18
Mar

Le solite mattanze

Pubblicato venerdì 18 Marzo 2022 alle 23:36 da Francesco

Da qualche parte nel mondo cadono ordigni e le pallottole viaggiano ad altezza d’uomo, altrove invece quegli stessi eventi gettano ombre che preannunciano scenari similmente distruttivi: in entrambi i casi v’è un crollo verticale e un effetto domino di cui le altrui esternazioni dànno conto in maniera più o meno diretta con o senza il concorso di una volontà cosciente.
La minaccia pende come una spada di Damocle e l’angoscia che attanaglia taluni s’ingenera dalla natura indecifrabile del pericolo, ossia dall’impossibilità di tracciarne una forma la cui attendibilità abbia i crismi dell’immediatezza: tutto è vago e opaco nei nembi prospicienti il golfo delle certezze, come se i primi fossero sul punto di fagocitare ogni caposaldo. 
Cosa si oppone a come si oppongono gli uni contro gli altri che a loro volta vedono terzi opporsi al loro opporsi? Non ne ho idea, ma dubito che in questo caso si possa fare affidamento su entità trine ed è evidente di per sé come in tali circostanze il terzo non goda, anche perché tertium non datur o almeno così sembra. Quello che è giusto differisce da quanto è opportuno o forse fa comodo pensarla così per alleggerire la coscienza e mantenere le luci accese senza rinunciare all’una né alle altre, quando invece taluni sono chiamati ad abdicare alla vita per le proprie idee e per i propri simili. Tutto o niente accanto a tutto e niente, ma così passa la gloria del mondo. Vi sono questioni più grandi di me sulle quali io posso confezionare solamente pensieri parzialmente riciclati, come in una sorta di economia circolare delle opinioni. Non si butta via niente tranne la vita. Adombrarsi serve a poco, ma può darsi che aiuti a compensare il pallore sebbene etica ed estetica siano intrecciate in un tutt’uno: un palazzo divelto e ancor di più un cadavere sfigurato dicono molto in questo senso con i rispettivi silenzi.

Categorie: Parole |

11
Mar

Di ovvie ipocrisie ed evenienze belliche

Pubblicato venerdì 11 Marzo 2022 alle 21:48 da Francesco

L’auspicio della cosiddetta pace incontra il mio favore, ma ritengo quest’ultima come in perenne subordine all’interesse personale di chi la sostenga. Su un certo piano non v’è distinzione tra chi spera nella fine di un conflitto per salvaguardare le proprie abitudini, i propri averi, le proprie certezze e chi, invece, condivide la stessa aspettativa per avvicinare il mondo alla sua visione dello stesso: in altre parole a me sembra che certe esternazioni procedano quasi sempre da meccanismi di identificazione e appagamento sebbene questi siano celati a livello conscio dalla pavidità in un caso e dall’ideologia nell’altro.
La parvente empatia verso i popoli in lotta è proporzionale all’insistenza con la quale le notizie vengono diramate e alla portata con cui le disgrazie altrui gettano un’ombra minacciosa sul proprio ordine delle cose, infatti poco sconcerto, apprensione e interesse destano i conflitti che si svolgono a certe latitudini, quasi come se i primi definissero le seconde e fossero endemici a certi inferni terrestri. Non scrivo codeste cose per indicare con stucchevole retorica l’ipocrisia imperante, bensì come mio costume mi limito a sottolineare l’ovvio affinché resti tale nella mia mente e non assuma le illusorie sembianze di cui sopra.
La solidarietà ha una matrice adattiva ed è l’arma in più di chi non ne voglia altre, ma nell’essere umano albergano millenni di sopraffazione e la mutua distruzione è una tendenza di cui forse la specie non si libererà mai. Può darsi che in capo ad alcune settimane o nell’arco di qualche mese la guerra si espanda dalle ex repubbliche sovietiche fino al cuore dell’Europa: chi lo sa? A me non piace l’odore della morte e non amo le città coventrizzate, ma prima di tutto ho in orrore queste cose perché me ne sento minacciato e solo in un secondo (per quanto immediato) tempo per un senso di viva partecipazione alle sciagure dei miei simili: talora l’onestà è brutale. Non so come mi comporterei se mi ritrovassi a imbracciare un fucile per proteggermi, tuttavia ho paura di quello che potrei diventare per combattere e di quello con cui poi dovrei convivere se riuscissi a non farmi ammazzare.

