25
Ott

Il respiro della coscienza: le spirali dello sviluppo

Pubblicato giovedì 25 Ottobre 2007 alle 00:08 da Francesco

Il capo si china con un moto sonnolento sopra un banco della scuola dell’obbligo e durante questa manovra soporifera può accadere di rendersi conto che non si riesce a trarre un insegnamento concreto né da un libro né da chi ha l’onere di spiegarlo. Le gerarchie sociali cominciano a instaurarsi nei corridoi su cui si affacciano le aule della società futura. Alcune bambine assomigliano a delle centometriste nel loro passaggio dall’età dell’innocenza al battesimo della malizia e le loro spettatrici coetanee le osservano con invidia o con rassegnazione perché non dispongono degli stessi mezzi fisionomici per rompere il ghiaccio e l’imene. La moda in voga è il primo passo verso la scultura di un’epoca, ma al contempo è lucrativa e spietata come uno dei suoi tanti revival. La violenza e il sesso sono un evergreen nell’immaginario collettivo e producono perversioni banali che di tanto in tanto sfociano in atti efferati. I tentativi di spettacolarizzare ogni inezia sono ripetitivi e si fondo con gli sforzi sempiterni di speculare su ogni cosa in un mix scontato che talvolta produce momenti di frenesia generale. Qualcuno che si appresta a vivere può essere intimorito dai dubbi sul futuro e le sue scelte corrono il rischio di essere le figlie di una logica errata. Non è raro che taluni formulino il loro giudizio sul mondo in base agli eventi casuali della loro esperienza e le grandi verità che si disperdono di fronte a un aperitivo spesso sono l’ululato della frustrazione o il canto ingenuo di una serie costante di combinazioni fortuite. È difficile scorgere dei movimenti regolari in una ridda di gesti confusi, di espressioni sibilline e di dati falsati, perciò non resta che alzare con grazia il dito medio verso un punto avverso prima di iniziare ad allenare la mente e il fisico per dedicarsi anima (junghiana) e corpo a…

Knowledge Is Power

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24
Ott

Il respiro della coscienza: la genesi

Pubblicato mercoledì 24 Ottobre 2007 alle 00:47 da Francesco

Un uomo e una donna istituiscono un vertice straordinario di quarantasei cromosomi e attendono l’esito della gestazione per accoglierne il risultato a braccia aperte. Talvolta il cordone ombelicale diventa un cappio al collo per le libertà di uno dei procreatori ed è possibile che questa asfissia progressiva provochi dei gesti inconsulti. Il collante che lega una donna incinta all’uomo che l’ha ingravidata può assumere le forme più disparate: la cieca obbedienza a una dottrina religiosa, l’osservanza di una tradizione, l’abitudine alla figliolanza, un interesse morboso, l’incapacità di sottrarsi a un presunto obbligo verso la propria prole o un sentimento profondo verso quest’ultima. In ogni ora del giorno una donna può essere fecondata tramite un gesto d’amore del suo compagno, con uno stupro violento o grazie ai ritrovati della fecondazione artificiale. Alcune madri sono delle vittime egoiste e vogliono a tutti i costi un figlio a cui non possono garantire un futuro, ma non riescono a sopportare l’astinenza dalla maternità e alla fine concepiscono per via uterina un metadone vivente di qualche chilo. Ogni tanto un po’ di curaro cade in un biberon e un infante resta tale nella memoria di chi continua a vivere, ma da molte mammelle grondano gocce bianche che proteggono i fiocchi azzurri e rosa dalle tinteggiature nere. I primi anni di vita appartengono alla pedagogia, ma durante l’inconsapevolezza neonatale l’imprinting trivella l’inconscio. I giocattoli occupano il tempo del bambino e quand’egli cresce gli viene consegnato il balocco gnostico degli adulti: una delle tante religioni che sono nate in seno alle esigenze del quieto vivere. Nella fase pubescente la distinzione tra il bene e il male assume una forte discrezionalità e, qualora non siano considerate le innumerevoli sfumature morali, possono comparire delle mostruosità antitetiche: una vocazione altruistica e misticheggiante o un amore sfrenato per una forma di nichilismo distruttivo. Oltre a questa divisione dicotomica e alle sue diramazioni vi è una corrente piuttosto vasta che verte sulla mansuetudine dell’individualità a cui è semplice omologarsi per avere un facile accesso alle forme di anticonformismo convenzionale e alle valvole di sfogo che hanno la forma delle promesse utopiche dei vizi schiavisti. La ricerca di un’identità avviene con lo sfoglio dei cataloghi di stereotipi nelle volte mediatiche o in qualche sotterraneo adiacente che pretende ingenuamente di differenziarsi da quanto lo sovrasta. Tutto questo non è altro che l’inizio.

