3
Nov

La schiava del tempo

Pubblicato sabato 3 Novembre 2007 alle 07:54 da Francesco

Mi chiedo quale aspetto avranno gli esseri umani in futuro e come cambieranno i loro modi di relazionarsi. Probabilmente l’amore e l’odio assumeranno nuove vesti. Un giorno questa epoca sembrerà tremendamente primitiva, ma forse ci saranno ancora dei professori canuti che si dedicheranno allo studio di questo tempo. Ogni fatto storico ha una data di scadenza e credo che persino un evento come la Shoah sia destinato a perire sotto la freddezza cronologica di uno studio asettico. Molti eventi storici hanno perso il loro pathos e sono stati declassati nelle pagine dei libri. I massacri di molti secoli fa, le torture, i soprusi e gli eventi bellici non scuotono le coscienze a differenza dei grandi stermini del novecento, perciò ritengo che sia inevitabile che ogni evento storico perda il suo valore emotivo e rimanga soltanto una soma di date e di statistiche. Il tempo provoca dei cambiamenti profondi nella morale umana, ma questa sua capacità modificativa mi induce a ritenere che ogni sentimento intenso abbia un timer che scandisca il conto alla rovescia del suo esaurimento. Come si possono costruire delle certezze sulla propria personalità se il tempo la rende mutevole e inadatta all’edificazione? Suppongo che per sfuggire alla morsa tirannica del tempo occorra radicare alcune parti di sé al suo interno senza atrofizzare il proprio pensiero e credo che sia molto difficile agire in questo modo poiché trovo labile il confine tra un’azione costruttiva e una simile ma con esiti anestetizzanti.

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2
Nov

Il gerundio di vivere

Pubblicato venerdì 2 Novembre 2007 alle 02:45 da Francesco

Le giornate mi ipnotizzano sopra le pianure spoglie delle ore. Qualche volta parlo con me stesso senza prestare ascolto a quanto dico. Non posso concedermi il lusso di dare un significato ai miei sforzi e allora continuo ad accumulare nozioni ed esercizi fisici. Tampono le emorragie del tempo con quello che ho a disposizione e ogni tanto alzo lo sguardo per assicurarmi che il cielo non si abbassi. Quando ruoto le mani trovo soltanto delle linee interpretabili dalle zingare e noto uno spazio vuoto ogni volta che porto lo sguardo all’altezza dello sterno. Non capto segnali anomali e paziento silenziosamente da un capo all’altro dei miei movimenti. Non attendo qualcosa, e non ho l’aspetto di uno che aspetti ciò ch’egli crede che gli spetti. Non stringo patti né petti, ma accudisco la mia lucidità per evitare che l’immaginazione mi renda pigro. Non sono arrendevole e rianimo i momenti morti mentre dei pensieri appuntiti mi fanno grondare sangue dal cranio. Il mio kit di sopravvivenza è composto dalla musica, dalla lettura, dalla scrittura e dall’esercizio fisico, ma è il mio amore smodato e inespresso per la vita che mi solleva dai precipizi quando il mio volo si fa troppo radente. Scanso delicatamente la mia introspezione nel momento in cui si frappone tra me e la visione degli eventi che condizionano le vite dei miei simili. Faccio parte di un mondo in cui i numeri inducono la gente a constatare sulla propria pelle la legge di gravità. Le manovre errate della mia esistenza sono inezie al cospetto di un mutuo contratto senza lungimiranza o di una malattia contratta consenzientemente, perciò mantengo alto il livello della mia attenzione e continuo a planare tra la bellezza e la sua antitesi. Uso le storie maledette come magneti per attirare la mia attenzione su determinate vicende e per non imbattermi nei drammi che sono già stati portati in scena da altre persone. Ogni giorno guadagno esperienza e ne investo buona parte per tutelarmi contro la mestizia. Non dispenso consigli, ma ogni tanto ne raccatto uno dei miei. Credo che la vita sia un passatempo stimolante.