Categorie: Parole |

4
Mar

Voler vivere e voler morire

Pubblicato venerdì 4 Marzo 2022 alle 01:39 da Francesco

In questi tempi di facile sconforto ravviso un’idea predominante, la quale invero fa sempre da sfondo alle vicissitudini umane e ne costituisce l’orizzonte ultimo, perlomeno sotto la ristretta prospettiva biologica, ossia quello della morte.
In Ucraina esistenze innocenti vengono spezzate anzitempo dal braccio armato della politica estera e dalla tendenza alla sopraffazione che alberga negli uomini da sempre, benché in debite proporzioni e con rapportate capacità di nuocere: laggiù le persone non riescono a vivere; altrove, come in Italia, individui parimenti innocenti ma già consunti da malattie terminali o da condizioni simili, si vedono invece privati del diritto a una fine dignitosa.
Da una parte la vita non riesce ad affermarsi, perché la sua negazione più atroce per modi ed entità, ossia la belligeranza, si scatena e agisce anche contro coloro da cui è servita con riverenza; in astratta e speculare opposizione a questa inveterata circostanza, giacché la storia umana dimostra come i popoli abbiano eletto ad abitudine il reciproco annientamento, vi è l’impossibilità di morire per propria scelta, autodeterminandosi, per eludere sofferenze inutili.  
I due piani si possono sovrapporre solo idealmente, tuttavia risuona in me questo paradosso: chi vuole abbracciare la vita non può farlo in quanto vi viene strappato con forza, chi invece la vita la vuole salutare in un ultimo rito di somma libertà e catartico distacco, è costretto a protrarre il proprio dolore in ragione di questioni puramente formali, politiche, ideologiche, per le quali non vi è morfina che tenga. In buona sostanza ma in cattiva sorte, al di là di quali siano le dinamiche specifiche di queste due situazioni, ossia la guerra e l’opposizione all’eutanasia, la morte ne è il tema comune, il fil rouge che Atropo, la più anziana delle Parche, recide troppo presto o troppo tardi. Si muore, soleva affermare Heidegger per riferirsi al concetto di si impersonale, ma la fine altrui in realtà invita sempre a riflettere sulla propria.

Categorie: Parole |

1
Mar

Un affare di famiglia

Pubblicato martedì 1 Marzo 2022 alle 22:31 da Francesco

Non mi considero un cinefilo, ma ogni tanto mi trovo a compulsare la settima arte per ricavarne degli spunti con cui arricchire il mio immaginario. Sulla scorta di ciò un po’ di tempo fa sono approdato a delle recenti produzioni nipponiche e quella che più mi ha colpito è stata la pellicola di Hirokazu Koreeda risalente al 2018.
Il film descrive un Giappone lontano dalla sua immagine idilliaca e vicino a quello di una famiglia che si barcamena tra espedienti, piccoli furti e segreti, ma nella quale trovano spazio anche sentimenti di affetto e una profonda umanità. A mio avviso l’opera ha un taglio sociale e si nutre delle contraddizioni di cui si rende latrice. Ogni personaggio ha un profilo preciso e contribuisce  all’economia di una narrazione scorrevole, mai banale, tuttavia per me il ruolo più riuscito è quello dell’anziana Hatsue, interpretata da Kirin Kiki: immensa attrice nipponica deceduta pochi mesi dopo l’arrivo del film nelle sale e di cui ho adorato anche un’altra pellicola della quale scriverò in futuro.
Mi è piaciuta molto la fotografia, in particolar modo negli ambienti chiusi, così come ho ravvisato un’opera di rara sensibilità in certe inquadrature che fanno parlare piccoli gesti o minime alterazioni dei muscoli facciali. Non sono un esperto di recitazione, perciò valuto in maniera del tutto soggettiva le prove attoriali in base al grado di convinzione che suscitano in me e in questo caso il livello è risultato massimo. In buona sostanza si tratta di un racconto agrodolce, fatto di cinismo, pentimenti e tragiche redenzioni che a tratti mi è sembrato un saggio sulla natura umana. Non ho percepito l’opera come un semplice atto di denuncia né come un tentativo di subordinare la sociologia a un esercizio di stile, bensì ho apprezzato la crudezza del suo verismo per mezzo di un perfetto connubio in cui forma e sostanza finiscono per equivalersi.

