16
Ott

Rapporto divagato

Pubblicato lunedì 16 Ottobre 2006 alle 10:42 da Francesco

Inizio ad avvertire i primi movimenti dell’autunno. Ho tanto tempo da spendere e ho intenzione di sperperarlo con la stessa foga di una squinzia in via Montenapoleone. Nelle mie viscere, sotto gli sguardi imperturbabili delle ventiquattrore quotidiane, continua la tradizionale lotta tra la serenità e il vuoto esistenziale. La mia età è una burla e i cambiamenti di umore sono il suo frutto. Voglio diventare un interprete della realtà per fertilizzare il mio Eden con grandi tocchi di merda sorridente. Non valgo molto come giardiniere, ma sono in grado di cacare con estrema finezza. Devo ricordarmi di comprare un po’ di vernice per disegnare sopra una parete qualsiasi il punto deputato ad accogliere le mie prossime craniate. Ogni tanto appoggio la testa sopra al tavolino come se fossi sulla via della cirrosi epatica e lascio che un po’ di soul mi deprima. C’è di tutto nel mio cranio: ansie che corrono con le accette in mano, lampioni a gas che generano chiarori torpidi, esplosioni solari che illuminano i miei passi più fortunati e illusioni attaccate sopra pareti di ametiste. Ci sono centinaia di meccanismi incastonati nel mio cerebro ed è un peccato che io debba ancora apprendere il loro funzionamento. Ho poche idee e ancor meno spunti per realizzarle. A volte il mio entusiasmo insorge contro la visione erronea della realtà, ma non è ancora organizzato a sufficienza per avere la meglio sui difetti armati delle mie percezioni. Per adesso sono da solo in un avamposto poco importante e osservando con attenzione ogni punto cardinale non riesco a scorgere alleati né nemici; si tratta di abile mimetismo o di pura desolazione? Attendo le scorte di risposte e non le risposte di scorta. Punto il Mauser Gewehr verso l’orizzonte e fingo di sparare addosso al nulla.

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15
Ott

Sforzo ascetico e kalokagatia personale

Pubblicato domenica 15 Ottobre 2006 alle 09:19 da Francesco

Ieri sono uscito di casa attorno alle due del pomeriggio per raggiungere la grande croce che si trova sul Monte Argentario. Solo per arrivare in cima ho camminato per due ore tra la vegetazione boschiva e i saltuari rumori delle attività umane. Dopo aver raggiunto la meta sono salito sul blocco di pietra che si trova di fronte alla grande croce e ci sono restato sopra alcuni minuti per gustarmi la vista di Orbetello in miniatura. Per tornare a casa ho impiegato altre due ore, ma per fortuna il ritorno è stato prevalentemente in discesa e di conseguenza meno faticoso. Questa lunga camminata dalle velleità ascetiche mi ha fatto molto bene. Ho fatto il pieno all’autostima e ho corroborato la mente. Già il 31 dicembre del 2004 avevo compiuto lo stesso percorso di ieri: un Capodanno salutare e ironicamente autolesionista. Ancora una volta rifiuto il dualismo cartesiano per osannare l’importanza del rapporto passionale tra res cogitans e res extensa. Il continuo allenamento delle mie facoltà può sembrare una mera speculazione psicofisica, ma in realtà ha una rilevanza vitale per la qualità della mia vita. La kalokagatia tradizionalmente è la somma di bellezza fisica e morale proba, mentre per me si tratta dell’unione della metamorale e della resistenza fisica. Ho adattato la kalokagatia alla mia esistenza senza stravolgerne il significato. Ho inserito la resistenza fisica al posto della bellezza, poiché per me quest’ultima risiede nei connotati ariani e non posso ambirla a causa della mia etnia. Ho inserito la metamorale al posto della morale, poiché, a eccezione della merda cattolica, non ho mai avuto una morale di riferimento e per questo penso che la mia moralità debba svilupparsi tramite una riflessione su se stessa. Non mi piace il dogmatismo e di solito lo uso per l’igiene del mio scroto.

