19
Mag

Passando mentre tutto passa

Pubblicato giovedì 19 Maggio 2022 alle 23:26 da Francesco

Non so da cosa si ricavi la misura del possibile nelle situazioni più disparate, ma cerco di essere sempre cauto con le previsioni e preferisco assistere alla loro epifania piuttosto che suggerirne il compimento per conto di eventuali speranze, di aspettative omologhe o di pretese eccessive. Le ipotesi e le possibilità reali mi ricordano le molte teste dell’idra, perciò cerco di non farmene mai carico più dello stretto necessario al fine di risparmiare sulle bocche da sfamare.
Non so se io possa definirmi un fatalista, finora non ho mai inoltrato la richiesta per aderire al club e non ho in mente d’iscrivermi a nulla del genere, però non escludo che certe circostanze possano rendermene un membro onorario. Sono restio all’associazionismo e quello che mi risulta più inviso consta dell’intera umanità, me compreso, tuttavia non ho in progetto di porre in essere un’estinzione di massa né di porre un essere nella massa.
Se avessi vocazioni distruttive forse passerei i pomeriggi a schiacciare con le dita certi tipi d’imballaggio, ma la mia è una natura incline all’evoluzione individuale e io cerco di assecondarla entro i limiti che mi ritrovo: non è nulla di avvincente e al contempo è forse più di quanto mi serva davvero. A volte sono d’accordo con qualcuno, ma non partecipo a nessuna cordata e non ho risonanze che abbiano carattere di reciprocità perché prediligo le cose semplici sebbene io stesso talora fatichi a convincermene.
Assiepati in un maggio sempre più caldo, i miei attuali pensieri si annullano nell’inutilità che ne contraddistingue il peso specifico e formano quanto l’attività elettrica del cerebro lascia come materiale di risulta. Verranno tempi e modi per riflessioni all’apparenza meno vane e vaghe.

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18
Mag

Questione di prospettiva e proporzioni

Pubblicato mercoledì 18 Maggio 2022 alle 17:32 da Francesco

Non so se sia vero, ma tendo a credere che le disgrazie non si presentino mai da sole e quindi preparo altri posti a sedere per l’ultima cena. Quando le avversità si concentrano in un breve intervallo di tempo può sembrare che esse prevalgano da sempre, ma la misura del loro dominio va circoscritta in un andamento generale e di più lunga durata. In altre parole, quelle forse più banali da proferire ma più complicate da rendere proprie e accettare: fa più rumore la caduta di un albero rispetto alla foresta che cresce.
Credo che la pazienza sia una grande virtù così come viene decantata dalla saggezza popolare, ma non la trovo di semplice impiego per gli ostacoli di cui la mente è un’alacre costruttrice e mi sento di scriverlo in ragione della mia esperienza personale.
Ho molto a cuore la lucidità e non le ho mai teso attentati psicotropi in quanto mi ripugna ogni forma d’intossicazione. Nei periodi di alterne fortune non cerco di esigere da me stesso più di quanto io possa darmi e quindi provo a godermi lo spettacolo della tempesta nell’attesa che la stessa esaurisca i suoi impeti. Le cose me le vivo sempre da solo e comodamente in prima fila, perciò lo spettacolo mi è assicurato e non rischio distrazioni di sorta (tutt’al più di sorte). Il mio approccio è quello di sistemare ogni cosa in una sequenza che a sua volta faciliti le singole soluzioni, ma per seguire questo modus operandi devo mantenere un certo distacco da quanto mi riguarda direttamente: scriverlo è facile, farlo è arduo e appagante.