Categorie: Cinema, Parole |

24
Feb

Ucraina: della forma e della sostanza

Pubblicato giovedì 24 Febbraio 2022 alle 21:51 da Francesco

L’inettitudine occidentale, il fallimento della diplomazia e la risibile prospettiva di sanzioni non hanno avuto effetto sulle grandi manovre della Russia, tuttavia credo che le responsabilità del conflitto in corso non siano ascrivibili soltanto a Mosca. Per quanto m’è dato di capire il casus belli è nato… a causa della NATO. Forse devo sostenere il contrario perché vivo in Italia ed è persino nei miei interessi farlo, ma l’onestà intellettuale m’impone di spingere ai limiti le mie capacità di comprensione: per fortuna quanto penso non conta un cazzo.
La Russia esigeva da tempo l’arresto dell’espansione NATO verso Oriente e pare che in tal senso avesse anche ricevuto degli impegni all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica, ma poi l’Ucraina nella figura dei suoi alti papaveri ha cominciato ad alimentare ambizioni europeiste e a ventilare la possibilità di aderire all’atlantismo. Alla luce di queste circostanze e dei molteplici avvertimenti lanciati da russi, posso sostenere che l’Occidente a trazione statunitense e il governo ucraino siano del tutto esenti da colpe? Non me la sento, ma può darsi che io sbagli e nel mio ragionamento vi siano delle falle di cui non riesco ad avvedermi.
Ammesso che da un punto di vista formale l’azione russa (o, da cotale prospettiva, la reazione russa) possa avere un fondamento per quanto pretestuoso, basta quest’ultimo a giustificare morte e distruzione? Secondo me no e anche una sola vittima è una catastrofe immane, ma la realtà è più articolata delle descrizioni di cui può essere oggetto giacché al piano umano si sovrappone quello politico e l’irreversibile tragedia dei morti ammazzati finisce per diventare una fredda statistica. A complicare ulteriormente le cose vi è la volontà filorussa di una parte della popolazione ucraina e quindi dividere nettamente il bene dal male diviene opera improba.
Mi chiedo quante vite valga la vocazione europeista di una ex repubblica sovietica e quanto interessi l’entrata del paese nella NATO a qualsiasi babooshka che la mattina si reca a comprare il pane. Quando la cosiddetta democrazia manchi di pragmatismo e si riduca a mera ideologia, riducendosi così a demopazzia, allora finisce per diventare l’oppio dei governanti.
La mia nazione immaginaria uscirebbe dalla NATO qualora ne facesse parte, chiederebbe il cessate il fuoco alla Russia e riconoscerebbe l’errore dell’espansione a est delle forze atlantiche: fantasticare non costa nulla, fare politica estera in un certo modo invece può portare a pagare il più alto dei prezzi.

Categorie: Parole |

17
Feb

I meccanismi di difesa di Robert B. White e Robert M. Gilliland

Pubblicato giovedì 17 Febbraio 2022 alle 22:45 da Francesco

Ho colto la lettura de “I meccanismi di difesa”, scritto a quattro mani da White e Gilliland, come un’occasione per passare in rassegna e approfondire dei concetti di cui ero già edotto, non ultimo quello di “permanenza oggettuale”, ovvero la capacità della quale i bambini sono sprovvisti fino ai diciotto mesi e la cui mancanza induce essi ad attribuire un’esistenza solo a quanto rientri nel loro campo visivo. Un altro punto capitale in apertura del testo riguarda la distinzione tra paura e angoscia con le loro differenti implicazioni, laddove la prima riguardi un pericolo concreto mentre la seconda abbia ragioni indefinite e una natura endogena.
Dopo queste e altre premesse nelle pagine si susseguono disamine ed esempi per tredici meccanismi di difesa di cui la rimozione figura come quello principale, difatti opera per escludere dalla coscienza un impulso insopportabile e il suo relativo ricordo, ma il materiale escluso (e anche questa nozione compone la parte introduttiva del libro) non ne decreta né ne riduce la portata, bensì lo tiene sotto custodia come se fosse un carcerato; a corredo di ciò aggiungo una celebre citazione di Freud che secondo me in una certa misura rimarca il concetto: “Le emozioni inespresse non moriranno mai. Sono sepolte vive e usciranno più avanti in un modo peggiore”.
Oltre alla rimozione le forme di difesa sono la conversione, l’inibizione, lo spostamento, il diniego, la razionalizzazione, la formazione reattiva, l’annullamento, l’isolamento dell’affetto, la regressione, la proiezione, il rivolgimento contro il Sé e la dissociazione: di queste tredici ve ne sono due (razionalizzazione e diniego) che fanno parte anche delle cosiddette cinque fasi del lutto, ma si tratta di una mia libera associazione più o meno corretta di cui il testo non fa menzione. Non è un volume corposo, consta di appena duecento pagine, ma tanto denso quanto utile per chi sia digiuno di tali nozioni e voglia meglio comprendere sé e gli umanoidi.