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14
Ott

Il tempo e la coscienza

Pubblicato sabato 14 Ottobre 2006 alle 13:18 da Francesco

Sono recluso in un penitenziario formato da paesaggi di varia natura e da lingue antiche. Non riesco ad assimilare le sensazioni che emanano i luoghi in cui mi trovo a respirare. A volte ho la sensazione che al posto della mia coscienza ci sia l’ambasciatore di me stesso in visita ufficiale. Non mi sento autentico quando tento di vivere quell’incalcolabile lasso di tempo che viene comunemente appellato “presente”. La mia serenità alienante si è nascosta da qualche parte e ha lasciato solo l’alienazione a farmi compagnia. Cerco di essere sereno, ma pensieri inutilimente grevi attanagliano la mia testa e mi impediscono di frenare il grande carro di visioni meste. Vedo arcobaleni in bianco e nero, campi brulli e immagini autunnali. Vorrei verniciare la mia esistenza bicromatica con tinte bellissime. Mi piacerebbe fare il passo più lungo della gamba, ma devo ancora saldare il conto per tutti i passi falsi che ho commesso durante il mio primo ventennio. Non ho reminiscenze né ricordi così importanti in grado di giustificare la comparsa di una nostalgia sincera e per questa ragione tengo a bada il mio passato per evitare che assuma un’importanta eccessiva. Finora il mio tempo è stato scandito da equilibri precari e da eventi di scarsa importanza per la mia vita. Sono afflitto dall’angoscia per il futuro descritta da Kierkegaard, ma a differenza di quest’ultimo non ho una fede religiosa con la quale alleviare il mio stato interiore. Credo che la mia angoscia per il futuro derivi dalla mancanza di un passato sereno e dalla costanza di un presente vuoto.

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14
Ott

La mia mostruosità

Pubblicato sabato 14 Ottobre 2006 alle 05:53 da Francesco

Finalmente è comparso qualcosa di nuovo nella mia vita: la caduta dei capelli! Per adesso ho solo una piccola alopecia sulla parte sinistra del cranio e non so ancora se sia passeggera o definitiva. Forse mi trovo di fronte a una calvizie incipiente ed è possibile che la cause si trovino nel mio stress inconscio. La natura non ha pietà di me: mi ha dato un pisello piccolo, i denti storti, meno di un metro e settanta di altezza, e questa simpatica alopecia. Per fare l’en plein aspetto con fiducia l’osteoporosi e il cancro. Alleno il mio corpo con costanza e sono sempre in peso forma per sentirmi bene, ma mi rendo conto di possedere una bruttura ereditaria dalla quale non posso staccarmi. Ho superato da tanto tempo il complesso della mia mancanza di bellezza e oggi uso la mia incapacità di essere avvenente per fare due risate alle spalle di me stesso. Non mi prendo sul serio ed è per questo motivo che riesco ad accettare con facilità i numerosi fallimenti che generano e che mi hanno generato. Sono il frutto di un ingranaggio difettoso e utilizzo la mia condizione per dare vita a uno spettacolo grottesco di cui sono il protagonista e l’unico spettatore. Penso che qualcuno nel mio stesso stato si senta rifiutato dal mondo, ma credo che in realtà un individuo non possa pretendere di essere accettato dagli altri se lui per primo non accetta se stesso. La mia bruttura non riguarda solo i limiti che mi ha imposto la natura, ma coinvolge anche il carattere orribile che ho forgiato in questi anni. A volte la bellezza fisica di una persona può compensare le mancanze intellettuali e viceversa, ma nel mio caso, e immagino che non sia l’unico, si trovano due strati di bruttura sovrapposti: uno fisico e uno morale. Scrivo queste cose per schematizzare le ragioni del mio stato solipsistico e per evitare che la mia psiche mi inganni con qualche stramba giustificazione. Ho già consumato la mia razione quotidiana di masturbazione e credo che dedicherò la mattina alla lettura e ai pesi.

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13
Ott

Patente: ultimo atto

Pubblicato venerdì 13 Ottobre 2006 alle 06:22 da Francesco

Mi appresto a sfruttare l’ultima possibilità che ho a disposizione per prendere ‘sta cazzo di patente. Credo che un bambino dell’Uganda appena saltato su una mina abbia più possibilità del sottoscritto di superare l’esame di pratica. Se fossi una vittima di qualche religione almeno potrei sperare in un intervento divino, ma il mio unico contatto con il “sacro” è costituito da bestemmie enciclopediche. Anch’io voglio la possibilità di schiantarmi legalmente a centoquaranta chilometri contro un muro, di subire multe ingiuste e di insultare pesantemente la madre di chi compie manovre avventate. Io alla guida sono una contraddizione in termini, ma penso di essere in buona compagnia sulle strade peninsulari. Sono trascorsi dieci mesi da quando ho avuto la malsana idea di iscrivermi a scuola guida e sto iniziando a rimpiangere il fatto di non essere il figlio di un camorrista. Sto ascoltando Curtis Mayfield e mi sto domandando quale disco accompagnerà il mio primo frontale. A parte le cazzate, potrei mettermi in affari con un allibratore clandestino per accettare scommesse sulla mia vita: “Riuscirà il nostro masturbatore a prendere la patente prima di dare il suo primo bacio?”. A volte la vita pone grandi interrogativi. Il mio nuovo istruttore ha il dono di non essere impossessato da forze oscure e credo che non sia poco. È un peccato che il mercato dei diplomi e delle patenti non sia legalizzato. Di questo passo riuscirò a guidare in tempo per il giudizio universale. Immagino che nessuno nasca con la scienza infusa, ma non posso fare a meno di domandarmi se la mia incapacità cronica dipenda dall’irruenza con la quale mia madre mi ha espulso dalla sua fregna. Lunga vita al parto cesareo.

