagli eventi che prendono piede sulla sua superficie.

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7
Ott

Parlandomi

Pubblicato sabato 7 Ottobre 2006 alle 01:12 da Francesco

Corro rapidamente da un capo all’altro delle mie percezioni e lascio dietro di me scie di silenzi quotidiani. Il mio dinamismo è un soggetto perfetto per l’occhio malandato di un futurista. Alle volte mi alzo quando fa buio e mi addormento sotto la tenue luce di un mattino feriale. Mi sento un apolide e vorrei andare ovunque. A volte immagino di attraversare il Kazakistan su un treno merci e di sorpassare il confine usbeco sopra un carro trainato da una lenta quadriglia. Sono stato il testimone di partenze e di ritorni, ma quel continuo andirivieni non mi ha mai riguardato. Non ci sono molti punti fermi nella mia bolla di sapone, ma forse non sono così importanti come penso. Vorrei sollevarmi e saltare per agguantare ciò che mi manca. Ho bisogno di una spinta fenomenale verso l’alto simile a quella di uno shuttle del ventunesimo secolo. Sono alla ricerca di un’energia incommensurabile, ma per ora ho solo una tunica logora e un bastone di bambù. Conosco la forma di certe parole, ma non ho mai sentito il loro suono. Voglio essere in grado di apprezzare ogni momento di quiete che bussa con discrezione sulla mia interiorità. Mi riprometto di non lasciarmi sedurre dalla ricerca estenuante dei motivi che stanno alla base di certi avvenimenti. Voglio presenziare alle irruenti manifestazioni della casualità e alle fredde celebrazioni dei calcoli machiavellici senza interrogarmi sulle cause e sugli effetti. Conosco alcuni dei miei conflitti interiori e cerco continuamente una strada per la pacificazione con me stesso. Non sono particolarmente complessato né soffro granché i miei contrasti viscerali, ma spero che nuove sensazioni bombardino le mie orme.

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6
Ott

I residui di un soliloquio

Pubblicato venerdì 6 Ottobre 2006 alle 04:54 da Francesco

Grandi opere architettoniche ombreggiano le ombre delle caste inferiori. I mercenari con i colletti bianchi lavorano alacremente per i signori della truffa. Alla mattina il brontolio delle vecchie generazioni si manifesta con il fruscio dei giornali. Discorsi sempre uguali rimbombano fortemente tra panni stesi e piani regolatori. Pensionati canuti sono soliti ristrutturare le proprie case prima di morire. Perditempo dai polmoni neri aspettano che una manna dal cielo cada sul loro tavolino, tra le schedine e le tazzine vuote, tra gli stronzi e le stronzate. “Grazie, arrivederci”. Lo scontrino simboleggia il potere di acquisto e chi lo impugna non esita a sventolarlo come se fosse un’orifiamma. Mi sento a casa quando passeggio come un clandestino attraverso le notti del secondo millennio. Qualche volta mi fossilizzo su pensieri nocivi e partorisco inutili fisime in mezzo a strade deserte. Scambio poche parole con il mio prossimo e non mangio molto pesce. In questo periodo la mia notte paradigmatica è formata da silenzi demenziali e dalle scelte musicali del mio umore. Sono seduto sulla punta di un promontorio e, con la mano sinistra in mezzo alle gambe, osservo la mia grande distesa di tempo. A volte mi sento a disagio di fronte all’inutile immensità dei miei giorni. Sospetto che la mia attenzione ignori molte cose importanti, ma non ho prove per formulare una buona accusa. Mi mancano i mezzi per decifrare certe espressioni dell’animo umano, ma sono contento che nella mia dispensa ci sia sempre del cibo e dell’acqua. È impressionante la quantità di parole che ho accatastato in questi mesi. Penso che la scrittura e l’esercizio fisico mi permettano di vivere abbastanza bene, ma che vita sarebbe senza seghe? Un giorno citofonerò a uno psicoanalista per comprendere meglio il rapporto tra me e la mia masturbazione. Forse.

