11
Nov

Il viaggio odierno della mia entità psicofisica

Pubblicato domenica 11 Novembre 2007 alle 04:00 da Francesco

Mancano tre ore alla mia partenza e questa volta sono in procinto di dirigermi verso il cuore della Toscana. Ho intenzione di andare al di là di Pitigliano e per questo motivo impiegherò almeno un paio di giorni per raggiungere la mia meta e tornare casa. Sto per affrontare il più grande sforzo fisico della mia vita e mi sento come un soldato in trincea durante la vigilia di una grande offensiva nemica. Qualora dovessi riuscire in questa impresa probabilmente finirò di mettermi alla prova. I chilometri che mi attendono non si possono percorrere soltanto con un fisico allenato e per fortuna sono preparato anche mentalmente per compiere la fatica di quest’oggi. Quando metto alla prova le mie capacità psicofisiche mi sento parte della natura e attualmente questi eventi rappresentano l’unico modo che ho per amare in senso lato. Credo che la fatica salutare e tenace acuisca la sensibilità e ritengo che di riflesso ingigantisca la capacità di amare. Lo sforzo fisico non è soltanto un vezzo dei salutisti né la prassi di un atleta, ma è un modo per debellare la miopia dell’Ego. Sono un corpo celeste che brucia in un microcosmo situato sulla Terra e continuerò ad avvampare fino a quando non mi trasformerò in una nana bianca. Anche se tra qualche ora dovessi fallire nel mio proposito queste parole manterranno la loro valenza. Le prime luci del giorno si avvicinano ed è meglio che io mi prepari a cavalcarle.

Fotografia di Michael McDonough

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10
Nov

La pace autodidattica

Pubblicato sabato 10 Novembre 2007 alle 20:24 da Francesco

La mia routine è costruttiva e procede senza impedimenti. Ogni tanto scambio qualche parola trascurabile con un interlocutore casuale, ma di rado converso seriamente con qualcuno. Non mi interessano molto le opinioni, ma apprezzo alcuni modi di esprimerle. Vivo con calma e paziento senza un fine. Ignoro volontariamente certi rumori e tra questi annovero anche delle voci umane. Rinuncio serenamente a ogni offerta deleteria e non mi preoccupo del vuoto che impera all’altezza del mio cerebro. Talvolta mi siedo sul divano tra due diavoli e guardo assieme a loro le tragedie dei loro subalterni. Cambiano i modi di dire, mutano le stagioni, si alternano le mode e gli assassini in voga. I fatti di cronaca nera illuminano gli aspetti più torbidi dell’essere umano e le macchie di sangue mettono in risalto l’efferatezza delle violenze più eclatanti. Un clima di tensione alza l’audience e distribuisce a ogni telespettatore affabile un senso profondo di partecipazione mediatica. Non applaudo più alla ricerca continua e forzata della teatralità, ma tento di concentrare tutta la mia deconcentrazione in una dormita salutare. Sulle mie espressioni facciali può sembrare che si trovi l’ombra di una depressione incipiente, ma questa impressione è errata poiché i miei tratti somatici riflettono solo il desiderio di un continuo miglioramento individuale. Lavoro sul materiale che ho a disposizione e per adesso ho soltanto me stesso.

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9
Nov

Scie gnoseologiche ed evanescenti

Pubblicato venerdì 9 Novembre 2007 alle 19:08 da Francesco

Una premonizione funesta precede le ore del sonno, ma i primi segni del risveglio ne portano via ogni residuo. Lo sconforto cola lentamente dalle giornate caustiche e le sue gocce dense si scindono sopra la vette dell’indole. L’amnistia dei ricordi svuota le prigioni del tempo e chiude i cancelli del futuro, ma soltanto in una frazione del presente avviene l’evasione dalla discontinuità di quanto è accaduto e solamente una lungimiranza imparziale consente di evitare una pianificazione errata per ogni cosa che deve ancora succedere. L’accettazione della propria pochezza è un atto di umiltà sincera che non concede onori né premi prestigiosi, ma rappresenta il primo passo per saltare a piè pari nella verità individuale. Le parole spesso hanno un esito diverso da quello prospettato ed è questo uno dei motivi per cui non si può affidare a loro la custodia dei propri progressi. Un linguaggio istintivo veicola lo sviluppo più profondo dell’essere e ogni tentativo di decodificarlo razionalmente si perde nei confini della semantica. Sembra impossibile comprendere il meccanismo che consente la comprensione. Un problema stimola la ricerca della soluzione, ma pare che quest’ultima serva solamente ad attivare uno stadio seguente del moto perpetuo della conoscenza.