Fotografia di DBarefoot

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1
Nov

Brevità funebre

Pubblicato giovedì 1 Novembre 2007 alle 15:06 da Francesco

In questo periodo autunnale penso costantemente alla morte e cerco di contemplarla senza fronzoli emotivi. Ogni essere umano è chiamato a un passo nell’ignoto e non c’è nulla che possa sollevarlo da questo impegno, ma rifiuto di considerare che tale evento sia una condanna o che si tratti di una ricompensa per le coscienze timorate. Non ho un’opinione sulla morte perché non ho abbastanza elementi per formularne una e trovo che sia tremendamente buffo chi tenta di connotarla con il solo scopo di fronteggiare le proprie esigenze interiori. L’idea della morte è un foglio bianco sul quale ognuno può scrivere ciò che vuole leggere, ma io preferisco lasciarlo immacolato senza provare a cancellare la mia ignoranza indelebile con delle consolazioni primitive. Penso che una persona possa continuare a vivere a lungo nei ricordi dei suoi simili e forse è questa sorta di elisir memoriale che induce certi individui a compiere determinate azioni. Personalmente mi auguro che dopo la mia morte scompaia ogni traccia di me, ma allo stesso tempo spero che la mia esistenza riesca a bucare il presente per estrapolare una quantità di sensazioni così ingente da rendere inutile qualsiasi tipo di ricordo. Ho la sensazione che troppe commemorazioni siano un’offesa alla parte gravida del futuro che affonda le sue radici in questo istante.

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31
Ott

La pacatezza plumbea del mattino

Pubblicato mercoledì 31 Ottobre 2007 alle 00:50 da Francesco

Le strade portano i segni della pioggia notturna. L’acqua accentua i colori delle terrazze e adorna le piante che posano per lei sopra i vasi di terracotta. Le nuvole raminghe puntano verso un altro continente e ignorano il malumore che provocano ad alcuni dei loro spettatori. Un traghetto spopolato attraversa un breve tratto di mare mentre qualche certezza gli passa accanto per dirigersi alla deriva. In queste giornate gli orizzonti appaiono particolarmente sfocati e sembra che nascondano qualche segreto mistico. Lo sguardo di una segretaria fugge oltre la finestra chiusa del suo ufficio e si perde nel promemoria degli impegni, ma la sua solerzia non impedisce alle sua dita di produrre acrobazie irregolari con una penna tappata. Gli uffici postali si riempiono lentamente e si preparano a esibire una scenografia paziente e quasi inerte. Una ragazzina scosta le parole dell’insegnante e riempie gli spazi bianchi dei libri con le prime scritture della sua intimità, nel frattempo suo padre attende docilmente il giorno del pensionamento anticipato. Un agricoltore accoglie con piacere le condizioni atmosferiche e spera che piova di nuovo mentre ignora lo splendore che lo circonda con la stessa innocenza di chi non pone mente alla sua libertà perché è sempre stato libero.

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30
Ott

Frank Gambale – Beyond The Bridge

Pubblicato martedì 30 Ottobre 2007 alle 05:07 da Francesco

Frank Gambale è il mio chitarrista preferito e rimango estasiato ogni volta che ascolto uno dei suoi album. Su YouTube ho trovato questo ottimo video di “Beyond The Bridge”, una traccia di “Show Me What You Can Do” in cui Gambale è accompagnato da Steve Smith alla batteria e Stu Hamm al basso. Appunto con piacere la performance live di questo trio incredibile sul quale ho già speso qualche parola in passato e continuo a sperare di assistere a un loro concerto prima o poi. Penso che la classe cristallina di questa formazione sia una delle migliori cose che la musica possa offrire al mio gusto uditivo.

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30
Ott

La forza di volontà e il suo apogeo

Pubblicato martedì 30 Ottobre 2007 alle 00:14 da Francesco

La forza di volontà è prodigiosa e consente ad alcuni uomini di mettersi al di sopra degli dei che sono stati inventati dai loro simili. Credo che la determinazione sia l’arma psicologica più potente a disposizione dell’essere umano, ma ritengo che sia difficile studiarla, gestirla e applicarla. L’autocommiserazione è una forza passiva che culla la mente in un torpore nocivo mentre la forza di volontà è un sistema di propulsione molto complesso e pericoloso. Taluni credono che il vittimismo sia un diritto inalienabile e trascorrono intere porzioni della loro vita ad aspettare che qualcuno o qualcosa rimborsi le loro esistenze, ma penso che questo modus vivendi sia un tentativo piuttosto goffo per sottrarsi al confronto con i propri limiti. La forza di volontà è alimentata dalla disciplina e non riserva glorie immaginarie né diritti altrettanto fittizi, perciò agli occhi di certi individui risulta inutile e poco soddisfacente. Il ruolo della vittima è ambito dalle menti pigre perché offre giustificazioni apparenti per le condotte autolesionistiche, ma credo che la sua convenienza iniziale sia destinata a lasciare il passo al costo eccessivo della sua manutenzione introspettiva. Penso che sia impossibile esimersi dalla raccolta del proprio seminato e lo affermo senza il timore di sfiorare la “saggezza” popolare. La furbizia della stoltezza ospita la fioritura di risultati indesiderati e inaridisce la quarta dimensione.

