27
Lug

La elle maiuscola

Pubblicato venerdì 27 Luglio 2007 alle 02:37 da Francesco

Conobbi L. per caso e all’inizio non ne fui molto entusiasta, ma alla fine riuscii a mettere a fuoco la sua figura e mi accorsi con stupore che era una silfide incantevole. Parlammo a lungo e visitammo le nostre memorie tra una fase lunare e l’altra. I ruoli si erano invertiti e ogni volta che dialogavamo sembrava che le nostre voci intonassero un vaticinio radioso. Scoprimmo che nelle nostre vite ricorrevano delle date identiche e pensai che la numerologia avesse deciso di darci la sua benedizione. L. iniziò a presentarmi il suo microcosmo lascivo e io rimasi ammaliato dal modo in cui lo introduceva nei nostri discorsi eterogenei. In un primo momento credetti che L. fosse una puttana, ma poi capii che era libera (e non semplicemente libertina) e scevra dalla stupidità vereconda della pudicizia. Un giorno percorremmo assieme le arterie del Rinascimento e snodammo i nostri colli sotto i soffitti gigliati. Un’atmosfera rarefatta s’impadronì dello spazio vuoto che si allargava e si restringeva incessantemente tra la mia spalla destra e la sua spalla sinistra. Proseguimmo il nostro vagabondaggio simbiotico per un po’ prima di rientrare nei nostri alveari. Successivamente continuammo a scambiare frasi e intonazioni, rumori gutturali e onomatopee curiose. Una mattina un errore ciclopico mi sequestrò e mi fece trasportare da Caronte sulle sponde di un momento sbagliato. Mi ritrovai nel santuario di L. e ingiuriai lei e le sue vestali prima di dileguarmi nelle ombre. Nella stessa tenebra ritrovai il volto di L. e la severità del suo sguardo mi trafisse da parte a parte: in quel momento pensai che un drammaturgo stesse per scrivere con il mio sangue il finale del suo componimento. L. tornò nel suo regno e il senso di colpa mi riaccompagnò nella mia necropoli.

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26
Lug

Un omaggio al grimpeur di Cesenatico

Pubblicato giovedì 26 Luglio 2007 alle 14:47 da Francesco

Nel 1998 il Giro d’Italia passò anche per Orbetello e fu un momento abbastanza emozionante. In quell’anno Marco Pantani conquistò la maglia rosa e io mi esaltai di fronte alle sue imprese. Ricordo che negli anni seguenti, in occasione del Giro d’Italia e del Tour de France, trascorsi molti pomeriggi di fronte a Rai Tre per ammirare le fatiche disumane dei ciclisti e forse da quelle immagini estenuanti iniziò a svilupparsi in me la passione per gli sforzi salutari. Per un po’ di tempo tentai di emulare le imprese degli scalatori con quella tenera ingenuità che appartiene ai ragazzini solitari e cominciai ad affrontare qualche salita, ma non ero un Miguel Indurain in erba e invece dello Zoncolan o dell’Alpe d’Huez avevo di fronte le pendenze del Monte Argentario. Dopo un paio d’anni il mio interesse per le due ruote scemò, ma si riaccese in occasione della morte di Marco Pantani e crebbe al di là dello sport. Oggi continuo a coltivare il piacere della pedalata e ogni volta che ne ho la forza mi allontano il più possibile dal punto di partenza, qualunque esso sia. Non sono un ciclista mancato, ho un passo ridicolo e poca predisposizione all’agonismo, ma riesco ad affrontare ogni salita e quando torno a casa dopo qualche ora passata in sella mi sento appagato. Appunto su queste pagine virtuali un video molto emozionante che celebra le gesta di Marco Pantani perché ogni tanto penso alle sue imprese quando i miei polpacci sono prossimi allo stiramento e le ginocchia mi dolgono. Negli ultimi giorni sono comparse nuove ombre sul ciclismo, ma in questa disciplina c’è sempre un raggio che trafigge la cupidigia per il podio e si tratta della sfida con se stessi che si risolve nel classico parallelismo tra sport e vita.

