15
Ott

Resoconto settimanale

Pubblicato lunedì 15 Ottobre 2007 alle 00:33 da Francesco

Ho trascorso una settimana molto silenziosa. Ho continuato ad allenarmi costantemente con lunghi giri in bicicletta e con l’ausilio del mio bilanciere. Ho letto le prime cento pagine de “I Fratelli Karamazov” e le prime settanta di “A Soldier of the Great War”. Ho scritto molto negli ultimi sette giorni e di conseguenza ho raccolto parecchi appunti. Le giornate sono trascorse rapidamente e sono rimasto stupito dalla velocità soggettiva del loro transito. Ho ricevuto più di una telefonata materna e come al solito non ho premuto neanche un tasto sul mio cellulare taciturno. Mi sono avventurato di notte lungo le orbite rurali che circondano il mio comune e sono stato bene sotto il firmamento. Ho lasciato scorrazzare alcuni pensieri del passato e ho tollerato senza problemi la loro presenza confusionaria. Una sera, prima di rincasare, ho premuto “rewind” sulla mente per vedere com’ero trecentosessantacinque giorni prima e ho sorriso al cospetto della mia figura passata. Ho trovato anche il tempo per masturbarmi, ma ho trattato la mia necessità fisiologica come una pratica burocratica e mi sono reso conto per l’ennesima volta che la mia adolescenza è morta e sepolta. Ho riflettuto a lungo tra annotazioni fugaci e migliaia di pedalate. In un’ultima analisi è stata una settimana proficua, celere ed estremamente silenziosa, ma sono riuscito a divertirmi nelle mie azioni abitudinarie e penso che il modo di affrontare la propria routine (o qualcosa di molto simile) sia un ottimo banco di prova per la compattezza del proprio equilibrio interiore.

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8
Ott

L’orifiamma di certi temperamenti

Pubblicato lunedì 8 Ottobre 2007 alle 13:55 da Francesco

Quest’oggi voglio annotare un passaggio de “I Fratelli Karamazov” poiché lo ritengo molto attuale e concreto. La realtà mi ha confermato più volte e in circostanze diverse la validità delle parole che Dostoevskij fa pronunciare a uno dei suoi personaggi nelle prime pagine di una delle sue opere più celebri. Voglio che questa citazione resti per un’intera settimana su queste pagine virtuali ed esigo che sventoli come una bandiera commemorativa che non mi faccia dimenticare per quale motivo e con quanta fermezza ho rivolto più di un diniego a più di un’abiezione. Credo che poche parole abbiano un peso, ma ritengo che le seguenti possano muovere l’ago di una bilancia. “Soprattutto è a voi stesso che non dovete mentire. Chi mente a se stesso e presta ascolto alle proprie menzogne, arriva al punto di non distinguere più la verità, né in se stesso, né intorno a sé, e giunge così a disistimare se stesso e gli altri. Non stimando più nessuno, cessa anche di amare e allora, mancandogli l’amore, per sentirsi occupato e divagarsi si abbandona alle passioni e ai piaceri triviali, giungendo fino alla bestialità nei suoi vizi; e tutto per il continuo mentire agli altri e a se stesso. Talvolta è assai piacevole sentirsi offesi, non è vero? Eppure quell’uomo sa bene che nessuno l’ha offeso, che è proprio lui a essersi inventato l’offesa e a mentire per farsi bello, per enfatizzare e colorire il quadro, e che, partendo da una parola, ha fatto di un sassolino una montagna; tutto questo lo sa anche lui, e tuttavia è sempre il primo a offendersi, e si offende fino a provarne piacere, e si spinge in tal modo fino al vero odio…”