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29
Ott

Un bambino avventato

Pubblicato lunedì 29 Ottobre 2007 alle 07:12 da Francesco

Ieri pomeriggio sono andato a pedalare per un paio di ore intorno al mio comune e durante la fine del primo giro ho evitato per miracolo un bambino e la sua bicicletta. Mi trovavo sopra una pista ciclabile, ma pedalavo piuttosto lentamente per evitare i pedoni che occupavo promiscuamente il percorso pedonale e quello dedicato al passaggio dei ciclisti. A un certo punto ho notato che un bambino mi stava venendo incontro con la sua bicicletta e allora mi sono spostato sul tratto pedonale per evitarlo, ma all’improvviso mi ha attraversato la strada e fortunatamente sono riuscito a evitare la collisione senza cadere a terra. Mi sono fermato davanti un cestino, ho levato le cuffie e mi sono voltato. I genitori del piccolo si sono subito scusati con me e hanno ripreso il loro figlio, ma io non me l’ero presa affatto e mi bastava che la piccola peste fosse ancora tutta d’un pezzo. Ho chiesto al bambino se stesse bene e lui mi ha risposto di sì con un’espressione a cui si doveva perdonare ogni cosa. Ho guardato il piccolo spericolato e mentre la madre continuava a rimproverarlo io ho detto: “Queste cose le abbiamo fatte tutti da piccoli”. Dopo qualche sorriso ho salutato i presenti e ho ripreso a pedalare, ma prima ho rimesso le cuffie e ho continuato ad ascoltare i Dire Straits. Ieri mi sono reso conto che se avessi un figlio conseguenzialmente sarei un padre troppo permissivo e probabilmente diventerei un fratello immaturo per la mia prole invece d’essere un genitore.

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28
Ott

I cancelli chiusi

Pubblicato domenica 28 Ottobre 2007 alle 05:18 da Francesco

Due giorni fa sono uscito di casa con un paio di pantaloni da ginnastica del Liverpool e una maglietta di Ken Il Guerriero. Era pomeriggio, pioveva a dirotto e per due chilometri ho impugnato un ombrello malandato che in seguito ho abbandonato con cura vicino a dei cassetti della spazzatura. Non ho cantato sotto la pioggia come Gene Kelly, ma sono entrato nella stazione ferroviaria del mio comune e ho comprato un biglietto di sola andata per Roma. Successivamente mi sono diretto al terzo binario per attendere il mio treno, ma prima ho speso qualche secondo per ridere della bruttezza dei graffiti amatoriali che si trovano nel sottopassaggio della stazione. Ho atteso alcuni minuti dietro la linea gialla della banchina e poi mi sono accomodato nelle scomodità esose di Trenitalia. Dopo un’ora e cinquanta minuti ho raggiunto la capitale e ho mangiato un boccone alla stazione di Termini, poi ho preso la linea B della metropolitana e sono sceso a una delle ultime fermate dell’EUR. Ho camminato per un po’ e alla fine ho raggiunto il Palalottomatica per vedere il concerto dei Dream Theater e dei Symphony X, ma non sono riuscito a trovare un biglietto e ho partecipato brevemente allo sconforto degli alti esclusi. Mi sono lasciato alle spalle le orde di venditori partenopei che erano asserragliate davanti al Palalottomatica e ho compiuto il viaggio di andata al contrario. Non pensavo che i Dream Theater e i Symphony X facessero il tutto esaurito a Roma poiché il giorno precedente avevano già suonato a Bologna e l’indomani erano attesi per un’altra data nel meridione.