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23
Ott

Tre Colori: Film Rosso

Pubblicato martedì 23 Ottobre 2007 alle 00:30 da Francesco

Qualche ora fa ho visto l’ultima parte della trilogia dei colori di Krzysztof Kie?lowsk e mi è sembrata un’ottima conclusione. La protagonista è una studentessa di nome Valentine che vive da sola e lavora come modella. La giovane ha una relazione con un uomo che si trova all’estero con il quale scambia quotidianamente delle telefonate pregne di gelosia. Il film entra nel vivo quando Valentine incontra la figura enigmatica di un uomo anziano che vive in solitudine. Il vecchio in questione è un giudice in pensione che trascorre le sue giornate a spiare le conversazioni telefoniche dei vicini e si rapporta con Valentine in un modo misterioso che a tratti diventa divinatorio. Gli eventi si succedono con un ritmo perfetto e sono adornati da elementi ricorsivi che aggiungono un po’ di stupore alle sequenze. Il film non termina in maniera autoreferenziale, infatti il finale si lega anche i ai capitoli precedenti e sintetizza uno dei significati della trilogia prima che compaiano i titoli di coda. I tre colori di Kie?lowsk hanno dipinto alcuni dei miei pomeriggi grigi e mi hanno portato a riflettere sulla vita da un punto di vista che poggia sul destino e sul fatalismo, ma ho preso in esame questa prospettiva senza accettare completamente le comodità stupide e nocive della presunta ineluttabilità degli eventi.

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22
Ott

Una banalità necessaria

Pubblicato lunedì 22 Ottobre 2007 alle 02:06 da Francesco

Trovo che la comprensione della realtà sia molto ardua e ritengo che sia altrettanto difficile contemplarne la difficoltà al di fuori dei binari della banalità, ma talvolta non me ne rendo conto e dimentico l’ordinarietà degli errori di valutazione. Le mie convinzioni possono ottenebrare la tendenza a una visione del mondo potenzialmente imparziale ed è per questo motivo che le metto a punto continuamente. In passato ho preso decisioni sbagliate e ho commesso errori madornali che sono stati incoronati da una certezza temporanea, ma il senno di poi ha detronizzato i loro risultati e mi ha aiutato ad acuire le mie scelte. Non è affatto facile vedere oltre ciò che si vuole vedere, ma la banalità di questa presa di coscienza è puramente descrittiva e non penso che possa contribuire efficacemente al miglioramento del proprio giudizio. Per servire la verità talvolta occorre rinunciare a se stessi e questa rinuncia può essere molto dolorosa qualora l’individualità abbia delle dimensioni ragguardevoli che la elevino al ruolo di cardine di un’esistenza, tuttavia non conosco alternative valide a questo metodo. Credo che un primo passo verso la guarigione e il bilanciamento dell’umore risieda nello sforzo di sopraffare la parte faziosa della propria personalità. Mi sembra che il desiderio di affermarsi e la voluttà della prevaricazione siano dei vizi inveterati e suppongo che possano essere sradicati soltanto con la costanza e con l’abbandono di conquiste personali che sono più nocive di quanto lascino intendere le loro fogge appaganti.