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5
Ott

Mic check

Pubblicato giovedì 5 Ottobre 2006 alle 03:56 da Francesco

Sono quasi le quattro di notte e le mie casse stanno pompando i bassi di “Army of the Pharaohs: The Torture Papers” dei Jedi Mind Tricks. Su questo sorta di mixtape si avvicendano molti mc’s validi e non c’è nemmeno una base che mi faccia storcere il naso. Al microfono il mio preferito è Vinnie Paz, mentre alle macchine trovo che Shuko sia il migliore. Non sono legato a un unico genere musicale, ma devo ammettere che certi dischi hip hop mi mandano in estasi e il lavoro realizzato sotto l’egida dei Jedi Mind Tricks è uno di questi. Le tracce sono composte da basi cupe ammaestrate ottimamente dal flow di tutti gli mc’s presenti, nessuno escluso. Ritengo che “Into The Arms of Angels”, “All Shall Perish” e “Listen Up” siano gli episodi migliori di questo capolavoro composto da tredici pezzi. Non voglio cedere alla tentazione di una monografia e preferisco gettare qualche parola qua e là per altri due album che ho ascoltato recentemente. Il primo è “Grandaddy Flow” di 9th Prince, un disco molto potente sotto ogni punto di vista che, almeno per il mio orecchio, ha la sua auge con “100 Degrees”, la traccia numero dieci. L’altro album con cui il mio udito si masturba spontaneamente è “Starr Status” di Kenn Starr. Il lavoro in questione scorre bene e si avvale di un tipo di sound molto diverso da quello dei dischi che ho citato finora. La traccia che preferisco è “If” (con Talib Kweli) che chiude l’album con una linea di basso in grado di farmi raggiungere l’orgasmo acustico.

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5
Ott

La mia antenna

Pubblicato giovedì 5 Ottobre 2006 alle 01:07 da Francesco

In questo periodo mi intrattengo con la televisione più del solito. Mi piacciono le trasmissioni trash, ma credo che ce ne siano troppe. Da quest’anno ho incominciato ad apprezzare il format del reality show e ne sono felice. Penso che la televisione italiana faccia bene a importare idee dagli Stati Uniti, poiché non credo che abbia le capacità per creare qualcosa di nuovo. Tra i programmi prettamente trash apprezzo molto “La Pupa e Il Secchione” che ritengo un esempio molto divertente di televisione volutamente stereotipata. Per par condicio mi sposto sul fronte della Rai e non posso fare a meno di osannare la partecipazione di Massimo Ceccherini a “L’isola dei Famosi”. Per compensare la frivolezza dei programmi succitati guardo con interesse “Anno Zero”, “Mi Manda Rai Tre” e “Ballarò” quando la dialettica degli ospiti politici non diventa soporifera e inutilmente prolissa. Mi piace molto la conduzione di Federica Sciarelli a “Chi L’Ha Visto?” e seguo con interesse il processo a Vanna Marchi tramite “Un Giorno in Pretura”. Forse ho sempre preteso troppo dalla TV italiana, ma sto imparando ad accettarla per quello che è: un coacervo di persone spesso impreparate che veicolano idee prese in prestito e che talvolta riescono a strappare una risata. Tengo a sottolineare la beltà di Monica Leofreddi e del suo décolleté. Sto abbandonando una parte del mio stupido snobismo, e non solo nei confronti dei mezzi massmediatici, ma questo non vuol dire che io sia disposto a inglobare qualsiasi cosa. Spero che nei palinsesti televisivi trovi posto qualche nuovo telefilm made in USA. Finalmente posso leggere con interesse gli articoli di Aldo Grasso.

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4
Ott

Notte eolica

Pubblicato mercoledì 4 Ottobre 2006 alle 02:16 da Francesco

Il vento continua a spirare violentemente e con la sua energia alimenta rumori molesti. Ho voglia di uscire per scontrarmi con qualche raffica e per assecondare l’indole adolescenziale che non voglio allontanare dalla mia età crescente. Mi piacciono i piccoli episodi di disordine provocati dalla forza eolica. Talvolta i capricci degli elementi piegano il genere umano e ne ridimensionano l’Ego. Non sono un feticista della natura, ma ci tengo a vivere appieno il mio ruolo di pedina biologica. Non sono ancora riuscito a plasmare completamente il mio corpo, infatti i miei addominali sono ancora nascosti, ma sto combattendo con il piacere dello sforzo fisico per erigerli. Voglio avvicinarmi alla vecchiaia con una mente e un corpo in grado di fronteggiare il più a lungo possibile la dolce ombra della morte. Per me è presto per pensare a certi momenti, ma ho sempre nutrito una forte curiosità, a tratti morbosa, verso la fase crepuscolare della vita. Credo che il pensiero ricorrente della mia morte non sia altro che un esercizio progressivo per esorcizzare la fine e per evitare di concepirla in un modo luttuoso ed esageratamente popolare. Penso che una fine presupponga sempre un inizio. Chissà dove fugge la coscienza quando il corpo smette di funzionare. Continuo a sostenere che il genere umano riuscirà a risolvere l’enigma della vita e della morte, ma per allora io sarò già cibo per le esche dei pescatori. Nonostante le atrocità naturali e artificiali di certi accadimenti del mondo ripongo molto fiducia nell’umanità e mi auguro che essa non si strangoli da sola a causa di un attacco di epilessia nucleare.