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8
Nov

Il grande letargo

Pubblicato giovedì 8 Novembre 2007 alle 21:39 da Francesco

I lampioni avvampano prima dell’imbrunire e il buio si presenta in anticipo. L’ora solare getta delle ombre sull’umore della gente e sembra che le persone vivano di meno. I soprabiti avviluppano i corpi che temono un’improvvisata del freddo. Alle volte l’incedere dei passanti appare isterico e altre volte assomiglia a un movimento arrendevole verso un patibolo casalingo. Le buste dondolano dai polsi avvizziti di qualche signora anziana oppure pendono dalle dita curate di una vamp provinciale, ma in entrambi i casi pare che le compere diano una soddisfazione minore rispetto agli acquisti estivi. La beltà si presenta con più discrezione, gli abiti diventano meno succinti e sembra che le voci accompagnino il divertimento delle comitive per dovere invece che per diletto. Qualcuno riesce a trovare un po’ di refrigerio per la sua interiorità arida nel calore intimo e isolato delle lenzuola che si affacciano sulle steppe del riposo dalla penombra di una persiana semichiusa. Gli occhi si perdono nelle immagini tridimensionali di un monitor e nelle pubblicità televisive oppure subiscono l’attrazione letteraria di un libro, ma riescono a dare vita a uno spettacolo senza pari solo quando incrociano due colleghi. Per quanto mi riguarda attraverso le stagioni ombreggiate a forza di bracciate contro la corrente della mestizia. Sudo, incido parole e concedo ampi spazi al passaggio del silenzio. Ascolto le chitarre distorte di persone che sono sopravvissute agli anni ottanta, odo i falsetti di alcune ugole d’oro e attacco la mente al ritmo dell’hard bop che fuoriesce dai sassofoni di alcuni negri leggendari. Firmo un’altra volta la mia presenza su questo mondo e la consegno a me stesso come promemoria esistenziale.

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7
Nov

Settanta chilometri di passione

Pubblicato mercoledì 7 Novembre 2007 alle 19:36 da Francesco

Stamane sono uscito di casa alle otto e ho compiuto cinque giri da quattordici chilometri l’uno attorno alla parte della laguna di Orbetello che bagna la pineta della Feniglia. Ho pedalato per tre ore e cinquanta minuti prima di rincasare a mezzogiorno. Nel corso del quarto giro ho iniziato a sentire un po’ di dolore alle cosce e ho avvertito qualche disturbo allo stomaco, ma ho continuato a pedalare. Il quinto giro è stato un atto stoico e ho preso a formulare pensieri assurdi per distrarre un po’ la mia attenzione dalla fatica. Negli ultimi dieci chilometri ho sentito un forte senso di leggerezza al capo e sono andato avanti meccanicamente. Quando sono arrivato a casa la mia soddisfazione è stata enorme e ho applaudito alla mia volontà. Alla fine del quarto giro sapevo che il quinto sarebbe stato devastante, ma il mio assetto mentale ha dato manforte all’efficienza del mio corpo. Ho sfondato il muro di un altro limite personale. Ovviamente ho compiuto questi cinque giri senza soste, senza acqua e senza cibo, ma ho sentito solo l’assenza di quest’ultimo e in particolare ho patito la mancanza di zuccheri dalla fine del terzo giro in poi. Sono passato cinque volte di fronte ad alcuni operai e sul viso di uno di loro ho letto un po’ di stupore dopo il mio terzo transito dinanzi ai suoi occhi. Sono sfinito e appagato. Voglio riposarmi tra le braccia della mia soddisfazione e spero di dormire per molto tempo dato che sono in piedi da ventidue ore.

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7
Nov

Piccioni e pioggia

Pubblicato mercoledì 7 Novembre 2007 alle 07:29 da Francesco

Ho scattato questa foto un paio di settimane fa. I piccioni non si sono accorti del mio furto fotografico o forse hanno semplicemente ignorato la mia presenza, tuttavia anche loro ogni tanto devono interrompere il loro volo.

Piccioni

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7
Nov

Elegia collettiva

Pubblicato mercoledì 7 Novembre 2007 alle 00:03 da Francesco

Un uomo malato di cancro passeggia in un giardino imbiancato mentre un pupazzo di neve lo guarda immobile e suda freddo. Il cervello di un suicida sborra sangue e non riesce a venire a capo delle sue volizioni. In una notte senza luna una donna propaga le sue urla a lungo e manda in frantumi tutte le vetrate del suo castello di carte. Le radici della discordia crescono e si snodano sotto i pavimenti degli alveari umani. Un giovane laureando lancia le sue proposte, ma rimbalzano tutte sopra dei muri di gomma e la sua insistenza assomiglia all’apatia di un carcerato che trascorre il tempo a tirare una pallina da tennis contro una parete della sua cella. Un drogato assume la sua razione quotidiana di curaro e pensa di essere in trance mentre attende il suo turno per morire, ma in realtà si trova nella sala d’attesa in cui si adunano tutte le comparse del malessere. Un bambino si getta dal balcone perché fiuta il futuro che lo attende e dopo essere morto lascia credere alla madre che abbia compiuto il suo ultimo gesto per intraprendere la carriera di serafino. Il coma di un perditempo è un atto di ribellione del tempo che decide di perdersi da sé nell’assopimento dei sensi invece di farsi bistrattare dal suo affittuario.