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27
Ott

La parte noiosa dell’imbecillità

Pubblicato sabato 27 Ottobre 2007 alle 04:59 da Francesco

A me non piace chi sposa delle cause nobili per acquisire un po’ di consenso e non mi piacciono nemmeno coloro che tentano a tutti i costi di fare gli anticonformisti. Provo un senso di forte repulsione nei confronti delle persone che angustiano il prossimo con i loro strali verso le istituzioni e non mi riferisco a chi si batte concretamente e in sordina per i diritti della propria categoria, ma il mio disprezzo è rivolto contro quelle anime in pena che provano a dissacrare ogni cosa per sentirsi qualcuno nel loro mondo immaginario e in particolare punto il dito (anche se preferirei puntare una Colt) verso chi mi contatta per descrivermi la sua personalità “complessa”. Comprendo chi manifesta la proprie opinioni e ammiro chi lo riesce a fare con estro, ma invoco la pulizia etnica per chi infastidisce il suo prossimo con sproloqui ripetitivi e molesti. Adduco un esempio anticlericale per spiegarmi meglio. Sono d’accordo con chi mostra un dissenso forte nei confronti della Chiesa e del suo capomafia, ma quando tale dissenso si ripete in modo sterile allora mi rendo conto che la persona che lo esprime lo fa unicamente per darsi un tono e per cucirsi addosso un’identità rivoluzionaria. A differenza di qualcuno credo che le rivoluzioni non si facciano con le parole né con le magliette di Che Guevara che pendono dalle bancarelle, bensì con i fucili, dunque mi aspetto che il buffone di turno imbracci un’arma e faccia fuoco sul pontefice a patto che il suo astio ossessivo sia reale. Ci sono molti esempi simili a quello che ho riportato in queste righe. Alcune persone parlano, parlano e parlano, ma sono poche quelle che agiscono e le restanti si limitano a masturbarsi con il loro anticonformismo apparente, stupido e banale anche qualora abbia una parvenza criptica. Trovo che parecchi individui “impegnati”, che si autoproclamano artisti e uomini d’ingegno, possano essere rappresentati dalla classica figura del radical chic, inoltre una buona parte di costoro non riesce nemmeno a scrivere decentemente nella propria lingua. Attenzione: io non ritengo di avere una buona padronanza dell’italiano e non tedio i miei simili con le mie idiozie. Questo breve scritto è un invito scolpito nella merda e recita quanto segue: “Si prega la Signoria Vostra di non rompermi le palle con la dietrologia né con altre forme di coglionerie che servono da succedaneo per colmare i vuoti esistenziali. Confidando nella Vostra fattiva collaborazione, Vi invio un cordiale saluto”.

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26
Ott

Il respiro della coscienza: l’evasione dalla fuga

Pubblicato venerdì 26 Ottobre 2007 alle 00:53 da Francesco

Un interrogativo si propaga con la stessa cadenza dei suoi colleghi: “L’amore ruota attorno al popolo della Terra oppure quest’ultimo si limita a roteare una delle sue manopole eteree per sintonizzarsi sulle frequenze dell’utopia?”. La vocazione congenita per l’amore assomiglia a uno spiraglio da cui qualcuno tenta di passare per scappare dalla morte, ma credo che una tale lettura corrompa ogni manifestazione di questo sentimento. Talvolta l’amore e la morte compongono dei drammi ampollosi che si svolgono sulle pagine di un libro, sul palco di un teatro, nell’occhio inflessibile di una telecamera o in una stanza che è destinata a rimanere vuota, ma in tutto questo non vi trovo né pathos né romanticismo fosco. Mi sembra che a volte il desiderio di amare nasconda il timore della morte e penso che queste due entità psicologiche si incrocino più di quanto io riesca a presumere. Ritengo che l’amore non possa essere disinteressato, ma in questo caso al vocabolo “interesse” conferisco un significato più “filosofico” per affrancarlo dalle connotazioni materialistiche dell’eloquio popolare. Talvolta sembra che si debba vivere per sempre e non è semplice emanciparsi da questa illusione poiché è tanto confortante quanto errata. Può risultare sgradevole e difficoltoso guardare le prime avvisaglie della propria finitezza nel fiore degli anni e forse l’impresa diventa ancora più ardua quando si giunge in prossimità della morte senza averla messa in conto. Non penso che sia salutare trascorrere una vita a contemplare la propria finitezza, ma forse questo è ciò che accade quando l’amore viene considerato come un modo per evadere dalla fuga della vita. Qualcuno pretende che l’amore giri in senso antiorario per accedere a un’esistenza perpetua, ma questo genere di pretese assomigliano a quelle di un bambino che non vuole andare a dormire. Trovo che sia indispensabile accettare integralmente la presenza futura della propria assenza qualora si voglia amare in modo sublime. Suppongo che l’amore e la morte agiscano su due piani diversi e si incrocino al sorgere delle problematiche esistenziali nella sfera introspettiva. Non ho mai amato e credo di non essere mai morto finora, ma non ritengo che la mia inesperienza possa pregiudicare in qualche modo le mie considerazioni trascurabili.

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