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3
Ott

Ricostituente euforico

Pubblicato martedì 3 Ottobre 2006 alle 17:19 da Francesco

Un pomeriggio nuvoloso e ventoso ricopre il mio luogo natio. Le mie casse provvedono ad allietarmi con il suono di “Starr Status”, un album di Kenn Starr. Oggi sono pervaso da una piacevole sensazione e mi chiedo se stanotte un’infermiera mascherata mi abbia fatto una puntura di euforia. Attorno a me tutto segue il ritmo dettato da una lentezza piacevole e distensiva. Un ragno armato di pazienza certosina ha creato una ragnatela abbastanza imponente sulle mie persiane, ma la sua opera viene scossa continuamente del vento e mi fa un po’ ridere. Non mi sento ancora pronto per dare asilo politico agli invertebrati e perciò più tardi darò lo sfratto all’aracnide e demolirò la sua costruzione abusiva. Ho voglia di bere qualcosa e credo che opterò ancora una volta per una spremuta d’arancia: acido ascorbico a gogò. Dopo l’ultimo punto di questo breve scritto mi farò una sega corroborante poiché, come ogni giorno, sento la necessità di svuotarmi le palle. Alle volte vorrei stare un po’ di tempo senza masturbarmi, ma non riesco a non assecondare il bisogno fisiologico di espellere il liquido seminale. A volte mi sembra che io parli del mio onanismo come se fosse un sacrificio e in questi casi non posso fare a meno di ridere. Ogni tanto mi trovo terribilmente buffo. Ho scoperto dei modi anglofoni per indicare il momento della masturbazione e ne ho tradotti alcuni: “far piangere il ciclope”, “vuotare la canna del fucile”, “stringere le mani con il presidente”, “versare latte”, “pulire i condotti” e, dulcis in fundo, “mandare in collera il cobra”.

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3
Ott

Onanista astemio

Pubblicato martedì 3 Ottobre 2006 alle 04:16 da Francesco

Tento di depennare dal mio calendario i giorni meno soavi. Mi trovo nel pieno del mio slancio vitale e spero di dare una forma celestiale alle incognite del mio futuro. Ho voglia di pettinare i capelli biondi di una valchiria toscana che da tempo immemore siede sul mio anelito più profondo. La poca lucentezza di certi periodi per me rappresenta un vizio cupo. L’ubriacone cronico baccheggia con il vino, io, l’onanista incallito, uso la masturbazione e dei pensieri volutamente malinconici al posto dei litri di alcol. Sono il migliore amico dell’etilometro e mi masturbo sotto la doccia con la stessa destrezza di un ninja. Ogni giorno la mia vista si affatica su una miriade di parole, ma raramente inquadra qualcosa che abbia un significato importante per il mio microcosmo. La mia volontà è protesa verso una serie di gesti dolci che hanno lo scopo di completare la mia vita e non di edulcorarla. L’inutile ampollosità con cui adorno queste righe stride con la volgare autoironia con la quale flagello il mio orgoglio, ovvero quella minoranza etnica del mio essere alla quale cerco di non dare troppa importanza. Non pretendo che l’avallo della logica trovi posto nella banalità di questa descrizione: luci soffuse, incenso spento, legna infuocata e discreta, tuoni e lampi, chioma aurea sopra il cashmere, finta timidezza, complicità licenziosa e sorsi analcolici. Voglo compiere nuovi movimenti con le mie falangi e desidero aprire scrigni immateriali per arricchirmi con qualcosa di incorruttibile.

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2
Ott

Ruralità immaginaria

Pubblicato lunedì 2 Ottobre 2006 alle 03:54 da Francesco

Una piccola chiesa di campagna abbandonata alle ombre dei voli corvini ospita il ruzzo dei piccoli e la religiosità di uomini errabondi. Il sudore della fatica agreste fertilizza i grandi campi senza fine. Gli animali emettono versi molto diversi da quelli onomatopeici che solitamente vengono insegnati ai bambini. La poesia delle tradizioni secolari si estrinseca da sé. Il movimento degli attrezzi rudimentali evidenzia il dinamismo contadino e la virilità del lavoro soleggiato. Motivetti ripetitivi muovono gli steli e movimenti canini provocano strali infantili. Il retaggio delle abitudini sorregge le case coloniche e una piacevole rassegnazione sfregia con grazia i volti di chi vive la stessa vita da generazioni. I dipinti naif si trovano accanto ai rosari e le scarpe da lavoro accanto ai grembiuli delle mogli. Massaie con i denti un po’ gialli ripongono speranze e panni puliti dentro vecchie ceste di legno. Una ritualità silenziosa aleggia attorno alle tavole imbandite semplicemente nell’ora del pasto serale. I figli vengono educati dalla severità dei padri e dalla comprensione delle nonne. Il contatto continuo con la ciclicità delle stagioni permette a queste famiglie di accettare con più facilità la ciclicità della vita. Ragazze troppo grandi per giocare e troppo giovani per sposarsi compiono lunghe passeggiate in sella a vecchie biciclette rumorose. Nuvole antropomorfe vanno e vengono senza destare troppo interesse. Durante i giorni di pioggia il focolare domestico si riempie di parole e gesti arcaici.

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