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25
Lug

Così parlò il capotribù degli sconsiderati

Pubblicato mercoledì 25 Luglio 2007 alle 20:02 da Francesco

Assistiamo alla caduta di un’altra intesa. Accenniamo coralmente brevi sospiri per cadenzare i riti del silenzio e compiamo abluzioni lacrimose mentre il cosmo muta lentamente. Siamo clandestini e tentiamo di intrufolarci nell’Olimpo, ma ogni volta i nostri limiti ci scortano fino al giaciglio di Bellerofonte e ci intimano di non violare mai più i confini aulici. Non crediamo a chi ritiene che il bene sia solo il frutto dell’assenza del male e sembra che la nostra genia non possa fare a meno di confidare eccessivamente nelle ricompense illusorie di un merito congenito. Pensiamo che tutto ci sia dovuto perché siamo stati abituati a crederlo da chi ci ha preceduto, ma la realtà è tremendamente diversa e talvolta la nostra indole non è in grado di accettarla. Parliamo continuamente, ma proferiamo soltanto frasi vuote e lasciamo che il peso dei nostri concetti cada sui nostri cuscini quando spegniamo le luci. Ci nutriamo con cucchiai di spocchia e ci sentiamo legittimati a fare ciò che non vogliamo subire, ma non riusciamo ad accorgercene nemmeno quando ci viene somministrato un castigo per curare una patologia delittuosa. Dissertiamo sui problemi dell’habitat mentre la nostra personalità va a fuoco e ci illudiamo di dare una soluzione agli estranei quando non riusciamo nemmeno a dare una rappresentazione elementare dei nostri problemi. Sia fatta la volontà della nostra indolenza.

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24
Lug

Fatica proficua

Pubblicato martedì 24 Luglio 2007 alle 21:32 da Francesco

Oggi ho pedalato a lungo. Sono andato a Pescia Romana e prima di tornare indietro ho proseguito per alcuni chilometri oltre questa frazione del comune di Montalto di Castro. Sulla via del ritorno ho fatto delle brevi deviazioni e mi sono fermato due volte per gustarmi le grazie della Maremma. Ho portato con me lo zaino che usavo alle medie per tenerci una bottiglia d’acqua da un litro e mezzo. La possibilità di bere mi ha permesso di fare uno sforzo maggiore del solito: ho pedalato a un ritmo abbastanza sostenuto e, arrotondando per difetto, ho percorso circa cinquantacinque chilometri senza risentirne troppo. Sono soddisfatto di questa giornata estiva e nemmeno il vento contrario è riuscito a tediarmi. Non ho vinto il Tour de France, ma almeno ho concluso al primo posto il tour de force dell’abbattimento emotivo a cui sono stato costretto a partecipare dalla mestizia di alcuni fatti recenti. Credo che la fatica salubre sia un’ottima risorsa per affrontare i momenti meno sereni e oggi, per l’ennesima volta, ne ho avuto la prova sulle strade che si trovano tra la Toscana e il Lazio. Se l’angoscia mi insegue io cerco di pedalare più velocemente per vedere chi è il primo che si ferma e finora ho sempre avuto la meglio. Non potrò affidarmi agli sforzi fisici per tutta la vita ma ho ancora molte energie da spendere e continuerò a farlo a meno che qualche grave malattia mi faccia visita o che un incidente non ritardi all’appuntamento con le mie ossa.

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23
Lug

Serenità convalescente

Pubblicato lunedì 23 Luglio 2007 alle 20:07 da Francesco

Salgo un’altra volta sul patibolo per pagare le mie colpe. Non ho bisogno che il boia mi aiuti e mentre quell’uomo incappucciato continua a guardare la televisione io mi preparo educatamente a subire l’ennesima condanna a morte. Non mi interessa se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto dato che alla fine brindo sempre con l’arsenico. Quando sbaglio mi metto il cuore in pace e porto in spalla tutte le conseguenze senza fiatare contro il fato. I miei errori sono prodotti artigianalmente e ogni colpa appartiene soltanto alle mie decisioni. Sono l’unico azionista dei miei fallimenti e finanzio ogni disastro con capitali d’inconsapevolezza. Memorie senza vita vengono a farmi visita durante le ore piccole delle notti grandi e mi calpestano a turno fino a quando non riesco a fuggire nel sonno. Ho un chiodo piantato nel cranio per ogni anno della mia vita, ma sono ancora in piedi e la mia voglia di stare al mondo è sempre la stessa. Non demordo anche se il tempo passa e le possibilità si riducono. Sposto a fatica tutti i macigni emotivi che rallentano la mia marcia verso l’ignoto, ma ho la pazienza e la forza per continuare ad andare avanti nonostante tutti gli impedimenti. Le parole non mi arrestano e non ci riescono nemmeno le schiere di delusioni che evoco involontariamente nei momenti meno opportuni. Non voglio che qualcuno mi sostenga perché certe cose le posso risolvere unicamente da solo. Faccio i conti con me stesso e so che non mi conviene ingannarmi. Ho troppa esperienza per farmi distruggere dalle sconfitte, ma non ne ho ancora abbastanza per evitarle. Un giorno diventerò la somma delle mie correzioni e sarò pronto a proteggere ciò che la mia condotta mi ha negato fino a questo momento, ma se non dovessi farcela accetterò l’insuccesso senza protestare e comprerò un appezzamento di terra per coltivare il senso delle mie rughe.