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12
Ott

Home sweet home

Pubblicato giovedì 12 Ottobre 2006 alle 03:32 da Francesco

Un uomo deforme intinge le mani nei suoi escrementi e lascia le proprie impronte sulle pareti di una casa diroccata. Insetti alati banchettano sopra la carogna di un gatto randagio. Per terra si contano dozzine di cornici rotte e altrettante foto in bianco e nero sono sparse sotto le macerie. Tutta l’abitazione è avvolta dalla ruggine e dalla polvere. C’è una stanza colma di quadri e di sculture in legno che emanano una forte inquietudine. I rovi lasciano poco spazio alla luce solare e quasi ogni angolo della casa si trova in perenne penombra. Durante le notti di plenilunio un nutrito gruppo di eroinomani si dedica alla sua disciplina liquida all’interno di questa costruzione fatiscente. Gli schizzi di sangue dei tossici citati poc’anzi adornano il soffito. Siringhe abbandonate piangono in solitudine e attendono che qualche piccolo avventuriero si faccia male con il loro ago. La facciata è ricoperta da un giallo malarico e sembra che sorrida amaramente. All’interno e all’esterno della casa si trovano scritte nere che inneggiano a Satana e alla topa. Alberi sotto chemioterapia spogliano le proprie fronde sul tetto della dimora di nessuno. Persino quella troia della luna si rifiuta di illuminare questo luogo in disuso che un tempo ospitava esplosioni di gioa e respiri profondi appartenenti a nomi e cognomi oggi sconosciuti. Un eremo ideale per le pisciate dei cani senza collare e per le violenze carnali. Per chi deve ancora spararsi la prima sega è “la casa dei fantasmi” e per chi è già in andropausa da anni si tratta del vecchio indirizzo di conoscenti imprecisati.

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11
Ott

La solita gita

Pubblicato mercoledì 11 Ottobre 2006 alle 00:49 da Francesco

Cammino da solo in mezzo a campi irrigati da getti di disperazione umana. Scorgo in lontananza i fuochi delle tribù autoctone e odo il loro inno alla morte. Mi trovo nella zona più remota del mio inconscio e tento di farmi strada tra le atrocità della mia vita precedente e le voci delle mie paure attuali. Sono un individuo anonimo con una carta d’identità. Le mie parole rimbalzano nel tempo e lasciano scie di mestizia evanescente prima di cadere nel silenzio della mia fisicità. Il mio nomadismo interiore è determinato da un novero consistente di assenze prenatali. Sotto lo sterno, tra la polvere e le ragnatele, nascondo i ritratti pallidi e indifferenti di persone che non ho mai visto. Tra alcuni anni la forza unidirezionale del tempo mi trascinerà di fronte all’epitaffio di mia madre, sempre che una fine prematura non mi ghermisca. La stanchezza mi scuote con brevi tremolii e oprrime il mio volto con le sue mani. Ho bisogno di riposare per allaciare di nuovo i rapporti con la lucidità. Lo scrivo con una punta di autolesionismo: mi piace questo periodo di siccità emozionale. Il mio vuoto si fa sempre più grande e se fossi suo padre sarei compiaciuto della sua crescita. La scrittura è un passatempo divertente, ma dubito che possa verbalizzare certi stati d’animo senza intaccarne l’autenticità. Mi crogiolo nell’ambivalenza delle mie sensazioni e attendo che la mia ricerca interiore dia i suoi frutti. Appongo gli ultimi segni di interpunzione e mi preparo per una sega veloce prima di inseguire il sonno.