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21
Ott

Preambolo invernale

Pubblicato domenica 21 Ottobre 2007 alle 01:15 da Francesco

Le ore di luce diminuiscono, le temperature si acquietano e il proprio fiato accarezza le mani. Qualcuno approfitta del clima per congelare i suoi ricordi e qualcun altro seppellisce ogni sua memoria sotto grandi lastre di ghiaccio. I venti gelidi trasportano silenzi distorti e spazzano via le ceneri dei fuochi fatui. Il freddo avvolge la carne e il motore extracorporeo che la anima. Le menti sublimi emigrano assieme agli stormi delle loro riflessioni alate. Le caldaie borbottano in completa solitudine, i camini lavorano il legno con abnegazione incendiaria e le stufe bruciano tutto ciò che riescono a inghiottire. Le cappe aiutano i fumi nell’ultimo passo verso l’alto e nella stessa direzione si volgono gli sguardi di chi inclina il collo per cercare una figura divina in mezzo alle nubi novembrine. Il tempo non si arresta mai a differenza del cuore malato di un uomo anziano. Le catene da neve si abbinano perfettamente con la palla al piede che lega a terra i sognatori desti. La bellezza di un letargo umano è racchiusa negli abbracci di un’unione sottocoperta mentre tutto il resto orbita velocemente tra giorni febbricitanti e attese temperate. I corpi indossano indumenti pesanti per nascondere le zavorre interiori dei loro proprietari. Le lampade sostituiscono le sfumature estive e proiettano ombre avvilite sopra il pallore delle mura domestiche.

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20
Ott

L’India e Pitigliano

Pubblicato sabato 20 Ottobre 2007 alle 01:24 da Francesco

È probabile che in futuro mi attendano due tappe. In primis ho intenzione di recarmi a Pitigliano in bicicletta, ma non sono ancora certo di riuscirci: il percorso non è dei più semplici a causa delle sue salite e delle relative pendenze. Il mio comune dista quarantanove chilometri da Pitigliano, quindi per andare e tornare (vivo) in un solo giorno devo prepararmi a pedalare per novantotto chilometri con uno zaino sulle spalle. Non so quando tenterò di affrontare questa piccola impresa per mettere alla prova il mio fisico, ma sono certo che la mia decisione arriverà all’improvviso nel corso di una mattina poco ventosa. Nel mio zaino riporrò qualche integratore, un po’ di cibo e una coperta di dimensioni ridotte qualora, per cause di forza maggiore, dovessi trascorrere la notte sotto il firmamento. Nel corso dei primi mesi dell’anno venturo è possibile che io mi rechi in India per affrontare il terzo viaggio da quando ho assunto la gestione della mia vita, ma anche questo spostamento non è ancora certo. Ho già provato a me stesso di non temere la fatica né le distanze e inoltre sono in grado di gestire le situazioni inaspettate. In questa fase della mia vita sto raccogliendo i risultati dei miei sforzi e ne sto producendo di nuovi. Sembra che la mia emotività non possegga nulla a causa della sua totale estranietà dagli aspetti più profondi dei rapporti interpersonali, ma in realtà contiene più di quanto io stesso riesca a quantificare.

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19
Ott

Belligeranza infantile

Pubblicato venerdì 19 Ottobre 2007 alle 03:30 da Francesco

Oggi ho ripercorso i sentieri della mia infanzia e ho notato che sono rimasti quasi intatti. L’edilizia rurale si è espansa nelle zone in cui giocavo da bambino, ma fortunatamente non ne ha cementato ogni angolo. Quando ero piccolo attraversavo i campi agresti con un canna di bambù in mano che impugnavo a mo’ di fucile. La fantasia mi arruolava in ogni stagione e mi assegnava alle prime linee del conflitto pomeridiano di turno. Ho combattuto molte campagne d’Africa sopra i terreni rossastri che ancor oggi circondano la mia abitazione. Ogni tanto un trattore percorreva i campi con la sua andatura pachidermica, ma io lo considervo un carro armato e parimenti vedevo un bombardiere nemico in ogni areo di linea che sorvolava il cielo delle mie avventure militari. Devo ammettere che da bambino avevo una immaginazione molto fervida. Interpretavo sempre un ufficiale della Wehrmacht e spesso giocavo da solo, ma la mia fantasia bellica era influenzata fortemente da un mio amico d’infazia. Costui aveva un paio di anni più di me ed era il figlio di un generale in pensione, perciò era appassionato di armi e provava una forte ammirazione per il nazismo. Non eravamo manco adolescenti, ma la nostra mentalità non aveva nulla da invidiare alle schiere di giovani che qualche decennio prima avevano fatto parte della Hitlerjugend. Sono passati molti anni da quei giochi militari e le nostre strade si sono separate da parecchio tempo: lui è un tenente di stanza in Iraq mentre io combatto una guerra civile nei miei recessi.