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21
Lug

Cronaca di un coast to coast fugace

Pubblicato sabato 21 Luglio 2007 alle 17:37 da Francesco

Ieri ho deciso improvvisamente di recarmi dove spira il garbino. Ho iniziato il mio viaggio estemporaneo alle quattordici di venerdì e l’ho concluso un paio di ore fa. Ho percorso poco più di mille chilometri, ho cambiato sei treni e ho camminato lungo decine di strade per prendere in consegna una certezza amara. Mi sono sentito un po’ come Jack Kerouac e in parte ne sono stato felice. Mi calzano ancora a pennello i vestiti sudati del viaggiatore solitario. In ventiquattrore ho trafitto due volte l’Italia e ho trovato persino il tempo di sviscerare a piedi Rimini e le zone limitrofe. Ho camminato tutta la notte attraverso la cittadina adriatica e in mezzo alle sue frazioni. All’andata mi sono fermato a Pisa, Firenze e Bologna, mentre al ritorno ho affidato la mia stanchezza a un Eurostar e dopo cinque ore, fresco come un rosa abbandonata nel Kalahari, mi sono ritrovato a Roma. Ho vagato per centoventi minuti nel ventre di Termini e prima di lasciare la capitale mi sono assicurato che il mio treno, sporco e rovente, non fosse diretto ad Auschwitz. Questa viaggio è stato tanto intenso quanto rapido e solo un tachimetro impazzito avrebbe potuto indicare la velocità del mio delirio, un po’ ferroviario e un po’ podistico. Ho portato a casa una cassa di pensieri malinconici come souvenir e l’ho già messa accanto alle altre. Ogni volta che viaggio mi entra in circolo un cocktail di nostalgia, mestizia, solitudine e risentimento, ma nonostante ciò che solitamente inquina il mio stato d’animo riesco sempre ad apprezzare i luoghi in cui capito e le parole che scambio brevemente con le persone che incrocio. Ogni tanto mi sento un uomo giusto nel posto sbagliato, ma in realtà non ho i meriti che le mie sensazioni mi attribuiscono e le fitte al petto me lo confermano ogni volta che passo di fronte allo specchio della mia affettività. Prima di eclissarmi, durante l’alba, ho visto di nuovo il tramonto di cinque lettere, e non è stato affatto piacevole. Non ho più nulla da vedere a ponente e aspetto che sorga qualcosa a levante in seno alla passione eremitica dei miei passi. Ad maiora.

Fotografia di bies

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20
Lug

Partenze improbabili

Pubblicato venerdì 20 Luglio 2007 alle 00:20 da Francesco

Ho voglia di partire, ma non ho ancora deciso quale sarà la mia prossima destinazione. Non sono un viaggiatore organizzato e amo l’estemporaneità. Mi piacerebbe tornare in Estremo Oriente per visitare la Corea del Sud. Escludo l’Africa, il Sud America e l’Indocina come possibili mete per il mio prossimo viaggio dato che non sono interessato al turismo sessuale né alle droghe, anche se i luoghi che ho citato offrono altre attrazioni oltre al meretricio e al narcotraffico. La Nuova Zelanda mi incuriosisce e mi attrae il lungo volo che occorre per raggiungerla, perciò penso che abbia delle buone possibilità per apparire sul mio prossimo e-ticket. Vorrei trascorrere un po’ di tempo in un sottomarino e mi pare che alcune società offrano un servizio turistico di questo tipo, ma devo ancora documentarmi in proposito e spero vivamente che i costi non siano proibitivi per le mie tasche. Il mio sogno rimane un viaggio a bordo della Soyuz, ma al momento non possiedo venti milioni di dollari per finanziare il programma spaziale della Russia. Se qualcuno mi sponsorizzasse un viaggio in orbita non ci penserei due volte ad accettare e se dovessi ricevere un’eredità di proporzioni milionarie probabilmente la userei per guardare la Terra dalla prospettiva di un satellite artificiale. Adoro formulare ipotesi sulla mia prossima destinazione, anche quand’essa prevede l’assenza di gravità. Alcuni mesi fa avevo una voglia irrefrenabile di tornare a Disneyland, ma poi ho lasciato cadere nel dimenticatoio questo viaggio spirituale nei meandri delle nave dei pirati.