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17
Mag

Di percorsi incidentati

Pubblicato martedì 17 Maggio 2022 alle 22:11 da Francesco

Di recente ho visto vanificarsi una mia ottima intuizione a causa di un cattivo tempismo e quindi mi sono ritrovato al cospetto di un progetto eccellente che ha finito per risolversi in un perfetto fallimento. Il mio disappunto è stato piuttosto breve e siccome non sono rimasti neanche i cocci da raccattare non ho dovuto affrontare le tipiche incombenze di un vaso rotto, però mi sono raccolto in me stesso e ho dato celere corso all’accettazione dell’evento.
Non posso controllare tutto né lo pretendo giacché vigono sempre in potenza dinamiche superiori alla mie capacità di previsione, ma non mi lascio soverchiare dall’ineluttabilità delle circostanze. Nel caso di specie la questione di fondo non è nulla di tragico, tuttavia potrebbe offrirmi ottimi spunti di frustrazione se non sapessi contenere la portata della delusione.
Non alla maniera dell’Anonima sequestri, però mi sto già preparando per le inevitabili occasioni di riscatto che si profileranno all’improvviso sui miei orizzonti imminenti. Ciò che attualmente penzola come il brandello di un cadavere può diventare il termine di paragone per circostanze del tutto opposte. Il tempo è consigliere e giudice, ma se fosse ancora più pieno di sé gli farei fare anche i piatti a dimostrazione di come tracotanza e modestia possano talora convivere. D’altro canto la realtà è fatta di paradossi semoventi, di enantiodromie e di continui travasi semantici, dunque non mi resta che tenere il ritmo giusto per evitare che io mi calpesti i piedi da solo. Ho fiducia nei miei mezzi e in ragione di un estemporaneo animismo mi auguro che a loro volta essi l’abbiano nei miei confronti.

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9
Mag

Quasi ontologia

Pubblicato lunedì 9 Maggio 2022 alle 18:33 da Francesco

Qualche volta mi risulta difficile stabilire con assoluta certezza cosa sia giusto e cosa invece risulti sbagliato, ma talora le circostanze richiedono una perentorietà che io non sono in grado di fornire loro e in questi casi le decisioni necessarie restano latitanti od ozianti astrazioni.
Se avessi tutte le risposte parteciperei a qualche quiz impegnativo oppure darei un autentico sollievo a chi nelle ore più buie s’interroghi sui propri improvvisi e inspiegabili lutti, ma immagino che l’attuale crisi delle materie prime ritardi anche la consegna di soluzioni esistenzialistiche dall’Oriente. Nel mercato globale si esporta la democrazia e s’importano ragioni arbitrarie, d’altro canto un egoismo ecosostenibile si fonda anche su quell’autosufficienza che implichi il cantarsela e suonarsela da soli. Vi sono coscienze che non ammettono rifiuti e anche questo tratto suppongo che vada nella direzione di un certo ambientalismo.
Cosa devo fare e con quale intensità non è questione che mi sia dato di misurare con una cineseria da comprare in ferramenta, ma tra le discariche del passato vi sono utili concetti da impiegare in un’economia circolare, quella della chiamata alla vita senza preavviso. È davvero gravosa la reperibilità a qualsiasi ora del nulla.
Le questioni quotidiane si dispiegano nell’effimera catena di eventi che confina la libertà in comode restrizioni i cui evidenti limiti sfuggono alla fortunata cecità di chi vi sia sottoposto, perciò terzo occhio non vede e spirito non si muove. Per me l’alternativa a ogni alternativa è la negazione di qualsiasi alternativa e trovo che questa sia una consolante evenienza. Un saluto a chi non c’è perché non è.