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7
Ott

Paracentesi caratteriale

Pubblicato domenica 7 Ottobre 2007 alle 11:12 da Francesco

Credo che in certi casi un’azione di una persona possa essere assunta come il campione con cui decifrare il suo carattere. La mia affermazione può sembrare estremamente superficiale e anch’io la riterrei tale se la mia esperienza personale non la avallasse. In molti casi le mie prime impressioni si sono rivelate coerenti con le conclusioni finali a cui sono giunto a seguito di una conoscena approfondita degli individui con cui ho avuto a che fare e tutto questo è avvenuto sia nel bene che nel male. Non penso che la fisiognomica sia una scienza esatta, ma credo che talvolta sia uno strumento attendibile, con buona pace di chi nega qualsiasi valore all’aspetto fisico per ostentare un atteggiamento profondo che in realtà denota una superficialità fanciullesca. Ritengo che i lineamenti del volto e i caratteri del corpo possano essere molto esplicativi riguardo alla personalità di un essere umano, ma sarei un ingenuo se negassi che questi elementi talvolta traggono in inganno. Quando vedo una persona in sovrappeso cerco di capire se la sua carenza fisica denoti una mancanza di volontà o se invece rappresenti un impiego diverso delle energie a discapito del suo indice di massa corporea. La grassezza di un uomo può dipendere dall’abuso di alcol, ma può anche essere il frutto di un’attività intellettuale che lo costringe a una vita prevalentemente sedentaria e quando i due casi coincidono si può notare quale dei due prevalga. Ovviamente quanto ho appena scritto è soltanto un esempio e credo che ogni persona che tende verso l’imparzialità possa articolare dettagliatamente degli esempi analoghi in base al proprio vissuto. Credo che questo concetto possa essere esteso anche al modo di vestirsi e all’armonia o negazione di essa che certi abiti generano in combinazione con determinate fogge corporee.

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6
Ott

Ovvietà grottesche

Pubblicato sabato 6 Ottobre 2007 alle 13:13 da Francesco

Un ex detenuto è finalmente a piede libero e con un piede nella fossa. I colori tenui di una giornata nuvolosa abbagliano i suoi occhi. È riuscito a pagare il suo debito con la giustizia, ma gli resta ancora da scontare l’ergastolo di un’esistenza misera. Un uomo apprende la notizia della morte della madre mentre si trova in Messico e per lo shock incomincia a passeggiare come un’anima penitente tra due file parallele di sombreri che osservano la siesta. Un prete recita la messa domenicale prima di lanciarsi in un sermone contro l’adulterio, ma tra un vaneggiamento biblico e l’altro dà occhiate fugaci alla moglie di un suo parrocchiano con la quale è solito appartarsi nottetempo nella sagrestia. Nei bagni del Palazzo di Vetro si riflettono i vizi segreti di alcuni tossicodipendenti che ricoprono cariche di potere. Nel cuore dell’Africa i capi tribali di due fazioni nemiche rompono il loro patto di non aggressione ed evocano le risate anamnestiche di Ribentropp e Molotov. Un poeta di strada scrive elegie funebri e le consegna a coloro che si vanno a suicidare dal ponte sotto il quale vive da decenni. Un neurochirurgo e uno scienziato sono stati radiati dai rispettivi albi e hanno deciso di unire le loro conoscenze per creare patologie artificiali. In un paese dell’Est la negligenza indossa gli abiti di un pittore e crea un acquarello radioattivo con i colori delle esplosioni di quattro reattori nucleari.

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4
Ott

Ipotesi sperimentali di passione: parte seconda

Pubblicato giovedì 4 Ottobre 2007 alle 08:07 da Francesco

Prova a insegnarmi qualcosa che non sono in grado di imparare cosicché io possa osservare come scuoti la testa. Apri una delle tue mani e imprimi violentemente lo stampo delle tue cinque dita sulle mie guance disabituate al contatto umano. Sparami in testa e poi partoriscimi. Creami a tua immagine e somiglianza prima che io mi uccida per ricostruirmi daccapo con le mie mani. Facciamo un passo oltre i limiti del possibile. Usa il tuo kajal per tracciare sulla mia schiena le coordinate del nostro chalet lunare. Interpretiamo le nozze di Cana e assicuriamoci che la nostra taumaturgia non si limiti alla moltiplicazione delle vettovaglie. Creiamo un totem del nostro vincolo e neghiamogli qualsiasi banalità cuoriforme. Cambiamo costantemente il nostro stato di aggregazione. Io costruisco e tu demolisci. Tu costruisci e io demolisco. Scambiamoci i sessi, le età, i ricordi e tutti gli altri orpelli che non occorrono alla nostra riconciliazione cosmogonica: invecchiamo di colpo e torniamo spermatozoi per gettare nei venti solari la ciclicità dei nostri errori. Ammutoliamo i poeti e stracciamo le loro odi. Riscriviamo i libri sacri senza usare le parole e usiamo i liquidi seminali per incollarne le pagine. Dissociamoci da ogni equilibrio e seguiamo l’andamento caotico di una creazione continua. Sappiamo che “amore” è una parola composta dalle lettere di alfabeti primitivi, ma dietro la sua forma etimologica si cela pacificamente un’energia che va al di là di qualsiasi connotazione morale. In ultima analisi decapitiamo gli stereotipi della tristezza e della sua antitesi, ma non dimentichiamoci di attendere con ansia che esplodano le parole e chi le incorpora pedissequamente nel proprio vissuto.