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19
Lug

My sweet summertime

Pubblicato giovedì 19 Luglio 2007 alle 00:56 da Francesco

Non riesco a trovare un impiego estivo che accudisca le mie ore pomeridiane, ma non ho bisogno di un lavoro in nero e dato che non ho un conto in rosso non posso ammirare l’iride della manovalanza con cognizione di causa. Ho ripreso a pedalare durante le ore crepuscolari per ovviare alla mancanza di impegni e per evitare che il mio corpo resti fermo nell’hangar dell’apatia. Mi piace soffrire la sete quando vado in bicicletta dato che la necessità di bere porta sempre con sé un sogno a forma di bibita che mi spinge ad aumentare il ritmo della mia pedalata per raggiungere velocemente la ricompensa liquida del mio frigorifero. Mi sembra che questa estate scorra lentamente in una brodaglia di momenti piacevoli. Il caldo attenua il ritmo delle mie giornate, ma per me non è un problema dato che considero la flemma come una fiamma in grado di illuminare i momenti più concitati. Trascorro parecchio tempo da solo e ne sono abbastanza lieto perché, al di là dell’immaginario comune, credo che l’estate non si presti bene alla convivialità. La mia vita affettiva sembra ancora una morte colerica, ma questa stagione afosa suole distogliere la mia attenzione dalle questioni che ineriscono l’amore e il suo ambasciatore fallico. Trovo che la mia verginità si intoni bene con la mia età e non mi dispiacerebbe preservare questo abbinamento fino al mio ventiquattresimo compleanno, ma l’amore ha il diritto di prelazione sulla mia sessualità e qualora una passione mi ingaggiasse sarei costretto a concedermi a lei per adempiere agli accordi che ho stipulato con la gotha dei miei sentimenti.

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18
Lug

Le ripetizioni estive

Pubblicato mercoledì 18 Luglio 2007 alle 02:23 da Francesco

Sono caduto da una chimera in movimento e mi sono spezzato le ali. Una barchetta di carta trasporta un messaggio di addio sulla mia pozza di sangue mentre un’utopia solare mi ustiona le membra. I miei resti sono alla mercé delle avversità onnivore, ma la mia interiorità è ancora intatta come l’innocenza di chi è stato condannato a morte per sbaglio. Il fatalismo è una scusa e per esigenze sceniche non posso essere la vittima di qualcosa che non esiste. Il mio destino non è appuntato sopra una pergamena che giace nelle mani di un demiurgo. Se esistesse un dio il suo analfabetismo gli impedirebbe di scrivere il destino dei mortali. In questo momento sono un cumulo di brandelli, ma il mio benessere immanente, che non si appoggia a nulla di trascendentale, emana ugualmente un po’ di luce. Mi concedo frasi tautologiche per sottolineare con forza le mie condizioni. Gli errori cadono nell’oblio, ma i loro effetti resistono alla dimenticanza e attraversano un tunnel dopo l’altro fino a quando l’autolesionismo ne riempie i serbatoi. Le fratture della coscienza sono provocate dai movimenti tellurici dell’esistenza ed è normale che le vecchie convinzioni cadano nelle nuove voragini. In certe stagioni il cuore si disidrata, le lacrime sanguinano e ogni smorfia di piacere si ritrae dal volto, ma chi è lungimirante riesce a vedere un nuovo archè oltre questa parvenza funerea e di conseguenza può comprendere lo scarso valore di qualsiasi espediente apotropaico.

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17
Lug

Ermetismo spicciolo

Pubblicato martedì 17 Luglio 2007 alle 00:17 da Francesco

Il dolore dona un significato alle giornate che non sono in grado di giustificare il loro avvento. Il cielo trasmette arcobaleni in bianco e nero mentre la monotonia della pioggia priva le nubi di qualsiasi pathos. I rumori dell’ambiente diminuiscono drasticamente la gittata delle parole e molte frasi non sono altro che ammassi di rottami semantici dai quali colano significati trascurabili. Talvolta le conversazioni sono composte da monologhi che sono stati messi in castigo nella stessa stanza. La confusione ingaggia i soliloqui sterili come un capomastro che assume i detentori della terza media. La curiosità di espandere la conoscenza nasce spontaneamente come la vegetazione che comprime la praticabilità delle strade di campagna. La volontà di apprendere è un parto gemellare della necessità o il frutto di attimi silenziosi che hanno viaggiato a bordo delle coincidenze. Qualche dottrina rappresenta l’individuo come un globulo che circola in un ente la cui struttura olistica è inaccessibile per il pensiero terrestre e di conseguenza risulta intraducibile nel linguaggio che veicola le idee attraverso i fonemi. Certe convinzioni ingiustificate assomigliano a delle fiere indomabili che tentano di divorare il loro creatore. Si smette di essere padroni delle proprie scelte quando si subisce morbosamente il fascino delle catene e si compiono sforzi indicibili per ostruire l’uscita della propria segreta.

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