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3
Mag

La debita distanza e nessun credito

Pubblicato martedì 3 Maggio 2022 alle 00:13 da Francesco

Talora gli eventi sembrano più complicati di quanto appaiano, altre volte invece lo sono davvero, ma l’abitudine alla semplificazione predomina in entrambi i casi: comunque quest’ultimo è un modus operandi che di tanto in tanto si rivela corretto grazie alla legge dei grandi numeri!
Non so quale direzione debba prendere il mondo e non riesco a vedere al di là dell’oscura coltre che cela l’avvenire, però se avessi doti di chiaroveggenza cercherei di metterle a frutto in un’emittente locale. Non mi allettano molto gli altrui impazzimenti perché non sono in grado di comprenderne l’autenticità e preferisco dare la dissimulazione per scontata piuttosto che concedere il beneficio del dubbio.
Bado poco alle dita puntate contro qualcuno, tuttavia non mi soffermo neanche su quelle che sfoggiano unghie smaltate. Non appartengo a niente né a nessuno, non ho referenti a cui rendere conto e non devo vendere nulla a terzi. Ci tengo a mantenere il mio spazio vitale e soprattutto amo trovare il cesso libero.
Invero qualche volta mi chiedo ancora come si dipani un’intima complicità, d’altro canto anch’io sono un essere umano, ma poi penso a tutto quello che può implicare il solo tentativo di scoprirlo e così la curiosità sparisce nel momento stesso in cui tiro un sospiro di sollievo.
È paradossale come i desideri non siano sempre desiderabili e talvolta manco desiderati, ma è difficile spiegare qualcosa del genere a chi non senta il disagio d’essere schiavo di sé stesso e infatti io non provo mai a farlo. In tutta onestà non mi pongo il problema di essere capito anche perché in prima battuta non cerco di mia sponte situazioni dialogiche e trovo più comunicabilità nei soliloqui al cospetto delle pareti o davanti alle attente cortecce degli alberi.

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27
Apr

Per arrivare là dove pochi sono arrivati

Pubblicato mercoledì 27 Aprile 2022 alle 22:48 da Francesco

Ho guardato in differita il lancio della missione Minerva e ho provato una sana invidia verso Samantha Cristoforetti, forse la persona che stimo di più tra quelle con un passaporto italiano. Se fossi milionario mi getterei con anima, corpo e bonifici bancari verso il turismo spaziale.
Mi chiedo quanti segreti siano adagiati ancora sulla radiazione cosmica di fondo e cosa si annidi nei miliardi di sistemi dei miliardi di galassie che compongono l’universo “visibile”. Mi domando cosa proverei se mi fosse dato di atterrare su un omologo della Terra, se mio fosse il primo passo su un pianeta extrasolare. Forse taluni non si soffermano mai a riflettere in termini di grandezze cosmiche perché sono abituati a ingrandire le piccolezze a misura d’essere umano.
Le imprese della Cristoforetti mi fanno sempre pensare a quanta differenza intercorra tra lei e molti altri esseri umani, quali per esempio gli ubriachi della movida violenta, difatti secondo me c’è più distanza tra la prima e i secondi di quella che vige tra l’homo sapiens e lo scarabeo stercorario: io stesso mi rendo conto che se il mio voto vale uno il suo deve pesare almeno diecimila volta di più. In quale altra specie animale sussistono differenze così marcate tra consimili? Il potenziale umano è incredibile, però è parimenti disarmante la frequenza con cui viene vanificato e mortificato dai più, scrivente compreso. Quanto vorrei vedere la Terra da fuori, avere almeno la possibilità di compiere un volo suborbitale e volgere il mio sguardo verso un buio tempestato da luci vecchie di centinaia, migliaia, milioni, miliardi di anni. Se fossi in grado di viaggiare con il corpo astrale penso che mi procurerei un abbonamento mensile per provare in terza persona la relatività del tempo. Mi sento limitato, ma non calpesto quello che possiedo e mi accetto per come sono: chissà, un domani qui chiamato fine potrebbe aprirmi quella strada di cui ora soltanto vagheggio. Buona viaggio, Samantha.