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18
Ott

Bogdan e il tavolo verde

Pubblicato giovedì 18 Ottobre 2007 alle 01:12 da Francesco

Ieri sera ho ricevuto una telefonata inaspettata da parte di Bogdan. Non lo sentivo da parecchi mesi. Mi ha chiamato dalla Romania per chiedermi un aiuto finanziario, ma ha ottenuto soltanto il mio diniego. Ha dilapidato alla roulette i soldi che i suoi genitori gli avevano dato per i vestiti invernali e, come se non bastasse, ha accettato un prestito di trecento euro da un usuraio zingaro a cui adesso deve dare il doppio. Conobbi Bogdan quando venne in Italia assieme alla sua famiglia per questioni economiche. Lui lavorava in nero mentre io non facevo un cazzo e, quando non era impegnato a farsi sfruttare, veniva a casa mia per tenersi in contatto con la sua ragazza attraverso Internet. Abbiamo parlato a lungo una lingua ibrida e abbiamo dato vita a dei neologismi blasfemi che abbiamo scordato rapidamente. I nostri dialoghi erano surreali, grotteschi e cinici. Prima d’oggi avevo già introdotto la figura di Bogdan su queste pagine virtuali e anche in quell’occasione avevo narrato una delle sue consuete traversie ai limiti della legalità. Mi dispiace che sia messo nei guai con gente poco raccomandabile e gli auguro molta fortuna poiché da alcuni anni non ha più una banda di ragazzi che gli copra le spalle. Quando Bogdan mi ha raccontato delle sue perdite al tavolo verde mi è venuto in mente “Il Giocatore” di Dostoevskij e ho sorriso prima di prendere in giro la sua stupidità.

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17
Ott

Bagliori evocativi

Pubblicato mercoledì 17 Ottobre 2007 alle 01:29 da Francesco

Anche oggi mi sono immerso nella campagna che avviluppa il mio comune. Dopo ventitré anni i colori della Maremma mi appaiono ancora vividi e probabilmente rimarranno tali anche quando la cataratta mi impedirà di accorgermi del loro splendore. I riflessi solari che galleggiano sulla laguna e gli spazi indorati che le si sovrappongono tutt’intorno conferiscono un tenore pacifico ai miei pensieri. Di tanto in tanto percorro una strada che fiancheggia la linea ferroviaria e quando un treno sopraggiunge io cerco di salutare il macchinista, ma non riesco mai a capire se il mio cenno giunga a destinazione o se si perda nel frastuono prima di cadere sui binari. Le radure che frequento irregolarmente mi suggeriscono immagini e fantasticherie con cui cerco di pennellare poeticamente le mie pedalate. I suoni lontani dell’autostrada e la quiete arancione del tardo pomeriggio mi inducono spesso a ricordare che non mi sono mai allontanato da qualcuno poiché non mi sono mai avvicinato a nessuno. Gli scenari incantevoli che squadro ogni dì, adatti a posare per i paesaggisti pedissequi o per l’ultimo giorno della vita di un uomo malato, rafforzano il sodalizio tra me e la somma dei miei isolamenti, ma in cotanta adulazione assiomatica per la vita non scordo mai l’esistenza di un quid infinitamente superiore a tutte le gioie a me note. Le mie ultime parole non si riferiscono alle sciocchezze della spiritualità né a quelle dell’esoterismo, ma cercano vanamente di rappresentare in modo sommario una forza empirica che talvolta lambisce la mia esistenza.

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16
Ott

Seoul: Agosto e Settembre 2007 – Seconda Parte

Pubblicato martedì 16 Ottobre 2007 alle 00:07 da Francesco

Qualche giorno fa ho terminato il montaggio della seconda parte del mio video coreano e mi sono adoperato per annotarlo sopra queste pagine come mi ero ripromesso qualche settima addietro. In questa seconda e ultima parte del mio reportage ho inserito le sequenze che ho catturato al Korean War Memorial, alla Seoul Tower, al World Cup Stadium durante una partita del campionato di calcio coreano tra Seoul F.C. e Pohang, all’esterno di una pizzeria dove ho pranzato con il proprietario di quest’ultima e sull’aereo che mi ha riportato a casa, ma uno dei momenti più belli è stato il concerto di una band emergente in cui mi sono imbattuto per caso nel centro della capitale coreana. Sono stati momenti piacevoli che, ovviamente, mi seguiranno vita natural durante.

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