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6
Nov

Introspezione occasionale

Pubblicato martedì 6 Novembre 2007 alle 10:12 da Francesco

L’atmosfera novembrina avvolge il mio umore e dall’altezza delle guglie interiori osservo con indifferenza una nube nera che si dirige verso di me per sorvolare alcuni dei miei mesi. Non posso imputare nulla alle avversità del silenzio e accetto il loro transito naturale come accetto un giorno di pioggia. Paziento nel presente e dal futuro mi aspetto soltanto la sua venuta. Gioisco in modo anomalo per delle inezie quotidiane e passeggio in equilibrio sulla linea della vita. Conosco benissimo la mia voce e talvolta la divido in due per dialogare con me stesso. Non si arresta mai il moto perpetuo che anima la fabbrica dei miei pensieri e sopra queste pagine riverso una quantità ingente di essi per evitare di ritrovarmi costantemente con un surplus mentale. Le riflessioni sterili gonfiano il mio cranio come una mongolfiera e ogni tanto mi capita di salire rapidamente in uno stato dell’attività cerebrale che risulta totalmente dispersivo. Mi arrampico sopra gli specchi che riflettono i miei limiti e cerco di raggiungere il vertice di questa struttura piramidale con le ventose della volontà. Ambisco ad arrivare a un punto dal quale sia necessario ambire a qualcosa e nel frattempo continuo la scalata che ognuno compie tra cadute rovinose e passi da gigante al di sopra dell’età anagrafica.

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5
Nov

Atelier

Pubblicato lunedì 5 Novembre 2007 alle 08:18 da Francesco

L’esperienza è una sarta rozza che usa le cicatrici per cucire la personalità, ma credo che un portamento particolare della volontà individuale possa compensare i difetti di un abito confezionato in modo maldestro. Il bavero sgradevole di questo indumento costringe alcuni dei suoi proprietari ad alzare le loro teste per osservare la tracotanza delle loro pretese. Qualcuno ritiene che basti non essere amati per pretendere di farsi amare, ma suppongo che occorra qualcosa in più. Penso che sia facile lamentarsi qualora non si abbia nulla e trovo che sia ancora più facile nel caso in cui si possegga tutto. Mi sembra che le ricerche ossessive ogni tanto rivelino un disinteresse totale verso l’oggetto apparentemente desiderato e mi pare che in casi simili si possa notare un attaccamento morboso verso il piacere di trovare qualcosa per iniziare a cercare qualcos’altro, ma probabilmente taluni vedono in questo processo ripetitivo una via per l’immortalità nello stesso modo in cui un bambino può scambiare un pezzo d’ottone per un pezzo d’oro. Esistono molti espedienti per sfuggire alla paura ingiustificata della propria finitezza ed è un peccato che nessuno di essi funzioni. La sofferenza affina la sensibilità e quest’ultima può essere utilizzata per recidere la carotide di un innocente o per incidere il proprio nome nella mente di una persona colpevole d’amare.

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4
Nov

Occhi serrati

Pubblicato domenica 4 Novembre 2007 alle 09:21 da Francesco

La notte getta ombre sulle inquietudini insonni. Ogni traccia del buio scompare quando le fronde incominciano a indossare i loro fregi luminescenti. Un bagliore intenso si manifesta tra due sguardi che si aprono in un risveglio intimo. Qualcuno continua a sognare durante il suo stato di veglia e qualcun altro protrae i suoi incubi dopo essersi destato. Parecchie vite hanno bisogno di un balocco narrativo, perciò afferrano ogni novità che entri nel campo gravitazionale della loro attenzione. I ricordi si infiammano sotto le coperte, ma un sonno ristoratore può diminuire una tale minaccia ed estinguere la sua origine. Gli occhi si serrano sotto la fermezza di un soffitto per concedere al resto del corpo di andare in licenza e questa vacanza onirica di qualche ora può riservare degli effetti salvifici più incisivi di quanto sia immaginabile attraverso l’abitudine necessaria di dormire. Gli esseri umani non dicono nulla di nuovo e si limitano a essere una cassa di risonanza per una eco ancestrale. Un barbone raccatta tutte quelle lettere passionali che non sono mai state spedite e che molte mani tremanti hanno cestinato dopo una stesura minuziosa. Le muraglie del silenzio separano i desideri dai loro mittenti e le parole che non sono mai state pronunciate si assommano a quelle che non sono mai state pensate.

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