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22
Apr

Sbatti il mostro in prima pagina

Pubblicato venerdì 22 Aprile 2022 alle 22:29 da Francesco

Di recente ho guardato con vivo interesse Sbatti il mostro in prima pagina, un film diretto da Marco Bellocchio che risale al 1972 e di cui forse avevo visto distrattamente qualche pezzo in televisione anni or sono. L’atmosfera è quella meneghina degli anni settanta con tutte le agitazioni che scuotevano la città lombarda e il resto d’Italia in quel periodo di grande fermento.
Immagino che l’opera nelle intenzioni dell’autore avesse un proposito di denuncia sociale o almeno la visione della stessa mi ha indotto ad attribuirglielo giacché i fatti narrati riguardano i rapporti di mutuo soccorso tra l’informazione e il potere, ma l’elemento che più mi ha avvinto è stato l’icastico cinismo con cui Bellocchio ha descritto tali legami.
Il protagonista è il direttore di un quotidiano nazionale, un uomo del tutto spregiudicato e senza scrupoli addosso a cui sbattono come contro un muro di gomma delle figure piuttosto diverse tra loro, figure che invero a mio parere nella narrazione acquisiscono un’identità proprio in termini oppositivi al primo: esempi in tal senso sono il giornalista per il quale esiste ancora una deontologia, la signora matura che intrattiene una relazione di dipendenza emotiva con un giovane attivista politico e la moglie dello stesso direttore alla quale il marito in una breve scena rivolge accuse di mediocrità.
Quest’interpretazione di Gian Maria Volonté mi ha confermato ancora una volta come egli resti uno dei miei attori italiani preferiti di sempre e mi ha fatto un certo senso confrontare questa sua prova con una altrettanto convincente ma dai tratti diametralmente opposti: mi riferisco al suo ruolo ne La classe opera va in paradiso, dove egli ha vestito i panni di un operaio ed è riuscito a dare conto di una crescente presa di coscienza sociale nella lotta di classe; un gigante.

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17
Apr

Né uova né sorprese

Pubblicato domenica 17 Aprile 2022 alle 01:35 da Francesco

Non mi affliggono le molteplici incertezze che pervadono i parti imminenti del presente e non chiedo ai giorni lontani di adottare delle speranze a distanza. Mi sento bene, sono sereno e condivido tutto questo con me stesso in ragione di un’abitudinarietà che considero una forza pristina. Il resto mi riguarda in misura marginale e cerco di non curarmene oltre quanto mi sia richiesto da certe incombenze.
Sto continuando ad alimentare le mie passioni come se fossero delle figlie predilette e riesco a crescerle da solo perché le mie sono attività individuali. Non cerco approdi né traccio rotte verso mete altrui. Vorrei completare alcune cose a un ritmo più spedito nonostante siano tutte a mio uso e consumo. Conto di reificare alcune idee e sul piano sportivo confido nella mia forma crescente, difatti gli allenamenti mi stanno dando delle belle soddisfazioni che intendo tradurre in qualche tempo certificato. Sono molto concentrato su di me perché sto molto bene in mia compagnia e di certo non me ne faccio una colpa. In queste prime ore di Pasqua non ho ancora sonno e quindi mi diletto a scrivere due righe per navigare a vista nella notte corrente.
Un tempo in occasione di questa festività solevo mangiare dell’agnello fritto e lo trovavo molto buono, ma oggi l’idea di quel cibo violento mi disgusta. Non rompo il cazzo al prossimo e non dico a nessuno cosa deve fare, ma io mi pento per tutta la carne che ho masticato. Non mangio più animali morti (né vivi) da diversi anni, ma sono riuscito a smettere solo a seguito di vari tentativi, precisamente dopo che vidi un macellaio intento a prepararmi della carne di coniglio; avevo già assistito a scene ben peggiori e malgrado ciò quel giorno, al cospetto di quei colpi ripetuti e insistenti, provai una compassione che fino ad allora non avevo mai provato neppure in una camera mortuaria.
Quand’ero piccolo mia nonna e mia madre mi somministravano un’alimentazione onnivora in buona fede, ma se tornassi indietro mi leverei dal piatto ogni singolo boccone di carne e pesce.
Io seguo le mie convinzioni, la Pasqua non mi appartiene e non sindaco le scelte altrui, perciò ognuno divori ciò che vuole, compresi i propri figli a mo’ del Saturno di Goya.