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3
Ott

Ipotesi sperimentali di passione: parte prima

Pubblicato mercoledì 3 Ottobre 2007 alle 05:54 da Francesco

Al posto delle labbra abbiamo due conduttori termici. Il tempo usa due dita sporche per schiacciarci: la presenza del passato e la fine del futuro. Parliamo lo stesso idioma, ma sembriamo due muti che non conoscono il linguaggio dei segni e riusciamo a comunicare solo quando le nostre debolezze utilizzano le stessa frequenza. Ci puntiamo addosso i nostri segreti e alziamo le mani per fonderci in una figura erotica che ricorda Ganesh. Deformiamo i piumoni con le abduzioni e le adduzioni che proteggono la simmetria simbiotica di un istinto di complementarietà. Le luci ci servono soltanto per assicurarci che le nostre ombre combacino. Non rifuggiamo dalla morte poiché ne siamo parte ed elogiamo noi stessi perché siamo i fondatori dei ponti che ci uniscono per miracolo. Ripetiamo i nostri nomi come se fossero dei mantra e svuotiamo di qualsiasi significato i nostri corpi per trasformare l’abitudine procreatrice della nostra specie in una rivoluzione emotiva. Siamo gli strumenti organici della nostra sopravvivenza interiore e teniamo svogliatamente la mano della verosimiglianza della realtà apparente mentre scendiamo a rotto di collo i gradini della follia più recondita. Raccogliamo tutti i frammenti temporali che la nostra memoria può contenere e ne appoggiamo le parti più significative dentro le teche aortiche a tenuta stagna per evitare che il sudore della voluttà ne impregni la forma.

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2
Ott

Una diva del gineceo moderno

Pubblicato martedì 2 Ottobre 2007 alle 11:23 da Francesco

Lei si ribellò all’imprinting. Non accolse gli uomini paganti tra le sue grazie e non prese i voti: non fu una puttana né una santa. Ebbe due gemelli che accudì con spirito materno: il suo volere e la sua femminilità. Studiò e lavorò per diletto e per dovere, ma ne sentì raramente il peso poiché svolse meccanicamente le sue mansioni e usò la mente per dipingere dei fiori d’arancio. Non seppe mai il nome di suo padre, ma ne cercò i tratti nei volti dei suoi amanti. Frequentò artisti poco quotati e medici abortisti. Fino alla sua menopausa ebbe il terrore di rimanere incinta e non volle farsi ingravidare per evitare alla sua prole potenziale l’esperienza traumatica del mondo umano. Lei protesse idealmente i figli che non ebbe e cullò le sue disgrazie per placare il bisogno della maternità. Quando era triste indossava un foulard e degli occhiali neri, poi si metteva alla guida della sua vecchia Aston Martin decappottabile e sfrecciava lungo le colline indorate di un luogo rinomato. Frequentò più di un club mondano e seminò scie di Chanel che qualche bellimbusto seguì per arrivare al suo cospetto. Amò i vestiti costosi e la letteratura russa, i pettegolezzi della sua parrucchiera di fiducia e le tragedie di Euripide. Le sue mani recitarono divinamente ogniqualvolta si sottoposero alla manicure e le ragazze più giovani la osservarono sempre con riverenza per tentare di replicarne l’aplomb.