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10
Ott

Anatomia di una minaccia atomica

Pubblicato martedì 10 Ottobre 2006 alle 11:26 da Francesco

La Corea del Nord è apparsa più volte sulle righe del mio blog e in particolare in questo breve scritto di luglio. Temo il regime di Kim Jong Il e ho altrettanta paura dei provvedimenti dell’ONU. Mi chiedo quali siano le indiscrezioni che circolano al Palazzo di Vetro e non posso fare a meno di domandarmi se l’ipotesi di un intervento militare sia veramente così remota come afferma buona parte della stampa. La sensazione di déjà-vu è inevitabile, infatti mi sembra che ci siano tutti i presupposti per tornare non al clima, ma al climax della Guerra Fredda. È sublime lo scenario apocalittico che potrebbe crearsi se la Corea del Nord colpisse la costa pacifica degli Stati Uniti con le proprie testate nucleari. Alcuni hanno prospettato il pericolo che Pyongyang possa vendere la sua tecnologia a qualche organizzazione non propriamente filantropica e credo che sia inevitabile pensare d’acchito ad Al Qaeda per la vasta capacità economica di cui dispone. Già immagino la trattativa in un luogo segreto tra Al Zawahiri e i luogotenenti di Kim Jong Il. Se dovessi scomettere del denaro sul futuro di questa vicenda, punterei tutto su un intervento militare. La storia è un po’ grottesca: circa sessant’anni fa gli Stati Uniti hanno fatto tabula rasa di Nagasaki e Hiroshima grazie a due bombe atomiche, e adesso si muovono di pari passo con il Giappone per includere la possibilità dell’uso della forza nella risoluzione ONU. L’atteggiamento yankee non è incoerente, ma mi fa sorridere ugualmente. Attendo con interesse i prossimi accadimenti, ma per ora mi accontento del popcorn e delle palpitazioni.

Kim Jong Il

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10
Ott

Contenuto indefinito

Pubblicato martedì 10 Ottobre 2006 alle 03:00 da Francesco

Non riesco a dormire. Voglio restare sveglio a lungo. Mi bruciano gli occhi e mi sento terribilmente stanco, ma non ho ancora intenzione di cedere alla tentazione del sonno. Pensieri aberranti saltellano nel mio cranio come cavallette impazzite. Mi sento come uno scacchista che suda freddo perché non riesce a trovare una buona mossa. Ci sono troppe cose che non riesco ad afferrare e per evitare che mi sfuggano di mano devo continuare ad allenare la mia mente. Ho sempre curato la mia interiorità da solo e non ho mai fatto affidamento sull’accondiscendenza di qualcun altro. Il modo che uso per esprimermi è stucchevole e se avessi a che fare con un mio clone mi annoierei ad ascoltarlo. Non mi considero una persona gradevole per gli altri, ma apprezzo molto me stesso e sono parzialmente soddisfatto della carne e delle idee che mi compongono. Dalle mie parole non gocciola vittimismo. Cerco di essere obiettivo, tento di rincorrere l’oggettività, ma spesso e volentieri mi areno sull’ignoranza impenitente delle mie percezioni. Non pretendo di guardare la realtà negli occhi, ma ogni tanto vorrei riuscire a sfiorarla per comprendere di più me stesso e tutto quello che mi circonda. Nella banalità delle mie frasi si nasconde la sintesi delle mie mancanze più intime. Quando ho bisogno di calore mi faccio una doccia calda a tarda notte e vieto alla mia immaginazione di proiettare il desiderio di incrociare uno sguardo smeraldo. Ho un surplus di pensieri che devo scaricare nel cesso: non voglio che la mia mente porti da sola tutto il peso della coglioneria che mi caratterizza.

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9
Ott

Dalla stampa al mio immaginario

Pubblicato lunedì 9 Ottobre 2006 alle 00:33 da Francesco

Le piazze italiane attendono nuove manifestazioni. Sono un profano dell’economia e non ho la capacità per formulare una mia opinione sulla legge finanziara né sugli emendamenti che dovrebbero correggerla, ma sono curioso di sapere quali effetti sortirà. Stasera “Report” mi ha dilettato con il solito circo: truffatori mascherati da imprenditori, lavoratori incazzati in cassa integrazione, investitori ingenui, bilanci truccati e leggi messe alla berlina. Mi piace conoscere le attività brigantesche della penisola italiana e cerco di trarne insegnamento per stare alla larga da figure demoniache come i promotori finanziari. Non ho fiducia nell’establishment di turno. Napoli puzza e non lo scrivo per odio verso il meridione, ma per sottolineare l’ennesima odissea legata allo smaltimento dei rifiuti. Sono stato colpito dall’omicidio della giornalista russa Anna Politkovskaya, ma credo che quest’ultima sia stata colpita più di me. In Russia l’informazione non è ancora amalgamata bene con il potere e immagino che per questo motivo spetti ancora ai sicari il compito di controllare che lo zelo della stampa non superi certi confini. Cina e Giappone sono tornati in buoni rapporti per impedire alla Corea del Nord di divertirsi con il suo giocattolo nucleare. Attendo con impazienza gli sviluppi delle tensioni politiche dell’Estremo Oriente. Ormai le vicende irachene sono démodé e le puntate della missione “Isaf” si prospettano come una sequela di repliche macabre della serie “Enduring Freedom”. Forse qualcuno spera che Ahmadinejad e Kim Jong Il portino un po’ di novità.

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