Categorie: Immagini, Letture, Parole |

11
Feb

All’ombra degli assetti piramidali

Pubblicato venerdì 11 Febbraio 2022 alle 23:19 da Francesco

Vorrei risiedere in un’alta ed eburnea torre dalla quale tutto guardare e nulla temere, ma mio malgrado per plurimi versi sono legato a doppio filo al destino di altri umanoidi. Per me la vera e unica indipendenza si traduce in un’autarchia totale e non è la semplice affermazione in un qualsivoglia sistema rispetto a cui il soggetto resta comunque in subordine.
Non sono neanche libero di eludere le radiazioni più o meno ionizzanti che mi attraversano né mi è dato di trovare un’alternativa al ciclo di Krebs, perciò i vincoli, certi evidenti e altri surrettizi, sono innumerevoli e ineludibili. Non posso farci nulla se qualcuno decide di coinvolgermi in una guerra mondiale o se alti papaveri invece della manna fanno cadere dal cielo obblighi e divieti che difettano di pragmatismo. La gerarchia di per sé come concetto non mi disturba né mi repelle, ma sono i criteri con cui sovente è posta in essere e gestita che me ne fanno disprezzare l’applicazione. Con sommo fatalismo accetto che nei ruoli apicali si trovino anche figure mediocri e inadeguate alla gestione di qualunque potere, foss’anche solo quello di tirare lo sciacquone. Forse a volte il problema non verte attorno all’assenza di alternative, bensì al loro grande numero e così in alcuni casi, per puro paradosso, una scelta obbligata può rivelarsi quella più libera. Non ho una parte attiva nelle grandi questioni del presente e quindi sono l’ennesimo spettatore pagante, difatti il dazio delle decisioni altrui ricade anche su di me, ma non ho scelto io di assistere all’ennesima replica della follia umana. Sedersi comodi e crepare.
Tenendo conto di tali premesse mi sembra lecita ogni astensione da sforzi maggiori del dovuto e da ogni slancio che superi troppo un minimo sindacale. Fare il sufficiente è abbastanza e non si tratta solo di un pleonasmo, ma di un vero e proprio manifesto. L’ambizione è una cretina che pensa di saperla lunga, tuttavia ha le gambe corte come le menzogne sulle quali si fonda. Esistere è una tentazione trascurabile.

Categorie: Parole |

9
Feb

Chi si ferma è perduto

Pubblicato mercoledì 9 Febbraio 2022 alle 20:51 da Francesco

Insisto a lavorare su di me per compiere un salto di qualità nelle mie prestazioni atletiche, ma i miglioramenti sensibili non si fanno ancora vedere. La sfida è ardua, ma è alla mia portata e proprio per questa ragione mi stimola oltremodo. Continuo a dare tanto alla corsa perché lei ricambia nella stessa misura, ma più che di tempo si tratta di energie psicofisiche. Dall’inizio dell’anno non mi sono allenato molto, però l’ho fatto con un’intensità superiore rispetto al solito ed è grazie a questa che sono riuscito a compensare la riduzione del volume.
Voglio spingermi ai limiti delle mie possibilità genetiche o comunque punto ad arrivarci vicino, ma già la possibilità di poterci provare mi rende entusiasta. Non mi sono mai sentito in forma come negli ultimi quattro mesi, tuttavia sono certo di avere a disposizione ancora parecchie frecce nella mia faretra. Non so come finirà né di cosa mi proverò capace, ma ripeto ancora a me stesso che devo reputarmi fortunato.
In aprile, qualora la situazione generale dovesse migliorare, vorrei fare la mia quarantunesima maratona per cercare di buttare giù il mio record personale, ma i tempi sono stretti e quindi resta tutto in divenire. Devo arrivare agli inizi di marzo con una forma ottimale, dunque le settimane venture saranno importanti affinché io mi faccia un’idea di cosa potermi aspettare e del margine su cui fare affidamento per i prossimi mesi. Certo, sono un mero dilettante, ma posso divertirmi a prendere un po’ sul serio la corsa perché quello dell’atleta è un ruolo di mio gradimento sebbene io abbia anche la duplice veste di allenatore.