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1
Ott

Sventagliate irrequiete

Pubblicato lunedì 1 Ottobre 2007 alle 02:59 da Francesco

Un uomo folle decapita una chiaroveggente e ne porta via il cranio per usarlo come sfera di cristallo durante i suoi tentativi divinatori. Un padre accompagna la figlioletta a scuola e prima di salutarla le infila nello zaino una bomba a orologeria. Un’ora dopo i pompieri ricevono una richiesta d’intervento a seguito di una forte esplosione. La radio locale interrompe i suoi programmi per dare la notizia della tragedia e rapidamente anche le emittenti maggiori si concentrano sul fatto. L’autore della strage ascolta i notiziari e sorride mentre sistema alcune pratiche nel suo ufficio. Un peschereccio incrocia un’imbarcazione di clandestini che sta per affondare in alto mare. L’equipaggio deride gli uomini disperati che si trovano sul natante di fortuna e osserva quest’ultimo mentre si inabissa. Una madre lancia il proprio neonato verso il peschereccio per tentare di salvarlo dalle acque, ma il piccolo urta contro il fianco dell’imbarcazione e cade in mare sotto le risate dei pescatori. Una ventenne inala diversi grammi di neve settembrina e i suoi cosiddetti amici abusano di lei mentre muore d’overdose, ma per lo meno si prendono la briga di lasciare il suo corpo di fronte alla casa della madre. Un barbone impicca tutti i gatti che trova e ogni giorno ne prende uno dalla sua scorta pendente per cucinarlo sotto il ponte inagibile dove risiede assieme alla sua pazzia. Una maestra di provincia organizza il gioco della campana sopra un campo minato e mette una nota sul registro a ogni alunno che si rifiuta di morire davanti ai suoi occhi.

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30
Set

Patrick Goble – In God’s Eyes

Pubblicato domenica 30 Settembre 2007 alle 08:25 da Francesco

Ho conosciuto Patrick Goble tramite MySpace e sono rimasto incantato dalla sua versatilità. Ho scambiato alcuni pareri con lui e, nonostante non mi piaccia comprare musica online, ho acquistato su iTunes il suo album poiché l’ho trovato eccezionale. Goble è nato nel 1985 e ha imparato a suonare undici strumenti. Lo ritengo un grande talento e sono felice che la mia ricerca musicale mi abbia condotto dinanzi alla sua produzione artistica. “In God’s Eyes” è un estratto del suo album che si chiama “Big Bad World”. Una citazione del pezzo: “Better watch yourself boy, if you don’t you might fall and whatever you do in this life don’t you ever stall”.

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30
Set

Fotografie, ricordi e contenuti reali

Pubblicato domenica 30 Settembre 2007 alle 00:39 da Francesco

Ho selezionato alcune foto che ho scattato in Corea del Sud e le ho messe online per appuntarle sopra queste pagine virtuali. Nei miei scatti ho rivisto alcuni dei momenti quotidiani della mia permanenza nel paese del calmo mattino e sono stato colto da un po’ di allegria dato che sono immune alla nostalgia. Sono in grado di evocare con più precisione certe immagini del mio viaggio grazie ai frammenti di tempo che ho immortalato mentre interpretavo il ruolo del viandante solitario. Solitamente sono piuttosto restio nel concedere spazio al passato e ritengo che alcuni momenti non possano essere inclusi nella divisione trina del tempo. Penso che i ricordi modifichino la realtà dei fatti attraverso i filtri della riflessione. Non credo che il passato possa essere traslato nel presente senza subire alterazioni e per questo motivo non credo a quanto riaffiora nella mia mente, ma cerco di assecondare il meccanismo del ricordo in modo tale che il livello di corruzione del contenuto di una memoria possa essere limitato. Il romanticismo con cui evoco i miei trascorsi coreani forse ha tonalità più grige di quelle che uso per dipingerlo a parole, ma è possibile che i suoi colori siano più accessi dei pastelli memoriali di cui dispongo. La mente è un’ingannatrice ed è paradossale che io me ne renda conto tramite lei. Forse anche le parole di questo excursus sono il risultato di un tranello delle mie facoltà, ma per adesso smetto di curarmene e pongo mente alle foto che ho pubblicato.

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