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7
Apr

Saldato un debito se ne fa un altro

Pubblicato giovedì 7 Aprile 2022 alle 16:58 da Francesco

Qualche giorno fa ho appreso che la Grecia ha saldato ogni debito con il Fondo Monetario Internazionale, per gli amici FMI, perciò la notizia mi ha riempito il cuore di eurobond.   
Della crisi greca ricordo in particolare la storia di un ex farmacista di settantasette anni, Dimitris Christoulas, che all’inizio del periodo fosco si recò in piazza Syntagma ad Atene e si sparò in testa. Così egli lasciò scritto: "Non vedo altra soluzione che questa fine dignitosa della mia vita, così da non trovarmi a cercare cibo nei bidoni della spazzatura".
Poi arrivò Syriza con a capo il prode Tsipras, ma alla fine il capitale ebbe la meglio con buona pace di Marx ed Engels. Eh, che ci vuoi fare, è la legge del mercato bellezza!
Gli appassionati dell’horror possono trovare un’applicazione letterale delle cosiddette manovre "lacrime e sangue" nella Grecia di quegli anni. Poi vi fu la rapida ascesa di Alba Dorata perché giustamente per i problemi complessi si cercano soluzioni semplici, quindi come sempre accade il tracollo economico fu accompagnato da fortissime tensioni sociali di cui il gruppo d’estrema destra si fece interprete.
Ricapitolando: i politici greci mentirono sui conti pubblici del paese, i politici europei imposero misure draconiane ai cittadini greci, altri politici greci promisero al popolo di opporsi alle misure europee, ma alla fine queste vennero applicate senza umanità con tanto di referendum inascoltato, ovviamente. Il sillogismo viene da sé, così come la naturale conclusione che votare non serve a una sega.

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28
Mar

A taxi driver (Taeksi unjeonsa)

Pubblicato lunedì 28 Marzo 2022 alle 01:27 da Francesco

Non conoscevo la storia delle proteste sudcoreane che nel 1980 portarono al massacro di Gwangju,  un brutale episodio su cui è basata l’interessante pellicola di Jang Hoon.
Il protagonista è un tassista di Seoul, vedovo, squattrinato e con una figlia da crescere, quindi pronto a non farsi scappare la possibilità di un facile guadagno che gli si profila nel momento in cui viene a sapere quanto è disposto a pagare un giornalista tedesco per recarsi a Gwangju, teatro di forti manifestazioni studentesche di cui lui sembra pressoché ignaro, immerso com’è nelle sue preoccupazioni quotidiane.
In base a quanto ho letto pare che Jang Hoon si sia preso qualche licenza all’inizio del racconto rispetto a come i due personaggi principali si siano effettivamente conosciuti, ossia il tassista Kim Man-seob e Jurgen Hinzpeter, inviato dell’emittente tedesca ARD.
Secondo me il grande pregio del film è racchiuso nello sviluppo interiore del protagonista e nel ritmo credibile con cui viene seguito, difatti Kim una volta entrato a contatto con gli eventi inizia a sentirsi combattuto tra quanto desidera e ciò che invece egli ritiene giusto fare, così finisce per mettere in discussione se stesso e alla fine, aggiungo io, per conoscersi.
Secondo me alcune scene rischiano di offrire il fianco a una certa retorica, ma forse il parziale ricorso a quest’ultima è un po’ inevitabile quando vengano trattate certe vicende e ammesso anche che sia davvero così queste comunque non inficiano il valore dell’opera.
Un altro punto di forza del racconto risiede nell’abile sfruttamento del gap linguistico, difatti Kim parla poco inglese e Jurgen non conosce neanche una parola di coreano, ma questo ostacolo viene ribaltato in un vantaggio narrativo: tale espediente permette di allargare la comunicazione oltre i confini del solo linguaggio verbale con un risultato a mio parere tanto efficace quanto verosimile. Anche la cadenza dei momenti concitati in alternanza con le scene più distese e riflessive gode secondo me di un equilibrio perfetto. Insomma, A taxi driver mi è piaciuto moltissimo e mi ha portato a conoscenza di un fatto storico di cui non sapevo nulla benché io in Corea del Sud ci sia pure stato circa quindici anni fa.

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