Categorie: Parole |

4
Feb

Un insolito e sospetto ottimismo

Pubblicato venerdì 4 Febbraio 2022 alle 23:24 da Francesco

Non riesco a spiegarmi da cosa dipenda, ma in me sta cominciando a maturare un insolito ottimismo verso l’avvenire e non sono certo che io ne apprezzi il retrogusto. Non mi riferisco alle fragili fogge delle speranze né a quelle altrettanto precarie e indefinite degli auspici, ma questa mia sensazione verte su prodromi particolari e concreti. Sono abituato a considerare sempre come più probabile l’ipotesi peggiore e non mi creo mai grosse aspettative, perciò mi trovo un po’ spiazzato al cospetto della crescente fiducia verso il futuro. Per precauzione non intendo dare troppo credito a tale moto interiore, inoltre non ricerco una positività che io non senta davvero mia e neanche ho bisogno di incoraggiamenti.
Non di rado gli esseri umani si fanno dominare da astrazioni del tutto slegate dai fatti e poco importa quale sia la loro polarità, difatti un entusiasmo ingiustificato può essere disastroso o fatale quanto un timore parossistico. Io cerco di passare in mezzo a quelle fluttuazioni che talora mi pervadono, anche quando comincino ad assumere sembianze verosimili in un senso o in quello opposto. La lettura della realtà è difficile e si presta a tanti errori di valutazione, ma un po’ di esperienza mi suggerisce che quasi ogni segnale forte vada ridimensionato affinché mi sia dato di ricavare un’idea più chiara della sua vera portata. È come se al momento della loro ricezione certi impulsi venissero amplificati oltremodo e il loro contenuto fosse alterato dalla forma distorta che ne fa da veicolo: l’applicazione di filtri si rende indispensabile.
L’introspezione non cessa mai di rinnovarsi e non presenta aspetti scontati per quanto banale possa sembrarne il loro esame, ma d’altro canto non esiste un protocollo perfetto e io per fortuna devo occuparmi soltanto di quello che risulti efficace per me. Insomma, lascio che passino queste ventate di ottimismo e non le sfrutto neppure per il volo dei miei aquiloni.

Categorie: Parole |

28
Gen

Sottotraccia

Pubblicato venerdì 28 Gennaio 2022 alle 01:18 da Francesco

Soffiano venti di guerra, i mercati finanziari crollano, le democrazie si scoprono sempre più fragili e io ho inito il latte perché di solito non lo bevo. La pazienza è la virtù dei forti perché l’attesa sa essere logorante e io per mia fortuna non mi aspetto mai niente, ma al contempo sono in grado di lasciare il passo al tempo senza angustiarmi. Sono tanti i vantaggi di un’introspezione che risulti feconda e si faccia prima ancella di un isolamento prolungato. A mio parere l’epoca corrente renda merito a chiunque abbia svolto un certo lavoro su di sé, ma i frutti di quest’ultimo non deperiscono mai e le attuali circostanze si limitano a mettere in risalto quanto già rifulge di luce propria.
L’agitazione non porta mai nulla di buono, è nociva per la lucidità e non di rado si sprigiona come un immondo fetore da timori infondati. La mente non dice sempre la verità ed è proprio per metterla sotto torchio che io non identifico tutto me stesso con lei. Sono molteplici e infidi gli scherzi che le proprie astrazioni sanno tirare, ma non è così intuitivo prenderne coscienza. Non sono in grado di stabilire cosa sia meglio per altri e quindi non provo ad avventurarmi al di là della mia giurisdizione.
Spesso la natura del desiderio è subdola e vincolante, perciò diffido di quanto mi attragga e lo passo quasi sempre al vaglio del tribunale interiore, ma anche quest’ultimo non è esente da errori e dunque le certezze fanno di rado una fugace comparsa. I pericoli si annidano ovunque, ma io credo che una buona parte siano endogeni. I campanelli d’allarme sono superati in rumore dagli entusiasmi e di norma la loro eco torna a primeggiare nello spettro sonoro quando ormai nessun richiamo serva più.
Non rifuggo dalla risonanza altrui né la evito, ma neanche mi metto nella condizione di ricercarla e quando mi trovo a relazionarmici tento di non proiettarci più del necessario. Secondo me ognuno ha dentro se stesso tutto ciò di cui abbisogna, ma nessuno può spiegarlo a chi non sappia impararlo da solo: di questo avvitamento logico sono fortemente convinto. Il resto? Mancia.

Categorie: Parole |